Cass. civ. Sez. III, Sent., 08-06-2012, n. 9311 Sfratto e licenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con sentenza del 2003 il Tribunale di Firenze rigettò la domanda di convalida di sfratto per morosità, proposta da R.D. T.G. nei confronti della conduttrice C.L., per avere la stessa pagato in ritardo (dopo il promovimento del giudizio in data 7.5.2002), con vaglia postale del 13.5.2002 ricevuto dal locatore il 16.5.2002, il canone bimestrale di locazione: di un immobile ad uso commerciale, che secondo le previsioni contrattuali si sarebbe dovuto pagare anticipatamente. Ritenne, in particolare, che la clausola risolutiva espressa di cui il locatore aveva dichiarato di volersi avvalere non era ricollegabile ad una precisa previsione circa la data del pagamento.

2.- La decisione è stata riformata dalla Corte d’appello di Firenze che, con sentenza n. 1591 del 30.10.2006, ha dichiarato risolto alla data del 7.5.2002 il contratto di locazione dell’immobile intanto rilasciato alla scadenza.

Ha considerato la Corte territoriale che un pagamento anticipato deve comunque effettuarsi prima dell’inizio del periodo cui è riferito e che dovesse negarsi valenza alla circostanza che, durante il rapporto pluriennale, il pagamento fosse stato effettuato ben oltre i primi giorni del primo dei due mesi di riferimento, in quanto il locatore aveva per quattro volte intimato lo sfratto per morosità e, da ultimo, con lettera raccomandata del 18.4.2002, aveva invitato la conduttrice all’esatta e scrupolosa osservanza dei termini di pagamento "ai sensi della clausola n. 5 del contratto", così manifestando di non volere affatto rinunciare ad avvalersi della clausola risolutiva.

3.- Avverso la sentenza ricorre per cassazione la conduttrice soccombente affidandosi a due motivi illustrati anche da memoria, cui il locatore resiste con controricorso.

Motivi della decisione

1.- Sono dedotte, col primo motivo, violazione degli artt. 1362 e 1366 c.c., e, col secondo, dell’art. 1456; nonchè, con entrambi, omessa, insufficiente e: contraddittoria motivazione su punti decisivi.

Si imputa in particolare alla Corte d’appello:

a) di aver trascurato che per più di 15 anni il pagamento era sempre stato effettuato nel corso del primo mese del bimestre di competenza (pag. 5 del ricorso);

b) di avere non perspicuamente, e dunque contraddittoriamente (pag. 7 del ricorso), dato rilievo alle precedenti iniziative di sfratto, invece sempre assunte; dopo l’inutile decorso del primo mese;

c) di non aver colto la malizia e la mancanza di buona fede del locatore (divenuto unico proprietario dell’immobile), che nella sua comunicazione (con lettera raccomandata del 18.4.2002) non aveva precisato quale fosse, a suo avviso, la data in cui il pagamento doveva essere effettuato (pagine 8 e 10 del ricorso).

E si assume che tanto integri violazione delle disposizioni in tema di ermeneutica contrattuale, segnatamente per essersi la Corte fermata alla lettera del contratto, senza tener conto del complessivo comportamento delle parti posteriore alla conclusione, conseguentemente incorrendo in una falsa applicazione della disposizione normativa sulla clausola risolutiva espressa.

2.- Il ricorso è infondato.

La questione di cui alla superiore lettera a) non è stata affatto trascurata dalla Corte di merito, che ha solo compiuto un motivato apprezzamento dei fatti difforme da quello auspicato dalla ricorrente; apprezzamento la cui assunta non perspicuità (come riferito alla lettera b), non è certo sintomatica di una contraddittorietà della motivazione.

La addotta mancanza di buona fede; del locatore in ordine alla iniziativa assunta (cfr. lett. c) è, poi, del tutto irrilevante ai fini della determinazione del contenuto del contratto e non è comunque prospettata nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso, essendo stato il tenore della missiva riprodotto solo dal controricorrente, ad avallo della tesi opposta a quella sostenuta in ricorso ed a dimostrazione della chiarezza dell’annunciata intenzione del locatore di non tollerare più alcun ritardo nei pagamenti e di intendere avvalersi, in caso di ritardo, della clausola risolutiva espressa (pag. 2 del controricorso).

Non sussistono, dunque, le denunciate violazioni di legge. Si è invece in presenza di una tipica valutazione di merito, del tutto adeguatamente motivata e come tale non sindacabile dalla Corte di legittimità.

Costituisce del resto principio consolidato che, benchè la tolleranza del locatore nel ricevere il canone oltre il termine stabilito renda inoperante la clausola risolutiva espressa prevista in un contratto di locazione, la clausola riprende tuttavia la sua efficacia se il creditore, che non intende rinunciare ad avvalersene, provveda con una nuova manifestazione di volontà a richiamare il debitore all’esatto adempimento delle sue obbligazioni (ex multis, Cass., nn. 2111/2012, 15026/2005, 1316/98).

2.- Il ricorso è respinto.

Le spese seguono la soccombenza (in relazione ad un valore affatto diverso e superiore a quello di Euro 2.591, corrispondente all’entità del canone di due mesi, dichiarato dalla ricorrente in ricorso ai fini del contributo unico unificato).

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 4.200, di cui Euro 4.000 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2012

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