Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con citazione del 9.5.1997 il Comune di Grado, assumendo di essere proprietario degli immobili censiti P.T. 10053, pp.cc. 1000/3, 1000/4 e 1000/5, costituiti da spiaggia e da casa con piazzale, gravati da uso civico di caccia e pesca, lamentava che il Ministero dei Lavori pubblici ed il Ministero delle Finanze, ritenendoli di proprietà del demanio dello Stato, avevano compiuto, sin dal 1984, atti dispositivi e di gestione, affittandoli o concedendoli in uso, dietro compenso.
Esponeva che l’appartenenza al demanio dello Stato andava riconosciuta, invece, ai terreni censiti con le pp.cc. 1000/1 e 1001, costituiti da strada statale e (OMISSIS).
Chiedeva le relative declaratorie nei termini indicati mentre le amministrazioni convenute eccepivano l’incompetenza funzionale del tribunale; in subordine chiedevano il rigetto della domanda ed in via riconvenzionale, il riconoscimento della proprietà anche per intervenuta usucapione.
Trasferita la causa al Tribunale di Trieste, interveniva la Regione Friuli Venezia Giulia, quale successore a titolo particolare in virtù del D.Lgs. n. 265 del 2001. Con sentenza n. 407/2006 il Tribunale rigettava le domande attoree ed accertava che i beni rientravano nel demanio marittimo dello Stato ed erano stati trasferiti alla Regione Friuli Venezia Giulia, compensando le spese:
decisione parzialmente riformata dalla Corte di appello di Trieste, con sentenza 513/09, che, su impugnazione del Comune, accertava che la p.c. 1000/3 costituita da un pontile in calcestruzzo e da un piccolo appezzamento e la p.c. 1000/4 costituita da una piccola spiaggia interna alla laguna di grado, erano di proprietà del Comune.
Premesso che l’esame della controversia riguardava tutte le particelle rivendicate in citazione, in linea di diritto l’appartenenza al demanio marittimo della laguna di Grado non poteva essere ricavata, come affermato dal Tribunale, dalla L. n. 366 del 1963 sol perchè questa la definisce bacino demaniale d’acqua salsa.
La Suprema Corte di Cassazione, con indirizzo consolidato, ha chiarito che la demanialità può essere affermata in quanto si tratti di beni la cui libera comunicazione col mare assicuri oggettiva ed immediata idoneità dei beni agli usi pubblici del mare, e ciò doveva intendersi anche in relazione alle foci dei fiumi ed alle lagune, donde l’esclusione della piccola spiaggia interna alla laguna e degli altri beni indicati mentre, in ordine alla p.c. 1000/5, l’appellante non aveva lamentato l’inidoneità del possesso dello Stato al dichiarato acquisto per usucapione, bensì che gli esistenti usi civici di caccia e pesca impedirebbero l’usucapione.
Le amministrazioni statali appellate non avevano riproposto in appello la riconvenzionale di usucapione delle pp.cc. 1000/3 e 1000/4.
Il Comune non aveva dedotto quale potesse essere lo sfruttamento economico di dette particelle.
Ricorre il Comune con un motivo, illustrato da memoria, resistono l’amministrazione dell’Economia, delle Finanze e dei Lavori Pubblici e la Regione Friuli Venezia Giulia, quest’ultima proponendo ricorso incidentale.
Motivi della decisione
Occorre premettere che questa Corte Suprema, con sentenza 19.3.1984 n. 1863, confermata dalla recente 19.7.2011 n. 15848, in linea con S.U. 14.2.2011, ha affermato che i beni del demanio marittimo sono soggetti ad un particolare regime giuridico per la loro stessa conformazione, in quanto rivolti a realizzare gli interessi che attengono ai pubblici usi del mare per la loro (naturale) attitudine ad essere posti in via permanente al servizio dell’interesse della collettività in questo particolare settore della vita sociale.
Non solo per i bacini di acqua salmastra ma anche per tutti gli altri beni facenti parte del demanio marittimo, per l’identificazione del bene come appartenente a tale categoria giuridica , punto essenziale è l’elemento funzionale (idoneità del bene a realizzare gli interessi che attengono ai pubblici usi del mare).
Nella citata sentenza 15846/2011, su ricorso dello stesso Comune di Grado, si è cassata la decisione impugnata demandando al Giudice di rinvio di accertare la natura demaniale della laguna sulla base non di una destinazione attuale all’uso pubblico ma della semplice idoneità a svolgere una siffatta funzione pubblica, alla stregua della sua attuale conformazione, secondo criteri di accertamento che devono essere applicati con particolare rigore, posto che è in questione la natura pubblica o meno di un bene astrattamente demaniale per forza di legge.
Ciò premesso, con l’unico motivo del ricorso principale si deduce violazione di norme di diritto in relazione all’asserito acquisto per usucapione da parte dello Stato della p.c. 1000/5 della PT 10053 del Comune di Grado, bene gravato da uso civico di caccia e pesca.
La censura merita accoglimento.
Come dedotto in sentenza, e ricordato dal ricorrente nella premessa in fatto, l’appellante non ha lamentato l’inidoneità del possesso esercitato dallo Stato al dichiarato acquisto per usucapione nè l’insufficiente durata di esso bensì che gli usi civici di caccia e pesca impedirebbero l’acquisto per usucapione.
In effetti non esiste una statuizione di acquisto per usucapione, non contenuta nè nella sentenza di primo grado nè in quella di secondo grado.
Il ricorrente critica l’affermazione della sentenza, secondo la quale "quand’anche tali usi esistano, essi di certo non possono essere esercitati sull’area edificata e sull’annesso parcheggio recintato, sicchè sotto tale profilo, la censura è del tutto infondata" e deduce di aver fornito la prova di un uso civico di caccia e pesca gravante su tutto il territorio del Comune.
Ciò premesso, l’affermazione della sentenza sopra riportata è sicuramente errata, posto che l’esistenza dell’uso civico comporterebbe l’illegittimità delle opere indicate.
Il ricorso incidentale della Regione denunzia violazione dell’art. 822 c.c., dell’art. 28 cod. nav., della L. n. 366 del 1963, art. 30 come attuato dal D.M. LL.PP. 1330/1966, contraddittorietà della motivazione perchè nei due gradi di giudizio erano emerse circostanze comprovanti la natura di beni facenti parte del demanio marittimo delle pp.cc. 1000/3, 1000/4 e 1000/5, ma le censure, generiche, chiedono una rilettura delle emergenze processuali, senza svolgere rituale impugnazione ex art. 112 c.p.c., a prescindere dal rilievo che, in via generale, ai sensi della L. n. 2248 del 1865, art. 23, comma 2, all.F, vi è una presunzione solo iuris tantum di demanialità. Questa Corte ha già richiamato i precedenti giurisprudenziali e non ignora il dibattito dottrinale sul punto.
Per demanio necessario si devono intendere i beni per loro natura non suscettibili di proprietà privata, quali il demanio marittimo, idrico e militare, – mentre l’art. 28 c.n. non distingue tra demanio necessario ed accidentale (Cass. 27.1.1975 n. 316), fermo restando che solo le valli della laguna veneta, non comunicanti liberamente con il mare neanche in parte di anno, possono essere di proprietà privata. In definitiva va accolto il ricorso principale e rigettato l’incidentale.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale, rigetta l’incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia, per nuovo esame e per spese, alla Corte di appello di Trieste.
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