Cass. civ. Sez. I, Sent., 18-05-2012, n. 7906 Decreto di espropriazione Opposizione al valore di stima dei beni espropriati

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di appello di Milano,con sentenza del 30 agosto 2010, ha dichiarato il difetto oli legittimazione a proporre opposizione alla stima dell’indennità di espropriazione di terreni compresi nel PIP denominato "(OMISSIS)" del comune di Cercino (SO),determinata dalla Commissione provinciale di cui all’art. 54 T.U. espr. per p.u. da parte della s.p.a. Officina Nicola Galperti & figlio, in parte aggiudicataria ed in parte concessionaria con convenzione del 23 aprile 2008,di un lotto esteso mq. 28.402,25, in misura di Euro 50 mq.(invece che di 11 mq. in sede di offerta dell’indennità provvisoria), in quanto: a) in base alla menzionata norma legittimati a proporre opposizione sono oltre all’espropriante ed all’espropriato, terzi che ne abbiano interesse,da individuare in base al precedente art. 34 nei titolari di un diritto reale o personale sul bene facultati anche ad intervenire nel giudizio proposto dal proprietario; b) in ogni caso doveva trattarsi di soggetti aventi una relazione diretta sul bene alla data del decreto di esproprio (gennaio 2008),laddove detta relazione era stata acquisita dalla società soltanto successivamente con la menzionata convenzione del 23 aprile 2008; c) la Galperti non aveva peraltro ricevuto alcuna delega al compimento dell’espropriazione; e la sua istanza di surrogazione al comune ex art. 2900 cod. civ. era nuova perchè svolta per la prima volta con la comparsa conclusionale.

Per la cassazione della sentenza la società ha proposto ricorso per tre motivi cui resistono P.O. e gli altri 14 comproprietari dell’immobile espropriato, indicati in epigrafe.

Motivi della decisione

2. Con il primo motivo la soc. Galperti, deducendo violazione dell’art. 2900 cod. civ., degli artt. 167, 183, 359 cod. proc. civ. censura la sentenza impugnata per aver considerato inammissibile la domanda svolta in surrogazione del comune, perchè tardiva essendo stata avanzata soltanto nella comparsa conclusionale, senza considerare che si trattava di specificazione della precedente richiesta contenuta nell’atto introduttivo avente per oggetto l’opposizione alla stima dell’indennità di esproprio; e che comunque l’istanza era implicitamente contenuto nell’atto suddetto, infatti notificato al comune di Cercino. Questo motivo è inammissibile, anzitutto sotto un profilo sostanziale, perchè l’azione di cui all’art. 2900 cod. civ. ha la sola funzione di assicurare al patrimonio del debitore i mezzi di soddisfazione dei propri crediti e comunque delle proprie ragioni nei confronti dei terzi, consentendo al proprio creditore di esercitare i diritti verso costoro di cui il debitore suddetto trascuri l’esercizio; per cui non è estensibile ai debiti ed alle obbligazioni che quest’ultimo è tenuto ad adempiere, quale è quella dell’espropriante di corrispondere all’espropriato, l’indennità di espropriazione. Nè tanto meno può riguardare le somme che il debitore è tenuto a corrispondere al proprio creditore, quali nel caso quelle che la ricorrente era obbligata a corrispondere al comune di Cercino in forza della convenzione con lo stesso stipulata. Mentre sotto il profilo processuale la relativa materia non appartiene al giudizio di opposizione alla stima dell’indennità di espropriazione, devoluto dalla L. n. 865 del 1971, art. 19 alla Corte di appello in unico grado;che ha per oggetto esclusivamente la determinazione del quantum dell’indennità dovuta dall’espropriato per effetto dell’ablazione dell’immobile e non è estensibile a rapporti diversi, nonchè all’accertamento dei relativi presupposti (quali nel caso l’interesse della ricorrente alla sostituzione, l’inerzia del comune ecc.) ancorchè asseritamente connessi, rispetto a quello, fra espropriato ed espropriante, inerente al credito indennitario (Cass. 232/1992; 10680/2000; 25622/2008).

