Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 09-10-2012) 16-11-2012, n. 44881

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 27 settembre 2010 il GUP del Tribunale di Venezia, all’esito di giudizio abbreviato, condannava alla pena di anni sei di reclusione ed Euro 600.000 di multa J.S. perchè ritenuto colpevole, uniti dal vincolo della continuazione, di concorso in tre episodi di immigrazione clandestina di cittadini extracomunitari e di associazione per delinquere finalizzata a tale reato come meglio specificato in rubrica.

A sostegno della condanna il giudice di prime cure valorizzava i risultati dell’attività di indagine svolta dalla Polizia, articolatasi attraverso i controlli delle autovetture giunte a (OMISSIS) ed in procinto di partire per la Grecia a bordo di traghetti, l’acquisizione di documenti di imbarco, di identificazione personale e contraddistitivi delle autovetture utilizzate puntualmente falsificati, l’esame di movimenti di denaro tra l’Italia e la Grecia tramite Western Union, i tabulati di traffico telefonico tra le utenze degli indagati ed i complici in Grecia, il rilevamento degli spostamenti dell’imputato in occasione degli sbarchi monitorato attraverso le celle agganciate dal suo apparecchio cellulare, l’analogia del modus operandi di tutte le operazioni.

1.2 Avverso la pronuncia detta proponeva appello l’imputato negando la ritualita della contestazione associativa e denunciando l’assenza di prova in relazione ai tre episodi contestati ed agli elementi costitutivi della fattispecie di cui al D.Lgs. n. 386 del 1998, art. 12 in particolare la prova della finalità di profitto. Con sentenza del 22 luglio 2011 la Corte di appello di Venezia, in parziale riforma della pronuncia impugnata, riduceva ad anni cinque e mesi quattro di reclusione la pena inflitta, rigettando nel resto l’impugnazione.

Quanto alle ragioni della decisione, la corte distrettuale riproponeva le medesime argomentazioni del giudice di prime cure con esse confutando le ragioni di doglianza degli appellati.

2. Ricorre per cassazione avverso la sentenza di appello l’imputato, personalmente, sviluppando quattro motivi di impugnazione.

2.1 Col primo di essi denuncia il ricorrente violazione dell’art. 192 c.p.p. e difetto di motivazione in particolare osservando: – la condanna impugnata si fonda su elementi probatori di natura indiziaria, rispetto ai quali però, nonostante le ripetute sollecitazioni difensive, il giudice dell’appello, omettendone le ragioni, non ha escluso ogni altra soluzione equivalente ovvero alternativa;

– la movimentazione di un cellulare desunta dall’aggancio alle celle di trasmissione non prova il contenuto delle chiamate, chi le chiamate ha effettuato, e men che meno le attività svolte nel luogo che ha consentito l’aggancio;

– del pari nulla indica nelle telefonate indirizzate verso la Grecia la identità degli interlocutori ellenici, individuati come mandanti del commercio illegale sulla base di una esplicita presunzione;

– nella fattispecie non ricorrono pertanto indizi gravi precisi e concordanti.

2.2 Col secondo motivo di impugnazione denuncia ancora il ricorrente violazione del principio relativo all’onere probatorio e difetto di motivazione, in particolare rilevando che non risultano accertati i fatti nè i fatti di causa nella loro completezza, nè la partecipazione ad essi dell’imputato e che immotivatamente, attraverso una inversione dell’onere probatorio, viene affermato l’uso delle utenze telefoniche allo stesso intestate perchè non proposta la prova contraria.

