Cass. civ. Sez. V, Sent., 08-06-2012, n. 9339 Prescrizione e decadenza Rimborso dell’imposta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Commissione tributaria della regione Lombardia con sentenza 29.9.2009 n. 93 in riforma della decisione di prime cure che aveva annullato, per decadenza dall’esercizio del potere di accertamento D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, il provvedimento notificato in data 1.3.2007 dall’Ufficio di Luino della Agenzia delle Entrate ed avente ad oggetto il diniego di rimborso del credito di imposta a tassazione separata IRPEF relativo a proventi derivati da liquidazione societaria richiesto da C.D. con la dichiarazione dei redditi per l’anno 1994. ha accolto l’appello dell’Ufficio rilevando la legittimità del diniego in quanto la contribuente non aveva fornito prova dei presupposti di legge (detenzione della partecipazione azionaria per un periodo non inferiore a cinque anni intercorso tra la data di costituzione della società e quella della liquidazione: art. 1, comma 1, lett. m, cit.

T.U.I.R.) per la applicabilità della tassazione separata in luogo di quella ordinaria, e risultando conseguentemente giustificata soltanto da intenti elusivi D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 37 bis, la operazione di acquisto della partecipazione azionaria in società che era stata breve tempo dopo posta in liquidazione volontaria.

Avverso la sentenza di appello la C. ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque mezzi.

Resiste con controricorso la Agenzia delle Entrate.

Motivi della decisione

p.1. La sentenza di appello trova fondamento nelle seguenti ragioni di diritto:

– la eccezione di decadenza dalla potestà accertativa è infondata in quanto nella specie l’Ufficio non ha corretto le poste reddituali indicate nella dichiarazione relativa all’anno 1994, accertando un diverso maggiore debito di imposta della contribuente, ma ha disconosciuto la pretesa di rimborso formulata con la stessa dichiarazione;

– la contribuente non aveva diritto alla applicazione del migliore regime fiscale (tassazione separata ex art. 16, comma 1, lett. m), T.U.I.R. nel testo vigente all’epoca) sulle somme percepite in esito alla liquidazione, nell’anno 1994, della IVREA SIM s.p.a. in quanto la operazione rivestita carattere elusivo ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, avendo detenuto la C. la partecipazione azionaria per un breve periodo decorrente da una data che non risultava dimostrata anteriore all’anno 1992 (le dichiarazioni della contribuente di detenere la partecipazione fin dal 1985 non avevano trovato riscontro probatorio ed in particolare dal doc n. 24 prodotto in giudizio, peraltro privo di riferimenti cronologici e di ignota provenienza, emergeva soltanto che durante il periodo ottobre 1989-giugno 1992 si era perfezionato l’acquisto delle azioni da parte della C., senza tuttavia specificare la data di tale operazione), e deponendo i diversi elementi della trasformazione della ragione sociale, del trasferimento della sede e della formazione di una nuova compagine sociale in seguito ai notevoli conferimenti di capitali apportati dalla contribuente, per la prova della costituzione di una nuova società, collocata poco tempo dopo in liquidazione al solo fine di conseguire il rimborso del credito di imposta;

– infondata era la eccezione di inammissibilità proposta dalla contribuente in ordine alla asserita novità della questione concernente il carattere elusivo della operazione, essendo stato dedotto dall’Ufficio tale argomento "sin nelle sue prime difese di prime cure". p.2. Il primo motivo investe la sentenza di appello in relazione al capo concernente la tempestività dell’esercizio del potere di accertamento da parte dell’Ufficio.

La contribuente denuncia la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 36 bis, 38 e 43, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), sostenendo che una volta decorsi i termini di decadenza prescritti per l’esercizio del controllo formale e la notifica della cartella di pagamento, ovvero decorsi, comunque, i termini per l’esercizio del potere impositivo e la conseguente notifica dell’avviso di rettifica, i dati indicati nella dichiarazione – nella specie il credito di imposta richiesto a rimborso – divengono incontestabili anche nei confronti della Amministrazione finanziaria che non può pertanto opporre tardivi provvedimenti di diniego del rimborso.

2.1 Dalla lettura del provvedimento notificato alla contribuente in data 1.3.2007, integralmente trascritto alle pag. 1 – 3 del ricorso, risulta che l’Ufficio, a seguito del controllo della dichiarazione dei redditi Mod. 740/95 presentata dalla contribuente dalla quale emergeva "un’imposta a credito IRPEF a tassazione separata per l’anno 1994 di lire 487. 737.000", ha "corretto" tale dichiarazione inserendo i proventi percepiti dalla C. a seguito della liquidazione della società tra i "redditi di capitali" da indicare nel mod. 740 al Quadro I Sez. 2^, ed evidenziando i diversi risultati contabili in un prospetto di liquidazione della imposta ove venivano posti a confronto i differenti calcoli effettuati dalla contribuente (credito di imposta) e dall’Ufficio (debito di imposta). Il dispositivo del provvedimento conclude nei termini di seguito riportati "Da quanto sopra risulta non emergere alcun credito, e quindi non spettante il rimborso da lei richiesto".

La Commissione tributaria della regione Lombardia ha qualificato tale atto come "provvedimento di diniego di rimborso" ritenendolo sottratto quindi tanto alla disciplina dell’art. 36 bis, quanto a quella del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 e 43. La ricorrente sostiene invece che con il provvedimento in questione l’Ufficio ha inteso riliquidare o rettificare la dichiarazione presentata dalla contribuente, oltre i termini di decadenza previsti dalle norme tributarie per l’esercizio dei predetti poteri amministrativi.

2.2 Tanto premesso in fatto, la censura. ove rivolta a contestare l’esame e la valutazione da parte della CTR del contenuto del provvedimento, si palesa inammissibile in relazione alla errata individuazione del parametro di legittimità invocato, atteso che in tal caso non viene in questione la violazione o falsa applicazione delle norme fiscali sul potere di accertamento della PA (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), quanto piuttosto la – asserita – erronea valutazione ed interpretazione del contenuto del provvedimento amministrativo opposto, denunciabile esclusivamente sotto il profilo del vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

2.3 Il motivo deve, invece, ritenersi fondato nella parte in cui la ricorrente intende censurare la violazione delle norme indicate in rubrica, ritenendo applicabili i termini di decadenza per l’esercizio del potere di controllo formale D.P.R. n. 600 del 1973, ex artt. 36 bis e 43, anche al provvedimento di diniego del credito di imposta (la giurisprudenza costituzionale – Corte costituzionale 7-11.6.1999 n. 229 ed ord. 13-21.4.2000 n. 117 – e quella di legittimità – Corte Cass. SS.UU. n. 21498/2004 – hanno individuato il termine di consumazione del potere amministrativo di controllo D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, in quello previsto, rispettivamente, per la iscrizione a ruolo, dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17, in caso di "liquidazione cartolare" (con la quale vengono emendati solo errori materiali e di calcolo rilevati dalla dichiarazione), ed in quello previsto per la notifica degli atti impositivi, dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, in caso di "controllo formale con rettifica" (con il quale viene esercitata la potestà di accertamento nel merito), tanto con riferimento al testo normativo del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, previgente alle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 46 del 1999, e che continua a trovare applicazione – anche dopo le modifiche del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 36, comma 2, ad opera del D.L. n. 106 del 2005, art. 1, comma 5 ter, conv. con modificazioni in L. n. 156 del 2005 – alle controversie pendenti aventi ad oggetto le dichiarazioni presentate entro il 31.12.2001 per le quali – come nella specie – i relativi ruoli siano stati formati e resi esecutivi entro il 30.9.1999. ovvero resi esecutivi anteriormente all’1.7.1999 – la differente decorrenza ha rilievo per la individuazione del termine di notifica della cartella previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, modificato dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 11, con decorrenza 1.7.1999 -: cfr. Corte Cass. 5^ sez. 21.7.2006 n. 16826;

id. 5^ sez 20.9.2006 n. 20384; id. 5^ sez. 23.2.2007 n. 4255; id. 5^ sez. 27.6.2007 n. 14861; id. 5^ sez. 30.6.2009 n. 15313).

2.4 Il Collegio è consapevole dell’indirizzo giurisprudenziale di questa Corte secondo cui non sarebbe ravvisabile una relazione di reciprocità necessaria tra esercizio del diritto di rimborso del contribuente ed esercizio della potestà impositiva della PA, tale per cui alla contestazione da parte della PA dei fatti costitutivi del credito di imposta fatto valere dal contribuente debba sempre e comunque conseguire automaticamente l’accertamento di una maggiore imposta dovuta dal contribuente, bene potendo esaurirsi la attività della Amministrazione finanziaria (ad es. perchè i termini per procedere all’accertamento sono già decorsi) ne mero disconoscimento del credito di imposta con la emissione – come nel caso di specie – di un provvedimento di diniego della richiesta di rimborso non seguito da ulteriori pretese tributarie. La tesi giuridica, facendo perno sulla autonomia delle indicate condotte della Amministrazione finanziaria, perviene ad escludere che il credito d’imposta esposto in dichiarazione si consolidi con lo spirare del termine previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, (avente natura meramente ordinatoria: L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 28) ovvero perchè l’Amministrazione abbia omesso di procedere ad accertamento e rettifica nel termine stabilito nel D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, così come, peraltro, il diritto al rimborso del contribuente non è sottoposto a termine di decadenza, contenuto nel D.P.R. 27 settembre n. 1973, n. 602, art. 38, ma esclusivamente all’ordinario termine di prescrizione decennale, ferma restando in ogni caso la facoltà dell’Ufficio di opporre eccezioni alla domanda di rimborso (cfr. con riferimento alle imposte direi le: Corte Cass. 5^ sez. 22.4.2009 n. 9524; id. 5^ sez. 10.2.2010 n. 2918; id. 5^ sez. 25.5.2011 n. 11444.

Con riferimento allo imposi e indi rei le: Corte Cass. 5^ sez. 10.1.2004 n. 194 secondo cui in assenza una nuova pretesa tributaria il provvedimento di diniego de rimborso non ha neppure la natura sostanziale dell’avviso di accertamento e pertanto "non è soggetto al termine decadenziale stabilito dal citato D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, per gli avvisi di accertamento, potendo sempre essere emanato finchè il contribuente abbia il diritto di ottenere il rimborso dell’eccedenzà: id. 5^ sez. 16.12.2008 n. 29398; id. 5^ sez. 9.4.2009 n. 8642).

2.5 Tale indirizzo – pur nell’immutato quadro normativo – deve tuttavia essere sottoposto a revisione, non essendo ammissibile alla stregua del principio di buona fede e collaborazione che deve improntare i rapporti tra contribuenti e Fisco (L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 1), del fondamentale principio di certezza dei rapporti giuridici (valore riconosciuto dalla Comunità Europea, ricorrendo ormai costantemente nella giurisprudenza comunitaria l’affermazione secondo cui il principio di legalità, i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento, fanno parie dell’ordinamento giuridico comunitario": cfr Corte Giustizia (Quinta Sezione) del 19 settembre 2002, Republik Osterreich c/ Martin Huber in causa C-336/00; Corte Giustizia 1 aprile 1993, cause riunite da C-31/91 a C-44/91. Lageder e a, punto 33, e Corte Giustizia 9 ottobre 2001, cause riunite da C-80/99 a C-82/99, Flemmer e a, punto 60, Costituisce esplicazione del principio di effettività e certezza del diritto la fissazione di termini ragionevoli per l’esercizio del diritto: "la fissazione di termini ragionevoli a pena di decadenza risponde, in linea di principio, al principio di effettività, in quanto costituisce l’applicazione del fondamentale principio della certezza del diritto" – cfr. Corte Giustizia UE sentenza 16 maggio 2000, causa C-78/98. Preston: Corte Giustizia UE (Quinta Sezione) del 18 settembre 2003, Peter Pflucke contro Bundesanstalt fur Arbeit) e del principio di efficienza dell’attività amministrativa, consacrato dall’art. 97 Cost., comma 1, (la inadeguatezza dei tempi di risposta delle strutture organizzative pubbliche alle istanze dei soggetti che con essa intrattengono rapporti, riverbera i propri effetti negativi sullo stesso sviluppo delle attività economiche del Paese, non garantendo la speditezza e certezza dei traffici/relazioni commerciali: la maggiore o minore efficienza della PA viene ad influenzare, infatti, i fattori di costo della produzione e commercializzazione di beni e servizi dai quali dipende la maggiore o minore competitività del sistema delle imprese, nonchè viene a condizionare direttamente il valore e la qualità dei servizi sociali essenziali erogati alle imprese, a lavoratori ed alle famiglie), che l’Amministrazione finanziaria, come nel caso in esame, trascorsi oltre tredici anni dalla istanza di rimborso presentata dal contribuente con la dichiarazione fiscale, possa ancora formulare contestazioni ed emettere il provvedimento di diniego del rimborso d’imposta.

Legittimare la perdurante inerzia degli uffici finanziari arreca, infatti, un grave "vulnus" ai principi suddetti. Ritiene, pertanto, il Collegio che, nel caso in cui la istanza di rimborso sia stata formulata con la stessa dichiarazione annuale, consentire alla Amministrazione finanziaria di postergare "sine die" il provvedimento in merito al rimborso determini una ingiustificata perdurante incertezza nella definizione del rapporto tributario, ed in particolare con il principio di efficienza della attività amministrativa, atteso che l’indeterminatezza dei tempi di risposta della PA produce effetti negativi non soltanto nei confronti del contribuente – che non può fare affidamento in tempi brevi sulla liquidità della somma che pretende in restituzione -, ma anche nei confronti della stessa Amministrazione finanziari che, in relazione alla programmazione ed attuazione delle attività e competenze di cui è attributaria, deve poter conoscere in tempo utile le reali necessità finanziarie con le quali far fronte tempestivamente all’adempimento delle proprie obbligazioni ed evitare i maggiori oneri patrimoniali determinati dall’eventuale ritardo colpevole.

2.6 Tanto premesso rileva il Collegio che gli istituti della decadenza dall’esercizio del diritto al rimborso – D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30; D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 37 e 38 – e della prescrizione del credito d’imposta, pure rivolti ad eliminare lo stato di incertezza nei rapporti giuridici tributari, non soccorrono evidentemente alla indicata esigenza di una risposta efficiente della PA, in quanto operano esclusivamente "a latere creditoris". dovendo, pertanto, essere ricercata aliunde la soluzione del problema.

2.7 L’esame delle norme tributarie in materia di rimborsi di imposta impongono di tenere distinta la ipotesi in cui il rimborso venga chiesto con autonoma istanza, da quella in cui il rimborso venga invece richiesto con la dichiarazione annuale.

Se, infatti, nel primo caso le norme tributarie regolano la fattispecie prevedendo anche il termine di adempimento per l’Amministrazione finanziaria e le conseguenze giuridiche che derivano dall’inadempimento (cfr. relativamente ai rimborsi delle imposte dirette: art. 38 comma 7 – che rinvia al precedente comma 6 – D.P.R. n. 602 del 1973, – introdotto dal D.Lgs. n. 143 del 2005, art. 2, comma 1, lett. h) – che prevede che "i rimborsi…sono effettuali entro un unno dalla data di presentazione della richiesta": D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 2, – richiamato anche dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4 – secondo cui l’inutile decorso del termine di novanta giorni dalla presentazione del ricorso volto ad ottenere il rimborso determina la formazione del silenzio – rifiuto e legittima il contribuente alla impugnazione avanti le Commissioni tributarie D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 19, comma 1, lett. g), entro il termine "lungo" – di prescrizione del diritto soggettivo – previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2. Relativamente alle istanze di rimborso IVA il D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 38 bis e 38 ter, prevedono diversi termini entro i quali la Amministrazione è tenuta a provvedere sulle istanze, senza tuttavia specificare le conseguenze del mancalo adempimento). nel secondo caso, invece, le norme tributarie sembrano ricollegare l’obbligo di provvedere della PA in ordine alla richiesta di rimborso ai medesimi termini stabiliti per l’esercizio del potere di controllo delle dichiarazioni e di accertamento della maggiore imposta.

