Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 17-05-2012, n. 7756 Carriera inquadramento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Napoli, con sentenza del 30.7.2010, rigettava l’appello principale di R.A., collaboratore amministrativo contabile – inquadrato nell’Area C1-S e, in accoglimento dell’appello incidentale del Ministero dell’Economia e Finanze, in riforma della sentenza di primo grado, respingeva integralmente la domanda del R., proposta dallo stesso per l’inquadramento anche in soprannumero nella posizione economica C3 per la sede di Benevento con la stessa decorrenza giuridica ed economica del personale C2 già inquadrato all’esito dei corsi di riqualificazione previsti dal c.c.n.l. e per il risarcimento del danno per perdita di chance e dequalificazione professionale o per il solo risarcimento, domanda quest’ultima sola accolta dal giudice di primo grado, che aveva liquidato il pregiudizio in misura del 30% della retribuzione netta del livello C3, dalla conclusione del concorso alla emanazione della sentenza.

Il R. si doleva del fatto che l’Amministrazione, dopo avere dato avvio alla procedura di riqualificazione del personale, che prevedeva determinati criteri come precisati in sede di contrattazione integrativa, e all’ammissione ai corsi di riqualificazione per l’accesso all’Area C3, aveva apportato, a procedura in corso, rilevanti modifiche al meccanismo di selezione stabilendo – a seguito di nuova intesa sindacale stipulata il 1.10.2003, che aveva introdotto taluni cambiamenti rispetto al CCNL integrativo – che, ai fini dell’ inquadramento nella posizione economica C3, sarebbe stata data priorità ai dipendenti inquadrati nell’area C2, ammettendo in soprannumero anche tutto il personale inquadrato nella posizione C2 al 31.10.2000 che, pur avendo presentato domanda, aveva riportato un punteggio inferiore rispetto ai dipendenti C1. Ciò aveva comportato che l’istante, che aspirava ad uno dei due posti di Area C3 disponibili per la sede di (OMISSIS) e che era stato ammesso ai relativi corsi risultando primo classificato, era stato scavalcato da candidati inquadrati nella posizione economica C2. Rilevava il giudice del gravame – affrontando preliminarmente l’appello incidentale del Ministero – che il comportamento dell’amministrazione, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, era pienamente legittimo. Ed invero, in fattispecie simile, la Suprema Corte aveva avuto modo di affermare che la eliminazione, ad opera di un successivo bando, di un requisito di ammissione previsto dal bando precedente implica una revoca della promessa costituita dal primo bando e che la legittimità di tale revoca può derivare solo dall’accertamento di una giusta causa. Osservava il giudice del gravame che, nel caso considerato, l’intervenuta variazione era il frutto di un accordo tra le parti contrattuali e non era stata disposta semplicemente con una circolare e che la stessa trovava coerente giustificazione nell’evolversi della vicenda. La nuova intesa, del 1.10.2003, tra la delegazione di parte pubblica e le 00.SS. era, infatti, intervenuta dopo che, a seguito di sentenza della Corte Costituzionale, n. 194/2002 – che aveva richiamato l’attenzione sulla irragionevolezza ed incongruità di concorsi solo "interni" indetti per una percentuali elevata di posti e sulla inopportunità di una progressione per saltum, l’Amministrazione aveva sospeso a titolo cautelativo le procedure in corso e quelle ancora da avviare, richiedendo parere all’Avvocatura Generale dello Stato per verificare se le procedure fossero in linea con i principi enucleagli dalla richiamata pronuncia. Espresso il parere di non conformità, le parti contrattuali avevano provveduto, dopo varie riunioni, alla stesura di una pre-intesa modificativa dei precedente accordo integrativo in senso conforme ai principi richiamati. Tale priorità di accesso alla posizione C3 del personale inquadrato in C2 non contrastava, secondo la Corte del merito, con il principio sancito dall’art. 15 del ccnl 1998/2001 ed era ragionevole e logica anche sotto il profilo generale dell’art. 97 Cost. e non affatto discriminatoria.

Per la cassazione della decisione della Corte di Appello di Napoli, ricorre il R. con tre motivi.

Il Ministero è rimasto intimato.

Motivi della decisione

Con il primo motivo, il R. denuncia la violazione e la falsa applicazione della legge, la violazione del principio di immodificabilità del bando di concorso sino all’espletamento della procedura, la violazione del principio costituzionale di imparzialità sancito dall’art. 97 Cost.. Richiama, a sostegno del motivo di impugnazione, pronunce del Consiglio di Stato relative alla immodificabilità del bando di concorso qualora la procedura concorsuale sia già in parte espletata e sino al completo espletamento della stessa, in considerazione della natura del bando, ex specialis della procedura. Assume che la modifica operata aveva determinato lo scivolamento del ricorrente in posizione non più utile ai fini dell’inquadramento, con disparità di trattamento tra i partecipanti inquadrati nella posizione C1, che, in alcune aree, si erano trovati scavalcati da C2 ed in altre no per la mancanza di partecipanti di posizione C2.

Con il secondo motivo, il ricorrente si duole della insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, evidenziando che la Corte d’appello non ha spiegato quali debbano essere le condizioni per la modifica del bando ed ha esaminato la questione senza alcuna considerazione della posizione del R.. Aggiunge che non è stato chiarito dal giudice del gravame quale sia la giusta causa in presenza della quale, alla stregua della sentenza della Corte di Cassazione richiamata, è stata consentita la modifica delle regole della procedura.

Con il terzo motivo, lamenta la insufficienza della motivazione su fatto controverso e decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 osservando che la sentenza della Corte. Costituzionale non poteva certo consentire un rovesciamento ex post. degli esiti della procedura svolta in aderenza al bando, senza considerare che la selezione teneva conto anche dei titoli di studio posseduti e delle mansioni superiori certificate, onde la valorizzazione del merito era maggiormente garantita dai precedenti criteri piuttosto che dall’automatico vantaggio riconosciuto ai dipendenti C2, che favoriva un mero automatismo. Anche la Corte Costituzionale aveva rilevato, in presenza di fattispecie di percorso di riqualificazione, che lo stesso non conduceva automaticamente a promozione e che l’accesso per saltum non scaturisce da progressione automatica in base ad anzianità, ma è condizionato da esito del corso e dell’esame finale, determinando una eventualità di promozione del tutto opposta alla promozione automatica ed in conformità ai principi costituzionali.

Infine, con il quarto motivo, censura la decisione per difetto di motivazione, in relazione a fatto controverso e decisivo, ex art. 360 c.p.c., n. 5, con riguardo all’omesso esame della doglianza riferita alla mancata possibilità concessa dall’Amministrazione al personale C1 scavalcato di optare per altra sede territoriale ove sussistevano posti liberi nella posizione C3.

Il ricorso è infondato.

Quanto ai profili evidenziati nel primo motivo, deve rilevarsi che effettivamente il bando di concorso, come affermato nella giurisprudenza anche del Consiglio di Stato, costituisce la "lex specialis" della procedura. Tuttavia, le pronunce menzionate dal ricorrente non si soffermano in particolare sulla possibilità di modifica del bando, affermando piuttosto che i criteri di selezione concorsuale devono poter spiegare la loro efficacia in base ad una preventiva loro enunciazione, in modo tale da essere conoscibili da parte degli aspiranti candidati prima di sottoporsi alle prove selettive e che correlativamente, devono ritenersi illegittimi eventuali criteri preclusivi postumi, da utilizzare dopo aver conosciuto l’identità dei candidati risultati idonei a seguito dello svolgimento delle prove stesse, criteri che palesemente contrasterebbero con il principio del necessario rispetto della par condicio, immanente in quello d’imparzialità (cfr., in tali termini, C. di S. sez. 4 17.4.2003 n. 2000).

La giurisprudenza del Consiglio di Stato si è in più occasioni pronunziata sulla conoscibilità dei criteri modificativi, sul presupposto che detta modifica non sia quindi preclusa, affermando che il principio in forza del quale le modifiche non hanno effetto nei confronti dei partecipanti, se non sono portate a conoscenza degli stessi nelle medesime forme attraverso cui è stata data pubblicità al bando. Tale regola della identità delle forme di pubblicità si desume anzitutto dal più generale principio del contrarius actus, certamente applicabile all’autotutela provvedimentale, in forza del quale la modifica o il ritiro di un atto deve avvenire nelle stesse forme e seguendo le stesse procedure dell’atto modificato o ritirato. E’ stato, invero, rilevato che il provvedimento di rettifica è espressione di una funzione amministrativa di contenuto identico, seppure di segno opposto, a quello esplicato in precedenza e che tale conclusione è avvalorata dai principi civilistici che regolano le forme per il ritiro o la modifica degli atti negoziali o prenegoziale che sono rivolti al pubblico ( art. 1336 c.c., comma 2, e art. 1990 c.c. in materia di promessa al pubblico). Il bando di concorso, pur non avendo la natura giuridica di promessa al pubblico, nè di offerta al pubblico (potendo essere accostato, secondo una lettura pan civilistica all’invito ad offrire – C.G.A. ord 8.3.2005 n. 10- ), genera in capo ai partecipanti un livello di affidamento (circa il rispetto da parte dell’Amministrazione della lex specialis in esso contenuta) non inferiore a quello generato dai predetti atti negoziali . Una eventuale modifica del bando non può essere, pertanto, presidiata da garanzia formale meno incisiva di quella prevista nei rapporti tra privati per atti negoziali e prenegoziali, (in tali termini v.

Consiglio di Stato, sez 6, 2306/2007). Anche la giurisprudenza della Corte di Cassazione non ha escluso la modificabilità del bando, affermando, in una fattispecie assimilabile, con riguardo proprio a concorso per l’assunzione di personale, che la eliminazione, ad opera di un successivo bando, di un requisito di ammissione previsto dal bando precedente, benchè risulti più favorevole per la generalità degli aspiranti e pregiudizievole solo per alcuni di essi, implica non già una semplice modifica, ma una revoca della promessa costituita dal primo bando e la legittimità di tale revoca – ove l’interpretazione di quel bando ne comporti la qualificazione come atto vincolante ed irrevocabile a seguito della presentazione di domande di ammissione – può derivare solo dall’accertamento di una giusta causa, la quale non può risolversi in un diverso apprezzamento del promittente in ordine al proprio interesse, nè può fondarsi sull’interesse di soggetti diversi dai destinatari dell’originaria promessa, comportando però l’illegittimità della revoca solo la possibilità di una condanna all’espletamento del concorso in conformità de bando revocato o al risarcimento dei danni, con esclusione invece della possibilità di una sentenza costitutiva (ex art. 2932 cod. civ.). del rapporto di lavoro (cfr.

Cass. 14.3.1991 n. 2674 ed, in senso conforme, Cass. 7745/2002).

Peraltro, la giusta causa, che il ricorrente, nel secondo motivo ha ritenuto non esplicitata adeguatamente dalla Corte del merito, è stata, invece, da quest’ultima correttamente ravvisata nell’evoluzione costituzionale registratasi nella materia dei concorsi pubblici.

Più volte, negli ultimi anni, la Corte costituzionale è stata chiamata a valutare la legittimità costituzionale delle norme soggette al suo sindacato, che avevano previsto lo svolgimento di concorsi interni nel pubblico impiego.

