DANNI IN MATERIA CIV. E PEN.
Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole
Svolgimento del processo
Con citazione del 18.11.1991, A. L. conveniva davanti al tribunale di Napoli il commissario liquidatore della U. NA 44 ed il dr. A C., chiedendone la condanna al risarcimento dei danni da lei subiti per effetto di un intervento chirurgico, effettuatole il 12.6.1985 dal C. presso l’ospedale Pellegrini di Napoli per "polipo cervicale e ragade anale"; che il 2.10.1985 fu sottoposta dal C. ad intervento per fistola anale; che, per effetto dei predetti due interventi, essa aveva perdite di seriosità e di gas ed incontinenza fecale, per cui fu sottoposta ad altri due interventi presso la 2^ Facoltà di medicina di Napoli, senza conseguire risultati soddisfacenti.
Con sentenza emessa il 28.3.2000, il tribunale di Napoli, in persona del GOA, condannava i convenuti in solido al pagamento della somma di L. 128.700.000, dato atto che l’attrice aveva ricevuto dalla M. Assicurazioni, qualificata come sua assicuratrice, il massimale di L. 150 milioni.
Avverso questa sentenza proponeva appello il C. ed appello incidentale la gestione liquidatoria della U.. Si costituiva e resisteva la L..
La Corte di appello di Napoli, con sentenza depositata il 9.5.2002, accoglieva solo parzialmente l’appello, riducendo la condanna alla somma di L. 110.920.000.
Riteneva la corte di merito, per la parte che ancora interessa, che per errore il giudice di primo grado aveva ritenuto che la somma di L. 150 milioni fosse stata pagata dall’assicuratrice della L., mentre essa era stata pagata dall’assicuratrice della U.; che, tuttavia, non poteva accogliersi il motivo di appello, con cui si chiedeva che fosse pronunciata l’estinzione dell’intera somma dovuta, per avvenuto pagamento da parte dell’assicuratore del danneggiante, poichè il giudice di merito aveva inteso escludere solo il danno patrimoniale con la somma già pagata dall’assicuratrice e poichè detto danno non si identificava solo con la mancata percezione dello stipendio (nella specie, invece, pagato), ma investiva anche il danno emergente (spese di cura e sanitarie effettuate) ed il lucro cessante (chances di lavoro e profitto).
Pertanto, secondo la corte territoriale, il tribunale aveva escluso, con la somma pagata dall’assicuratrice, solo l’intero danno patrimoniale, mentre l’ulteriore somma era dovuta a titolo di danno biologico e morale, dovendosi detrarre, perchè non dovuto, solo il danno da invalidità temporanea, avendo la L. percepito lo stipendio durante detto periodo.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per Cassazione A. C., che ha anche presentato memoria. Ha presentato controricorso, contenente ricorso incidentale, la Gestione liquidatoria della U. 44/NA. Resiste con controricorso l’attrice.
Motivi della decisione
1.1. Preliminarmente vanno riuniti i ricorsi, per quanto il ricorso incidentale della Gestione liquidatola non abbia avuto un proprio numero di ruolo.
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 1362 e segg. c.c., assumendo l’erronea interpretazione della sentenza n. 444/00 del tribunale di Napoli (art. 360 n. 3 c.p.c.), nonchè l’insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 n. 5 c.p.c.).
Ritiene il ricorrente che il giudice di appello ha erratamente interpretato la sentenza di primo grado; che l’attrice aveva richiesto L. 129.572.519 per danno biologico e lucro cessante da invalidità temporanea e diminuzione della capacità lavorativa, nonchè L. 430 milioni per spese di acquisto pannolini, saponi e spese sanitarie; che quest’ultima voce era stata rigettata dal giudice di primo grado, tenuto conto che queste spese ricadevano sull’Ente assistenziale;che era stato statuito dal Goa che nulla spettava per lucro cessante e danno patrimoniale, poichè la L. aveva percepito lo stipendio ed era stata anche risarcita dalla propria assicurazione; che gli era stata liquidata solo la somma di L. 88 milioni per danno biologico, L. 22 milioni per danno morale e L. 17 milioni circa per danno patrimoniale da invalidità temporanea;
che conseguentemente, avendo escluso il tribunale ogni danno patrimoniale, e risultando accertato solo il danno alla persona, questo doveva ritenersi estinto per il pagamento effettuato dall’assicurazione Milano, che era assicuratrice della U. e non assicuratrice contro gli infortuni dell’attrice.
1.2. Analogo è il primo motivo della Gestione liquidatoria.
2.1. Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 2909 c.c., e dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., nonchè l’insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo (art. 360 n. 5 c.p.c.).
Assume la ricorrente che, avendo il tribunale rigettato la domanda risarcitoria di L. 430 milioni per spese effettuate e future, rimaneva esclusivamente la richiesta di risarcimento del danno per L.. 129 milioni per danni alla persona o da invalidità temporanea, mentre non c’era più spazio per riconoscere un ulteriore danno patrimoniale di L. 150 milioni, non avendo l’attrice proposto appello e essendosi formato il giudicato.
2.2. Analogo è il secondo motivo della Gestione liquidatoria.
3.1. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., nonchè la motivazione contraddittoria a norma dell’art. 360 n. 5 c.p.c..
Assume il ricorrente che la sentenza impugnata ha ritenuto che la predetta somma di L. 150 milioni coprisse il danno da diminuzione della capacità lavorativa; che tale interpretazione è viziata da ultrapetizione, perchè, per tale voce l’attrice aveva richiesto solo L. 27.543.000, rientranti nella complessiva somma richiesta di L. 129.572.519, per cui, tutto ciò che eccede detta somma, integra il vizio di ultrapetizione.
3.2. Analogo è il terzo motivo della Gestione liquidatoria. 4.1.
Ritiene, questa Corte che i suddetti motivi, essendo strettamente connessi, vadano esaminati congiuntamente. Essi sono parzialmente fondati e vanno accolti per quanto di ragione.
Occorre premettere che la questione concernente la preclusione di giudicato interno è sottoposta, in sede di giudizio di legittimità, al trattamento giuridico proprio degli errores in procedendo, con la conseguenza che la Cassazione ha il potere – dovere di interpretare direttamente non solo la sentenza, ma anche ogni atto del procedimento per stabilire se rispetto alla relativa statuizione sia o meno esaurita, con la formazione del giudicato, la funzione giurisdizionale (Cass. 12/12/2001, n. 15657; 19/12/2000, 20/07/1995, n. 7891; 14/03/1986, n. 1758).
Dall’esame della sentenza di primo grado emerge che il giudice di merito ha rigettato la domanda relativa al danno patrimoniale per le spese sanitarie e parasanitarie di ogni tipo, perchè ha ritenuto che le stesse ricadono sull’Ente assistenziale, tenuto conto che l’attrice è una dipendente pubblica. Per come è strutturata la motivazione, il rigetto attiene sia alle spese già affrontate che alle spese future. Il punto non è stato oggetto di impugnazione da parte dell’attrice, per cui su di esso si è formato il giudicato.
4.2. Quanto al danno patrimoniale connesso all’attività lavorativa, il giudice di primo grado ha ritenuto che "nulla spetta per lucro cessante e per danno patrimoniale perchè l’attrice ha regolarmente percepito lo stipendio ed è stata anche risarcita con L. 150 milioni dalla propria assicurazione M.".
Questa statuizione è stata confermata in appello, ma con diversa motivazione.
Il giudice di appello ha infatti rilevato che è errato che l’indennizzo sia stato pagato dalla Milano sulla base di un’assicurazione stipulata dalla L., essendo invece la Milano, assicuratrice della U. 44.
Ciò comporta che il pagamento effettuato dalla Milano estingueva in proporzione alla sua entità il corrispondente debito dell’assicurata U. 44 (cfr. Cass. n. 9742/1997).
4.3. Tuttavia la sentenza impugnata ha confermato la statuizione in merito al danno patrimoniale suddetto, ritenendo che il fatto che la L. abbia percepito gli stipendi, non esaurisce il danno patrimoniale, poichè esso investe anche la diminuzione della capacità lavorativa sia sotto il profilo del danno emergente (spese future di cura ed altro) sia sotto quello del lucro cessante (diminuzione delle chances).
Sennonchè, come si è detto, quanto al danno da spese di cura e parasanitarie, sul rigetto di tale domanda da parte del giudice di primo grado, si è formato il giudicato.
4.4. Quanto al danno da diminuzione della capacità lavorativa, sotto il profilo della diminuzione delle chances, va osservato, che correttamente i ricorrenti, con il terzo motivo di ricorso hanno eccepito l’ultrapetizione e quindi la violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo l’attrice richiesto per tale voce di danno solo la somma di L. 27.543.325, come risulta dalla sentenza di primo grado.
Infatti, ove l’attore abbia quantificato la pretesa risarcitoria in un importo determinato, così ponendo un preciso limite all’ammontare del "quantum" richiesto, incorre in ultrapetizione il giudice che condanni il convenuto al pagamento di una somma maggiore di quella risultante dalla quantificazione operata dall’istante (Cass. 10/04/2001, n. 5363).
4.5. Inoltre correttamente il ricorrente rileva il vizio di motivazione in merito a detta ritenuta perdita di chances lavorative, non fondandosi le stesse su alcuna motivazione, per cui non si intende il percorso argomentativo sviluppato dalla sentenza impugnata in merito a tale danno. Infatti in tema di risarcimento del danno, il creditore che voglia ottenere, oltre al rimborso delle spese sostenute, anche i danni derivanti dalla perdita di "chance" – che, come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene, non è una mera aspettativa di fatto ma un’entità patrimoniale a sè stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione – ha l’onere di provare, pur se solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, la realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile deve essere conseguenza immediata e diretta (Cass. 11/12/2003, n. 18945; Cass. 27/07/2001 n. 10291).
5. Ne consegue che i motivi di ricorso sono fondati nella parte in cui assumono che si sia formato il giudicato per effetto della statuizione di primo grado in merito al rigetto della domanda di risarcimento dei danni per spese di cura e sanitarie, nonchè nella parte in cui censurano per vizio di ultrapetizione l’impugnata sentenza relativamente all’accoglimento della domanda di risarcimento del danno per riduzione della capacità lavorativa (sotto il profilo della perdita di chances) nella misura disposta, a fronte di una richiesta formulata dall’attrice in L. 27.543.325 a tale titolo, nonchè nella censura di vizio di motivazione in merito a tale voce di danno.
Ne consegue che, in relazioni a tali censure accolte, va cassata l’impugnata sentenza e la causa va rinviata ad altra sezione della Corte di appello di Napoli, che provvedere a riesaminare, con adeguata motivazione, la domanda da risarcimento del danno patrimoniale da perdita di chances, nei limiti del petitum per tale voce di danno, oltre a regolamentare le spese di questo giudizio di Cassazione.
Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.