Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
M.M. esponeva al Tribunale di Napoli di essere stato dipendente dell’Amministrazione delle Poste dal 16.12.1986 con la qualifica di perito inquadrato nel 6^ livello ex L. n. 797 del 1981 ed assegnato alla Stazione Radio Costiera di Napoli con compiti di ascolto continuato di radio internazionali sui soccorsi in mare, di diffusione bollettini meteo ed avvisi ai naviganti e comunicazioni commerciali bordo-terra e viceversa; di essere stato assunto dall’Intel il 1.11.1993 ed inquadrato nel 6^ livello retributivo del CCNL SIP con qualifica di "specialista trasmissione radio marittime" (ove aveva continuato a svolgere mansioni di perito presso la Stazione Radio centrale di Trieste sino al 28.3.1994); di essere stato trasferito dal 1.3.1994 al Centro lavoro di Napoli servizi internazionali come centralinista; che dal 12.8.1994 gli era stato attribuita la qualifica di capo turno addetto ai servizi di utenza, che era passato alle dipendenze di Telecom dal 18.8.1994 e che era stato adibito al servizio "176- servizi internazionali" e successivamente dal 1.1.1996 era stato poi trasferito all’area marketing e quindi alla direzione clienti privati, svolgendo un servizio di mero supporto telefonico ai clienti. Dal 16.12.1996 gli era stato attribuita la qualifica di "assistente ad attività specialistiche" con un livello di inquadramento "D". Deduceva di aver subito prima nel passaggio all’IRITEL e poi nel passaggio alla Telecom un grave demansionamento rispetto alle mansioni svolte in precedenza senza poter in alcun modo utilizzare la professionalità in precedenza acquisita; chiedeva quindi ex L. n. 58 del 1992 la dichiarazione di nullità dell’inquadramento effettuato ed a monte la nullità dell’accordo collettivo tra le parti sociali del 15.3.1993 per contrasto con l’art. 2103 c.c. sui criteri di inquadramento, con il riconoscimento del 4^ livello dal 1.1.93 e livello F (attuale livello 6) dall’1.10.1996 o in subordine nel quinto livello del contratto SIP dal 1.11.1993 e nel livello E dal 1.01.1996. La Telecom si costituiva contestando la fondatezza del ricorso.
Il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda; dichiarava la nullità dell’accordo collettivo del 15.3.1993 in ordine ai criteri di inquadramento e dichiarava illegittimo l’avvenuto inquadramento riconoscendo il diritto del ricorrente ad essere inquadrato nel 4^ livello del contratto collettivo di lavoro SIP dal 1.11.1993 e nel livello F dal 1.10.1996.
Proponeva appello la Telecom e la Corte di appello di Napoli, con sentenza del 3.3.2010, in parziale accoglimento dell’appello, riconosceva il diritto all’inquadramento nel 5 livello del CCNL SIP dal 1.11.1993 e nel livello E ("qualifica di assistente ad attività specialistiche senior") del CCNL per le Aziende del settore delle comunicazioni dal 9.9.1996, con condanna della Telecom alle relative differenze retributive.
La Corte territoriale, ripercorsa la complessa vicenda del passaggio dei lavoratori dall’Amministrazione delle Poste all’IRITEL e quindi alla Telecom e l’orientamento della giurisprudenza della Corte di cassazione in ordine alla tutela della professionalità prevista dalla L. n. 58 del 1992 rilevava l’inoperatività dell’art. 2112 c.c. alla fattispecie ed anche dello stesso art. 2103 c.c., dovendo le tabelle di equiparazione elaborate dalle parti sociali costituire parametro essenziale di riferimento anche in ordine alla legittimità dei nuovi inquadramenti, salvo però la verifica di una equivalenza effettivamente esistente e dell’inesistenza di un demansionamento di fatto del dipendente con mortificazione della sua attitudini e del suo bagaglio professionali.
La Corte rilevava che le mansioni pregresse del ricorrente, alla luce delle dichiarazioni testimoniali, erano consistite nell’assegnazione alla Stazione costiera PT di Napoli, con comunicazioni bordo- terra e terra- bordo 24 ore su 24 ore, con programmazione di collaudi e controllo delle apparecchiature della stazione centrale di Posillipo e di quella di S. Elmo, Capri e Maratea, ed il coordinamento di colleghi di livello inferiore. Ora emergeva che tra la qualifica di appartenenza nella ASST e quelle attribuite successivamente non vi era coincidenza in quanto non esprimevano livelli omogenei di professionalità e di responsabilità ed anche di coordinamento; dopo il 1.3.1994 il ricorrente non aveva più svolto funzioni di direzione, coordinamento e controllo, ma in sostanza aveva esercitato un’attività da mero centralinista. Sussisteva però solo il diritto al riconoscimento della minore qualifica di cui si detto prima, in quanto non era stata dimostrata la guida e il controllo di importanti organismi operativi e lo svolgimento di funzioni specialistiche di alto profilo che erano elementi distintivi della qualifica riconosciuta in prime cure, per cui veniva riconosciuto solo il minore inquadramento già ricordato.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre la Telecom con 4 motivi;
resiste l’intimato con controricorso.La Telecom ha prodotto memoria difensiva.
Motivi della decisione
Con il primo motivo si allega l’erronea applicazione e falsa applicazione della L. n. 58 del 2002, art. 4, artt. 2103 e 2095 c.c. e dell’art. 24 Cost., nonchè dell’art. 96 disp. att. c.p.c.: gli artt. 2112 e 2103 c.c. erano pacificamente inapplicabili alla fattispecie come già sostenuto dalla giurisprudenza della Corte di cassazione. In realtà si era applicato l’art. 2103 c.c. in base al principio dell’equivalenza tra mansioni svolte presso l’AAST e quelle finali presso la Telecom con un meccanico raffronto tra declaratorie diverse. Si era aggirata la ratio della normativa del ’92 di tutela della professionalità, pur nella riconosciuta discontinuità oggettiva tra sistemi diversi di inquadramento, mentre si era in sostanza applicato automaticamente la norma codicistica (l’art. 2013 c.c.). Si era superata la volontà contrattuale delle parti sociali che invece la legge aveva individuato come fattore determinante.
Il motivo appare infondato. Va ricordato che: "questa Corte, nell’affrontare analoghe fattispecie in materia di rapporti di lavoro dei dipendenti dell’Azienda di Stato per i servizi telefonici, nel passaggio dei servizi di telefonia dal settore pubblico a quello privato, ha puntualizzato che qualora le tabelle di equiparazione tra le qualifiche di provenienza e quelle previste nell’Intel e successivamente nella Telecom non siano adeguate, per mancata corrispondenza tra le mansioni da esse equiparate, le stesse possono essere disapplicate nel giudizi concernente la qualifica o livello da attribuire al lavoratore transitato all’ASST alla società concessionaria dei servizi telefonici, con l’individuazione ad opera del giudice della qualifica o livello corrispondente alle astratte previsioni di quella precedentemente rivestita, secondo le rispettive definizioni e mediante una valutazione globale e non meccanicistica di queste (cfr. Cass., n. 11936 del 22 maggio 2009; Cass. n. 10315 del 21 aprile 2008; Cass. n. 15605 dei 2004; Cass. n. 12647 del 2004). Questa Corte ha ulteriormente precisato che la legge n. 58 del 1992, nel disciplinare il processo di privatizzazione del settore delle telecomunicazioni, stabilisce il principio (in particolare all’art. 4, comma 5 della "tutela della professionalità", acquisita dai lavoratori, e il mantenimento del trattamento economico globalmente non inferiore a quello precedentemente goduto, ed attribuisce alle organizzazioni sindacali il potere di concordare con il datore di lavoro le tabelle di equiparazione, le quali non sono destinate a disporre dei diritti dei lavoratori, ma alla conservazione delle posizioni giuridiche ed economiche di ciascuno (cfr Cass. cit. n. 10315 del 2008; Cass. cit. n. 12647 del 2004)" (cfr. cass. n. 4991/2011).
Orbene l’impugnata sentenza, nell’esaminare la portata ed valore delle tabelle di equiparazione, è in linea con l’orientamento, già ricordato espresso da questa Corte, con il rimarcare che tali tabelle, realizzanti la trasposizione in regime privatistico di qualifiche esistenti presso il precedente datore di lavoro, dovevano essere elaborate dalle parti collettive non in termini di corrispondenza meccanica ed assoluta (al che non corrisponde il concetto di "equiparazione"), ma secondo un raffronto complessivo delle declaratorie dei profili di volta in volta presi in considerazione, stante l’esigenza di raccordo (non di semplice giustapposizione) tra diversi sistemi di classificazione e di inquadramento, propri del sistema pubblicistico dell’ASST e, rispettivamente, delle società che ad essa per legge si sono sostituite. Corretta è pertanto l’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui in virtù della normativa di riferimento (della L n. 58 del 1992, art. 4) le indicazioni contenute nelle tabelle di equiparazione adottate con accordo sindacale costituiscono elemento decisivo di riferimento per operare l’inquadramento presso la nuova gestione solo ed in quanto l’equivalenza delle posizioni di lavoro – messe a confronto – sussista realmente. Dal che la conseguenza della non applicabilità di tali tabelle, ove non si riscontri corrispondenza in concreto tra mansioni svolte nella fase precedente (connesse all’inquadramento e al livello prima attributo) e le mansioni riferite a qualifica e livello ottenuti in sede di passaggio all’impiego privato. Alla stregua dell’esposto orientamento e alla luce del quadro normativo di riferimento (L. n. 58 del 1992, accordo sindacale del 15 marzo 1993, declaratorie contrattuali del CCNL SIP) il giudice di appello ha analizzato l’inquadramento del lavoratore nel passaggio dall’ASST ad IRITEL, ritenendo che il nuovo inquadramento (6^ livello CCNL SIP, poi livello D CCNL Telecomunicazioni 1996) attribuito al M. non tutelasse in maniera pregnante la professionalità