Cassazione civile anno 2005 n. 1072 Parti comuni dell’edificio

COMUNIONE E CONDOMINIO

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo
Con atto di citazione 26.09.1996, i coniugi X X X e X X, proprietari di un appartamento sito in S. X (CE) alla via Sambuci n. 29, convenivano in giudizio, dinanzi al giudice di pace di S. X X X, X X, X X e X X, i primi due quali proprietari di un locale terraneo e il terzo quale titolare di una officina meccanica ubicata in tale locale dell’edificio condominiale, al fine di sentir loro inibire l’uso in atto del cortile comune, in particolare vietare l’accesso e il transito delle auto e degli automezzi dei propri clienti, nonchè la sosta dei veicoli in riparazione e la prova dei motori sullo spazio comune.
Costituitisi, i convenuti contestavano la domanda e ne chiedevano il rigetto per infondatezza.
All’esito della istruttoria, il giudice di pace vietava ai convenuti di utilizzare il cortile comune per: a) far sostare le auto dei clienti; b) provare le auto in riparazione; c) riparare le auto.
Consentiva ai convenuti di utilizzare il cortile comune per il passaggio delle auto dirette all’officina, purchè di numero limitato e senza arrecare danni agli altri condomini.
Il Tribunale di S. X X X, con sentenza n. 3438 del 20.10/15.11.2000, rigettava l’appello principale dei coniugi X X – X e, in accoglimento per quanto di ragione, dell’appello incidentale dei X e della X, in riforma per la parte qua dell’impugnata sentenza, rigettava il capo della domanda in punto di divieto di utilizzare il cortile comune per la sosta dei veicoli in prova o in riparazione.
In ordine all’appello principale, per quel che ancora interessa, osservava il Tribunale che la questione da affrontare era la dedotta alterazione della destinazione d’uso del cortile per effetto del transito dei autoveicoli diretti all’officina meccanica. Sul punto il giudice di primo grado, pur ammettendo in astratto la possibile alterazione della destinazione d’uso del cortile, l’aveva esclusa in concreto in considerazione del limitato numero di clienti giornalieri ospitati dall’officina, dato questo emerso chiaramente dalle risultanze probatorie, concludendo per la tollerabilità del fastidio, in ogni caso privo della portata che gli avrebbe consentito di indurre addirittura la modificazione della destinazione della cosa comune. Alla luce degli esiti istruttori di primo grado, riteneva il Tribunale di dover condividere le affermazioni del giudice di pace.
Aggiungeva che, trattandosi di un’officina gestita da soggetti privati e non da una società di rilevanti dimensioni, era da escludere che il transito di poche autovetture potesse comportare l’alterazione o modificazione dell’uso della cosa comune.
In ordine all’appello incidentale osservava il Tribunale che il giudice di pace, contrariamente a quanto emerso dalle risultanze processuali, aveva fatto divieto ai convenuti di sostare nel cortile con le auto in prova o in riparazione. Infatti, era stato ritenuto non vero, vale a dire non provato, che i convenuti si mettessero a riparare, o soltanto a provare, le auto nel cortile comune, disponendo di un’area adeguata di proprietà esclusiva, coperta e scoperta. Ed in verità, da tutto il materiale probatorio (ispezione dei luoghi, atto di conciliazione del 20.6. 1996, deposizione dei testi) non emergeva l’occupazione del cortile comune con le auto in prova o in riparazione.
Il Tribunale, pertanto, decideva come sopra detto, rigettando l’appello principale e accogliendo quello incidentale.
Contro tale sentenza i coniugi X X – X hanno proposto ricorso per cassazione, in base a due motivi, allegando un successivo "atto di integrazione di ricorso".
I X e la X hanno resistito con controricorso, illustrato da memoria.

Motivi della decisione
Col primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt 1102, 1117 e 1118 c.c., in riferimento all’art. 360 nn. 3, 4 e 5 c.p.c., i ricorrenti censurano l’impugnata sentenza per aver escluso l’alterazione o modificazione della destinazione della cosa comune, facendo riferimento all’uso, ritenuto non intenso, peraltro in base a elemento incongruo, quale l’essere l’officina meccanica gestita da privati e non da una società. Sostengono, riportando alcune massime giurisprudenziali, che la modificazione della cosa comune sussisterebbe per il solo fatto della presenza dell’officina meccanica, che determinerebbe il passaggio attraverso il cortile comune di ulteriori autovetture rispetto a prima. Inoltre erroneamente il tribunale, interpretando in modo sbagliato le risultanze processuali, avrebbe escluso l’intensità del traffico.
Il motivo è infondato.
L’impugnata sentenza, conformemente a giurisprudenza di questa Corte (di cui alle sentenze citate dai ricorrenti), non ha escluso che in ipotesi la presenza di un’officina meccanica possa determinare una modificazione o alterazione dell’uso del cortile comune.
Ma ha ritenuto che in concreto tale modificazione o alterazione non si era verificata, in considerazione del limitato numero di veicoli giornalieri ospitati nell’officina, come era emerso chiaramente dalle risultanze processuali, concludendo per la tollerabilità del fastidio, in ogni caso privo della portata di realizzare un uso del cortile comune diverso, per qualità ed intensità, da quello in precedenza goduto da tutti i comproprietari. Ciò non solo in base al fatto che l’officina era gestita da privati, ma anche e soprattutto alla luce del verbale di conciliazione intervenuto tra le parti in data 20.06.1996, dal quale emergeva, come da allegata planimetria, che erano stati creati sette posti macchina e un piccolo corridoio per l’accesso alle auto dirette all’officina del X.
Il complesso quadro probatorio deponeva, quindi, per l’inesistenza dell’alterazione del rapporto di equilibrio tra i diritti concorrenti dei vari partecipanti alla comunione ossia per l’inesistenza della modificazione della destinazione del bene comune.
In tale contesto unitario, attesa la peculiarità del caso, correttamente l’impugnata sentenza ha disatteso l’assunto che anche il transito di poche autovetture determinerebbe una modificazione d’uso non consentita del cortile comune, osservando che la discriminante tra il fenomeno che è tale da generare la modificazione in parola e quello che invece tale attitudine non possiede, si rinviene proprio nelle concrete peculiarità attraverso le quali esso si realizza in fatto.
Invero, premesso chetai sensi dell’art. 1102 c.c., della cosa comune è soggetto a due limiti fondamentali, consistenti nel divieto di alterare la destinazione della cosa comune e nel divieto di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto, va detto che l’alterazione o modificazione della destinazione della cosa comune si ricollega all’entità e qualità dell’incidenza del nuovo uso sulla consistenza e sulla destinazione della stessa, nel senso che la cosa comune può essere utilizzata dal condomino, anche in modo particolare, ciò non alteri l’equilibrio tra le concorrenti utilizzazioni, attuali o potenziali, degli altri comproprietari e non determini pregiudizievoli invadenze dell’ambito dei coesistenti diritti di costoro (cfr. Cass. 3.7.2000, n. 8886;
5.5.2000 n. 5666).
Correttamente, pertanto, la valutazione di tale elemento (alterazione della destinazione della cosa comune ai fini della legittimità di un uso particolare) è stata verificata, dal giudice del merito, in base all’incidenza della sua espressione quantitativa. Ed ineccepibilmente (in quanto del tutto aderente alle risultanze processuali e al descritto stato dei luoghi) l’impugnata sentenza ha ritenuto l’estraneità, al caso specifico, di situazioni in cui è stata riscontrata la pretesa alterazione della destinazione della cosa comune.
Infine, costituisce censura di merito, inammissibile in sede di legittimità, la doglianza relativa alla valutazione delle prove ai fini dell’esclusione dell’intensità del traffico veicolare.
Col secondo motivo, denunciando omessa e insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia, i ricorrenti affermano che il tribunale avrebbe omesso ogni motivazione in ordine all’appello incidentale, avrebbe malamente interpretato le dichiarazioni dei testi ed omesso di considerare i rilievi fotografici da essi esibiti, dai quali risulterebbe l’intensità del traffico delle autovetture e l’occupazione del cortile.
Il motivo è infondato sotto tutti i profili.
Quanto al primo profilo, va detto che l’impugnata sentenza ha rigettato l’appello incidentale, con motivazione congrua ed adeguata, allorchè ha osservato che gli appellanti incidentali non avevano provato, o provato sufficientemente, che le auto dirette all’officina meccanica sostassero nel cortile comune per prova o riparazione, aggiungendo che dalle risultanze processuali risultava il contrario, stante l’esistenza di uno spazio di proprietà esclusiva antistante l’officina, destinato proprio a contenere i veicoli in riparazione.
In ordine al secondo profilo, va rilevato che non può essere utilmente dedotto, quale motivo di ricorso per cassazione, l’assunto di errata valutazione di prova testimoniale con il quale, senza denunziare specifici vizi di motivazione, si chiede di sostituire la valutazione del giudice di merito con quella proposta dal ricorrente, implicando un accertamento di merito inammissibile nel giudizio di legittimità.
Quanto al terzo profilo, va osservato che con esso si tende a dare prevalenza, nella ricostruzione dei fatti, ad elementi ulteriori (rilievi fotografici) rispetto a quelli esaminati e valutati dal tribunale e che, quindi, devono ritenersi da questo implicitamente considerati non decisivi.
Le censure, pertanto, concretano una soggettiva ricostruzione dei fatti, contrastante con quella adottata dal giudice di merito, la quale, in quanto corretta logicamente e giuridicamente, è insuscettibile di sindacato in sede di legittimità, essendo il giudice di merito libero, solo che ne dia adeguata giustificazione, di individuare gli elementi che esso ritiene decisivi della controversia a preferenza di altri.
In base alle considerazioni svolte, il ricorso va rigettato.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 1 dicembre 2004.
Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2005

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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