Cass. civ. Sez. III, Sent., 17-07-2012, n. 12218 Cassazione della sentenza Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 30/9/2009 la Corte d’Appello di Venezia, reietto quello incidentale dell’appellato sig. R.C., in parziale accoglimento del gravame in via principale interposto dal sig. M.A. nei confronti della pronunzia del Trib. Bassano del Grappa del 22/5/2002, condannava il primo al pagamento in favore di quest’ultimo della somma, ulteriore rispetto a quella già liquidata dal giudice di prime cure a titolo di danno non patrimoniale, di Euro 70.000,00, oltre ad interessi e rivalutazione, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale dal medesimo subito all’esito di immissioni acustiche illecite causate nell’esercizio della sua attività imprenditoriale.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il R. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso il M., che spiega altresì ricorso incidentale sulla base di unico motivo.
Motivi della decisione

Con il 1^ motivo il ricorrente in via principale denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; nonchè vizio di motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si duole che la corte di merito abbia erroneamente ritenuto essersi da controparte domandato il risarcimento anche del danno non patrimoniale, laddove nell’atto di citazione il medesimo si era limitato a chiedere il ristoro del mero danno patrimoniale da "deprezzamento" del proprio "villino", non avendo "mai chiesto il risarcimento di tutti i danni subiti".

Il motivo è fondato.

Risponde a principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che il giudice di merito ha il potere-dovere di inquadrare nella esatta discipline giuridica i fatti e gli atti che formano oggetto della contestazione, potere che peraltro incontra il limite del rispetto dell’ambito delle questioni proposte.

Quando pronunzia oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori, attribuendo alla parte un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato, risulta dal giudice del merito integrato il vizio di ultra o extrapetizione (v. Cass., 11/1/2011, n. 455; Cass., 20/6/2008, n. 16809; Cass., 7/12/2005, n. 26999).

Orbene, dall’esame dall’atto di citazione in primo grado emerge che nel caso il M. ha chiesto il risarcimento dei meri "danni subiti per il deprezzamento del villino sopra specificato …

quantificati (come da perizia estimativa redatta dal Geom. B. G.) in L. 179.200.000", domanda successivamente in tali termini ribadita nell’instare per la condanna di controparte "al risarcimento dei danni subiti dall’attore, per le causali esposte in narrativa, nella misura complessiva di L. 179.200.000, o nella diversa, maggiore o minore, che risulterà accertata in corso di causa".

Il tenore di detta domanda e la corrispondenza, in particolare, dell’ammontare del risarcimento richiesto con l’importo dal consulente indicato quale "deprezzamento del villino" nella relativa "perizia estimativa" depongono invero senz’altro nel senso della relativa limitazione al ristoro del mero danno patrimoniale sofferto in conseguenza delle "immissioni rumorose" de quibus. E non già, come viceversa affermato nell’impugnata sentenza, per il risarcimento "dei danni consequenziali … con particolare riferimento al deprezzamento del suo villino … senza escluderne altri".

Laddove ha. all’originario attore ed appellante in via principale M. riconosciuto il risarcimento (anche) dei danni non patrimoniali la corte di merito ha allora al medesimo attribuito un bene non richiesto, o emesso una statuizione comunque non trovante corrispondenza nella domanda da lui originariamente formulata, non potendo, in presenza della sopra riportata relativa espressa limitazione al ristoro del mero danno patrimoniale (consistente nel "deprezzamento del suo villino"), ritenersi essa nel caso estesa a tutti i danni, di natura patrimoniale e non. Nè, diversamente da quanto dalla corte di merito affermato nell’impugnata sentenza, può invero in contrario valorizzarsi l’espressione "o nella diversa, maggiore o minore" somma "che risulterà accertata in corso di causa", giacchè la medesima non può altrimenti intendersi che riferita al tipo di danno – appunto patrimoniale – oggetto della domanda di ristoro in argomento.

Emerge evidente, a tale stregua, come la corte di merito abbia allora nell’impugnata sentenza in effetti disatteso, come lamentato dal ricorrente R., il suindicato principio di corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato posto all’art. 112 c.p.c..

Con il 2 motivo il ricorrente in via principale denunzia violazione degli artt. 2043, 2697 c.c., art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè "insufficiente ed illogica motivazione" su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si duole che la corte di merito abbia erroneamente argomentato dalla C.T.U. svolta in primo grado di giudizio, "dando per scontato un presupposto in realtà insussistente ossia che l’illecito riscontrato nel 1996 dal CTU di primo grado, a seguito della effettuazione di un solo sopralluogo, sia un illecito a carattere permanente, che come tale abbia inciso in via definitiva addirittura sullo stesso valore del villino del M. (il quale peraltro non lo ha mai venduto)", laddove trattasi viceversa di "illecito che, per come è stato accertato e registrato, ha chiaramente carattere istantaneo e con effetti non permanenti", sicchè la "natura istantanea e non permanente dell’illecito accertato nel 1996 impediva in radice l’accoglimento della domanda del M. di risarcimento dei danni ex art. 2043 c.c., per asserito deprezzamento del suo villino", atteso che "nessuna prova è mai stata acquisita circa l’esistenza di immissioni sonore che superino la normale tollerabilità al di fuori dell’intervallo orario intercorrente tra le ore 9.47 e le ore 11.30 del giorno 12.9.1996".

Lamenta che la "motivazione della sentenza impugnata … in relazione a tali aspetti non proferisce parola e va pertanto cassata anche ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5".

Con il 3 motivo denunzia violazione degli artt. 2043, 2056, 1226, 2697 c.c., art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè "insufficiente, illogica e contraddittoria" motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si duole che la corte di merito abbia liquidato "il danno non già con riferimento al fatto illecito accertato giudizialmente (immissioni oltre la normale tollerabilità registrate dal Dott. Mi. tra le ore 9.47 e le ore 11.30 del giorno 12.9.1996), bensì con riguardo a pretesi fatti illeciti (eventuali immissioni intervenute continuativamente dopo la mattinata del 12.9.1996 e fino al 18.10.2007) di cui era pacifico che non fosse mai stata data alcuna prova in giudizio".

I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati.

Posto anzitutto in rilievo come risponda a principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che la violazione dell’art. 115 c.p.c. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e non anche in termini – come nella specie viceversa denunziato – di violazione di legge, dovendo emergere direttamente dalla lettura della sentenza e non già dal riesame (inammissibile in sede di legittimità) degli atti di causa, va altresì osservato che la censura relativa alla natura istantanea o con effetti permanenti dell’illecito in argomento si appalesa caratterizzata da inammissibili profili di novità, laddove il ricorrente non assolve all’onere di provare, nel rispetto del principio ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, di avere sotto tale profilo e giusta le previste modalità di rito tempestivamente censurato le risultanze della C.T.U. assunta in primo grado.

Osservato per altro verso che la suddetta doglianza (di cui al 2^ motivo) non risulta invero formalmente denunziata sotto il profilo dell’ error in procedendo ex art. 112 c.p.c., bensì quale "error in procedendo per insufficiente, illogica e contraddittorìa motivazione", va al riguardo ribadito che la differenza fra l’omessa pronuncia di cui all’art. 112 c.p.c., e l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, si coglie nel concernere l’omesso esame ex art. 112 c.p.c., direttamente una domanda o un’eccezione introdotta in causa (e, quindi, nel caso del motivo d’appello, uno dei fatti costitutivi della "domanda" di appello), mentre nel caso dell’omessa motivazione l’attività di esame del giudice che si assume omessa non concerne la domanda o l’eccezione direttamente, bensì una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda o su un’eccezione e, quindi, su uno dei fatti c.d. principali della controversia (v. Cass., 30/5/2008, n. 14468; Cass., 14/3/2006, n. 5444).

Il vizio di motivazione su un punto decisivo, denunziabile per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, postula dunque che il giudice di merito abbia formulato un apprezzamento, nel senso che, dopo aver percepito un fatto di causa negli esatti termini materiali in cui è stato prospettato dalla parte, abbia omesso di valutarlo in modo che l’omissione venga a risolversi in un implicito apprezzamento negativo sulla rilevanza del fatto stesso, ovvero lo abbia valutato in modo insufficiente o illogico.

Orbene, nel caso il ricorrente in via principale non chiarisce sotto quale profilo ritiene di formulare la doglianza.

