Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 12-07-2011) 08-11-2011, n. 40355 Detenzione abusiva e omessa denuncia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con sentenza in data 30 novembre 2010 la Corte di appello di Palermo confermava la pronuncia 25 novembre 2008 del Tribunale della stessa sede, con la quale P.G. era stato condannato, con il riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva, alla pena di anni due di reclusione ed Euro 200,00 di multa, perchè ritenuto responsabile del reato di cui alla L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 23, commi 3 e 4, per avere detenuto illegalmente e portato in luogo pubblico un’arma clandestina, ed in particolare una pistola giocattolo marca l’altro riproducente una Beretta mod. 84, priva di tappo rosso, di contrassegno matricolare e dei marchi di banco di prova, munita di un caricatore per cartucce calibro 7,65 mm prodotto dalla Beretta, modificata liberando la canna dall’inserto occlusivo apposto dalla ditta produttrice in modo tale da permettere di sparare una cartuccia per volta, fatto accertato in Bagheria in data 11 marzo 2004.

Riguardo alla sussistenza del reato al corte di appello argomentava la corte territoriale che:

– l’imputato aveva reso ampia confessione circa la detenzione ed il porto in pubblico dell’arma indicata in imputazione;

– la perizia tecnica espletata in primo grado aveva stabilito l’avvenuta alterazione della pistola giocattolo, attribuibile al P. in quanto proprietario e possessore della stessa, attraverso la manipolazione della canna con conseguente trasformazione in una vera e propria arma comune da sparo con adeguata capacità offensiva;

– la mancata esecuzione delle procedure di punzonatura al banco nazionale di prova italiano della conseguente catalogazione nazionale della pistola, avevano poi trasformato l’arma modificata in clandestina.

In relazione al trattamento sanzionatorio i giudici di appello ritenevano che quello stabilito in primo grado fosse congruo essendosi attestato ai livelli minimi edittali e che le attenuanti generiche, a cagione dei reiterati precedenti penali anche specifici, non potevano essere valutate come prevalenti rispetto alla contestata recidiva, nè poteva essere ritenuta sussistente, stanti le artate modifiche apportate alla pistola giocattolo, l’ipotesi attenuata di cui alla L. 2 ottobre 1967, n. 895, art. 5. 2.- Avverso la sentenza propone ricorso per Cassazione l’avvocato Pietro Incandela, difensore di P.G., adducendo a ragione i seguenti motivi:

a) vizio di motivazione in relazione alla sussistenza del reato di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 23, commi 3 e 4, e alla ricorrenza del dolo in capo all’imputato, assume il difensore che erroneamente la corte di appello, in mancanza di prove circa l’offensività dell’arma, ha ritenuto che la pistola giocattolo, regolarmente acquistata in armeria, potesse esplodere proiettili, con la conseguenza che essa non doveva essere sottoposta a punzonatura ed a catalogazione ai sensi della L. n. 110 del 1975, artt. 7 e 11 e non era, quindi, arma clandestina. Inoltre il giudizio di colpevolezza sull’imputato risulta condizionato, nell’argomentare della corte, dai precedenti penali dello stesso e non fondato su validi elementi di prova;

b) violazione di legge con riferimento all’art. 157 c.p. ed alla L. n. 251 del 2005 in quanto il reato ascritto al P. deve essere dichiarato estinto per intervenuta prescrizione;

c) violazione di legge in relazione alla L. n. 241 del 2006 per la mancata applicazione del beneficio dell’indulto del quale ricorrevano i presupposti temporali, oggettivi e soggettivi. d) violazione di legge in relazione agli artt. 133 e 62 bis c.p. e L. n. 895 del 1967, art. 5 perchè la pena irrogata non è equa ed andavano concesse all’imputato le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulla contestata recidiva in ragione della sua ottima condotta processuale, doveva essere, poi, riconosciuta la circostanza attenuante di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 5 trattandosi di pistola giocattolo inidonea ad offendere anche se priva di tappo rosso.

