Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 20-07-2012, n. 12609

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Svolgimento del processo
Con atto spedito al Comune di Modugno e da questo ritirato il 16/3/2006, l’avv. L.P. ha proposto ricorso contro l’ordinanza in epigrafe indicata, di cui ha chiesto la cassazione con ogni conseguenziale statuizione.
Il Comune di Modugno ha replicato con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale cui l’avv. L. ha resistito con controricorso.
Alla udienza del 30/11/2011 la Seconda Sezione civile ha riunito le impugnazioni ed avuto riguardo al contrasto giurisprudenziale formatosi sulla questione oggetto del primo motivo del ricorso principale, ha ordinato la trasmissione degli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione della causa alle Sezioni Unite.
Il Primo Presidente ha così disposto e dopo l’acquisizione di una relazione dell’Ufficio del Massimario e la produzione di memoria da parte del ricorrente, la controversia è stata decisa all’esito della pubblica udienza del 10 luglio 2012.
Motivi della decisione
Dalla lettura dell’ordinanza impugnata, del ricorso e del controricorso emerge in fatto che alla scadenza del mandato di difendere il Comune di Modugno in un giudizio promosso dada srl "Il Leopardo" davanti al Tribunale di Bari, l’avv. L. ha depositato ricorso per la liquidazione delle proprie spettanze ai sensi della L. n. 794 del 1942, art. 28 e ss. Costituitosi il Comune di Modugno, il Tribunale di Bari ha pronunciato in composizione monocratica, rigettando la domanda perchè il richiedente aveva già ricevuto una somma superiore a quella effettivamente dovuta.
L’avv. L. ha proposto ricorso per cassazione, ritirato il 16/3/2006 dall’intimato, che contestata la fondatezza delle censure avverse con controricorso notificato il 26/4/2006, si è doluto a sua volta in via incidentale della mancata condanna della controparte al risarcimento dei danni per lite temeraria.
L’avv. L. ne ha eccepito l’inammissibilità per tardività della notificazione, mancanza del requisito di specialità della procura e rilascio della stessa da parte del sindaco anzichè del dirigente comunale.
Nessuna di tali obiezioni è fondata, dato che la notificazione è stata eseguita nel quarantesimo giorno utile (il 25 aprile è festivo), che la procura deve ritenersi speciale per il solo fatto di essere stata apposta a margine del controricorso (v., fra le altre, C. Cass. 26504 del 2009) e che in difetto di contraria previsione statutaria (neppure ipotizzata dal ricorrente), spetta al sindaco l’esclusiva titolarità della rappresentanza processuale del Comune (v., fra le ultime, C. Cass. n. 4556 del 2012).
L’avv. L. ha, peraltro, sostenuto, che il controricorso sarebbe inammissibile anche perchè non corredato da una chiara elezione di domicilio, notificato in copia unica malgrado l’esistenza di due distinti difensori e materialmente consegnato "a persona sconosciuta e con firma illeggibile".
Neppure tali rilievi appaiono decisivi.
Premesso che ogni dubbio al riguardo potrebbe semmai rilevare ai fini delle notificazioni, ma non della validità dell’atto, rileva comunque il Collegio che l’elezione di domicilio è stata indiscutibilmente fatta in Roma, via G. Xxx 42, presso lo studio dell’avv. Xxx.
Ciò posto e premesso, altresì, che quanto meno nel caso (come quello di specie) di mandato disgiunto non occorre l’invio di tante copie quanti sono i difensori (C. Cass. n. 11344 del 2004), rimane unicamente da aggiungere che l’ufficiale giudiziario ha eseguito la notificazione recandosi nello studio dell’avv. L. (sito in Roma, largo Xxx 7), dove ha consegnato il controricorso a persona qualificatasi come "impiegata addetta alla ricezione degli atti" (v.
relata). In ragione di ciò ed essendosi il ricorrente limitato ad una generica doglianza, va di conseguenza esclusa qualsiasi nullità della notificazione che, peraltro, sarebbe stata in ogni caso sanata dalla proposizione, da parte dell’avv. L., del controricorso al ricorso incidentale del Comune.
Chiarito quanto sopra, può passarsi all’esame del ricorso principale che, diversamente da quanto sostenuto dal Comune di Modugno, non abbisognava della formulazione dei quesiti di diritto perchè proposto contro una decisione depositata prima della entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40.
Con il primo motivo di tale ricorso, l’avv. L. ha lamentato la violazione degli artt. 50 bis e 50 quater c.p.c., sostenendo che il Tribunale avrebbe dovuto decidere in composizione collegiale invece che monocratica.
E’ su questo punto che le Sezioni Unite sono state chiamate a decidere, trattandosi di questione che ha ricevuto differente risposta nella giurisprudenza della Corte.
Con sentenza n. 4967 del 2004, si è infatti statuito che il procedimento previsto dalla L. n. 794 del 1942, per la liquidazione degli onorari di avvocato "si svolge in camera di consiglio e deve essere trattato dal tribunale in composizione collegiale, atteso che l’art. 50 bis c.p.c., comma 2, (introdotto dal D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, recante l’istituzione del giudice unico di primo grado) prevede per i procedimenti in camera di consiglio disciplinati dall’art. 737 c.p.c. e ss., una riserva di collegialità dalla quale restano esclusi soltanto quelli, tra i procedimenti camerali, per i quali sia diversamente disposto" (v. in tal senso, anche C. Cass. 13927 del 2002 e 12249 del 2006).
Con sentenza n. 1312 del 2003 (cui adde C. Cass. 10271 del 2005), la Corte ha invece affermato che il procedimento di cui alla L. n. 794 del 1942, non rientra fra quelli disciplinati dall’art. 737 c.p.c. e ss., cosicchè dev’essere trattato dal tribunale in composizione monocratica, non vigendo per esso la riserva di collegialità di cui all’art. 50 bis c.p.c., comma 2.
Tale interpretazione è stata seguita dalla Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi in materia di opposizione al decreto di pagamento dei compensi dovuti agli ausiliari del giudice. Preso atto che il D.P.R. n. 105 del 2002, art. 170, richiamava, per tali opposizioni, la procedura prevista dalla L. n. 794 del 1942, precisando, però, che il tribunale avrebbe dovuto giudicare in composizione monocratica, la Corte ha invero rilevato che tale ultima previsione non confliggeva con l’art. 50 bis, comma 2, in quanto il procedimento regolato dalla L. n. 794 del 1942, non rientrava fra quelli di cui all’art. 737 c.p.c. e ss., "essendo a tal fine sufficiente considerare che il provvedimento (conclusivo) non è impugnabile, mentre l’art. 739 c.p.c., prevede espressamente il reclamo" (sent. n. 53 del 2005). Malgrado l’autorevolezza dell’avallo così ricevuto, la tesi propugnata da C. Cass. n. 1312 del 2003 non può essere condivisa.
A questo proposito giova rammentare che, secondo la L. n. 794 del 1942, art. 29, una volta presentato il ricorso il presidente del tribunale doveva fissare la data della comparizione davanti al tribunale in camera di consiglio. Non era obbligatorio il ministero di un difensore ed il collegio, sentite le parti, doveva tentarne innanzitutto la conciliazione e solo se questa non riusciva (o qualcuno non compariva) procedere alla liquidazione con ordinanza non impugnabile, che costituiva titolo esecutivo anche per le spese del procedimento.
Nell’istituire il giudice unico di primo grado, il D.Lgs. n. 51 del 1998, ha stabilito che il tribunale decide in composizione monocratica tranne che nei casi contemplati dall’art. 50 bis c.p.c., che al secondo comma impone al tribunale di giudicare in composizione collegiale anche nei procedimenti in camera di consiglio disciplinati dall’art. 737 c.p.c. e ss..
Gli artt. da 737 a 742 c.p.c., prevedono, a loro volta, che il tribunale può assumere informazioni e, salvo che la legge disponga altrimenti, provvede con decreto reclamabile dalle parti e sempre revocabile o modificabile dal giudice che lo ha emesso.
Il successivo art. 742 bis c.p.c., stabilisce, infine, che le disposizioni degli articoli che lo precedono si applicano a tutti i procedimenti in camera di consiglio.
Discende da quanto sopra che la decisione con decreto reclamabile non costituisce una caratteristica imprescindibile dei procedimenti di cui all’art. 737 che, come si è visto, fa salva la contraria previsione di legge.
Un procedimento in camera di consiglio, perciò, potrebbe essere assimilato a quelli disciplinati dai predetti articoli anche nel caso in cui debba essere deciso con ordinanza non impugnabile, quale quella prevista dalla L. n. 794 del 1942, che, d’altro canto, non disciplina il relativo procedimento in maniera talmente dettagliata da escludere ogni necessità d’integrazione.
Considerato che in base all’art. 742 bis, gli spazi vuoti dei procedimenti in camera di consiglio debbono essere riempiti con le disposizioni di cui al capo 6^ del titolo 2^ del libro 4^ del codice di procedura civile, risulta, quindi, fondata la tesi secondo la quale anche il procedimento di cui alla L. n. 794 del 1942, art. 28 e ss., sarebbe riconducibile nel novero di quelli disciplinati dall’art. 737 c.p.c. e ss., e, per l’effetto, nell’ambito di quelli destinati ad essere trattati dal tribunale in composizione collegiale.
Con questo convincimento si è evidentemente mosso anche il Legislatore, che nell’estendere la procedura di cui alla L. n. 794 del 1942, anche alle opposizioni ai decreti di liquidazione dei compensi agli ausiliari del giudice, ha sentito il bisogno di precisare espressamente che le stesse avrebbero dovuto essere trattate e decise dal tribunale in composizione monocratica (D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170).
Se una conclusione del genere fosse già stata insita nel richiamo della disciplina di cui alla L. n. 794 del 1942, la puntualizzazione sopra indicata non avrebbe avuto alcuna utilità se non quella di fare chiarezza in materia.
Mancando, però, qualsiasi accenno ad una finalità latamente interpretativa della previgente disciplina (che, peraltro, non aveva fino ad allora dato vita a significativi contrasti in dottrina nè a discordanti pronunce nella giurisprudenza di legittimità), essa appare piuttosto da riguardare come il frutto di una visione chiaramente impostata sul presupposto della necessità di trattare in composizione collegiale le controversie in materia di liquidazione degli onorari di avvocato.
Che proprio questo sia stato il convincimento del Legislatore è d’altronde ulteriormente (ed inequivocabilmente) comprovato dalla successiva produzione normativa.
Con la L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 54, il Governo è stato delegato ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione che rientravano nella giurisdizione ordinaria ed erano regolati dalla legislazione speciale.
Con il medesimo art. 54, comma 4, sono stati poi fissati i principi direttivi cui il Governo avrebbe dovuto attenersi, prescrivendosi, fra l’altro, che avrebbero dovuto restare "fermi i criteri di competenza nonchè i criteri di composizione dell’organo giudicante previsti dalla legislazione vigente".
In attuazione della predetta delega è stato emanato il D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, che con l’art. 14 (applicabile ai giudizi promossi dopo la sua entrata in vigore) ha ridisciplinato le cause in materia di liquidazione degli onorari di avvocato, disponendo che "le controversie previste dalla L. 13 giugno 1942, n. 794, art. 28.. sono regolate dal rito sommario di cognizione.. E’ competente l’ufficio giudiziario di merito adito per il processo nel quale l’avvocato ha prestato la propria opera. Il tribunale decide in composizione collegiale".
Nella relazione di accompagnamento è stato chiarito che le controversie in questione sono state ricondotte al rito sommario di cognizione per ragioni di semplificazione e che "in ossequio alla delega si è mantenuta ferma la competenza funzionale dell’ufficio giudiziario di merito.. nonchè la composizione collegiale dell’organo giudicante".
Il messaggio in tal modo lanciato non lascia nessun margine d’incertezza: i "nuovi" processi dovranno essere trattati dal tribunale in composizione collegiale perchè questo avveniva per i "vecchi", questa era la regola vigente per il passato.
A fronte di una così chiara indicazione, insistere sulle posizioni di C. Cass. n. 1312 del 2003 significherebbe porsi in contrasto sia con l’oggettiva portata della previgente normativa che con la lettura di essa ripetutamente fatta dal Legislatore, creando rispetto alla disciplina dei 2011 una frattura destinata a provocare un inutile spezzettamento capace solo di complicare ulteriormente il già complesso panorama processuale.
Tenuto conto di ciò e non dimenticato che l’interpretazione deve tendere, per quanto possibile, all’armonizzazione del sistema mediante il superamento delle sue distonie o criticità, va di conseguenza affermato il principio di diritto secondo il quale le controversie, previste dalla L. n. 794 del 1942, art. 28 e ss., in tema di liquidazione dei compensi dovuti agli avvocati per l’opera prestata nei giudizi davanti al tribunale rientrano fra quelle da trattare in composizione collegiale in base alla riserva di cui all’art. 50 bis c.p.c., comma 2.
In accoglimento del primo motivo del ricorso principale ed assorbiti gli altri nonchè quello di cui al ricorso incidentale del Comune di Modugno, la ordinanza impugnata va cassata con rinvio al Tribunale di Bari.
Le spese del giudizio vanno compensate com’è prassi di queste Sezioni Unite in caso di risoluzione di contrasti.
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni Unite, accoglie il primo motivo del ricorso principale ed assorbiti gli altri nonchè quello del ricorso incidentale, cassa l’ordinanza impugnata, rinviando al Tribunale di Bari affinchè decida in composizione collegiale. Compensa le spese dell’intero giudizio fra le parti.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2012.
Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2012

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