Cassazione civile anno 2005 n. 1380

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo
X X, di professione tassista, sulla premessa che nel marzo 1988 aveva subito un grave incidente con conseguente trauma cranico e che nel marzo 1997 per 23 giorni era stato ricoverato per sindrome vertiginosa centrale in soggetto con discopatia post- traumatica, ipoacusia percettiva bilaterale e postumo da pregresso trauma cranico, ricorreva al giudice del lavoro di Messina per il riconoscimento dal marzo 1997, ed ancora alla data del ricorso, dell’inabilità temporanea assoluta al lavoro per le patologia conseguenti all’infortunio sul lavoro del marzo 1988 e il trattamento economico di legge a carico dell’X – Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (in appresso X).
Il primo giudice rigettava la domanda e la Corte di Appello di Messina rigettava la istanza di rinnovo della consulenza tecnica di ufficio e lo stesso appello proposto dal X.
Osserva la Corte territoriale che le patologie riscontrate ed accertate con consulenza medico-legale disposta ed espletata in corso del primo grado di giudizio erano certamente ricollegabili all’infortunio patito in precedenza e per le quali era già stata costituita la relativa rendita, e che le stesse erano risultate, anche per le censure del tutto generiche alla relazione e anche non confortate da alcuna documentazione sanitaria, mere riacutizzazioni di quei sintomi costituenti postumi permanenti già riconosciuti ed indennizzati dall’X. Esse, pertanto, non costituivano fatti patologici nuovi e ulteriormente risarcibili, ma solo assoggettabili a valutazione di aggravamento per una eventuale revisione della rendita, ma non al riconoscimento del diritto ad una indennità giornaliera di malattia.
Ricorre per Cassazione X X affidandosi ad unico motivo di censura.
L’X si è costituito con controricorso.

Motivi della decisione
Con l’unico motivo di ricorso X X denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 66, 68, 74, 69 e 134 del d.p.r. 30 giugno 1965, n. 1124, il tutto ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c..
Deduce il ricorrente che le disposizioni in titolazione, in ragione delle diverse ratio delle due prestazioni, dirette, la rendita di inabilità, all’indennizzo del danno fisico subito dall’infortunato nello svolgimento dell’attività lavorativa, e, la indennità giornaliera per inabilità temporanea assoluta, al risarcimento della sospesa capacità di guadagno e di lavoro del lavoratore perduta per temporanea perdita dell’attitudine al lavoro dovuta al riacutizzarsi dei fatti patologici derivanti dall’infortunio e fino al recupero della capacità stessa, prevedono, come peraltro già riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità, il cumulo dei due benefici per l’intero periodo della sottoposizione dell’infortunato alle cure mediche necessarie a restaurare le condizioni per il riconoscimento della rendita permanente.
Il ricorso è infondato.
Va premesso il principio, già affermato dalla Corte, secondo cui "in tema di assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro, mentre la rendita per inabilità permanente ha la funzione di indennizzare il danno fisico subito dall’assicurato in relazione alle percentuali di riduzione della sua attitudine al lavoro, l’indennità giornaliera per invalidità temporanea costituisce una prestazione economica, a carattere assistenziale, diretta ad assicurare al lavoratore i mezzi di sostentamento finche dura l’inabilità che impedisce totalmente e di fatto all’infortunato di rendere le sue prestazioni lavorative;
pertanto, nell’ipotesi in cui il titolare di rendita infortunistica per inabilità permanente abbia diritto per rioccupazione o per continuazione del lavoro all’assistenza di malattia a carico dell’X, rientra nella sfera degli obblighi di tale istituto l’erogazione delle prestazioni economiche (indennità di malattia) per i periodi di infermità coperti dall’assicurazione sociale; e ciò anche quando lo stato di malattia si riveli come aggravamento degli esiti dell’infortunio sul lavoro suscettibile di stabilizzazione ad un diverso e maggiore livello invalidante (nel qual caso potrà richiedersi la revisione della rendita), o comunque come ulteriore conseguenza e recrudescenza temporanea dell’infortunio stesso" (Cass. 22 agosto 2002, n. 12402, Cass. 10 maggio 1997, n. 4098, 29 dicembre 1999, n. 14684).
Tale principio, che in questa sede trova piena conferma, scaturisce dall’esame analitico delle disposizioni di legge in subiecta materia (artt. 68, 74, secondo comma, e 215, comma 1, del T.U. n. 1124 del 1965) dalle quali è dato rilevare che, nel caso del riacutizzarsi dei postumi dell’infortunio, non può attribuirsi, oltre alla rendita di infortunio già riconosciuta, anche l’indennità giornaliera. Non essendo, infatti, previsto il cumulo della dette prestazioni da nessuna delle disposizioni sopra citate, un’attribuzione in tal senso si porrebbe in violazione del principio generale che nessuna prestazione previdenziale può essere attribuita senza uno specifico dettato legislativo. In realtà, nella ipotesi di lavoratore già munito di rendita da infortunio, ma in attività di servizio, che abbia tuttavia bisogno dell’assistenza malattia, deputato alla erogazione delle prestazioni sanitarie economiche (indennità di malattia) è solo l’Istituto X, anche se il bisogno sorge da un aggravamento degli esiti del precedente infortunio per il quale si gode della rendita. E’ vero anche che, ove tale aggravamento è anche suscettibile di stabilizzazione verso uno stato invalidante di maggiore consistenza, soccorre l’istituto della revisione per il suo accertamento e quindi della maggiorazione della rendita stessa.
Confermativo dell’assunto è la regola di cui all’art. 89 del medesimo T.U. che prevede una integrazione da parte dell’X della rendita per inabilità fino alla misura massima dell’indennità per inabilità temporanea assoluta e fino al recupero da parte dell’infortunato della propria capacità lavorativa; tanto, evidentemente, nel rispetto del principio generale sopra ricordato del divieto di cumulo delle prestazioni. Il ricorso, pertanto, è infondato e va rigettato.
Non va adottata alcuna decisione in ordine alle spese del giudizio di Cassazione in applicazione ratione temporis del principio di irripetibilità di cui al ripristinato art. 152 disp. att. c.p.c., vecchio testo.

P. Q. M.
la Corte rigetta il ricorso; dichiara non doversi provvedere in ordine alle spese del giudizio di Cassazione.
Così deciso in Roma, il 23 novembre 2004.
Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2005

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *