Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 13/5/2008, del Giudice di Pace di Catania, M.D. veniva condannato alla pena di 550= di multa per il delitto di lesioni colpose in danno di R.C., di anni 10, che aveva patito un morso del cane in possesso dell’imputato (acc. in (OMISSIS)). All’imputato veniva addebitato, quale possessore di un cane razza "Husky", di essere venuto meno all’obbligo su di lui gravante di diligente custodia dell’animale.
Infatti lo aveva legato malamente, nello stabilimento balneare da lui gestito, vicino alle altalene, sicchè l’animale infastidito dal gioco dei bambini, si slegava mordendo la piccola vittima che riportava lesioni guarite oltre 40 giorni.
L’imputato veniva inoltre condannato al risarcimento del danno da liquidare in separato giudizio.
Con sentenza del 25/3/2011 il Tribunale di Catania, in sede di giudizio di appello, confermava la pronuncia di condanna, compensando in parte le spese dovute alla parte civile in primo grado.
Osservava il Tribunale, dopo avere rigettato alcune eccezioni processuali, che la responsabilità del M. emergeva dalla deposizione della persona offesa, da cui si evinceva che egli era il possessore dell’animale e che corretta era stata la ricostruzione dei fatti del giudice di primo grado.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato lamentando :
2.1. la violazione di legge avendo il giudice di appello assunto di ufficio la prova testimoniale della persona offesa, che non era stata indicata nella lista testi ai sensi dell’art. 468 c.p.p. Detta prova doveva ritenersi pertanto inutilizzabile;
2.2. la violazione di legge per essere stata ammessa la costituzione di parte civile nonostante fosse mancante la sottoscrizione della parte; inoltre la costituzione era venuta meno, in quanto nelle more del processo la p.o. era divenuta maggiorenne;
2.3. il difetto di motivazione in relazione alla ritenuta relazione di possesso dell’animale da parte dell’imputato.
Motivi della decisione
3. Il ricorso è inammissibile in quanto le censure formulate sono in parte manifestamente infondate e per altra parte basate su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità. 3.1. In ordine alle questioni relative alla costituzione di parte civile, va premesso che tale costituzione è avvenuta all’udienza innanzi al Giudice di Pece in data 12/7/2005. L’atto è intestato a C.G., madre esercente la potestà sulla figlia minore R.C. (parte lesa e danneggiata) ed è firmato dall’Avv. Paolo Schilirò contestualmente nominato procuratore speciale, a tal fine, in calce all’atto di costituzione. La procura è sottoscritta dalla C. ed autenticata dal difensore Avv. Schilirò.
Ciò premesso, va ricordato l’insegnamento di questa Corte di legittimità, secondo cui "La procura speciale al difensore della parte civile può anche essere apposta in calce o a margine della dichiarazione di costituzione ( art. 100 cod. proc. pen., comma 2,), di tal che la esistenza in calce o a margine di tale atto della sottoscrizione della parte seguita da quella del procuratore può valere, tenuto conto delle circostanze concrete, a rivelare la volontà della parte stessa di conferire a quel difensore la procura a compiere l’atto, mentre la sottoscrizione del procuratore può avere contemporaneamente la duplice finalità di autenticare la firma del cliente nonchè la sottoscrizione dell’atto in sè" (Cass. 1^, sent. 464 del 19-1-94 (ud. 8-11-93), Visconti, rv. 195799; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 24018 del 20/03/2002 Ud. (dep. 21/06/2002), Carloni, Rv. 221887; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 33337 del 23/04/2008 Ud. (dep. 11/08/2008), D’Eufemia, Rv. 241388).
Ne consegue la manifesta infondatezza della censura.
Quanto alla doglianza relativa alla sopravvenuta maggiore età della vittima (intervenuta il 24/8/2010, dopo la sentenza di appello) che avrebbe determinato la perenzione della costituzione, va anche in tal caso rammentata la granitica giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale "La costituzione di parte civile da parte di un minore, avvenuta a mezzo dell’esercente la potestà genitoriale, conserva la sua validità, pur in assenza di rinnovazione, anche nel caso che il minore, nel corso del giudizio, raggiunga la maggiore età, in assenza di dichiarazione al riguardo da parte del difensore e di iniziative delle controparti" (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 24683 del 22/06/2006 Ud. (dep. 18/07/2006), Rv. 234842; vedi anche, Cass. Cass. 6^, sent. 452 del 13-1-2005 (cc. 23-11-2004) rv. 230949; Cass. Cass. 3^, sent. 44167 del 27-11-2008 (ud. 22-10-2008) rv. 241681).
Nel caso di specie non può ritenersi, che sia venuta meno la costituzione di parte civile della vittima; infatti, per avere effetto, ai sensi dell’art. 300 c.p.c., la perdita della capacità di una parte di stare in giudizio deve essere dichiarata dal difensore, proseguendo in caso contrario il processo tra le parti originarie (Cass. sez. 6^ n. 9725 del 29/10/1997, rv. 209010). Poichè nel caso di specie è pacifico che all’epoca della costituzione di parte civile e del giudizio di merito, la vittima, in quanto minorenne, era rappresentata dalla madre, non si è verificata la perdita della capacità di stare in giudizio della rappresentante, sia perchè manca qualsiasi dichiarazione del difensore di parte civile al riguardo, sia perchè tale difetto non può essere interpretato come implicita rinuncia alla COStitUZione (Cfr. Cass. Cass. 3^, sent.
44167 del 27-11-2008 (ud. 22-10-2008) rv. 241681).
Ne consegue che anche tale doglianza è manifestamente infondata.
3.2. In ordine alla doglianza relativa alla inutilizzabilità della deposizione della persona offesa R., va premesso che effettivamente nella lista testi presentata dalla parte civile in data 12/7/2005, la R. non era indicata. In sede di giudizio di appello il Tribunale, con ordinanza del 5/11/2010, dopo avere dichiarato per tale motivo l’inutilizzabilità delle sue dichiarazioni rese in primo grado, ai sensi dell’art. 603 cod. proc. pen., ritenuto necessario ai fini del decidere escutere la testa, ha disposto l’assunzione di tale mezzo di prova. Orbene anche in questo caso vanno ricordati quali siano gli orientamenti interpretativi sui punto espressi da questa Corte di legittimità. Si è affermato infatti che "Rientra nei poteri del giudice di appello disporre d’ufficio la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale qualora ritenga assolutamente necessario l’esame dei testimoni le cui dichiarazioni rese nel dibattimento di primo grado siano state dichiarate inutilizzabili dallo stesso giudice di appello per tardivo deposito della lista prevista dall’art. 468 cod. proc. pen." (cass. sez. 1, Sentenza n. 5636 del 22/01/2008 Ud. (dep. 05/02/2008), Rv.
238931; conf., Sez. 5, Sentenza n. 15325 del 10/02/2010 Ud. (dep. 21/04/2010) Rv. 246873).
Nello stesso senso è orientata la giurisprudenza a proposto dell’esercizio dei poteri officiosi ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen. laddove si è affermato che "L’ammissione di prove non tempestivamente indicate dalle parti nelle apposite liste depositate ai sensi dell’art. 468 cod. proc. pen. non è normativamente prevista quale causa di nullità e rientra, comunque, tra i poteri del giudice assumere d’ufficio i mezzi che, sia pure intempestivamente, sono stati indicati" (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 46317 del 11/11/2004 Ud.
(dep. 30/11/2004), Scuderi, Rv. 230460).
In sostanza, sia l’art. 507 che l’art. 603 c.p.p. prevedono la possibilità di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale d’ufficio, tutte le volte in cui il giudice la ritenga assolutamente necessaria e sul punto, come nel caso di specie, vi sia puntuale motivazione. Pertanto, anche tale doglianza è manifestamente infondata.
3.3. In fine, in ordine al lamentato difetto di motivazione della pronuncia di condanna, va osservato che il Tribunale ha evidenziato come il cane si trovasse nel perimetro dello stabilimento balneare del M., assicurato ad una corda vicino alle altalene;
inoltre che l’animale era in possesso dell’imputato, che ne aveva cura e l’accudiva, come deposto dalla teste R.. La negligenza nella custodia dell’animale aveva determinato l’evento.
Orbene, le censure mosse dalla difesa alla sentenza sul punto, esprimono solo un dissenso rispetto alla ricostruzione del fatto (operata in modo conforme dal giudice di primo e secondo grado) ed invitano ad una rilettura nel merito della vicenda, non consentita nel giudizio di legittimità, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata che regge al sindacato di legittimità, non apprezzandosi nelle argomentazioni proposte quei profili di macroscopica illogicità, che soli, potrebbero qui avere rilievo.
Segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr.
Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento a favore della cassa delle ammende di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1000,00 (mille).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000= in favore della Cassa delle Ammende.
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