2.3 Col terzo motivo di impugnazione denuncia il ricorrente violazione dell’art. 416 c.p. e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12, commi 3 e 3-bis e difetto di motivazione sul punto, in particolare osservando:

– nonostante il diverso opinamento dei giudicanti di secondo grado, non risultano nel caso in esame affatto provati gli elementi costitutivi dei due reati contestati;

– quanto al reato associativo, la corte territoriale valorizza dati fattuali del tutto incerti (la presenza dell’imputato sui luoghi contestati, contenuto dei contatti telefonici, identità e ruolo effettivo degli interlocutori, effettiva entità e causale delle movimentazioni di denaro, partecipazione del ricorrente alle falsificazioni delle targhe ed all’organizzazione dei viaggi);

– quanto al secondo reato non ha il giudice di secondo grado replicato alle doglianze dell’appellante;

– per lo scopo di profitto, ad esempio, se ne denunciava l’assenza di prova, tale non potendosi ritenere movimentazioni assai ridotte rispetto ai fatti contestati per le quali, inoltre, non risulta indicato alcun elemento di riscontro;

– nulla al riguardo ha replicato il giudice di secondo grado;

– del pari nulla ha replicato il giudice dell’appello in ordine alla rilevata non rispondenza della norma incriminatrice con la condotta materialmente attribuita all’imputato (attività di supporto logistico agli immigrati nel territorio italiano);

– tale condotta non risulta tipizzata nella formulazione della norma incriminatrice precedente alla novella del 2009 (le condotte risalgono al 2008);

– anche su tale decisivo punto nulla ha replicato la sentenza di appello.

2.4 Col quarto ed ultimo motivo di impugnazione denuncia il ricorrente violazione dell’art. 62-bis c.p. e difetto di motivazione sul punto, sul rilievo che apparrebbe contraddittorio negare le attenuanti in parola per la gravità dei fatti e contestualmente considerare i fatti meno gravi ai fini della disposta riduzione della pena inflitta in prime cure. Non avrebbe inoltre la corte territoriale valutato gli elementi offerti con l’appello alla sua delibazione.
Motivi della decisione

1. Nella giurisprudenza di questa Corte è stato chiarito che il procedimento logico di valutazione degli indizi si articola in due distinti momenti. Il primo è diretto ad accertare il maggiore o minore livello di gravità e di precisione degli indizi, ciascuno considerato isolatamente, tenendo presente che tale livello è direttamente proporzionale alla forza di necessità logica con la quale gli elementi indizianti conducono al fatto da dimostrare ed è inversamente proporzionale alla molteplicità di accadimenti che se ne possono desumere secondo le regole di esperienza. 11 secondo momento del giudizio indiziario è costituito dall’esame globale e unitario tendente a dissolverne la relativa ambiguità, posto che "nella valutazione complessiva ciascun indizio (notoriamente) si somma e, di più, si integra con gli altri, talchè il limite della valenza di ognuno risulta superato sicchè l’incidenza positiva probatoria viene esaltata nella composizione unitaria, e l’insieme può assumere il pregnante e univoco significato dimostrativo, per il quale può affermarsi conseguita la prova logica del fatto … che non costituisce uno strumento meno qualificato rispetto alla prova diretta (o storica) quando sia conseguita con la rigorosità metolodogica che giustifica e sostanzia il principio del cd. libero convincimento del giudice" (Cass., Sez. Un. 4 febbraio 1992, n. 6682, rv. 191231). Le linee dei paradigmi valutativi della prova indiziaria sono state recentemente ribadite dalle Sezioni Unite, le quali hanno evidenziato che il metodo di lettura unitaria e complessiva dell’intero compendio probatorio non si esaurisce in una mera sommatoria degli indizi e non può, perciò, prescindere dalla operazione propedeutica che consiste nel valutare ogni prova indiziaria singolarmente, ciascuna nella propria valenza qualitativa, tendente a porre in luce i collegamenti e la confluenza in un medesimo contesto dimostrativo (Cass. Sez. Un. 12 luglio 2005, n. 33748, rv. 231678).

Non solo: la regola dell’"oltre ogni ragionevole dubbio" formalizzata nell’art. 533 c.p.p., comma 1, come sostituito dalla L. n. 46 del 2006, art. 5, impone di pronunciare condanna, quando il dato probatorio acquisito lascia fuori solo eventualità remote, pur astrattamente formulabili e prospettabili come possibili in rerum natura, ma la cui concreta realizzazione nella fattispecie concreta non trova il benchè minimo riscontro nelle emergenze processuali, ponendosi al di fuori dell’ordine naturale delle cose e della normale razionalità umana. Il procedimento logico, invero non dissimile dalla sequenza del ragionamento inferenziale dettato in tema di prova indiziaria dall’art. 192 c.p.p., comma 2, – il cui nucleo essenziale è già racchiuso, peraltro, nella regola stabilita per la valutazione della prova in generale dal comma 1 della medesima disposizione, nonchè in quella della doverosa ponderazione delle ipotesi antagoniste prescritta dall’art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e), – deve condurre alla conclusione caratterizzata da un alto grado di razionalità razionale, quindi alla "certezza processuale" che, esclusa l’interferenza di decorsi alternativi, la condotta sia attribuibile all’agente come fatto proprio.

Il concetto, espresso in alcune recenti sentenze delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. Un. 21 aprile 1995, n. 11, rv. 202001;

Cass., Sez. Un. 10 luglio 2002, n. 30328, rv. 222139; Cass., Sez. Un. 30 ottobre 2003, n. 45276, rv. 226094), cui si è uniformata la giurisprudenza successiva (Cass., Sez. 1, 21 maggio 2008, n. 31456, rv. 240763; Cass., Sez. 1, 11 maggio 2006, n. 20371, rv. 234111), ancor prima della modifica dell’art. 533 c.p.p., era già stato chiaramente delineato dalla giurisprudenza di legittimità. Si era, in proposito, argomentato, che la prova indiziaria è quella che consente la ricostruzione del fatto in termini di certezza tali da escludere la prospettabilità di ogni altra ragionevole soluzione, ma non anche di escludere la più astratta e remota delle possibilità che, in contrasto con ogni e qualsivoglia verosimiglianza ed in conseguenza di un ipotetico, inusitato combinarsi di imprevisti e imprevedibili fattori, la realtà delle cose sia stata diversa da quella ricostruita in base agli indizi disponibili (Cass. 2 marzo, 1992, n. 3424, rv. 189682; Cass. Sez. 6, 8 aprile 1997, n. 1518, rv.

208144; Cass. Sez. 2, 10 settembre 1995, n. 3777, rv. 203118). In questo articolato contesto, la regola di giudizio dell’ "oltre ogni ragionevole dubbio" pretende percorsi epistemologicamente corretti, argomentazioni motivate circa le opzioni valutative della prova, giustificazione razionale della decisione, standard conclusivi di alta probabilità logica in termini di certezza processuale, essendo indiscutibile che il diritto alla prova, come espressione del diritto di difesa, estende il suo ambito fino a comprendere il diritto delle parti ad una valutazione legale, completa e razionale della prova. E’ evidente, in tale prospettiva, la stretta correlazione, dinamica e strutturale esistente tra la regola dell’"oltre ogni ragionevole dubbio" e le coesistenti garanzie, proprie del processo penale, rappresentate: a) dalla presunzione di innocenza dell’imputato, regola probatoria e di giudizio collegata alla struttura del processo e alle metodiche di accertamento del fatto; b) dall’onere della prova a carico dell’accusa; c) dalla regola di giudizio stabilita per la sentenza di assoluzione in caso di "insufficienza", "contraddittorietà" e "incertezza" della prova d’accusa (art. 530 c.p.p., commi 2 e 3), secondo il classico canone di garanzia in dubio pro reo; d) dall’obbligo di motivazione delle decisioni giudiziarie e della necessaria giustificazione razionale delle stesse (Cass., Sez. 1, 21/04/2010, n. 19933).

2. Orbene, la struttura e l’articolazione della motivazione della sentenza impugnata concernenti l’affermazione di penale responsabilità del ricorrente in ordine ai reati contestatigli come innanzi non appaiono conformi ai principi in precedenza enunciati. Ed invero, con particolare riguardo agli episodi del (OMISSIS), giorno in cui sarebbero sbarcati nel porto di (OMISSIS) otto cittadini iracheni provenienti dalla Grecia (capo 1, lett. e) e capo 3 della rubrica) e del (OMISSIS), in cui si sarebbe verificato lo sbarco clandestino dei 23 cittadini iracheni provenienti dalla Grecia a bordo di quattro autovetture false e con documenti falsi, insieme ai due passeur O.H. e M. A., il giudice di prime cure eppoi, in forma del tutto sintetica, quello di secondo grado, si limitano ad elencare circostanze indiziarie alle quali viene dato un rilievo probatorio ben superiore a quanto oggettivamente acquisito al processo e dalle quali vengono dedotte conclusioni palesemente apodittiche.

L’aggancio della cella telefonica di (OMISSIS) non prova affatto, ad esempio, con certezza che l’imputato si trovasse a quell’ora del (OMISSIS) nella città lagunare, nè consente di collegare la sua persona all’arrivo di cittadini clandestini in numero di otto, clandestini rimasti anonimi e collocati in contesti del tutto incerti, non individuati nè oggettivamente nè probatoriamente. Del pari si appalesa del tutto illogico assumere che, poichè le celle sollecitate dal telefono dell’imputato sono quelle che servono piazza (OMISSIS) (ma anche luoghi vicini verosimilmente) sarebbe provato che l’imputato si è incontrato con il passeur del viaggio. Neppure può ritenersi logicamente coerente il sillogismo, pure utilizzato sempre in riferimento all’episodio del (OMISSIS), secondo cui questo episodio si collega alle telefonate effettuate dal ricorrente il giorno successivo, ancora da (OMISSIS) e solo perchè agganciate le celle (OMISSIS), con utenze elleniche, utenze memorizzate dal passeur O.H. (nulla dice la motivazione su cosa si fondi l’assunto) utenze in uso ai capi dell’organizzazione residenti in territorio ellenico, affermazione quest’ultima fondata probatoriamente "sugli accertamenti effettuati in occasione di sbarchi clandestini".

Del pari, con riferimento all’episodio del (OMISSIS), i giudici di merito valorizzano l’aggancio della cella telefonica a sevizio del parcheggio della stazione ferroviaria di (OMISSIS) delle ore 13,38 dopo un lungo viaggio da (OMISSIS). Da tali dati di fatto i giudici territoriali desumono circostanze indiziarie che consentono di affermare che il ricorrente abbia viaggiato da (OMISSIS), che alle ore 23,38 si trovata nel parcheggio della stazione ferroviaria di (OMISSIS), e che il viaggio, unitamente al tempo di permanenza nel parcheggio, sarebbero dimostrativi della necessità di prestare assistenza ai passeur del viaggio ed al loro carico di immigrati clandestini.

Successivamente le celle dimostrerebbero che l’imputato è tornato a (OMISSIS) per fare da qui ritorno a (OMISSIS) e questo perchè doveva portare a (OMISSIS) un’auto o qualche clandestino da consegnare o affidare al complice S..

In relazione, da ultimo, all’episodio del (OMISSIS), giorno successivo a quello in cui sarebbero sbarcati a (OMISSIS) undici iracheni provenienti dalla Grecia, ed in cui l’imputato è stato controllato dalla polizia all’interno del porto di (OMISSIS) dopo aver consegnato dei fogli "che sembrano banconote" al conducente di altra autovettura Hunday, già utilizzata per il trasporto del (OMISSIS), nella quale vengono trovati passaporti falsi, i giudici territoriali argomentano che subito dopo il controllo detto, l’imputato ed il complice S. si sono recati alla stazione ferroviaria di (OMISSIS) "al probabile scopo di ritirare dal parcheggio adiacente … l’autovettura (OMISSIS) utilizzata nel viaggio del giorno precedente", autovettura portata in Grecia dall’imputato il (OMISSIS) (circostanza non argomentata probatoriamente dai giudici di merito).

3. Palese pertanto l’incoerenza logica dei sillogismi articolati dalla motivazione, la illegittima articolazione di circostanze indiziarie non rappresentative di quanto dalle medesime dedotte, la non univocità degli indizi richiamati, la mancata valutazione critica dei medesimi, da cui consegue l’illogicità manifesta della sentenza e della motivazione impugnata, che per tali ragioni va annullata con rinvio ad altra sezione della corte distrettuale affinchè, in piena libertà di giudizio, rivaluti in forme logiche apprezzabili il quadro probatorio offerto dal processo.
P.Q.M.

la Corte annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Venezia.

Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2012.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *