Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con atto notificato 23.3.1996 la soc. IN.GE. a rl intimava lo sfratto per morosità alla snc Bozzanca & figlio in relazione ad alcuni immobili siti in (OMISSIS) dalla stessa condotti in locazione e la citava contestualmente per la convalida. La società intimata, nel costituirsi si opponeva alla convalida e chiedeva in via riconvenzionale che fosse dichiarata la nullità sia del contratto di compravendita degli indicati immobili, sia del coevo contratto di locazione avente ad oggetto gli stessi cespiti immobiliari.
L’adito Pretore di Siracusa, rimetteva la causa al tribunale Siracusa per competenza ratione valoris; la causa stessa veniva quindi riassunta da B.L.C. n.q. di legale rappresentante della stessa snc Bozzanca & figlio oltre che in nome proprio.
L’attrice esponeva di essere proprietaria, unitamente ai fratelli G. ed B.A., dei due immobili sopramenzionati e che nel 1994, in conseguenza delle cattive condizioni finanziarie della loro società, avevano ottenuto un mutuo da S. C., amministratore della srl IN.GE. in relazione al quale, essi, con rogito in data 15.4.94, avevano venduto al mutuante gli immobili sopra indicati per un prezzo pari alla somma mutuata ( L. 500.000.000); precisava ancora che il nominato C. – che figurava agire in nome e per conto dei figli (soci proprietari al 90% della soc. INGE che aveva acquistato i due immobili) – al fine di garantirsi il pagamento del mutuo, con scrittura privata del 15.4.94, concedeva a L.R.C., madre dei mutuatari, il diritto di acquistare gli stessi immobili per l’identico prezzo con opzione da esercitarsi entro 5 anni e con la risoluzione automatica di tale patto, nel caso di mancato pagamento dei canoni per un periodo superiore a 2 mesi; che nel medesimo giorno, al fine di consentire ai mutuatari di permanere nell’immobile , veniva stipulato anche un apparente contratto di locazione, con il patto che nessun canone sarebbe stato versato. L’attrice chiedeva pertanto dichiararsi la nullità sta del contratto di vendita che di quello di locazione riguardanti gli immobili di via (OMISSIS), in quanto – in collegamento funzionale tra loro e messi in relazione con il muto ricevuto – avrebbero realizzato un inammissibile patto commissorio.
Si costituiva la soc. INGE contestando le domande avversane e chiedendo in via riconvenzionale, la condanna delle controparte al pagamento dei canoni di locazione rimasti insoluti.
Intervenuto il fallimento della snc Bozzanca e dei soci in proprio e proseguita la causa dalla curatela, l’adito tribunale, con sentenza n. 1060/2003 dichiarava la nullità di entrambi i contratti per illiceità della causa. La Corte d’appello di Catania, pronunziando sul gravame della srl GEFIN Roma (che aveva nel frattempo incorporato la soc. INGE), lo rigettava, ritenendo che correttamente il giudice di primo grado avesse rinvenuto nel collegamento negoziale tra vendita, mutuo e locazione un mezzo per garantire la restituzione delle somme date in prestito, basandosi non già sulle testimonianze de relato – come sostenuto dall’appellante – ma analizzando con puntualità i dati oggettivi posti alla sua analisi (sequenza temporale dei negozi; conoscenza da parte del C. dello stato di difficoltà economica in cui versava la società; la funzionale interdipendenza degli accordi intervenuti; l’esistenza di un patto di retrovendita). Avverso la predetta sentenza la GEFIN ROMA ricorre in cassazione formulando n. 2 censure; resiste con controricorso il fallimento. La causa quindi è pervenuta all’odierna pubblica udienza previa trattazione in camera di consiglio ex art. 376 c.p.c., a seguito di ordinanza interlocutoria del 12.1.2012. Le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
Con il 1 motivo del ricorso la società esponente denunzia la nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 102, 354 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4; evidenzia per la prima volta in questa sede di legittimità che non aveva partecipato al giudizio L.R.C., madre dei germani B. e parte del patto di opzione unitamente ai figli del C.. Invero la stessa Corte territoriale ha affermato che l’opzione concessa dalla srl INGE alla madre L.R.C. di acquistare nell’arco di 5 anni il 90% del capitale sociale della società stessa, divenuta acquirente degli immobili, per lo stesso prezzo convenuto per la compravendita degli stessi, concreterebbe il patto di retrovendita, sintomatico dell’illecita vendita a scopo di garanzia. Senza tale scrittura privata – sottolinea la ricorrente – il patto commissorio non era neppure configurabile, per cui deve necessariamente riconoscersi l’esigenza ineludibile di procedere all’integrazione del contraddittorio assumendo la L. la quantica di parte necessaria del processo. La doglianza non ha pregio, non essendo configurabile nella fattispecie il litisconsorzio necessario in riferimento a L.C.. Invero occorre rilevare che la domanda originariamente proposta dal B. era diretta a far dichiarare soltanto la nullità della vendita dell’immobile (a scopo di garanzia) e della coeva locazione dello stesso; ma non anche l’ulteriore accordo intervenuto tra la L., madre B. ed i figli di C.S., per cui può ritenersi che quell’accordo avesse un ruolo meramente incidentale per i soggetti che vi avevano partecipato. D’altra parte, a ben vedere, contrariamente a quanto sopra sostenuto dalla ricorrente, la scrittura del 15 aprile 1994 L. – C. non era meccanismo indispensabile per garantire il funzionamento del patto di retrovendita a scopo di garanzia, tanto più che proprio tale scrittura era stata consensualmente risolta dalle parti prima ancora che iniziasse il giudizio di sfratto. Ciò posto, C. L. quindi non doveva essere parte del giudizio, al quale non aveva alcun personale interesse a partecipare. La S.C. al riguardo ha precisato che, "al di fuori dei casi in cui la legge espressamente impone la partecipazione di più soggetti al giudizio istaurato nei confronti di uno di essi, vi è litisconsorzio necessario solo allorquando l’azione tenda alla costituzione o alla modifica di un rapporto plurisoggettivo unico, ovvero all’adempimento di una prestazione inscindibile comune a più soggetti; pertanto, non ricorre litisconsorzio necessario allorchè il giudice proceda, in via meramente incidentale, ad accertare una situazione giuridica che riguardi anche un terzo, dal momento che gli effetti di tale accertamento non si estendono a quest’ultimo, ma restano limitati alle parti in causa (Cass. n. 17027 del 26/07/2006; Cass. n. 26422 del 03/11/2008).
