Cass. civ. Sez. II, Sent., 05-06-2012, n. 9047 Azioni a difesa della proprietà

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – F.S.V. impugna la sentenza n. 37/2010 della Corte d’appello di REGGIO CALABRIA. Resiste con controricorso l’intimata. Parte ricorrente ha depositato memoria.

2. – La controversia riguarda aspetti possessori, servitù di veduta, violazione delle distanze (art. 907 c.c.), nonchè aggravamento di servitù (art. 1067 c.c.) in conseguenza della realizzazione, da parte della signora F.F. (odierna intimata) di una botola di accesso alla parte calpestabile di una nuova tettoia di copertura del terrazzino al livello dell’appartamento della predetta, sul quale si affacciavano due aperture a servizio dell’appartamento sovrastante di proprietà della signora F.S.V. (odierna ricorrente e sorella della intimata), che, a sua volta, aveva installato, in corrispondenza dello spazio sovrastante il terrazzino e la tettoia, una caldaia e i relativi tubi di alimentazione, nonchè aveva trasformato una finestra in porta finestra.

Il giudizio ha avuto inizio con un’azione possessoria proposta dalla signora F.S.V., che chiedeva, per quanto ancora interessa in questa sede, l’eliminazione della botola di accesso alla copertura, perchè posta a circa 15 cm dalla sua proprietà e che, una volta aperta, impediva l’esercizio della servitù di veduta, nonchè l’eliminazione delle sbarre laterali in ferro poste al di sopra della tettoia. La signora F.F., nell’opporsi a tale domanda, chiedeva a sua volta con riconvenzionale la tutela possessoria per l’occupazione dello spazio sovrastante il terrazzino con la rimozione della caldaia e dei relativi tubi di alimentazione.

In sede di merito il tribunale di Locri, sezione distaccata di Siderno, rigettava la domanda della signora S.V. e riteneva inammissibile quella della signora F..

3. – La Corte d’appello di Reggio Calabria, adita da entrambe le parti, disponeva c.t.u. e riformava in parte la sentenza di primo grado: a) ordinando alla signora F. un diverso posizionamento della botola (con l’apertura della stessa sul lato opposto in modo da consentire l’appoggio dello sportello di apertura sulla copertura, conservando così la veduta) e l’eliminazione delle sbarre di ferro sulla tettoia; b) ordinando alla signora S.V. di rimuovere dall’area sovrastante il terrazzo la caldaia e i relativi tubi, ancorchè ancorati sulla superficie esterna di sua proprietà, nonchè di munire di "ringhiera" o altro "riparo fisso" la porta finestra che rendeva possibile l’accesso alla parte calpestabile della tettoia della signora F..

Al riguardo la Corte territoriale, quanto alla dedotta violazione dell’art. 907 c.c., ha ritenuto che non potesse essere qualificata come veduta l’apertura di una botola destinata all’accesso occasionale alla copertura della tettoia, specie in mancanza di uno stabile collegamento tra il terrazzino sottostante e la botola stessa. Quanto al dedotto aggravamento della servitù di veduta, la Corte territoriale lo ha ritenuto fondato con riguardo alla modalità di apertura della botola, il cui sportello di apertura non poteva essere appoggiato alla copertura della tettoia e che ostacolava di conseguenza, per il tempo della sua apertura, la veduta.

Inoltre, quanto all’accoglimento della riconvenzionale della signora F., la Corte territoriale, dopo aver ritenuto ammissibile la domanda perchè avanzata a tutela del suo autonomo possesso, ne riconosceva nel merito l’infondatezza, stante l’occupazione, seppur minima, dello spazio aereo sovrastante la tettoia e l’assenza di titoli. Impugna la su riportata sentenza la signora F.S. V., che articola cinque motivi di ricorso. Resiste con controricorso la signora F.F.. La ricorrente ha depositato memoria.

Motivi della decisione

1. -1 motivi di ricorso.

1.1 – Col primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 907 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3). Secondo la ricorrente la Corte d’appello ha errato nell’escludere che la botola realizzata sulla tettoia potesse essere considerata veduta, non rilevando, al riguardo, la ritenuta occasionalità della stessa in mancanza di un collegamento stabile fra il terrazzino e la botola. Secondo la ricorrente l’art. 907 c.c. stabilisce al riguardo un divieto assoluto di costruzione in violazione delle distanze, che prescinde dall’occasionalità dell’uso dell’opera realizzata, dovendosi semmai distinguere la precarietà (che presuppone la possibilità di rimozione in qualsiasi momento) dalla occasionalità. La necessità di accedere alla tettoia in questione non può del resto neanche dar luogo alla costituzione di una servitù coattiva ma semmai potrebbe configurare un’obbligazione propter rem, che la convenzione intervenuta tra le parti non prevedeva espressamente.

1.2 – Col secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1067 c.c., comma 2 nonchè vizio di motivazione.

La Corte aveva affermato che l’esercizio della servitù di veduta era ostacolato in conseguenza delle modalità con le quali era stata realizzata l’apertura della botola, che, in posizione aperta, stante la minima distanza con la proprietà, non consentiva l’appoggio dello sportello sulla superficie calpestarle della tettoia, così ostruendo la veduta per tutta la durata dell’apertura. Aveva quindi ritenuto di accogliere il relativo motivo di appello, disponendo che l’apertura fosse posizionata sul lato opposto così da consentire l’appoggio sul piano di calpestio della tettoia. Secondo la ricorrente, così operando, la Corte territoriale non aveva tenuto conto che il divieto di innovazione è assoluto e riguarda anche le opere utilizzate occasionalmente, dovendosi aver riguardo esclusivamente al solo oggettivo aggravamento della servitù. Secondo la ricorrente sussiste anche vizio di motivazione nella parte in cui la decisione impugnata ha affermato che la mancata corretta apertura della botola era conseguenza della presenza di un cordolo-bordo quale copertura della botola.

1.3 – Con il terzo motivo si denuncia omessa motivazione sulla ritenuta ammissibilità della domanda riconvenzionale riproposta con l’appello incidentale. La ricorrente ricorda che la signora F. si era costituita in primo grado all’udienza del 10 dicembre 2002 depositando memoria difensiva con la quale denunciava a sua volta turbative del possesso sulla sua proprietà costituite appunto dalla modifica dei serramenti e dall’occupazione dell’area sovrastante la tettoia con la posa in opera di una caldaia a gas metano. Tali domande erano state ritenute inammissibili dal primo giudice che aveva ritenuto non proponibile nel giudizio possessorio domande riconvenzionali autonome.

1.4 – Col quarto motivo di ricorso viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 36 e 167 c.p.c.. La domanda riconvenzionale avanzata dall’odierna intimata doveva essere dichiarata inammissibile, così come tempestivamente eccepito, per la sua novità e per l’autonomia delle pretese avanzate in nessun rapporto di connessione con le domande proposte in quel giudizio.

1.5 – Col quinto motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1168 e 1140 c.c. e art. 840 c.c., comma 2. Il motivo è avanzato in subordine e con esso la ricorrente osserva che la Corte d’appello ha erroneamente ritenuto il possesso della colonna d’aria sovrastante la tettoia, individuandone la violazione nell’occupazione di una minima porzione della stessa. Così interpretando la normativa è incorsa nella violazione dell’art. 840 c.c., così come generalmente interpretato, trattandosi di un modesto sporto di una caldaia murale occupante uno spazio ridottissimo. Secondo la ricorrente manca anche l’interesse alla tutela, specie in ragione dell’esistenza della tettoia.

2. – I primi quattro motivi sono infondati e vanno respinti. Va, invece, accolto l’ultimo per quanto di seguito si chiarisce.

2.1 – Il primo motivo è infondato. Contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, questa Corte ha avuto più volte occasione di affermare, con orientamento pienamente condiviso dal collegio, che non ogni "apertura" può essere qualificata come "veduta", essendo necessario che essa sia destinata "per sua normale e prevalente funzione a guardare e ad affacciarsi verso il fondo del vicino" (Cass. 2004 n. 20205), come appunto accade per le finestre, balconi, le terrazze e simili. Nel caso in questione la "botola" di cui si tratta è evidentemente priva di tali caratteristiche, sia perchè, come esattamente osservato dalla Corte territoriale, non è collegata in modo stabile (con scala o altro manufatto) con il sottostante il terrazzo (così escludendosi che la botola possa assumere una normale e prevalente funzione di veduta), sia perchè la sua destinazione naturale non è quella di "inspicere", ma quella di consentire l’accesso, occasionalmente e quando necessario, alla copertura del terrazzo.