Sottolineato ulteriormente che il ricorrente fa al riguardo inammissibilmente richiamo ad atti e documenti del giudizio di merito (es., alla CTU, all’"atto di appello", all’"appello incidentale", alla "chiamata a chiarimenti", al ®Supplemento di Consulenza Tecnica d’Ufficio depositata il 5 settembre 2008 (si vedano le pagg. 7-10)", senza debitamente indicare i dati necessari al relativo reperimento, in violazione pertanto del disposto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 (v. Cass., Sez. Un., 3/11/2011, n. 22726), vale d’altro canto osservare che il vizio di motivazione non può essere come nella specie invero utilizzato per far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte, non valendo esso a proporre in particolare un pretesamente migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice (v. Cass., 9/5/2003, n. 7058).

Giusta risalente orientamento di questa Corte, al giudice di merito non può imputarsi di avere omesso l’esplicita confutazione delle tesi non accolte o la particolareggiata disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi, giacchè nè l’una nè l’altra gli sono richieste, mentre soddisfa l’esigenza di adeguata motivazione che il raggiunto convincimento come nella specie risulti da un esame logico e coerente, non di tutte le prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie, bensì di quelle ritenute di per sè sole idonee e sufficienti a giustificarlo.

In altri termini, non si richiede al giudice del merito di dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica ed adeguata dell’adottata decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla, ovvero la carenza di esse (v. Cass., 9/3/2011, n. 5586).

Il motivo di ricorso per cassazione viene altrimenti a risolversi in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice del merito, id est di nuova pronunzia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di legittimità.

Con unico motivo il ricorrente in via incidentale denunzia omessa, insufficiente, o contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si duole che la corte di merito abbia "quantificato il danno subito … nella misura del 10% del valore dell’immobile accertato dal C.T.U. in Euro 7000.000,00, e non nella misura del 20% del predetto valore".

Il motivo è inammissibile, atteso che a base della censura risultano posti atti e documenti del giudizio di merito (es., "i documenti allegati alla memoria 8 luglio 1997 dimessa nel giudizio di primo grado, nonchè i documenti da n. 3 a n. 7 dimessi nel giudizio di appello") senza invero debitamente indicare i dati necessari al relativo reperimento, in violazione pertanto del disposto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 (v. Cass., Sez. Un., 3/11/2011, n. 22726), a tale stregua la doglianza sostanziandosi in mere apodittiche enunciazioni.

All’accoglimento del 1^ motivo del ricorso principale, come sopra esposto, consegue la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, con la limitazione del risarcimento dovuto al M. nei limiti di quanto liquidato a titolo di danno patrimoniale, ferma ogni altra statuizione.

Le spese del giudizio di cassazione, attesa la preponderante soccombenza del ricorrente principale, possono tra le parti compensarsi nella misura della metà, l’altra metà – liquidata come in dispositivo – dovendo porsi a carico del medesimo.

Va infine dichiarata l’inammissibilità della domanda di restituzione formulata dal ricorrente principale per l’ipotesi della riforma dell’impugnata sentenza, giacchè come questa Corte ha già avuto modo di affermare, anche quando come nel caso la Corte Suprema di Cassazione, annullando la sentenza impugnata, decide la causa nel merito ex art. 384 c.p.c., non è ammissibile nella stessa sede di legittimità la domanda di restituzione delle somme corrisposte sulla base delle sentenze di merito, dato che per tale domanda accessoria non opera, in mancanza di espressa previsione, l’eccezione al principio generale secondo cui alla Corte compete solo il giudizio rescindente.

A tale stregua, ove come nella specie il pagamento sia avvenuto sulla base della sentenza annullata, integrando la cassazione con pronuncia nel merito una nuova ipotesi di cassazione senza rinvio ai sensi dell’art. 389 c.p.c., la domanda di restituzione va se del caso proposta al giudice che ha pronunciato la medesima (cfr. Cass., 18/5/2001, n. 6824; Cass., 7/1/1999, n. 49; Cass., 27/7/1996, n. 6784).
P.Q.M.

La Corte accoglie il 1 motivo del ricorso principale, rigettati gli altri. Dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Cassa l’impugnata sentenza in ordine al motivo accolto e, decidendo nel merito, limita il risarcimento a quanto liquidato a titolo di danno patrimoniale. Compensa le spese del giudizio di cassazione nella misura del 50%, che per il l’altro 50% pone interamente a carico di parte ricorrente in via principale nella misura di complessivi Euro 3.100,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 17 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2012

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