Corte di Cassazione, Sentenza n. 33797 del 2011 Sequestro di beni alla criminalità organizzata

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

La Corte osserva in fatto ed in diritto:

1. Con ordinanza del 20 gennaio 2011 il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del riesame, confermava, rigettando il relativo gravame, il decreto di sequestro preventivo di un’autovettura Daihatsu emesso il 2 novembre 2010 dal Gip del Tribunale partenopeo in danno dell’appellante (…) acquirente dell‘automezzo e moglie dell’indagato (…) esponente del clan dei casalesi al pari del marito indagata. Il sequestro è stato giustificato con la motivazione che il bene in parola era stato acquistato con somme provento dei reati fine del reato associativo.
1.2 . A sostegno del provvedimento il Tribunale territoriale osservava:
– che l’autovettura oggetto del sequestro, del valore di euro 19.300.00, costituisce illecita accumulazione patrimoniale personale acquisita con liquidità derivante da attività malavitosa:
– che sussisteva nella fattispecie il fumus in ordine alla sussistenza del reato associativo di tipo mafioso, nonché la palese sproporzione tra i redditi dichiarati, le attività economiche lecitamente intraprese ed i beni posseduti per interposta persona; – che, in particolare, il (…) marito della ricorrente è stato attinto da misura personale e che la medesima, al pari del marito, non ha presentato redditi dichiarati daI 2002;
– che nessun rilievo nel presente procedimento possono avere le motivazioni illustrate dai giudicanti del riesame in precedente procedimento di analoga natura ed identico oggetto, ma relativo alla posizione di (…) suocero della ricorrente.
2. Ricorre avverso tale ordinanza I’(…) assistita dal difensore di fiducia, chiedendone l’annullamento giacché viziata, secondo difensiva prospettazione, da vizio della motivazione.
2.1 Denuncia, in particolare, la difesa ricorrente che:
il bene non risulta direttamente riconducibile al soggetto ritenuto inserito nell’organizzazione criminale:
– tale riconducibilità è affermata apoditticamente, sulla base del solo rapporto di coniugio tra questi e la moglie ricorrente; manca la prova di elementi sintomatici sui quali fondare la deduzione della fittizia intestazione;
– anche la dedotta sproporzione tra capacità reddituale della ricorrente e beni acquistati è fondata su un solo argomento: la ricorrente ed il marito non hanno presentato dichiarazione dei redditi dal 2002, senza peraltro esaminare le modalità di acquisto del bene sequestrato e senza valutare la possibilità di utilizzo di lecite provviste da parte della istante, da poco coniugata con (…).
3. La doglianza è fondata nei termini che si passa a chiarire.
3.1 Giova premettere che le condizioni necessarie e sufficienti per disporre il sequestro preventivo di beni confiscabili a norma dell’art. 12-seriex, primo e secondo comma, D.L. giugno 1992, n. 306.
convertito con modificazioni nella legge 7 agosto 1992. n. 356 modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa), consistono, quanto al “fumus commissi delicti”, nell’astratta configurabilità, nel fatto attribuito all’indagato e in relazione alle concrete circostanze indicate dal P.M., di una delle ipotesi criminose previste dalle norme citate, senza che rilevino né la sussistenza degli indizi di colpevolezza, né la loro gravità e, quanto al periculum in mora, coincidendo quest’ultimo con la confiscabilità del bene, nella presenza di seri indizi di esistenza delle medesime condizioni che legittimano la confisca, sia per ciò che riguarda la sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attività economiche del soggetto, sia per ciò che attiene alla mancata giustificazione della lecita provenienza dei beni stessi (Cass. Sez. Unite, 19/01/2004. n. 920 e da ultimo Cass. Sez. I. 19.1.2007. n. 15908).
A tale ultimo proposito é stata poi affermata I’ irrilevanza del requisito della “pertinenzialità” del bene rispetto al reato per cui si è proceduto, di guisa che la confisca dei singoli beni non è esclusa per il fatto che essi siano stati acquisiti in epoca anteriore o successiva al reato per è intervenuta condanna o che il loro valore superi il provento del medesimo reato (sempre Cass. Sez. Unite, 19 01/2004, n. 920).
Tanto sul rilievo che la funzione della norma di riferimento è quella di stabilire una presunzione relativa di illecita accumulazione in presenza di patrimoni nella disponibilità di imputati di reati particolarmente significativi nella prospettiva dell’arricchimento criminale.
