Cass. civ. Sez. I, Sent., 17-05-2012, n. 7782 Controversie tra l’appaltatore e l’amministrazione appaltante

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza 24 febbraio 2009, la Corte d’appello di Lecce, in parziale riforma della sentenza di primo grado, che aveva dichiarato risolto per colpa del Comune di Avetrana il contratto di appalto stipulato dall’ente con l’impresa di D.S.G., e condannato il comune al risarcimento dei danni per diverse causali, ha escluso la condanna al risarcimento dei danni costituiti dalle spese generali di cantiere. Ha osservato in proposito la corte che i mezzi di cantiere erano solo elencati in un allegato alla citazione, privo di data certa e di firma, e di riferimento sicuro all’opera in questione, e che l’impresa non aveva neppure prodotto una nota con l’indicazione esatta e la quantificazione delle spese generali.

3. Per la cassazione di questa sentenza, notificata il 27 febbraio 2009, ricorre D.S.G. per tre motivi, con atto notificato il 27 aprile 2009.

Il Comune non ha svolto difese.

Motivi della decisione

4. Con il primo motivo di ricorso si censura il rigetto della domanda di risarcimento danni per spese generali di cantiere, per violazione dell’art. 2697 c.c., e degli artt. 115 e 116 c.p.c., dovendo ritenersi pacifico in causa che l’appaltatore nel mese di marzo 1998 aveva rilasciato l’area del cantiere dei lavori nella disponibilità del committente, e che aveva sgomberato l’area da ogni bene e attrezzatura di sua proprietà.

Si propone il quesito se, perchè un fatto possa considerarsi pacifico, e tale da non richiedere una prova specifica, è indispensabile che il fatto sia espressamente ammesso dalla controparte, o che quest’ultima abbia impostato la propria difesa su argomenti logicamente incompatibili con il disconoscimento.

Il quesito è inammissibile. La decisione impugnata è stata fondata non già sull’inesistenza di un cantiere, bensì sull’impossibilità di quantificazione del danno, punto sul quale non esisteva neppure una precisa allegazione, rispetto alla quale potesse farsi questione di non contestazione.

5. Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c. e del D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 16, comma 1, in relazione al D.M. 29 maggio 1895, art. 20, comma 3, norme richiamate dal contratto d’appalto che elencano le spese generali a carico dell’appaltatore.

Si propone il quesito se nei contratti di appalto di oo.pp. il ristoro delle spese generali di cantiere, collegate alla maggiore durata del contratto conseguente alle illegittime sospensioni dei lavori imputabili alla stazione appaltante, e la connessa sussistenza dei relativi danni in favore dell’appaltatore non necessitino di alcuna prova.

Il motivo è infondato. In tema di appalto di opere pubbliche, le spese generali per l’esecuzione dell’appalto, comprendenti le spese di cantiere e quelle generali di azienda, sono disciplinate non dal D.M. 29 maggio 1865, art. 20, che regola la formazione dei prezzi unitari per ogni tipologia di lavoro e le relative componenti, ai fini della determinazione del costo dell’opera, e che si applica all’esecuzione del contratto di appalto nel suo svolgimento fisiologico, ma dal D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 16 (e ora D.M. 19 aprile 2000, n. 145, art. 5), che le pone a carico dell’appaltatore, in quanto già computate nel prezzo dell’opera (Cass. 22 dicembre 2011 n. 28429). Il precedente richiamato chiarisce anche che, secondo la giurisprudenza di questa corte (Cass. 5010/2009), la stazione appaltante ha bensì l’obbligo di rimborsare i maggiori oneri in favore dell’appaltatore, ove con il proprio comportamento abbia determinato un aggravio delle spese generali di cantiere, come avviene in caso d’illegittima sospensione di lavori;

ma ciò non vale laddove il contratto sia stato risolto, sia pure per fatto e colpa dell’amministrazione committente, verificandosi in tal caso per ciascuno dei contraenti, e indipendentemente dall’imputabilità dell’inadempienza, rilevante ad altri fini, una totale restitutio in integrum, e pertanto il venir meno di tutti gli effetti del contratto, e con esso di tutti i diritti che ne sarebbero derivati (Cass. nn. 8960/2010, 12468/2004, 7470/2001). L’impresa appaltatrice, nel presente giudizio, non agisce per far valere i crediti derivanti dall’esecuzione del contratto, bensì per il risarcimento del danno cagionato dal suo inadempimento. In tal caso, la parte attrice è gravata dell’onere di provare il danno subito, nell’an e nel quantum.

6. Con il terzo motivo si denuncia un vizio di motivazione per l’omessa considerazione della documentazione prodotta, comprendente in particolare l’elenco dei macchinari e delle attrezzature di cantiere indicate dall’impresa, le fatture dell’ENEL e l’ordinanza sindacale di sgombero del cantiere, in forza della quale la sentenza di primo grado aveva accolto la domanda anche su questo punto.

Il motivo è seguito da un quesito di diritto incompatibile con il mezzo d’impugnazione prescelto. Esso è in ogni caso inammissibile, perchè tendente – del resto solo implicitamente, e senza una chiara sintesi del fatto controverso, richiesta a pena d’inammissibilità dell’art. 266 bis c.p.c., vigente pro tempore – a focalizzare il punto decisivo della controversia sul fatto dell’esistenza di un cantiere aperto, laddove la domanda è stata respinta per l’assenza di elementi utili alla determinazione della consistenza del cantiere medesimo.

8. In conclusione il ricorso deve essere respinto. In mancanza di difese del Comune di Avetrana non v’ è luogo a pronuncia sulle spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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