Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
La presente controversia trae origine dalla procedura esecutiva immobiliare instaurata innanzi al Tribunale di Siracusa dal Credito Fondiario e Industriale s.p.a. in danno di B.S., nella quale sono intervenuti altri creditori in epigrafe indicati come parte intimata.
Proposta opposizione ex art. 617 cod. proc. civ., da B. S. avverso l’ordinanza in data 07.05.2008 con la quale il G.E. aveva reso esecutivo il piano di riparto in esito a una c.t.u. contabile, con sentenza emessa ex art. 281 sexies all’udienza del 12.03.2010 il Tribunale di Siracusa rigettava l’opposizione, compensando interamente le spese dell’opposizione tra le parti.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione B. S. svolgendo tre motivi, illustrati anche da memoria.
Nessuna attività difensiva è stata svolta da parte intimata.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 cod. proc. civ., n. 5). Al riguardo parte ricorrente – premesso che aveva contestato dal punto di vista giuridico-contabile il piano di riparto reso esecutivo dal G.E., redatto dal c.t.u. sulla base della pedissequa accettazione dei conteggi elaborati dal creditore procedente – deduce che solo i motivi dalla lett. e) alla lett. i) sono stati in qualche modo esaminati dal giudice dell’opposizione e lamenta che, invece, nessun cenno sia stato fatto nell’impugnata sentenza ai motivi dalla lett. a) alla lett. d) e che neppure sia stata esaminata la richiesta di c.t.u. formulata da esso opponente.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. (art. 360 cod. proc. civ., n. 3), assumendo che il giudice a quo ha ignorato il complesso thema decidendum, in violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
2. I suddetti motivi vanno esaminati congiuntamente, perchè esprimono un’unica sostanziale censura e, cioè, che il giudice a quo non abbia esaminato una serie di argomentazioni, essenzialmente concernenti la misura degli interessi e il loro computo, esposte nelle "osservazioni" formulate dal c.t.p. in merito al piano di riparto, che si erano tradotte in altrettanti motivi di opposizione avverso l’ordinanza che aveva approvato il piano in questione: motivi sui quali, parte ricorrente, ritiene che il giudice dell’opposizione non si sia pronunciato affatto.
2.1. Va, innanzitutto, osservato che la violazione dei doveri decisori di cui all’art. 112 cod. proc. civ., è ravvisabile qualora sia mancata da parte del giudice la statuizione sulla domanda o eccezione proposta in giudizio, mentre rientra nel vizio previsto dall’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, il silenzio del medesimo giudice in ordine ad una ovvero ad alcune delle questioni giuridiche sottoposte al suo esame nell’ambito di quella domanda o eccezione (Cass. 7 aprile 2004, n. 6858). Inoltre l’omessa pronuncia su una domanda, ovvero su specifiche eccezioni fatte valere dalla parte, risolvendosi nella violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato (art. 112 cod. proc. civ.), deve essere fatta valere esclusivamente a norma dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 4, e, conseguentemente, è inammissibile il motivo di ricorso con il quale la relativa censura sia proposta sotto il profilo della violazione di norme di diritto, ovvero come vizio della motivazione (v. ex plurimis Cass. n. 375 del 2005; n. 14003 del 2004; n. 604 del 2003; n. 9707 del 2003; n. 11260 del 2000).
Nel caso all’esame la denuncia di omessa considerazione di alcuni dei motivi di opposizione – nei termini in cui è prospettata da parte ricorrente – prefigura l’esistenza di un error in procedendo per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.. Ne consegue l’inammissibilità della stessa censura per erronea individuazione della tipologia del motivo, che avrebbe dovuto essere proposto, non già come vizio di motivazione ex art. 360 cod. proc. civ., n. 5 e neppure come error in iudicando a norma dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 3, bensì in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 4, solo in tal modo attivandosi il potere-dovere di questa Corte, quale giudice del "fatto processuale", di esaminare gli atti di causa.
2.2. A prescindere dalle pur assorbenti considerazioni che precedono, appare opportuno osservare che, contrariamente a quanto dedotto da parte ricorrente, il giudice a quo ha preso in esame i motivi di opposizione di cui trattasi, allorchè ha evidenziato l’insussistenza di ragioni di nullità con riferimento al computo degli interessi rappresentati dal creditore e rilevato l’inidoneità delle deduzioni peritali di parte a ridimensionare la misura delle ragioni del creditore procedente, anche con riguardo alla sorte capitale maturata e al rango ipotecario correlato.
Inoltre la motivazione, per quanto estremamente succinta, è adeguata ai canoni di cui all’art. 281 sexies cod. proc. civ., di cui si dirà di seguito, lasciando intravedere la ratio decidendi, attraverso l’implicito, ma chiaro, rinvio alle risultanze della c.t.u. in base alla quale venne redatto il piano; laddove, per converso, parte ricorrente si limita a ripetere pedissequamente i contenuti dell’opposizione, riproducendo il testo dei motivi di opposizione e apoditticamente denunciando l’omessa pronuncia sugli stessi motivi.
Sotto quest’ultimo profilo i motivi di ricorso all’esame si rivelano privi di correlazione con le ragioni della decisione, incorrendo in un ulteriore profilo di inammissibilità, per difetto di specificità. 3. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 132 cod. proc. civ., nn. 3 e 4 e art. 118 att. cod. proc. civ. (art. 360 cod. proc. civ., n. 3). Al riguardo parte ricorrente deduce che nella sentenza impugnata manca lo "svolgimento del processo" ed è carente l’esposizione dei motivi.
2.2. Il motivo è infondato.
Innanzitutto dall’intestazione della sentenza risulta che si tratta di decisione emessa a seguito di trattazione orale, dopo che le parti erano state "invitate ex art. 281 sexies c.p.c. a precisare le conclusioni e a discutere la causa con l’illustrazione delle rispettive difese". La norma di riferimento della correttezza formale della sentenza va, dunque, individuata nel cit. art. 281 sexies cod. proc. civ., il quale detta forme particolarmente semplificate, prevedendo che il giudice dia lettura, ai sensi della norma cit., del dispositivo e della "concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione". Non è prevista, dunque, una parte espositiva dedicata allo "svolgimento del processo" e neppure la formale riproduzione delle conclusioni delle parti, che sono, evidentemente, quelle precisate nel corso della stessa udienza in cui viene letta la sentenza (da "incorporarsi" nel verbale di udienza), nè tantomeno è prevista l’esposizione degli argomenti posti dalle parti a sostegno delle domande o eccezioni. Si tratta, infatti, di una modalità di "accelerazione" della fase decisionale, in relazione alla quale è necessario e sufficiente che siano identificabili nella motivazione i presupposti minimi (di fatto e di diritto) per l’identificazione dell’iter logico-giuridico seguito dal giudice.
Peraltro – come avvertito nell’incipit della sentenza impugnata, pronunciata all’udienza del 12.03.2010 – nella fattispecie risultava immediatamente applicabile il "nuovo" n. 4 dell’art. 132 cod. proc. civ. (come modificato dalla L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 17, in relazione all’art. 58 comma 2 cit. stessa legge). Anche in forza di detta disposizione il riferimento alla vicenda processuale risulta eliminato, essendo necessaria e sufficiente, in base a detta norma, in comb. disp. con il novellato art. 118 att. cod. proc. civ. (come modificato dalla cit. L. n. 69, art. 52, comma 5), la "succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi".
In conclusione il ricorso va rigettato.
Nulla deve disporsi in ordine alle spese del giudizio di legittimità non avendo parte intimata svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 27 marzo 2012.
Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2012
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