Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
L.D. conveniva davanti al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche, presso la corte di appello di Napoli, il Consorzio di Bonifica della Piana di Rosarno, chiedendone la condanna al pagamento della somma di Euro 27.845,00, a titolo del risarcimento dei danni subiti da un suo fondo a causa dello straripamento di un colatore di bonifica in occasione delle precipitazione piovose del 13 e 20 aprile 2004.
Resisteva il convenuto e veniva integrato il contraddittorio nei confronti della Regione Calabria, la quale, costituendosi, contestava il proprio difetto di legittimazione passiva.
Il IRAP ritenne la responsabilità del solo consorzio, condannandolo al risarcimento del danno.
Il TSAP, adito dal consorzio di bonifica, con sentenza depositata il 12 luglio 2011, rigettava l’appello.
Riteneva il TSAP che gli interventi di manutenzione e regimentazione, ammessi dallo stesso consorzio, erano sufficienti a radicare la responsabilità del consorzio da omessa o cattiva gestione o manutenzione del canale di bonifica, con conseguente obbligo di provvedere al risarcimento dei danni riconducibili a difetti di manutenzione del canale.
Riteneva inoltre il TSAP che era provato sulla base delle risultanze della C.T.U. il nesso causale tra la omessa o cattiva manutenzione del canale e l’esondazione e, quindi, i danni subiti dall’attrice, poichè il canale risultava ostruito da materiale terroso e da vegetazione palustre, mentre non risultava provata l’eccezionalità delle piogge cadute nell’aprile 2004 (epoca dei fatti).
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Consorzio di Bonifica della Piana di Rosarno.
Resistono con rispettivi controricorsi L.D. e la Regione Calabria.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 200, comma 1, lett. B, nonchè dell’art. 132 c.p.c., e art. 11 Cost., per inesistenza, contraddittorietà e mera apparenza della motivazione. Assume il ricorrente che il presupposto per l’applicazione del principio fissato dalla sentenza S.U. n. 5394/2007 in tema di responsabilità risarcitoria da cattiva manutenzione è che esso Consorzio abbia effettivamente esercitato tale manutenzione; che la sentenza impugnata non ha risposto al motivo di appello con cui esso Consorzio lamentava la mancanza di ogni prova circa la sua manutenzione di fatto del collettore, essendosi egli limitato a riconoscere solo che a suo tempo effettuò qualche intervento manutentivo di sostegno e regimentazione, programmato e finanziato dalla regione; che pertanto non corrisponde al vero che esso Consorzio aveva ammesso interventi di manutenzione e di regimentazione e che tale elemento non era emerso in corso di causa.
2.1. Il motivo è infondato.
Va, anzitutto, confermato il principio già espresso da queste S.U. n. 5394 del 09/03/2007, secondo cui, qualora un consorzio di bonifica abbia di fatto provveduto, pur non essendo gravato dal relativo obbligo, alla manutenzione di un canale assumendo così la custodia e la gestione del corso d’acqua, sullo stesso grava anche la relativa responsabilità e quindi l’obbligo di risarcire i danni derivanti da difetto di manutenzione.
Va solo specificato, mutuando quanto affermato dall’arresto (Cass. 12 giugno 1992 n. 7232) all’origine di questo orientamento, opportunamente adeguandolo allo sviluppo giurisprudenziale dell’ultimo decennio in tema di responsabilità oggettiva ex art. 2051 c.c., che la circostanza che un Consorzio di bonifica abbia provveduto su concessione dello Stato (ora della regione), ad eseguire opere di sistemazione idraulica su un corso d’acqua iscritto nell’elenco delle acque pubbliche (R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, art. 13) non comporta per questo solo fatto – ad opere compiute – obblighi, e conseguenti responsabilità, del Consorzio stesso in ordine alla manutenzione di quel corso d’acqua, istituzionalmente attribuita dalla disciplina vigente in materia di interventi relativi alle acque pubbliche (R.D. 25 luglio 1904, n. 523 sulle opere idrauliche e del cit. RD n. 215 del 1933, art. 17, comma 2,) allo Stato e ad altri enti (fra cui gli appositi consorzi per le opere idrauliche) nettamente distinti dai consorzi di bonifica.
Egualmente va affermato in ipotesi di interventi effettuati dal Consorzio di bonifica su colatori artificiali che non si appartengano al suo patrimonio.
2.2. Hanno, invece, decisiva rilevanza gli effettivi comportamenti delle parti, che superando la ricostruzione della responsabilità fondata sulla titolarità di diritti sul colatore, possano o fondare la responsabilità risarcitoria del consorzio ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., il quale non postula una nozione di "custodia" in senso tecnico-giuridico, a base contrattuale, essendo sufficiente ad integrarla un effettivo potere fisico, un governo della cosa, o fondare una responsabilità risarcitoria soggettiva ai sensi dell’art. 2043 c.c., per carenza di manutenzione, in concreto assunta, e consequenzialmente dovuta in modo da non arrecare danno ingiusto a terzi.
2.3. Nella fattispecie la sentenza impugnata ha ritenuto che dalle stesse ammissioni del Consorzio convenuto emergeva che esso effettuava le opere di manutenzione e regimentazione del colatore artificiale in questione.
Ne consegue che è infondata la censura secondo cui la sentenza impugnata è priva di motivazione o presenta una motivazione apparente o contraddittoria, ben potendo il giudice fondare la propria decisione sulle ammissioni delle parti.
A tal fine va osservato che, per quanto il ricorrente Consorzio assuma che si sia limitato nella comparsa di costituzione nel giudizio di accertamento tecnico preventivo a far riferimento alla "mera circostanza che, a suo tempo, possa aver svolto qualche intervento manutentivo di sostegno e regimentazione…… programmato e finanziato dal competente governo regionale", le circostanze ammesse consentivano il giudizio espresso dal TSAP circa un coinvolgimento rilevante del consorzio ai fini dell’imputazione della responsabilità ex art. 2051 c.c..
3. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 200, comma 1, lett. B, nonchè dell’art. 132 c.p.c. e art. 11 Cost., per inesistenza, contraddittorietà e mera apparenza della motivazione.
Assume il ricorrente che la sentenza impugnata non ha con congrua motivazione risposto ai motivi di appello in merito alla ritenuta insussistenza di un nesso causale tra la pretesa mancanza di manutenzione del canale e l’allagamento che aveva determinato il danno all’attrice; che erroneamente la sentenza aveva ritenuto non provata l’eccezionalità delle piogge cadute nel mese di aprile 2004, unica causa dell’allagamento; che nella sentenza non era contenuto alcun riferimento all’accertamento tecnico preventivo ed alle contestate contraddizioni con la consulenza tecnica d’ufficio redatta dallo stesso tecnico oltre due anni dopo.
4.1. Il motivo è infondato.
Va, anzitutto, premesso che l’accertamento del nesso causale tra il fatto illecito e l’evento dannoso rientra tra i compiti del giudice del merito ed è sottratto al sindacato di legittimità della Corte di Cassazione, la quale, nei limiti dell’art. 360 c.p.c., n. 5, è legittimata al solo controllo sull’idoneità delle ragioni addotte dal giudice del merito a fondamento della propria decisione. (Cass. 05/04/2005, n. 7086).
Nella fattispecie la sentenza impugnata ha fondato il rigetto del motivo di appello sulla pretesa inesistenza del nesso di causalità tra difetto di manutenzione del canale ed allagamento, sulla base degli accertamenti compiuti dal c.t.u., dai quali emergeva che il materiale terroso, frutto dell’azione erosiva esercitata sul terreno e lo sviluppo della vegetazione palustre avevano provocato l’ostruzione del canale ed il suo insabbiamento con conseguente inevitabile fenomeno di esondazione.
Tenuto conto di tali accertamenti del c.t.u. e delle conclusioni, cui esso è pervenuto, il TSAP ha ritenuto che se il consorzio avesse adempiuto con diligenza all’attività di manutenzione e cura del canale, come più volte sollecitato dai proprietari confinanti, l’esondazione non si sarebbe verificata, anche in presenza delle piogge dell’aprile 2004, la cui eccezionalità non era stata provata.
4.2. Le censure mosse dal ricorrente si risolvono in una diversa valutazione delle emergenze processuali, e cioè sostanzialmente dell’accertato intasamento per terreno e vegetazione del canale, nonchè dell’efficienza causale di tale stato nel verificarsi dell’esondazione.
Il giudice di appello ha tenuto conto delle critiche mosse dall’appellante alla consulenza tecnica di ufficio ed alla sentenza di primo grado, ma con congrua motivazione, ha ritenuto di dover condividere le conclusioni rese dal c.t.u.. Tanto è sufficiente ad escludere la presenza di un vizio motivazionale rilevabile in questa sede di sindacato di legittimità.
5. Pertanto il ricorso va rigettato ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese del giudizio di cassazione sostenute dalle resistenti.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, sostenute dalle resistenti, liquidate per ciascuno in complessivi Euro 3200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 8 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2012
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