Cass. civ. Sez. II, Sent., 14-06-2012, n. 9787

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

F.V. e F.F., quali concessionari di un suolo del cimitero consortile dei comuni di Mugnano e Calvizzano, citarono davanti al Tribunale di Napoli C.A. e C.R., chiedendo che fossero condannati all’abbattimento di un’opera edilizia che avevano realizzato in quell’area e al risarcimento dei danni, da liquidare in separata sede. I convenuti sostennero che autori dell’occupazione erano stati T.G. e S.B., da loro incaricati della progettazione e costruzione di una cappella, e su autorizzazione del giudice istruttore li chiamarono in causa in garanzia. T.G. contestò la fondatezza degli assunti di C.A. e C.R. e in via riconvenzionale chiese la loro condanna al pagamento degli onorari relativi all’incarico espletato. S. B. sostenne la propria estraneità ai fatti di causa, per essersi limitato a regolare, per conto dei C., i rapporti economici di costoro con gli esecutori dell’opera. Il consorzio cimiteriale, chiamato in causa per disposizione del giudice istruttore, rimase contumace.

Con sentenza del 30 ottobre 2003 il Tribunale respinse tutte le domande proposte dalle parti e compensò tra loro le spese di giudizio.

Impugnata in via principale da F.V. e F. F., in via incidentale da C.A. e da T. G., la decisione è stata confermata con sentenza del 12 gennaio 2009 dalla Corte d’appello di Napoli, salvo che per il regolamento delle spese del giudizio di primo grado, al cui rimborso T.G. e S.B. sono stati condannati in favore di C.A.. A tale conclusione il giudice di secondo grado è pervenuto essenzialmente ritenendo: – che la cappella in contestazione era stata realizzata su un suolo concesso a F.V. e F.F., i quali però erano decaduti dal diritto di utilizzarlo, per decorso del tempo utile; – che esattamente quindi erano state respinte le domande da loro proposte nei confronti dei committenti dell’opera C.A. e C.R.; – che ugualmente corretto era il rigetto delle riconvenzionali rivolte a questi ultimi da T.G., relative al compenso per le sue prestazioni professionali e al risarcimento dei danni provocati alla sua immagine, poichè a lui redatto era dovuta l’erronea localizzazione della cappella su un’area non appartenente ai committenti; – che la domanda di risarcimento proposta da F.V. e F.F. doveva essere disattesa a causa della sua novità, poichè inizialmente era stata chiesta la condanna in forma generica e solo in appello anche la liquidazione del danno; che T.G. e S. B., in quanto soccombenti, erano tenuti al rimborso delle spese di giudizio sostenute da C.A..

Contro tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione T. G., in base a tre motivi. Si sono costituiti con controricorsi:

C.A. e C.R.; S.B., il quale ha formulato un motivo di impugnazione in via incidentale; F. V. e F.F., i quali hanno formulato un motivo di impugnazione in via incidentale, cui S.B. ha opposto un proprio controricorso. Sono state presentate memorie da T.G., S.B., C.A. e C.R..

Motivi della decisione

Con il primo motivo del ricorso principale T.G. si duole del rigetto delle proprie domande riconvenzionali, dirette ad ottenere la condanna di C.A. e C.R. al pagamento del compenso relativo alle prestazioni professionali svolte su loro incarico per la progettazione della cappella funeraria in questione e al risarcimento dei danni derivati alla sua immagine professionale ai geometra: sostiene che erroneamente e ingiustificatamente la Corte d’appello ha ritenuto che egli avesse svolto anche il compito di direttore dei lavori e che quindi fosse responsabile dell’avvenuta realizzazione dell’opera su un suolo di cui i committenti non avevano la disponibilità.

La doglianza va disattesa.

Si verte in tema di accertamenti di fatto e di apprezzamenti di merito, incensurabili in questa sede se non sotto i profili dell’omissione, insufficienza o contraddittorietà della motivazione.

Da tali vizi la sentenza impugnata risulta immune, poichè il giudice a quo ha dato conto in maniera esauriente e logicamente coerente delle ragioni della decisione sul punto, spiegando che l’addebitabilità dell’errore di cui si tratta a T.G. derivava dalla sua qualità non solo di progettista, ma anche di direttore dei lavori di costruzione della cappella: qualità che era risultata dalle precise convergenti deposizioni dei testimoni Ch.An. e P.F., quest’ultimo pienamente credibile perchè assolutamente indifferente, diversamente da S.C., il quale aveva reso dichiarazioni discordanti da quelle degli altri due e comunque di per sè inattendibili. Le pur diffuse contrarie valutazioni, propugnate dal ricorrente, non possono costituire idonea ragione di una pronuncia di cassazione, stanti i limiti propri del giudizio di legittimità, che sulle questioni di fatto non consentono a questa Corte di estendere il proprio sindacato oltre la verifica dell’adeguatezza della motivazione e di compiere quel vaglio diretto delle risultanze istruttorie, che in sostanza il ricorrente pretende di demandarle.

Con il secondo motivo di impugnazione T.G. lamenta che le proprie domande sono state respinte in accoglimento di un’eccezione di inadempimento che in realtà C.A. e C.R. non avevano formulato e che era comunque infondata.

Neppure questa doglianza può essere accolta.

L’eccezione di cui si tratta – che non richiedeva l’impiego di formule sacramentali per essere efficacemente sollevata: cfr. Cass. 29 settembre 2009 n. 20870, 73 luglio 2010 n. 17424 – era insita nelle difese opposte alla domanda in questione dai suoi destinatari, che ad essa avevano resistito appunto nei presupposto che l’opera professionale svolta da T.G. fosse inficiata da errori.

Accertato che questi effettivamente erano stati commessi, cadeva comunque il fondamento stesso delle domande di pagamento del compenso e di risarcimento di danni, proposte in via riconvenzionale da T.G..

Ne consegue il rigetto anche del terzo motivo del ricorso principale, con il quale, nel presupposto della fondatezza degli altri due, viene contestata la legittimità della condanna di T.G. al rimborso delle spese di giudizio sostenute da C.A.. Nè può essere sindacato in sede di legittimità il mancato esercizio della facoltà discrezionale di compensazione, alla quale nel ricorso si fa cenno con riferimento a una dedotta ipotesi di soccombenza reciproca: ipotesi che comunque nei rapporti tra T.G. e C.A. non è ravvisabile, in quanto la domanda riconvenzionale del primo è stata rigettata, menare quella di garanzia del secondo è rimasta assorbita dal mancato accoglimento di quella proposta dagli originari attori.

Con il motivo addotto a sostegno del loro ricorso incidentale F.V. e F.F. sostengono che la loro domanda di risarcimento, contrariamente a quanto ha ritenuto la Corte d’appello, non doveva essere considerata inammissibile per novità, anche se in sede di gravame la condanna di C.A. e C.R. era stata chiesta in forma specifica, mentre lo era stata in forma generica in primo grado.

L’assunto non è fondato, poichè modificazioni come quella di cui si tratta comportano una non consentita mutatio libelli: oltre a Cass. 1 ottobre 1998 n. 9760, richiamata nella sentenza impugnata, v. in tal senso, tra le più recenti, Cass. 25 gennaio 2001 n. 1057, 4 aprile 2001 n. 4962, 24 giugno 2009 n. 14782, secondo cui "quando, nel giudizio di primo grado, sia stata proposta una domanda di condanna generica al risarcimento dei danni – da liquidarsi in separata sede – la domanda, formulata in appello, di liquidazione del danno è da considerare nuova e, come tale, inammissibile". D’altra parte, la domanda in questione, pur in mancanza del motivo di cui si è detto, reputato assorbente dal giudice di secondo grado, non avrebbe potuto comunque essere accolta, poichè l’avvenuta decadenza di F. V. e F.F. dalla concessione del suolo loro assegnato escludeva ogni eventuale loro ragione di danno derivante dalla successiva occupazione di quell’area mediante la cappella costruita su incarico di C.A. e C.R..

Con il primo motivo dell’altro ricorso incidentale S.B. lamenta di essere stato erroneamente condannato al rimborso delle spese di giudizio in favore di C.A..

La censura va accolta, poichè in effetti S.B. – diversamente da T.G., in relazione alla sua riconvenzionale – non è rimasto in alcun modo soccombente, essendo stata rigettata la domanda di garanzia che C.A. e C.R. avevano proposto nei suoi confronti.

Resta assorbito il secondo motivo del ricorso incidentale dello stesso S.B., in quanto formulato subordinatamente alla condizione dell’accoglimento del ricorso di F.V. e F.F..

Rigettati pertanto il ricorso principale e l’incidentale di F. V. e F.F., accolto il primo motivo dell’incidentale di S.B., dichiarato assorbito il secondo, la sentenza impugnata va cassata in relazione alla censura accolta, con rinvio della causa ad altro giudice, che si designa in una diversa sezione della Corre d’appello di Napoli, cui viene anche rimessa la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità nei rapporti tra S.B. e C.A.. Tra le altre parti la causa resta definita; sicchè occorre provvedere al regolamento delle spese del giudizio cassazione, che in applicazione della regola della soccombenza vengono peste a carico – nelle misure indicate nel dispositivo – di T.G., nonchè di F. V. e F.F. in solido, dato il comune loro interesse nella causa, in favore di C.A. e C. R..

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale proposto da F.V. e F.F.; accoglie il primo motivo del ricorso incidentale proposto da S.B.;

dichiara assorbito il secondo: cassa la sentenza impugnata in relazione alla accolta; rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli, cui rimette anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità nei rapporti tra S.B. e C.A.; condanna T.G. a rimborsare a C.A. e C.R. le spese del giudizio di legittimità, Liquidate in 100,00 Euro, oltre a 1.000,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge; condanna F.V. e F.F. in solido a rimborsare a C.A. e C.R. le spese del giudizio di legittimità, liquidate in 100,00 Euro, oltre a 2.000,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 4 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2012

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