Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 67/9/10, depositata il 12.4.2010 la Commissione Tributaria Regionale della Puglia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso del contribuente contro il diniego del rimborso Iva di Euro 4.921,83, relativo all’anno di imposta 2001.
Rilevava al riguardo la Commissione Tributaria Regionale, confermando quanto affermato già nella sentenza di primo grado, che l’omessa compilazione e allegazione del modello VR nell’apposita dichiarazione non era condizione indispensabile per attestare la volontà di richiedere il rimborso l’eccedenza Iva, ma costituiva una mera irregolarità, essendo l’Amministrazione finanziaria a conoscenza della richiesta in quanto manifestata nel quadro R) della dichiarazione presentata, ritenendo domanda nuova, perchè formulata per la prima volta in appello l’eccezione dell’ufficio in ordine all’avvenuta decadenza dal diritto al rimborso per tardività nella proposizione della relativa istanza.
L’Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale deducendo i seguenti motivi:
a) violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, art. 2696 c.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere erroneamente la commissione regionale dichiarato inammissibile l’eccezione di decadenza del contribuente dal diritto rimborso, trattandosi di questione rilevabile anche d’ufficio;
b) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21 e del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 30 e 38 bis in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dovendo utilizzare il contribuente, ai fini della richiesta di rimborso, l’apposita dichiarazione redatta su modello approvato con decreto dirigenziale contenente dati che hanno determinato l’eccedenza di credito (modello VR).
La società intimata non si è costituita nel giudizio di legittimità.
Il ricorso è stato discusso alle pubblica udienza del 21 marzo 2012, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato.
Ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 1, all’epoca vigente il contribuente, in alternativa al riporto nell’anno successivo, può chiedere in tutto o in parte il rimborso dell’eccedenza detraibile, se di importo superiore a lire cinque milioni, all’atto della presentazione della dichiarazione: il penultimo comma del citato art. 30 prevede che "con decreto del Ministro delle finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale saranno stabiliti gli elementi, da indicare nella dichiarazione o in apposito allegato, che, in relazione all’attività esercitata, hanno determinato il verificarsi dell’eccedenza di cui si chiede il rimborso". e La indicazione della somma richiesta a rimborso nel quadro r) della dichiarazione dei redditi costituisce tuttavia soltanto il presupposto dell’istanza di rimborso, la quale invero è disciplinata unitariamente dal cit. D.P.R., art. 30, comma 5, a mezzo del rinvio agli elementi da indicare in dichiarazione e in apposito allegato. In conformità allo disposizioni integrative di cui alla richiamata decretazione ministeriale (nella specie, il D.M. 30 dicembre 1999, art. 1, all. 4, in vigore dall’8 gennaio 2000, il cui testo, peraltro, risulta esattamente riprodotto anche per gli anni successivi); gli elementi che in relazione all’attività esercitata hanno determinato il verificarsi dell’eccedenza di cui si richiede il rimborso.
Questa Corte ha già affermato che "in materia di Iva, e in relazione alla fattispecie di rimborso derivante da cessazione di attività, soltanto una domanda di rimborso dell’eccedenza d’imposta detraibile sostanzialmente conforme al modello legale – contenente, cioè, gli elementi necessari, stabiliti dalla legge e/o indicati nel "modello ministeriale", per la decisione su di essa – rientra nello schema tipico di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30" (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 18920 del 16/09/2011).
Deve, al riguardo, ritenersi che soltanto una domanda di rimborso dell’eccedenza d’imposta detraibile sostanzialmente conforme al modello legale contenente, cioè, gli elementi necessari, stabiliti dalla legge e/o indicati nel "modello ministeriale", per la decisione su di essa – rientra nello schema tipico di cui al ridetto art. 30, sì da poter essere considerata – come in generale affermato da Cass. n. 9794/2010 – "regolata" dall’art. 30 medesimo.
L’utilizzazione del citato modello risponde alla ratio di rendere più tempestive e meno onerose le successive verifiche dell’amministrazione finanziaria in ordine agli elementi che hanno determinato l’eccedenza.
Invece la presentazione di una domanda di rimborso sostanzialmente difforme dal modello stesso, non integrando la predetta idoneità, comporta la incompletezza della domanda, intesa come mancata conformità al modello legale quale prefigurato dalla citata fonte legislativa e da quella secondaria (ratione temporis, il D.M. 30 dicembre 1999).
Tale adempimento costituisce un vero e proprio onere a carico del soggetto Iva, con la conseguenza che una domanda di rimborso formulata in modo sostanzialmente difforme dal predetto modello legale, e cioè carente degli elementi che – alla stregua delle suddette fonti normative – debbono costituirne il contenuto necessario, non è idonea – quale che sia la condizione legittimante l’istanza- a integrare un valido atto di esercizio del corrispondente diritto, così esulando dall’ambito di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30.
La sentenza impugnata ha invece basato la propria ratio decidendi sulla surrogabilità della succitata procedura formale con la richiesta di rimborso contenuta nel quadro r) della dichiarazione presentata, essendo, invece necessaria, come già evidenziato, una seconda manifestazione di volontà attraverso la presentazione del modello VR, la cui mancanza comporta l’impossibilità di qualificare la pretesa del contribuente quale richiesta di rimborso, non rientrante tra quelle direttamente disciplinate dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30.
Le ulteriori questioni rimangono assorbite.
Va, quindi cassata la sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere da questa Corte decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto dell’originario ricorso proposto dalla Delter.
La particolarità della questione, oggetto in precedenza di contrastanti orientamenti giurisprudenzaili, costituisce giusto motivo per la compensazione delle spese dei gradi di giudizio di merito, condannando la resistente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa senza rinvio l’impugnata sentenza e rigetta il ricorso originario ex art. 384 c.p.c., comma 2.
Compensa le spese dei gradi di giudizio di merito e condanna la società intimata al rimborso delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.100,00 per onorari, oltre alle spese prenotate a debito.
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