Passando all’esame del 2 motivo l’esponente deduce: "l’omessa insufficiente e contraddittoria motivazione …su un punto decisivo della controversia ed in particolare in ordine alle circostanze poste alla base delle ragioni che hanno portato alla declaratoria di nullità ai sensi dell’art. 2744 c.c. dei due contratti di compravendita e di locazione del 15 aprile 1994, nonchè della scrittura privata stipulata sempre in data 15 aprile 1994." Secondo la ricorrente il giudice d’appello si era limitato a confermare la tesi dell’esistenza del patto commissorio sulla base della mera esposizione delle precedenti emergenze processuali. Sottolinea che non ogni vendita a scopo di garanzia configura una violazione dell’art. 2744 c.c. e perchè si abbia patto commissorio vietato, il trasferimento della proprietà della res dev’essere – al contrario di quello accaduto nella fattispecie in esame -sospensivamente condizionato alla mancata restituzione della somma mutuata. Non è dunque configurabile nella fattispecie alcun patto commissorio: il trasferimento del bene non era effettivamente collegato ad uno scopo di garanzia mentre le diverse pattuizioni in realtà non hanno tra loro un rapporto d’interdipendenza funzionale. Invero il c.d. patto di garanzia era intervenuto tra soggetti estranei agli altri negozi (di vendita e di locazione intervenuti tra le due società),e cioè tra il C. e la L., la quale peraltro – come si è visto – aveva rinunciato al suo diritto di opzione con due distinte scritture, in epoca anteriore all’inizio della causa di sfratto;
infine il pagamento dei canoni era stato effettivo e non meramente virtuale.
La doglianza non ha pregio.
La ricorrente in sintesi sostiene che il giudice d’appello non abbia approfondito l’esame del concreto svolgersi dei rapporti tra le parti allo scopo di stabilire se il collegamento esistente tra i vari negozi fosse sicuramente finalizzato alla conclusione di un accordo illecito, nel quale il pagamento del prezzo di una compravendita non fosse finalizzato ad una funzione di scambio, bensì a quella di restituzione di un precedente mutuo.
Secondo il Collegio siffatto appunto non può essere mosso, essendo il giudice a quo pervenuto alla sua decisione solo dopo un approfondito esame delle emergenze istruttorie, alla luce dei singoli motivi d’impugnazione sollevati dalla società appellante.
Invero la corte distrettuale ha ben evidenziato il collegamento funzionale tra i negozi in esame e le ragioni che l’hanno indotta a ritenere nulli i contratti di compravendita e di locazione (ritenendo affetto di nullità per incidens, anche la scrittura privata del 15.4.94 consensualmente risolta) e più in generale nella configurabilità di un patto commissorio occulto nella complessa e singolare operazione negoziale de qua, non essendo plausibile, d’altronde, attribuire ad essa una diversa lecita finalità. Non appare inutile sottolineare al riguardo che in effetti il divieto del patto commissorio di cui all’art. 2744 c.c. si può estendere a qualunque negozio attraverso il quale le parti intendono realizzare il fine vietato dal legislatore ed opera, quindi, anche nell’ipotesi di patto commissorio non esplicito, ma occulto,come quello in esame (Cass. n. 5426 del 05/03/2010). Al riguardo ha rilevato questa S.C. che "il divieto di patto commissorio, sancito dall’art. 2744 c.c. si estende a qualsiasi negozio che venga impiegato per conseguire il risultato concreto – vietato dall’ordinamento – dell’illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore, accettando preventivamente il trasferimento di proprietà di un suo bene come conseguenza della mancata estinzione del debito, e può pertanto configurarsi un patto commissorio anche ogni qua volta il debitore sia comunque costretto al trasferimento di un suo bene al creditore a tacitazione dell’obbligazione (Cass. n. 8411 del 27/05/2003).
Va ancora precisato che la sussistenza di un collegamento negoziale tra i negozi giuridici in questione si desume dalla volontà delle parti, la cui interpretazione costituisce "quaestio facti" insindacabile in sede di legittimità, se immune da vizi logici e giuridici (Cass. n. 24792 del 08/10/2008; n. 1875 del 8.2.2012; Cass. n. 11974 del 17.05.2010; Cass. n. 1884 del 10.7.2008).
Conclusivamente il ricorso dev’essere rigettato. Per il principio della soccombenza le spese processuali sono poste a carico della ricorrente.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 6.700,00, di cui Euro 6.500,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori come per legge.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.