Cass. civ. Sez. I, Sent., 24-05-2012, n. 8225

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Nell’ambito dei procedimenti riuniti ex artt. 317 bis, 330, 333, 336, 342 bis e ter c.c., espletata C.T.U., il Tribunale per i Minorenni di Roma, con decreto in data 10-16 marzo 2011, sospendeva provvisoriamente la potestà genitoriale di A.G. P. sulla figlia minore M.A., con il collocamento di questa presso il padre, M.F.; vietava gli incontri con la madre, fino a che questa non si sottoponesse ad un percorso psicoterapeutico presso il DSM della ASL Roma (OMISSIS), disponendo la trasmissione di una relazione di aggiornamento dopo tre mesi, e, riservando ogni ulteriore determinazione all’esito di tale relazione.

Emetteva successivamente lo stesso organo giudiziario altro decreto in data 28 marzo 2011, ad integrazione del precedente, con cui esso incaricava il Servizio Sociale del Comune di Roma e la ASL Roma (OMISSIS) di monitorare la situazione della minore, mediante un sostegno alla genitorialità del padre, trasmettendo relazione di aggiornamento entro il 30 giungo 2011; confermava per il resto il precedente decreto. Avverso i predetti decreti proponeva reclamo l’ A..

Si costituiva, con memoria, il curatore speciale della minore, Avv. D. B., chiedendo che venissero ripresi i rapporti della bambina con la madre in ambiente protetto. Si costituiva, con memoria, pure il padre della minore, chiedendo dichiararsi inammissibile, ovvero rigettarsi il reclamo. La Corte d’Appello di Roma, con decreto 5-13 luglio 2011, rigettava il reclamo.

Ricorre per cassazione la A..

Resistono, con controricorso, tanto il M., che l’Avv. B..

L’ A. e il M. hanno depositato memorie per l’udienza.

Motivi della decisione

Preliminarmente, appaiono infondate le eccezioni di inammissibilità circa il controricorso della curatrice speciale della minore. Esso non è tardivo, essendo stato notificato ritualmente entro venti giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso, computando la sospensione feriale, operante pure per i procedimenti in materia familiare e minorile (salvo, ovviamente, le procedure d’urgenza ex art. 700 c.p.c.).

Neppure sussiste difetto di legittimazione processuale: diversamente da quanto afferma il ricorrente, il curatore speciale è parte processuale e rappresenta il minore nel procedimento, il Giudice, per ragioni di semplificazione, di regola, nomina un avvocato che si difende in proprio, ma potrebbe sicuramente nominare altro soggetto che, a sua volta, sceglierebbe un difensore: ciò che è accaduto nel presente giudizio di legittimità, come da procura in calce al controricorso, sottoscritta dalla curatrice a favore dell’Avv. B. Manganelli e di se stessa (considerando che l’Avv. D. B. non è iscritta all’Albo dei Patrocinatori presso questa Corte, la sua nomina è da considerarsi come non effettuata).

E’ appena il caso di precisare che non si può parlare di inammissibilità del controricorso, per contraddittorietà rispetto ad altro atto difensivo davanti al Tribunale per i Minorenni: là, per quanto indica la stessa ricorrente, si affrontava il merito delle questioni, in questa sede il controricorso della curatrice si sofferma sull’ammissibilità del ricorso e sulla regolarità formale, a suo dire, della consulenza tecnica espletata.

Per le ragioni suindicate, non è tardivo il controricorso del M., che è stato notificato pure al curatore speciale della minore e al P.M. Venendo all’esame dell’ammissibilità del ricorso, va precisato che l’art. 739 c.p.c., u.c. esclude che, nell’ambito dei procedimenti in Camera di Consiglio, avverso i provvedimenti emessi in sede di reclamo, possa proporsi ricorso per cassazione. Tale scelta legislativa, veniva giustificata sostanzialmente con il carattere stesso dei provvedimenti, non incidenti su posizioni di diritto soggettivo, modificabili e revocabili in ogni tempo. L’uso sempre più diffuso del procedimento camerale, previsto dal Legislatore anche per risolvere controversie afferenti diritti soggettivi e status, ha condotto progressivamente la giurisprudenza ad ammettere il ricorso straordinario per cassazione avverso decreti emessi in sede di reclamo. Ciò in virtù del disposto dell’attuale comma 7 (in precedenza comma 2) dell’art. 111 Cost., e attribuendo rilevanza alla sostanza piuttosto che alla forma del provvedimento.

Si è pervenuti così ad affermare che l’ammissibilità del ricorso è subordinata alla presenza di vari requisiti: posizioni di diritto soggettivo o di status, decisorietà e definitività (tra le altre, Cass., n. 21718/2010; Cass., S.U. n. 28873/2008).

E’ indubbio che, nella specie, vengano in considerazione posizioni di diritto soggettivo, anzi, per di più, di diritti fondamentali della persona. L’art. 30 Cost. tratta di obbligo dei genitori di educare, mantenere, istruire i figli, che è anche diritto dei genitori stessi, esercitabile nei confronti di qualunque soggetto: solo la legge, in caso di incapacità dei genitori, provvede a che siano comunque assolti i loro compiti.

Con qualche sforzo interpretativo, si potrebbe ritenere parimenti operante il carattere di decisorietà, almeno astrattamente, prescindendosi, per il momento, dall’esame del requisito della definitività (accertamento e condanna, nella specie, incidente – in misura grave – sulla potestà genitoriale dell’odierna ricorrente, totalmente "sospesa", a seguito di "controversia). Il procedimento ex art. 317 bis c.c. sicuramente attiene a controversia sull’affidamento dei figli minori, analogamente a quanto accade in sede d separazione e divorzio, con l’unica differenza che i genitori non sono uniti in matrimonio (ovviamente, l’interesse preminente dei figli è il medesimo). Il procedimento ex art. 330 c.c., sorto come forma di controllo del Giudice sulla potestà genitoriale (all’epoca patria potestà), ha assunto, nel corso degli anni, soprattutto a seguito della riforma del 2001, che ha novellato l’art. 336 c.c., alcuni profili contenziosi (i genitori e il minore sono assistiti da un difensore; il genitore contro cui il provvedimento è richiesto, deve essere necessariamente sentito), anche se meno decisivi rispetto al procedimento adozionale, riformato dal medesimo intervento normativo (L. n. 149 del 2001). Dunque, si può ritenere che, nella specie, si tratti (anche) di controversia tra contrapposte posizioni di diritto soggettivo, sicuramente incidente sullo status genitoriale e della minore.

Manca tuttavia, nella specie, il requisito della definitività. Dal contesto del decreto impugnato, ove si richiamano pure quelli di primo grado, ne emerge palesemente la provvisorietà; i decreti costituiscono momenti di un procedimento che prosegue (e, significativamente, nelle memorie per l’udienza, si afferma che sono stati assunti provvedimenti successivi, integrativi o modificativi di quelli reclamati). Essi condizionavano in sostanza la loro operatività a relazioni di aggiornamento richieste ai Servizi Sociali entro termini precisi. Il decreto impugnato davanti a questa Corte viene dichiaratamente emesso rebus sic stantibus: non si ravvisano significative modifiche della situazione valutata dalla consulenza tecnica, e si ritiene di non intervenire in ordine al ripristino del rapporto madre-figlia, essendo necessaria l’individuazione di modalità protette, da attuarsi in concreto, ciò che potrebbe avvenire assai più opportunamente davanti al Giudice di primo grado che procede.

Va pertanto dichiarato inammissibile il ricorso.

Nè si potrebbe ipotizzare questioni di legittimità costituzionale in relazione ai diritti della difesa e alle esigenze del giusto processo, sicuramente non violati dall’assenza (momentanea) del vaglio del Giudice di legittimità. Evidentemente, le parti processuali possono richiedere modifiche dei provvedimenti provvisori allo stesso Giudice di primo grado; può, secondo i casi, proporsi reclamo al Giudice superiore; a conclusione del giudizio di primo grado potranno farsi valere tutte le numerose questioni di diritto sostanziale e processuale, contenute, con ampiezza di argomentazione, nel ricorso in esame, e il relativo provvedimento potrà essere reclamato e, ove ricorra il carattere di definitività, nel suo complesso o sotto alcuni profili, impugnato per cassazione. Certo il Legislatore, nella sua discrezionalità, potrebbe attribuire de jure condendo alla Corte di legittimità (come avviene in alcuni ordinamenti stranieri e corti internazionali) la cognizione di provvedimenti incidenti su diritti fondamentali della persona, indipendentemente dalla pendenza o dalla conclusione del procedimento, nell’ambito del quale sono stati assunti. Ma questa Corte non è legittimata ad esprimere auspici o a fornire suggerimenti al Legislatore.

Dalla pronuncia di inammissibilità del ricorso, consegue, anche alla luce del novellato art. 92 c.p.c., la condanna della ricorrente alle spese del presente giudizio di legittimità, a favore delle due parti costituite (per la curatrice speciale, a favore dell’erario).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 1.700,00 per onorari ed Euro 200,00 per esborsi, a favore del M. e, per lo stesso importo, nei confronti della curatrice speciale della minore, a favore dell’erario; oltre spese generali ed accessori di legge.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere generalità ed atti identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, il 5 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2012

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