Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. Ricorre per cassazione, assistito dal difensore di fiducia, F.I., denunciando violazioni di legge e difetto della motivazione impugnata, avverso l’ordinanza con la quale il Tribunale di Sorveglianza di Milano, in data 11.06.2010, ha rigettato il suo reclamo avverso il provvedimento del Magistrato di Sorveglianza il quale aveva accolto la sua domanda, volta al beneficio della liberazione anticipata in relazione al periodo 25.1.2005 – 24.1.2010, e quindi per un totale di dieci semestri, soltanto per quattro mesi (conteggiati dal 6.12.2006 al 25.1.2007) sul duplice rilievo negativo: a) che il detenuto risulterebbe condannato per il reato di cui all’art. 416 bis c.p., con condotta perdurante fino alla sentenza di condanna resa il 6.12.2006, circostanza questa che impedirebbe di valutare positivamente l’opera di risocializzazione in carcere fino a questa data e, b) che, a carico dell’istante, risultano azionati tre procedimenti disciplinari in data 24.12.2006, 26.12.2006 e 26.01.2007.
Deduce in particolare la difesa ricorrente che i rapporti disciplinari, in violazione dell’art. 666 c.p.p., comma 5, e art. 185 disp. att. c.p.p., sono stati delibati senza essere acquisiti e valutati quanto al loro contenuto, esame che avrebbe consentito di constatate l’assenza di condotte particolarmente rilevanti ai fini rieducativi. Denuncia, altresì, la difesa ricorrente violazione della L. n. 354 del 1975, art. 54 e art. 125 c.p.p., nonchè mancanza di motivazione in ordine al rigetto dell’invocato provvedimento perchè giudicato, l’istante, per il reato di cui all’art. 416 bis c.p., perdurante fino alla sentenza di condanna, e questo nonostante l’arresto dell’interessato sia avvenuto il 25.1.2005 e da tale epoca abbia avuto inizio la stato di detenzione nelle forme regolamentate dall’art. 41 bis O.P.. Osserva su tale punto la difesa istante che la contestazione del reato risulta operata con la indicazione di tempi diversi e che l’aver ritenuto la perduranza della condotta delittuosa fino alla data della condanna, costituisce, da parte del Tribunale di Sorveglianza, illegittimo esercizio dell’azione penale (in assenza di una contestazione in tal senso da parte del P.M.). Denuncia, infine, il difensore il difetto assoluto di motivazione nel provvedimento impugnato in relazione al periodo dal 25.1.2007 al 25.1.2010. 2. Con motivata requisitoria scritta il P.G. in sede ha concluso per l’annullamento del provvedimento in esame giacchè immotivato il rigetto del reclamo in relazione al periodo di detenzione appena detto (25.1.2007-25.1.2010).
3. Il ricorso è fondato.
Ha avuto modo di chiarire questa Corte di legittimità che, in presenza di un reato permanente nel quale la contestazione sia stata effettuata nella forma cosiddetta "aperta", la regola, di natura processuale, per la quale la permanenza si considera cessata con la pronuncia della sentenza di primo grado, non equivale a presunzione di colpevolezza fino a quella data. Ne consegue che, qualora in sede esecutiva deve farsi dipendere un qualsiasi effetto giuridico dalla data di cessazione della permanenza, è compito del giudice dell’esecuzione verificare in concreto se il giudice della cognizione abbia, o non, ritenuto provato il protrarsi della condotta criminosa fino alla data della sentenza di primo grado (Cass., Sez. 1, 26/09/2007, n. 37335, in fattispecie relativa a istanza di liberazione anticipata nella quale la Corte ha censurato l’operato del giudice di merito che aveva omesso tale verifica, affermando apoditticamente che il condannato aveva proseguito la commissione del reato associativo anche durante la custodia cautelare antecedente la decisione del giudice di primo grado; in termini, altresì, Cass., Sez. 1, 14/12/2004, n. 774).
E’ pertanto incorso il Tribunale in palese difetto di motivazione, allorchè ha desunto la mancata adesione all’opera di risocializzazione del detenuto dalla mera contestazione aperta del reato di cui all’art. 416 bis c.p..
Del pari insufficiente di appalesa il riferimento negativo ai rapporti disciplinari genericamente evocati nel provvedimento in esame, tenuto conto della positiva giustificazione data dallo stesso tribunale alla condotta detentiva disciplinarmente contestata il 24.1.2006 in occasione di una quantità di cibo "in effetti inferiore", e tenuto conto del riconoscimento della pratica della "flessione" come pratica contraria alla dignità della persona ed al senso di umanità se non giustificata da un rilevante ed apprezzabile interesse penitenziario, evidentemente da indicare e, nello specifico, non individuato. A tale ultimo proposito deve ritenersi ormai lezione interpretativa acquisita, in coerenza con i principi di cui all’art. 2 della CEDU e dell’art. 27 Cost., comma 3, che "E’ legittimo il provvedimento dell’Amministrazione penitenziaria che disponga la perquisizione personale del detenuto mediante denudamento con flessione qualora effettive, specifiche e prevalenti esigenze di sicurezza, in riferimento alla peculiare situazione di fatto o alla pericolosità dimostrata in concreto dalla condotta del detenuto, rendano la misura ragionevolmente necessaria e proporzionata" (Fattispecie relativa a detenuto in regime di detenzione "ex" art. 41 bis ord. pen.; Cass., Sez. 1, 22/05/2008, n. 24715).
Nel quadro normativo appena delineato si inserisce la necessità procedimentale, del tutto ignorata dal giudice a quo, che i richiamati rapporti disciplinari vadano delibati criticamente in relazione alle finalità perseguite dall’istituto della liberazione anticipata ed ai requisiti richiesti dalla legge ai fini del legittimo riconoscimento di tale beneficio, non potendosi riconoscere automatismi di sorta tra violazione disciplinare e negativa valutazione ai fini per i quali è causa.
Pienamente fondata si appalesa, infine, la doglianza relativa alla totale mancanza di motivazione in relazione al rigetto della istanza del detenuto con riferimento al periodo dal 25.2.2007 al 25.1.2010, in relazione al quale l’ordinanza impugnata nulla argomenta.
3. Il provvedimento impugnato va, pertanto, cassato, con rinvio al Tribunale di Sorveglianza di Milano per nuovo esame della istanza di reclamo rigettata, alla luce dei principi e dei rilievi motivazionali come innanzi indicati.
P.Q.M.
La Corte annulla l’ordinanza impugnata rinvia per nuovo esame al tribunale di sorveglianza di Milano.
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