3.- Il Procuratore Generale dott. Luigi Riello ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Motivi della decisione

1.- Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

2.- Riguardo al primo motivo le censure esposte sono destituite di fondamento e pretestuose: la potenzialità offensiva della pistola conseguente alla modifica apportata, infatti, è stata accertata con perizia tecnica all’uopo disposta e la contestazione dei risultati della stessa da parte del difensore è assolutamente apodittica e strumentale a cagione della sua genericità laddove, peraltro, nel corpo della medesima doglianza, il ricorrente tende ad accreditare le ragioni del giudizio di colpevolezza espresso dai giudici di merito ai pregiudizi derivanti dai precedenti penali dell’imputato.

E’ d’uopo rammentare in proposito che la giurisprudenza di questa Corte, ribadita anche di recente (cfr. Sez. 3, sent. 10.2.2011, n. 9286, Piserchia, che richiama Sez. 1, sent. dell’11.4.1988 n. 7914 e Sez. 1, sent. 18.3.1991, n. 1323) ha stabilito che "la ratio della norma incriminatrice, di cui alla L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 23 (armi clandestine) deve essere ricercata nell’esigenza di sottoporre a costante controllo tutte le armi comuni da sparo e le persone legittimate a detenerle. Sotto tale angolo visuale, non è dato cogliere alcuna differenza, ai fini del soddisfacimento della indicata esigenza, tra la detenzione di un’arma i cui numeri di matricola siano stati cancellati e quella di un’arma sulla quale i detti numeri, a causa della sua estrazione artigianale, non siano stati mai segnati. Infatti in entrambi i casi l’autorità viene a trovarsi nell’impossibilità di seguire i vari trasferimenti dell’oggetto e di individuare in ogni momento l’attuale detentore".

Correttamente, pertanto, i giudici di merito, avuto riguardo alle finalità della norma incriminatrice applicata, hanno ritenuto che l’arma detenuta e portata dal P. – una pistola giocattolo trasformata e resa offensiva liberando la canna dall’inserto occlusivo in modo tale da permettere di sparare una cartuccia alla volta – fosse, in quanto priva di matricola in violazione della L. n. 110 del 1975, artt. 7 e 11, da qualificare come clandestina.

3.- Del pari infondati il secondo ed il terzo motivo: non è, infatti maturato il termine di prescrizione del reato avuto riguardo a quanto stabilito dall’art. 160 c.p. e, con riferimento alla applicazione dell’indulto ex L. 31 luglio 2006, n. 241, essa ben potrà essere domandata e concessa dal giudice dell’esecuzione ricorrendone i presupposti.

4.- Prive di pregio sono, infine, le doglianze concernenti la quantificazione della pena esposte nell’ultimo motivo di ricorso.

In primo luogo non ricorrevano i presupposti per l’applicazione dell’attenuante prevista dalla L. 2 ottobre 1976, n. 895, art. 5 (erroneamente richiamata dal ricorrente con riferimento alla L. n. 110 del 1975, art. 5) posto che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte (Sez. 1, sent. 10.2.1997, n. 4797, Isaia, Rv. 207580;

Sez. 1, sent. 24.10.1998, n. 1487, Colaviti, Rv. 212337; e da ultimo Sez. 1, sent. 6.3.2008 n. 14624, Vespa, Rv. 239905), la clandestinità costituisce una "qualità" dell’arma tale da attribuirle una specifica pericolosità per l’ordine pubblico – in ragione dell’impossibilità di risalire alla sua provenienza, alle sue modalità di acquisizione, ai suoi trasferimenti – che esclude, in re ipsa, la ipotizzabilità della attenuante di cui trattasi.

Tanto premesso con riguardo al complessivo trattamento sanzionatorio la sentenza impugnata ha fornito un’argomentazione completa, logicamente argomentata e conforme ai principi di diritto che disciplinano tale materia, che non richiedono specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, quando la pena stessa non sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale.

In particolare la sentenza gravata ha opportunamente evidenziato che il giudice di prime cure si era attestato sui minimi edittali ed aveva concesso le attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto alla contestata recidiva non essendo possibile, stanti i reiterati e anche specifici precedenti dell’imputato indicativi di una sua particolare pericolosità, pervenire ad una delibazione di prevalenza.

5.- Conclusivamente, ed in conformità alle richieste del Procuratore Generale, il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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