Nella fattispecie sottoposta all’esame della Corte, il contribuente ha presentato la propria dichiarazione annuale ai fini della imposta sui redditi per l’anno 1994, con contestuale richiesta di rimborso, esercitando quindi il potere di iniziativa del procedimento tributario in seguito al quale insorge l’obbligo della Amministrazione finanziaria di provvedere.

Il termine di adempimento di tale obbligo (salve le ipotesi particolari di rimborso – che non ricorrono nel caso di specie – disciplinate, quanto all’IVA, dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, commi 3, 4 e 5, per i quali la risposta della PA deve intervenire "entro tre mesi dalla scadenza dei termine di presentazione della dichiarazione" D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 38 bis,), in difetto di diversa previsione normativa espressa, non può che essere coordinato con i termini di decadenza – per la notifica delle cartelle di pagamento – previsti per il controllo automatizzato c.d.

"impositivo" (come è dato desumere dal D.P.R. n. 600 del 1973. che disciplinano i rimborso "di ufficio" nel caso in cui la eccedenza della ritenuta d’acconto o del versamento emergano della liquidazione della imposta effettuata ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis) e con i termini di decadenza per l’esercizio del potere di accertamento impositivo (in tal senso depongono il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41, comma 1, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 1, – la norma sull’IVA dispone il differimento del termine di decadenza dell’accertamento qualora il contribuente abbia formulato con la dichiarazione annuale istanza di rimborso dell’eccedenza di imposta detraibile ed occorra procedere ad ulteriori integrazioni istruttorie).

I termini suddetti appaiono del tutto adeguati a consentire alla PA di procedere all’accertamento del diritto al rimborso richiesto con la dichiarazione fiscale, in quanto tale attività viene a coincidere con la stessa attività di verifica dei dati esposti nella dichiarazione del contribuente volta alla correzione degli eventuali errori materiali o di calcolo ovvero volta a contestare e rettificare tali dati ai fini dell’accertamento della maggiore debenza d’imposta.

La decadenza dalla attività impositiva non può, pertanto, non incidere anche sulla possibilità di contestare il credito di rimborso esposto nella dichiarazione: non può, infatti, essere condivisa la impostazione teorica che confina in compartimenti stagni l’accertamento della maggiore imposta e la contestazione dei fatti costitutivi de diritto al rimborso d’imposta, tenuto conto che:

1- la potestà impositiva non è rimessa alla mera discrezionalità della PA, sicchè verificata la maggiore debenza di imposta (anche per insussistenza dei presupposti del rimborso) la amministrazione è tenuta ad emettere il relativo avviso di accertamento;

2- l’accertamento di una maggiore debenza d’imposta, infatti, trova sempre fondamento o nel recupero di redditi/ricavi alla base imponibile (esclusione di componenti negative di reddito: esclusione di detrazioni o deduzioni indebite; esclusione di esenzioni d’imposta) o nella errata applicazione della imposta (es. erronea individuazione della aliquota; erronea applicazione del regime di tassazione), e la modifica di tali elementi si riflette necessariamente o sui fatti costitutivi del credito di rimborso esposto nella stessa dichiarazione, o comunque sul "quantum" del diritto di credito (nel caso in cui lo stesso sia stato riportato da precedenti dichiarazioni e non siano contestati i fatti generatori – esauritisi negli anni precedenti – della eccedenza d’imposta chiesta a rimborso).

3- ne consegue che tra accertamento in rettifica e accertamento del credito di rimborso è dato ravvisare una relazione biunivoca caratterizzata da un rapporto di proporzionalità inversa tale per cui maggiore è la imposta accertata dall’Ufficio, minore è il credito di rimborso (esposto in dichiarazione) spettante al contribuente – o viceversa -, con la conseguenza che la "indisponibilità" dei crediti tributari dell’Erario obbliga, sempre, la PA, nel caso in cui venga accertata la insussistenza dei fatti costitutivi del credito di rimborso, a recuperare la maggiore imposta dovuta.

Dissolvere la unitarietà del fenomeno in due distinti ed incomunicanti accertamenti, disconoscendo il condizionamento reciproco tra le due attività amministrative che hanno pur sempre ad oggetto i medesimi dati esposti nella dichiarazione, se può apparire comprensibile nell’intento pratico di recuperare all’Amministrazione – decaduta dalla potestà di pretendere la maggiore imposta dovuta – il potere di rifiutare il pagamento di rimborsi non dovuti, si pone, tuttavia, in palese contrasto con le esigenze di certezza dei rapporti e di efficienza dell’azione amministrativa sopra indicate e che, proprio in considerazione della unitarietà de fenomeno descritto, possono, invece, essere soddisfatte adottando una soluzione equilibrata che, facendo coincidere il termine utile per provvedere sulla istanza di rimborso formulata con la dichiarazione con il termine (di decadenza) fissato per l’attività impositiva, dia conto dei contrapposti interessi del contribuente e della PA ad una celere risposta sulla istanza di rimborso ed all’espletamento delle necessarie attività di istruttoria e verifica richieste dal rilevante numero delle dichiarazioni fiscali (contenenti istanza di rimborso d’imposta) presentate annualmente dai contribuenti.

2.8 La tesi esposta in motivazione che, sul reciproco condizionamento tra accertamento della imposta ed accertamento dei fatti costitutivi del credito di rimborso esposto in dichiarazione assoggetta entrambi gli accertamenti al medesimo termine di decadenza per l’esercizio della potestà impositiva, trova, peraltro, una indiretta conferma in quell’indirizzo giurisprudenziale secondo cui, una volta spirato il termine di decadenza per l’esercizio dei poteri di accertamento in rettifica, la PA non può opporre in compensazione il debito di imposta (emergente dal controllo della dichiarazione) per contrastare la istanza di rimborso proposta dal contribuente, a nulla rilevando che tale credito sia fatto valere, successivamente alla scadenza del termine di decadenza predetto, in quanto riportato di anno in anno (cfr. Corte Cass. 5^ sez. 21.3.2008 n. 7807: nella specie il contribuente con la dichiarazione dell’anno 1994 aveva richiesto il rimborso di eccedenza d’imposta verificatasi negli anni precedenti e riportata nelle pregresse dichiarazioni. La Corte ha ritenuto incontestabile il credito di rimborso essendo decaduta la PA dal potere di contestare i dati relativi alle precedenti dichiarazioni che avevano originato il credito) e che ha inteso individuare – con riferimento alle imposte indirette – un termine decadenziale unico per procedere all’accertamento in rettifica ed al controllo dei presupposti su cui si fonda la richiesta di rimborso della eccedenza di imposta detraibile risultante dalla dichiarazione (cfr. Corte Cass. 5^ sez. 22.4.2005 n. 8460).

2.9 Il principio generale, riconosciuto da tempo dalla giurisprudenza del Corte, secondo cui – al di fuori dei presupposti delle fattispecie di rimborso normativamente disciplinate in ordine alle quali la legge prescrive un termine di decadenza – al contribuente non può essere negata la facoltà di emenda della dichiarazione fiscale da errori materiali e di calcolo, di fatto o di diritto, che abbiano determinato il versamento di una imposta in tutto od in parte non dovuta (con la conseguenza che lo stesso – secondo alcune sentenze di questa Corte – è legittimato, anche in caso di scadenza del termine per la presentazione della "dichiarazione integrativa" e dei termini di decadenza per il rimborso, ad eccepire Sa insussistenza del debito determinato da errore di redazione della dichiarazione nel giudizio avente ad oggetto la impugnazione della pretesa tributaria: Corte Cass. 5^ sez. 13.10.006 n. 22021; id. 5^ sez. 31.1.2011 n. 2226), non muta i termini della questione, atteso che nelle ipotesi indicate viene meno il presupposto di fatto (idest:

la formulazione della istanza di rimborso nella stessa dichiarazione annuale) al quale rimane circoscritta la tesi giuridica esposta.

2.10 Non compete, poi, alla Corte, nell’esercizio delle sue competenze nomofilattiche, esaminare la congruità dei tempi tecnici richiesti alla PA per effettuare i controlli sulle dichiarazioni (tanto nel caso di controlli D.P.R. n. 600, ex artt. 36 bis e ter, ed D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis; quanto nel caso di accertamenti in rettifica in senso proprio D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, ed D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54). In questa sede può soltanto rilevarsi come tale esigenza non possa essere soddisfatta in via interpretativa dall’esame dei sistema normativo tributario, ma – come emerge anche dalla disciplina normativa dei termini di definizione dei procedimenti amministrativi ex L. n. 241 del 1990 -. stante la riserva relativa di legge posta dall’art. 97 Cost., comma 1, deve costituire oggetto di necessario intervento legislativo (sode appropriata dove possono essere valutate nel merito le esigenze organizzative della PA ed essere compitamente acquisiti tutti i dati statistici e di esperienza correlati alla capacità funzionale dell’apparato amministrativo indispensabili ad una corretta valutazione dei tempi del procedimento), investendo la determinazione dell’elemento cronologico in questione le modalità di esercizio della potestà autoritativa diretta ad incidere nella sfera giuridica dei privati.

Ne segue che, in materia di imposte dirette, qualora dovesse essere reputato insufficiente il tempo necessario alla PA per provvedere sulle istanze di rimborso, bene potrà supplirsi – come si è già verificato in materia di imposte indirette – procrastinando i termini di decadenza previsti per l’accertamento nello specifico caso in cui nella dichiarazione vengano esposti crediti d’imposta di cui si richieda il rimborso (D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 1, come modificato dal D.Lgs. n. 313 del 1997, art. 10: Corte Cass. 5^ sez. 22.4.205 n. 8560; Corte Cass. 5^ sez. 20.3.2009 n. 6788), non potendo soccorrere nella specie la disciplina della sospensione del termine di conclusione del procedimento di cui alla L. n. 241 del 1990, art. 2, comma 7, in caso di esigenze determinate da integrazione istruttoria, trattandosi di sospensione riferita al termine – non perentorio – di definizione del procedimento amministrativo, non assimilabile al termine di decadenza per l’esercizio del potere autoritativo (assolutamente peculiare è il caso esaminato da Corte Cass. 5^ sez. 15.4.2005 n. 7899 che "interpreta" il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 1, nel senso che il termine di decadenza rimane sospeso tino alla data in cui il contribuente ottempera alla richiesta di consegna di documenti). p.3. In conclusione la questione sottoposta all’esame della Corte deve essere risolta alla stregua del seguente principio di diritto:

"qualora il contribuente abbia presentato la dichiarazione annuale, ai fini della imposta sui redditi, esponendo un credito di rimborso, la Amministrazione finanziaria è tenuta a provvedere sulla richiesta di rimborso, salvo diversa espressa previsione normativa, nei medesimi termini di decadenza stabiliti per procedere all’accertamento in rettifica. Diversamente, decorso il termine predetto senza che sia stato adottato alcun provvedimento da parte della PA, il diritto al rimborso esposto nella dichiarazione si cristallizza nell’an e nel quantum, ed il contribuente potrà agire in giudizio a tutela del proprio credito nell’ordinario termine di prescrizione dei diritti, rimanendo preclusa alla Amministrazione finanziaria ogni contestazione dei fatti che hanno originato la pretesa di rimborso, salve le eccezioni volte a fare valere i fatti sopravvenuti impeditivi, modificativi od estintivi del credito". p.4. Il ricorso deve, pertanto, essere accolto, in relazione al primo motivo, con conseguente cassazione del sentenza impugnata, dichiarati assorbiti li altri motivi e, non occorrendo procedere ad ulteriori accertamenti istruttori, la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con la dichiarazione di illegittimità del provvedimento di diniego di rimborso notificato alla contribuente in data 1.3.2007.

Il mutamento del precedente indirizzo giurisprudenziale giustifica la integrale compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione:

– accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara illegittimo il provvedimento di diniego di rimborso del credito d’imposta notificato alla contribuente in data 1.3.2007;

– dichiara interamente compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 14 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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