2.2 – Parimenti infondato è il secondo motivo. Con valutazione di merito insindacabile in questa sede, perchè adeguatamente motivata, la Corte territoriale ha affermato che non costituiva alcun serio ostacolo alla servitù di veduta l’apertura della botola realizzata in modo tale da consentirne l’appoggio sulla copertura del terrazzo, posto che evidentemente, in tale posizione, l’ostacolo alla veduta è limitato allo spessore, del tutto limitato, dello sportello ed al modesto rialzo costruttivo necessario per collegare lo sportello stesso alla copertura. Sul punto la Corte territoriale ha ampiamente ed adeguatamente motivato. Ha operato, quindi, un giudizio di merito, insindacabile in questa sede, escludendo che il minimo spessore costituito dai manufatti in questione potesse aggravare la veduta.

2.3-4. – Anche il terzo e il quarto motivo, da trattarsi congiuntamente perchè strettamente connessi, sono infondati. La Corte territoriale, infatti, ai punti 1 e 2 da parte emotiva della sentenza, ha chiarito perchè, a suo giudizio, doveva ritenersi ammissibile la domanda riconvenzionale avanzata dalla signora F., avente come oggetto un’analoga situazione possessoria a fronte di quella per la quale la sorella aveva agito (da un lato servitù di veduta e di affaccio sul terrazzino e, dall’altro, diritto di possedere l’area sovrastante il terrazzino). Al riguardo, la Corte territoriale ha affermato che, ai sensi dell’art. 36 c.p.c., sussiste nel caso in questione la dipendenza della domanda del convenuto "dallo stesso titolo dedotto in giudizio dall’attore o da quello che appartiene alla causa come mezzo di eccezione". Ciò perchè "l’attrice principale F.S.V. pone a titolo della propria pretesa il possesso di una servitù a carico della proprietà della F.F., e F.F. pone a titolo di eccezione sostanziale contro la pretesa della sorella il possesso che esercita sul fondo servente quale proprietaria, e a titolo della autonoma pretesa riconvenzionale il medesimo possesso". Non sussiste, quindi, il denunciato vizio di "omessa motivazione" (terzo motivo), posto che invece la Corte territoriale ha ampiamente e puntualmente motivato sulla ritenuta ammissibilità della domanda riconvenzionale per come risulta da quanto appena esposto. Nè sussiste la denunciata violazione degli artt. 36 e 167 c.p.c., posto che la Corte ha chiarito la sua valutazione in ordine alla ritenuta applicazione dell’art. 36 c.p.c., formulando al riguardo una valutazione di merito che, essendo adeguatamente motivata, non è censurabile in questa sede, stante comunque la competenza dello stesso giudice ad esaminare le domande proposte.

2.5.- E invece fondato il quinto motivo. Al riguardo la Corte territoriale ha errato nel ritenere configurabile lo spoglio dell’area sovrastante il terrazzino e la tettoia per effetto dell’occupazione senza titolo derivante dalla "modesta area di quel parallelepipedo che è la caldaia di riscaldamento, nonchè il complessivo volume dei tubi e delle valvole che la servono". Il giudice a quo, infatti, non ha tenuto conto dei principi al riguardo affermati da questa Corte, secondo i quali "a norma dell’art. 840 c.c., comma 2, l’immissione degli sporti nello spazio aereo sovrastante il fondo del vicino è consentita quando costui non abbia interesse ad escludere l’immissione stessa" (Cass. 1996 n. 1484;

Cass. 2002 n. 12258). Nel caso in questione l’esistenza stessa della tettoia costituisce un indubbio elemento di fatto, che avrebbe dovuto indurre il giudice del merito a valutare se, e in che misura, vi fosse un concreto interesse della signora F. ad opporsi a tale limitata (per come apprezzato dallo stesso giudice del merito) occupazione dello spazio sovrastante il terrazzo (e la tettoia). In altre parole il giudice avrebbe dovuto, ove idoneamente dedotta, valutare l’eventuale lesione delle possibilità di sfruttamento, se pure non attuali ma concretamente ipotizzabili, dello spazio sovrastante l’area in suo possesso da parte della signora F., e, quindi, d’un effettivo e, in quanto tale, tutelabile legittimo interesse della stessa ad opporsi all’installazione della caldaia.

3. In accoglimento del quinto motivo di ricorso, la sentenza impugnata va, quindi, cassata con rinvio alla Corte di appello di Catanzaro, che procederà ad una nuova valutazione sul punto e provvederà anche sulle spese.

P.Q.M.

La Corte accoglie il quinto motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Catanzaro anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 febbraio 2012.

Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2012

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