Trattandosi di presunzione iuris tantum la prova liberatoria non può essere intesa in senso squisitamente civilistico, dappoiché in tal caso la norma accrediterebbe una inversione dell’onere probatorio di dubbia costituzionalità (Cass. Sez. IV. 4.10.2004,.n.47077) bensì nel senso della necessità di elementi giustitificativi attendibili e circostanziati, che, in concreto, il giudice deve valutare secondo il principio della libertà di prova e del proprio libero convincimento (Cass. Sez. IV, 47077/2004 cit. ) tuttavia, alla luce di una lettura costituzionalmente orientata del predetto art. 12 sexies, qualora l’imputato dimostri in modo serio la titolarità di un bene e di attività economiche che superino di fatto l’immagine reddituale rappresentata al fisco, il giudice deve tenere conto di tale realtà nel suo libero convincimento, anche considerando che la previsione in questione richiede che si tratti di beni di cui l’imputato non possa giustificare la provenienza, con la conseguenza che sulle giustificazioni fornite dall’ interessato deve essere fornita puntuale e adeguata motivazione (Cass. Sez. V. 25.09.2007, n. 39048)
Qualora si tratti di beni intestati a un terzo, ma che si assume, come nella fattispecie, siano nella effettiva titolarità o disponibilità della persona condannata e, come tali, soggetti a confisca ove non se ne dimostri dall’interessato la legittima provenienza, l’indagine finalizzata all’applicazione della misura di sicurezza patrimoniale deve essere rigorosa.
In tale ipotesi, incombe sull’accusa l’onere di dimostrare ai fini dell’operatività nei confronti del terzo del sequestro e della successiva confisca, l’esistenza di situazioni che avallino concretamente l’ipotesi di una discrasia tra intestazione formale e disponibilità effettiva del bene, si che possa affermarsi con certezza che il terzo intestatario si sia prestato alla titolarità apparente al solo fine di favorire la permanenza dell’acquisizione del bene in capo al condannato e di salvaguardarlo dal pericolo della confisca. A sua volta. il giudice ha l’obbligo di spiegare le ragioni della ritenuta interposizione fittizia, adducendo non solo circostanze sintomatiche di spessore indiziario, ma elementi fattuali che si connotino della gravità, precisione e concordanza, si da costituire prova indiretta dell’assunto che si tende a dimostrare, cioè del superamento della coincidenza tra titolarità apparente e disponibilità effettiva del bene esattamente in termini: Cass. pen. Sez. I. 27/05/2010. n. 27556 confermata e plurimis d: Cass. Sez. 5. 28.5.1 998. Di Pasquale, rv.211832; Cass. Sez., I .5 febbraio 2001, n. 11049, n. 226051; Cass. Sez I 15 gennaio 2009, n. 8404, rv. 242863).
3.2 Nel caso in esame, palese si appalesa la mancanza pressoché totale di motivazione, da vaIutarsi nei termini della motivazione apparente e, quindi, della violazione di legge, posto che manca in essa sia la precisa individuazione della contestazione a carico del reale proprietario del mezzo sequestrato, sia una apprezzabile indicazione dei termini in forza dei quali può desumersi la sproporzione tra ricchezza prodotta individualmente e valore del bene sequestrato (giova sottolinearlo un bene mobile di comune e generale diffusione), la indicazione di seri indizi a riprova dell’interposizione fittizia della ricorrente nella proprietà del bene (un’autovettura familiare di categoria non lussuosa, va ribadito, di comune e diffusa disponibilità tra i consociati e presente nel la quasi totalità dei nuclei familari italiani, anche quelli meno abbienti).
Di riIievo si appalesa, ancora, I’accertamento, ignorato dal giudice di merito, in ordine al regime patnmoniale scelto dai coniugi interessati al sequestro dell’autovettura, dappoiché direttamente incidente siffatta circostanza fattuale e giuridica, sulla valutazione circa il perseguimento di un fine di interposizione, evidentemente non configurabile in relazione al bene per cui è causa tra coniugi in regime di comunione legale.
4. Alla stregua delle illustrate motivazioni l’ordinanza impugnata va annullata, con rinvio, per nuovo esame alla luce dei principi di diritto innanzi illustrati e per le integrazioni motivazionali sopra indicate.
P. Q. M.
la Corte annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Napoli.

Depositata in Cancelleria il 12.09.2011

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