da lui acquisita nella precedente esperienza lavorativa ed in relazione al precedente inquadramento presso ASST. Su tali presupposti, ed in relazione alle declaratorie contrattuali e alle mansioni in fatto espletate (cfr. le pagg. 10-16 della sentenza), il giudice di appello ha ritenuto pienamente calzante la declaratoria collettiva del 5 livello CCNL SIP a partire dal 1.11 1993 e nel livello E, qualifica di "assistente ad attività specialistiche senior", CCNL Telecomunicazioni dal 9.9.1996. Tale valutazione, poggiante su accertamento in fatto appare fondata su adeguata e coerente motivazione, nella quale sono state analiticamente esaminate le attività svolte dall’intimato prima del passaggio e sino al definitivo inquadramento presso la Telecom, con un’esauriente dimostrazione di come il bagaglio professionale non sia stato in concreto salvaguardato. Pertanto non appare rispondere al vero che vi sia stata un’automatica applicazione dell’art. 2103 c.c., perchè il Giudice di appello ha persuasivamente mostrato come l’inquadramento riconosciuto sia l’unico in grado di garantire quella tutela della professionalità che costituisce la ratio della L. n. 58 del 2002. Le censure pertanto appaiono infondate e del tutto generiche perchè non ripercorrono affatto l’iter logico della motivazione della sentenza impugnata.
Con il secondo motivo si deduce la violazione ed erronea applicazione degli artt. 1362, 1363 ss. c.c. in relazione all’art. 12 del CCNL 30.6.1992 e della L. n. 58 del 1992, art. 4: si era valorizzato il mero criterio letterale nell’interpretazione dei contratti collettivi e non adeguatamente l’elemento funzionale ed anche logico- sistematica.
Anche tale motivo appare infondato in quanto l’interpretazione della contrattazione collettiva originariamente applicata al ricorrente e di quella poi in vigore presso la Telecom appare in sentenza condotta proprio in relazione al thema decidendum della presente controversia e cioè stabilire se nel passaggio da un inquadramento all’altro fosse stata salvaguardato il bagaglio professionale dell’intimato. La motivazione appare sul punto congruamente argomentata e logicamente coerente avendo esaminato come le mansioni affidate dopo il passaggio ed il relativo inquadramento non fossero coerenti con la già ricordata ratio della L. n. 58 del 1992 che, come detto, anche le parti sociali non potevano pretermettere. Le censure appaiono peraltro generiche perchè non esaminano in concreto il complesso e puntuale ragionamento seguito dai Giudici di appello.
Con il terzo motivo si allega la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Si era in sentenza contestata l’applicabilità dell’art. 2103 c.c. e poi lo si era concretamente applicato con un riferimento meccanico alla declaratorie contrattuali.
Il motivo appare infondato per quanto già detto supra:
l’interpretazione della contrattazione collettiva originariamente applicata al ricorrente e di quella poi in vigore presso la Telecom appare in sentenza condotta proprio in relazione al thema decidendum della presente controversia e cioè stabilire se nel passaggio da un inquadramento all’altro fosse stata salvaguardato il bagaglio professionale dell’intimato. Non vi è stata alcuna applicazione meccanica di declaratorie, ma una valutazione delle stesse orientata ai principi della L. n. 58 del 1992.
Con il quarto motivo si allega l’omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ex art. 360 c.p.c., n. 5: era intervenuto un nuovo contratto con l’Intel in cui il ricorrente aveva accettato le nuove condizioni .
Il motivo appare infondato: non solo parte ricorrente non deduce come e quando tale profilo sia stato sollevato in giudizio (nella sentenza impugnata non si parla della questione) contravvenendo al principio dell’autosufficienza del ricorso in cassazione, ma si trascura che la tutela della professionalità acquisita è prevista dalla L. n. 58 del 1992 (come ricordato in specifico dall’art. 4, comma 5) e pertanto non si vede come tale tutela in via legislativa possa perdersi con la stipulazione del nuovo contratto con una parte privata, circostanza che la legge assume proprio per stabilire il ricordato principio.
Va quindi rigettato il ricorso. Le spese di lite, liquidate come al dispositivo della sentenza, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte: rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 40,00 per esborsi ed in Euro 3.000,00 oltre IVA, CPA e spese generali per onorari di avvocato da distrarsi in favore degli avv.ti Eugenio Romanelli Grimaldi, Domenico Grillo ed Ernesto Mario Cirillo, antistatari.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 aprile 2012.
Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2012
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