3. Con il secondo motivo, la s.p.a. Galperti, deducendo violazione degli art. 3 e 24 Cost., D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 24 e 34 T.U. espr., censura la sentenza impugnata per aver dichiarato il difetto di legittimazione attiva di essa assegnataria e concessionaria delle aree espropriate dal comune di Cercino a proporre opposizione contro la stima dell’indennità determinata dalla Commissione provinciale senza considerare: a) che essa non era portatrice di un mero interesse di fatto, ma di un interesse specifico correlato alla titolarità di una convenzione di lottizzazione onde realizzare proprio il programma per il quale era stata eseguita l’espropriazione; b) che proprio l’art. 34 del T.U. confermava che anche i titolari di diritti reali o personali possono far valere i loro diritti sull’indennità o intervenire nel giudizio proposto dal proprietario; c) che l’art. 54 del T.U. in realtà comprende le previsioni dell’art. 34, ma ha portata più ampia (altrimenti risultando superfluo) in quanto si riferisce anche a soggetti interessati che pur non siano titolari dei rapporti suddetti; d) che neppure può pretendersi la contestualità del rapporto tra il soggetto ed il bene alla data dell’espropriazione, non richiesto dalla legge, posto che una tale interpretazione finirebbe per escludere in linea generale i rapporti personali con i beni espropriati; e nel caso concreto non consentirebbe di tener conto che il momento espropriativo è soltanto l’atto finale di una complessa vicenda di pianificazione urbanistica e di governo del territorio:

nel caso conclusa con la Convenzione 23 aprile 2008 tra il comune ed essa ricorrente.

4. Le censure sono manifestamente infondate, in quanto ignorano del tutto la giurisprudenza di questa Corte sul tema proposto, che invece per il disposto del nuovo art. 360 bis c.p.c., n. 1 la ricorrente era tenuta ad osservare.

La giurisprudenza tanto ordinaria quanto amministrativa ha infatti da decenni affermato che tanto la normativa sugli insediamenti produttivi (L. n. 865 del 1971, art. 27) quanto quella sull’edilizia pubblica (L. n. 865 del 1971, artt. 35 e 60) preordinate, come è noto, al perseguimento di specifici obbiettivi di interesse pubblico nei relativi settori, prevedono una complessa fattispecie che si articola in due fasi concettualmente e temporalmente distinte pur se intimamente collegate per il loro conseguimento: la prima costituita dall’acquisizione delle aree necessarie da parte del comune, che non ne sia già proprietario, (anche) mediante espropriazione; ed una seconda relativa al loro trasferimento ed assegnazione (tramite concessione o altro) a privati, cooperative, consorzi, nonchè agli altri soggetti individuati dalla legge attraverso speciali procedimenti accompagnati da una convenzione deliberata dal Consiglio comunale, (Cass. sez. un. 13072/2001; 190/2001; nonchè 489/1998;9508/1997; Cons. St. 4094/2010; 3637/2007).

La prima fase, pertanto assolutamente indipendente dalla seconda, allorchè diretta all’acquisizione coattiva delle aree da parte dell’ente territoriale, è disciplinata dalle norme sulle espropriazioni per p.u. che fin dalla Legge Generale n. 2359 del 1865 hanno attribuito il diritto a conseguire l’indennità per l’avvenuta espropriazione del bene esclusivamente al proprietario (Cass. 14205/2009; 13115/2004; 12022/2004) o, in caso di enfiteusi all’enfiteuta (L. 2359 del 1865, art. 27, comma 2; art. 963 c.c., u.c.): perciò considerando unici soggetti legittimati a proporre e/o a subire il relativo giudizio l’espropriante e l’espropriato. E quanto a quest’ultimo, disponendo negli art. 27 e 52 che "Gli usufruttuari, i conduttori… ed altri, a cui spettasse qualche diritto" sugli immobili sono fatti indenni dal proprietario; e che detti diritti "si possono far valere non più sul fondo espropriato, ma sull’indennità che lo rappresenta". Nessun altro soggetto era ammesso a partecipare al giudizio di opposizione : nemmeno l’autorità che aveva emesso il provvedimento ablativo, cui l’art. 51 disponeva la notificazione dell’atto introduttivo a fini di mera conoscenza dell’opposizione stessa (Cass. 4462/1983; 8156/1987). E d’altra parte l’espropriante, tenuto al pagamento dell’indennità, e, quindi unico soggetto passivamente legittimato nel giudizio di opposizione avverso la stima dell’indennità medesima, promosso dall’espropriato, veniva individuato con esclusivo riferimento al decreto di espropriazione, in base al soggetto o ente in cui favore esso risulta adottato: anche nell’ipotesi ricordata dalla Galperti, ma assolutamente estranea alla fattispecie, di concorso di più enti nell’attuazione dell’opera pubblica, dovendosi anche allora, nei rapporti esterni verso l’espropriato (ed indipendentemente dai rapporti interni tra i vari enti che rilevano solo ai fini dell’eventuale rivalsa dell’uno verso l’altro) aversi riguardo al soggetto che nel provvedimento ablatorio risulta beneficiario dell’espropriazione, salvo che dal decreto stesso non emergesse che ad altro ente, in virtù di legge o di atti amministrativi e mediante figure sostitutive a rilevanza esterna (delegazione amministrativa, affidamento in proprio, concessione traslativa e simili) era stato conferito il potere ed il compito di procedere all’acquisizione delle aree occorrenti e di promuovere e curare direttamente, agendo in nome proprio, le necessarie procedure espropriative, ed addossati i relativi oneri (cfr. Cass. 20827/2010; 13061/2000; 6959/1997;

6029/1991).

5. Questo sistema ha ricevuto alcune modifiche in relazione al solo soggetto espropriato dalla L. n. 865 del 1971, la quale: 1) ha attribuito un’autonoma indennità c.d. aggiuntiva a favore del fittavolo, colono e degli altri coltivatori della terra (come gli assegnatari con patto di futura vendita da parte di un ente di riforma fondiaria di un terreno: cfr. Cass. sez. un. 2313/1979, nonchè 7089/1990); 2) ha facultato a proporre opposizione alla stima dell’indennità (art. 19) "i proprietari e gli altri interessati":

questi ultimi identificabili secondo la costante giurisprudenza di legittimità, nei titolari di diritti o pretese reali sul bene, in concorso ovvero in conflitto con la posizione del proprietario: come esemplificativamente avviene per l’usufruttuario cui la L. n. 2359 del 1865, art. 27 già attribuiva il diritto di pretendere dal proprietario indennizzato la corresponsione della parte di indennità che gli spetta, nonchè quello di agire o di intervenire nel giudizio di opposizione per chiedere che nell’indennità da assegnare al proprietario venga ricompresa anche la somma che quest’ultimo dovrà corrispondergli.

Pertanto muovendo (anche) dal presupposto che l’indennità di espropriazione (eccezion fatta per quella "aggiuntiva" ora ricordata) è unica, sicchè soltanto su di essa deve trovare soddisfazione la pretesa di coloro che, già titolari di un diritto di godimento sul bene espropriato, vengono a risentire un pregiudizio per effetto dell’estinzione di quel diritto, pure provocata dall’espropriazione (cit. L. n. 2359, art. 52), è stata sistematicamente esclusa dalla più qualificata dottrina e dalla giurisprudenza, la legittimazione del terzo detentore a titolo di comodato del fondo a richiedere alcuna indennità nei confronti dell’espropriante (e comunque del concedente); e tale esclusione estesa ai soggetti che abbiano sull’immobile espropriato un diritto personale di godimento o addirittura una mera aspettativa (come l’assegnatario) oppure una relazione di fatto (come il possessore);o che vi esercitino in virtù di un titolo legittimo un’attività imprenditoriale o commerciale. E più in generale ai titolari di rapporti che pur risultando in qualche modo connessi all’obbligazione indennitaria siano diversi, quanto ai soggetti, al titolo o all’oggetto, da quello concernente l’opposizione alla stima dell’indennità di espropriazione (o di occupazione): fra i quali rientra proprio il (successivo) assegnatario del terreno e/o il concessionario dell’opera su di esso realizzanda trattandosi di soggetti che non sono parte del rapporto espropriativo, sono titolari di un rapporto cronologicamente e logicamente successivo alla conclusione del procedimento espropriativo, cui il loro diritto è necessariamente condizionato, e perciò fondato non sull’espropriazione, ma su di una convenzione o altro titolo intercorrente con l’espropriante diverso da quello (espropriazione) ex lege oggetto del giudizio di opposizione alla stima e/o di determinazione giudiziale dell’indennità; che conclusivamente solo indirettamente e di riflesso può dipendere (anche) dalla decisione di questa, perciò restando totalmente estraneo alle indicate disposizioni legislative (Cass. 10680/2000;7358/1995; 232/1992).

6. Eguale regime è stato mantenuto fermo dall’art. 54 del T.U. sulle espropriazioni invocato dalla Galperti, il quale, come rilevato dal parere reso sulla legge dall’Adunanza Generale del Consiglio di Stato 4/2001, si è limitato ad unificare e coordinare proprio le discipline poste dagli L. n. 2359 del 1865, art. 51 e L. n. 865 del 1971, art. 19 con qualche modesta innovazione riguardante questa volta il soggetto espropriante, in quanto: A) ha introdotto la legittimazione del promotore dell’espropriazione, specificamente individuato nel precedente art. 3, sia nel caso in cui sia attore, che in quello in cui sia convenuto; B) ha posto l’obbligo di notifica dell’atto di citazione al concessionario dell’opera pubblica, nel solo caso (pur esso estraneo alla fattispecie) in cui sia stato delegato al compimento della procedura espropriativa, e quindi al pagamento della relativa indennità (art. 3 sub b e art. 54, comma 4).

Per il resto ha mantenuto fermo il precedente quadro normativo, dopo avere peraltro ribadito nell’art. 34 l’individuazione dei soggetti aventi titolo all’indennità sul " bene da espropriare" (comma 1), nonchè a proporre il giudizio di opposizione (o a parteciparvi). E perciò confermato al riguardo come puntualmente rilevato dalla Corte di appello, che l’azione compete esclusivamente "al titolare di un diritto reale o personale" su di esso nel segmento temporale e procedimentale compreso tra il vincolo preordinato all’espropriazione e l’adozione del decreto ablativo: dopo il quale, di conseguenza l’immobile si trasferisce nel patrimonio dell’espropriante e le vicende – pubblicistiche o privatistiche – che lo riguardano divengono del tutto estranee al procedimento ablativo. Il Collegio deve aggiungere che proprio in relazione all’individuazione dei soggetti espropriati (e non a chiunque abbia avuto con l’immobile un qualche rapporto in epoca antecedente o successiva all’espropriazione, come erroneamente ritenuto dalla ricorrente) lo stesso art. 54 ha ribadito l’identica formula della L. n. 865, art. 19 che la legittimazione compete al proprietario ed ai terzi interessati, perciò all’evidenza mantenendone il medesimo ambito di applicazione: in coerenza del resto con l’intero sistema (cfr. art. 1, e art. 3) che non concede spazio alcuno per includere fra i soggetti individuati dalla norma quelli titolari di un rapporto non più con "il bene da espropriare", ma con situazioni determinate dalle vicende successive dello stesso, allorchè ormai divenuto di proprietà dell’espropriante, ed in base a rapporti pur essi successivi all’espropriazione; che in tal caso ne costituisce conclusivamente soltanto un mero antecedente storico.

Assorbito, pertanto il terzo motivo del ricorso, la sentenza impugnata va confermata con conseguente condanna della soc. Galperti, rimasta soccombente, al pagamento delle spese processuali liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in favore di O. P. e dei consorti in complessivi Euro 5.700,00 di cui Euro 5.500,00 per onorario di difesa,oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2012.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2012

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