La Corte, esaminando il significato dell’art. 97 Cost., il quale – nel terzo comma – detta la regola secondo cui nel pubblico impiego si accede mediante pubblico concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge, ritiene che il passaggio ad una qualifica (o categoria) superiore comporti l’accesso ad un nuovo posto di lavoro, cui corrisponde lo svolgimento di diverse mansioni e di funzioni più elevate, per il quale deve essere sempre seguita la regola del pubblico concorso.

Ad avviso della Corte Costituzionale, i concorsi interni o riservati interamente al personale dipendente, poichè determinano un restringimento della platea dei concorrenti, non appaiono suscettibili di assicurare una corretta selezione dei più capaci e meritevoli, in conformità ai principi contenuti nell’art. 97 Cost.

(cfr. C. Cost. 194/2002; C. Cost 1/1999). In particolare, la sentenza n. 1/1999 della Corte Costituzionale, che richiama in motivazione la precedente sentenza n. 313/1994, afferma che "… l’abnorme diffusione del concorso interno per titoli nel passaggio da un livello all’altro produce una distorsione che, oltre a reintrodurre surrettiziamente il modello delle carriere in una nuova disciplina che ne presuppone invece il superamento, si riflette negativamente anche sul buon andamento della pubblica amministrazione …".

Anche il Consiglio di Stato ha fatto propri i principi espressi dalla Corte Costituzionale, ritenendo contrastanti col principio di buon andamento della P.A. i concorsi interamente riservati al personale in servizio presso la P.A. che ha bandito il concorso, a nulla rilevando che l’accesso alla qualifica superiore avvenga secondo un percorso selettivo serio (ad es., mediante concorso per titoli ed esami) (tra le altre, cfr. C. di S n. 7304/2004, nonchè, nn. 8143/2003, 6510/2004, 6515/2004, 6560/2004, 7107/2004, 542/2005).

Secondo le SS.UU. della Cassazione (sentenza n. 15403/2003) "…il termine assunzione, d’altra parte, dev’essere correlato alla qualifica che il candidato tende a conseguire e non all’ingresso iniziale nella pianta organica del personale, dal momento che, oltre tutto, l’accesso nell’area superiore di personale interno od esterno implica, esso stesso, una ampliamento della pianta organica." In tal senso essendosi delineata la evoluzione costituzionale e giurisprudenziale della materia dei concorsi, con affermazione della illegittimità della esclusione all’accesso alle qualifiche superiori di partecipanti soli interni con possibilità di progressione per saltum, deve ritenersi che la causa della modifica del bando correttamente sia stata ritenuta pienamente giustificata e, d’altra parte, la valutazione della necessità della modifica del bando era stata opportunamente rimessa al vaglio della delegazione di parte pubblica e delle organizzazioni sindacali, che avevano espresso, perfezionando una nuova intesa, una linea favorevole alla introduzione dell’ampliamento del concorso anche a soggetti di diversa posizione economica inquadrati in area differente da quella considerata nell’iniziale bando.

Nè devono ritenersi fondati i rilievi espressi nel terzo motivo di impugnazione, atteso che, posto che non può essere disconosciuto, in capo alla P.A., il potere di annullamento dei propri atti che si rivelino illegittimi, sia pure con il dovuto apprezzamento delle eventuali posizioni consolidate di coloro che hanno fatto affidamento sulla conformità a legge dell’azione amministrativa, in realtà nel caso in esame non era venuta a crearsi alcuna posizione consolidata e di affidamento, in assenza di acquisita definitività degli atti del concorso, non potendo ritenersi formato in capo ai candidati risultati idonei alcun affidamento o legittima ed aspettativa alla assunzione e non sussistendo alcuna posizione giuridicamente protetta da salvaguardare.

Infine, il quarto motivo di ricorso, in mancanza di ogni richiamo a precedente deduzione della questione prospettata nelle fasi del merito, deve ritenersi relativo a questione nuova, come tale inammissibile in questa sede.

Il ricorso va, pertanto, respinto.

Nulla va statuito sulle spese del presente giudizio, essendo il Ministero rimasto intimato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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