Cass. civ. Sez. I, Sent., 15-06-2012, n. 9849

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Il Tribunale di Roma condannava il Ministero dell’economia a corrispondere alla Astaldi spa, titolare di partecipazioni azionarie nella Associazione temporanea di imprese Redo, con sede in (OMISSIS), l’indennizzo riconosciuto dalla L. 29 gennaio 1994, n. 98, per la perdita di beni all’estero, a causa di tumulti popolari scoppiati fra il settembre 1991 e il gennaio 1993 nello (OMISSIS), ove aveva svolto per molti anni la sua attività nel campo delle costruzioni anche mediante società controllate. Il tribunale dichiarava il difetto di legittimazione attiva delle società Sogesi, Finast, Ispema, nonchè della Seaza sprl e della Association Momentanee Redo.

2.- La Corte di appello di Roma, con sentenza del 12 ottobre 2009, accogliendo l’appello del Ministero e rigettando gli appelli proposti, in via principale e incidentale, da Astaldi, Finast, Societè d’Entreprises Astaldi au Congo (Seac, già Seaza) e Association Momentanee Redo, rigettava nel merito le domande delle suddette società; dichiarava che la sentenza di primo grado era passata in giudicato nei confronti della società Ispema; compensava integralmente le spese del grado.

La corte riteneva che la L. n. 98 del 1994, non prevedesse una generalizzata riapertura dei termini per la presentazione delle domande dirette ad ottenere i benefici previsti dalla L. 26 gennaio 1980, n. 16 e L. 5 maggio 1985, n. 135, per le perdite di beni all’estero avvenute prima del 2 settembre 1985, nè la fissazione di un nuovo termine di decadenza per la presentazione di domande di indennizzo per perdite subite (come nella specie) in epoca successiva; la L. n. 98 del 1994 aveva una portata interpretativa delle leggi del 1980 e 1985, limitandosi ad estendere, in favore dei soggetti già destinatari della normativa precedente, l’indennizzabilità del valore d’avviamento dei beni perduti; il riferimento testuale della legge del 1994 allo Z. aveva l’unico scopo di consentire l’indennizzabilità delle perdite subite in quel Paese per effetto anche di vendite forzose (cioè non solo di atti di confisca formali) avvenute pur sempre però sino al 2 settembre 1985.

3.- Le società Astaldi, Finast, Seac, in liquidazione, e Redo propongono ricorso per cassazione con due motivi.

Il Ministero resiste con controricorso. Le ricorrenti hanno prodotto memoria.

Motivi della decisione

1.- Nel primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. e delle norme in materia di successione nel processo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per avere la sentenza impugnata erroneamente dichiarato l’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza di primo grado nei confronti della società Ispema, perchè rimasta contumace nel giudizio di appello.

1.1.- Il motivo è fondato. In effetti, nelle more del giudizio di primo grado, la Finast, con atto di fusione del 12 dicembre 2000, aveva incorporato la società Ispema e, quindi, era subentrata nei diritti e nelle azioni di cui questa era titolare, incluso il diritto di chiedere la quota parte dell’indennizzo di cui alla L. n. 98 del 1994, salva la valutazione che il giudice di appello avrebbe dovuto compiere in ordine alla sussistenza di impedimenti di altro genere all’accoglibilità della domanda (tenuto conto che il tribunale ne aveva dichiarato il difetto di legittimazione attiva sul presupposto che entrambe le società non fossero titolari di beni perduti nello (OMISSIS)). L’atto di appello della Finast, nel quale la circostanza dell’avvenuta incorporazione era stata evidenziata, aveva impedito il passaggio in giudicato delle statuizioni rese dalla sentenza di primo grado nei confronti della società Ispema, incorporata dalla Finast.

2.- Nel secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 94 del 1994, art. 2, comma 5, lett. a), la quale, contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, aveva portata innovativa della legislazione precedente, nella parte in cui, limitatamente allo (OMISSIS), riconosceva l’indennizzo anche in mancanza di provvedimenti ablatori adottati da autorità straniere e per eventi avvenuti successivamente al termine stabilito per la presentazione della domanda di indennizzo secondo la L. n. 135 del 1985.

2.1.- Il motivo è fondato.

La L. n. 16 del 1980 e L. n. 135 del 1985, riconoscevano la liquidazione di un indennizzo per le perdite di beni subite da cittadini e imprese italiane "in territori già soggetti alla sovranità italiana e all’estero", "a seguito di confische o di provvedimenti limitativi o impeditivi della proprietà comunque adottati dalle autorità straniere esercenti la sovranità su quei territori" (così le rubriche e l’art. 1 di entrambe le suddette leggi), fissando un termine di centoventi giorni, a pena di decadenza, per proporre la domanda di liquidazione dalla data di entrata in vigore di ciascuna di esse (L. n. 16 del 1980, art. 7 e, ai fini dell’integrazione del contributo, della L. n. 135 del 1985, art. 5).

L’evento che, nella fattispecie, ha provocato la perdita di beni per cui è chiesto l’indennizzo non è una confisca o un provvedimento limitativo o impeditivo della proprietà adottato dall’autorità straniera, ma tumulti popolari scoppiati in un paese estero (nello (OMISSIS)), oltre tutto, fra il settembre 1991 e il gennaio 1993, cioè successivamente al termine di decadenza (di centoventi giorni) dall’entrata in vigore della L. n. 135 del 1985 per proporre domanda di liquidazione. L’indennizzabilità di tale perdita era quindi preclusa alla luce della normativa vigente, stante il principio che "la legislazione in esame non ha posto un principio generale che stabilisca l’indennizzo in ogni caso per la perdita di beni dei cittadini avvenuta all’estero per provvedimenti dell’autorità straniera – distinguendo tra domande di indennizzo per eventi futuri, proponibili senza limiti di tempo, e domande di indennizzo per perdite verificatesi nel passato, da presentarsi in un termine di decadenza di centoventi giorni – ma provvede unicamente a stabilire la corresponsione di un indennizzo a favore di particolari categorie di cittadini precisamente individuati" (Cass. n. 20289/2005).

In tale contesto, la legge n. 98/1994, contenente "interpretazioni autentiche e norme procedurali relative alla L. 5 aprile 1985, n. 135", oltre a prevedere la liquidazione dell’indennizzo relativo all’avviamento delle attività di cui gli interessati erano titolari nei Paesi di provenienza (art. 1, comma 1), ha riconosciuto, ad integrazione delle due leggi precedenti, la spettanza del diritto all’indennizzo, per quanto qui interessa e con le medesime modalità, "ai cittadini, agli enti e alle società italiani che abbiano perduto o dovuto abbandonare i loro beni in (OMISSIS)" (art. 2, comma 5).

Questa Corte ha condivisibilmente ritenuto che tale disposizione abbia una sostanziale "portata innovativa" nella parte in cui, limitatamente a detto Paese, ha previsto che il diritto all’indennizzo sorga anche in mancanza di formali provvedimenti ablatori adottati da autorità straniere, come nel caso in cui la perdita o l’abbandono siano stati causati da tumulti o atti vandalici, e per eventi sopravvenuti alla legge n. 135 del 1985 (v., in analoga fattispecie, Cass. n. 24544/2010 e n. 1888/2010).

Questa esegesi non è contraddetta dalla titolazione della legge di "interpretazione autentica", tale natura essendo limitata alla parte in cui è risolta l’incertezza in ordine, ad esempio, all’indennizzabilità della perdita dell’avviamento delle attività ablate e alla sussistenza della giurisdizione ordinaria nelle relative controversie (L. n. 98 del 1994, art. 2, comma 4).

Anche l’iter parlamentare del testo normativo in esame depone nel senso appena indicato. Infatti, nel testo originario del disegno di legge (A.S. 851 dell’XI Legislatura), all’art. 2, comma 7, lett. a) (corrispondente all’attuale art. 2, comma 5, lett. a), il diritto all’indennizzo era riconosciuto soltanto "ai cittadini, agli enti e alle società italiani che abbiano perduto o dovuto abbandonare i loro beni in (OMISSIS) nel decennio 1960-1970". Tale limitazione venne meno per effetto di un emendamento (proponente sen. P., approvato in sede referente dalla 6^ commissione finanze e tesoro nella seduta del 16 giugno 1993) e, successivamente, la 6^ commissione approvò in sede deliberante l’intero provvedimento, recependo la modifica. La soppressione del solo riferimento al decennio 1960-1970, seppur di complessa decifrazione ai fini della ricostruzione dell’intenzione del legislatore, secondo il canone dell’art. 12 disp. gen., comma 1, a proposito dell’indennizzabilità dei danni verificatisi in (OMISSIS) nel vigore delle leggi precedenti, è invece chiaramente indicativa nel senso dell’indennizzabilità delle perdite avvenute in quel paese successivamente al decorso del termine fissato dalla L. n. 135 del 1985 per la presentazione della domanda diretta a ottenere il beneficio. Se così non fosse, la disposizione in esame contenuta nella legge n. 98/1994 riconoscerebbe, per le perdite in Zaire, il diritto ad un indennizzo che non sarebbe mai esigibile: nè per quelle avvenute prima (come ritenuto da Cass. n. 24544/2010), nè per quelle avvenute successivamente alla legge del 1985.

La determinazione di un termine per la formulazione della richiesta di indennizzo è un corollario ineludibile, necessario ad attuare il diritto così riconosciuto per la perdita di beni in (OMISSIS) per i fatti avvenuti nel periodo tra il 1991 e il 1993. Sebbene la L. n. 98 del 1994 non preveda espressamente un termine specifico al riguardo, la Corte (sent. n. 1888/2010, richiamata dalla n. 24544/2010) ha ritenuto che esso possa ricavarsi dall’art. 2, comma 5, della medesima legge, il quale stabilisce che il diritto "spetta con le modalità previste dalle stesse leggi" (n. 16 del 1980 e n. 135 del 1985), individuandosi in centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge n. 98/1994. Tale termine corrisponde, del resto, a quello, anch’esso di centoventi giorni, stabilito dall’art. 2, comma 2, della legge del 1994 per la presentazione delle domande, in precedenza non avanzate, volte ad ottenere un indennizzo "ulteriore" per la perdita dell’avviamento imprenditoriale nonchè la revisione delle stime già effettuate ai sensi delle precedenti disposizioni di legge.

3.- Il ricorso va quindi accolto e la sentenza impugnata va cassata, con conseguente rinvio alla Corte di appello di Roma, cui si demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di cassazione, il 18 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *