Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Propone ricorso per cassazione K.T. avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze in data 20 aprile 2012, con la quale è stata confermata quella di primo grado, di condanna- come si legge nella motivazione del provvedimento impugnato- in ordine ai reati di – falsificazione di un permesso internazionale di guida albanese e di patente di guida pure albanese – guida senza patente accertati, il primo e il terzo, il 27 settembre 2007. nonchè, il secondo, il 20 novembre 2004 ed, altresì in ordine alle contravvenzioni per – mancata esibizione all’autorità di p.s., senza giustificato motivo del passaporto o di altro documento di identificazione accertato il 29 ottobre 2007 e -guida senza patente accertato il 14 dicembre 2007.
Deduce:
1) la violazione di legge ed il vizio di motivazione con riferimento alla mancata valutazione, in forma adeguata, dell’ipotesi del cd.
falso innocuo;
2) la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 6, comma 3, non potendo il reato essere addebitato al soggetto clandestino quale era l’imputato.
Il ricorso è fondato nei termini che si indicheranno.
In ordine al primo motivo di ricorso deve rilevarsi, invero, che la difesa denuncia un vizio di motivazione in realtà inesistente con riferimento alla giustificazione addotta dalla Corte d’appello a sostegno della conferma della condanna.
La Corte territoriale ha posto in evidenza come non ricorresse l’ipotesi del falso grossolano che la costante giurisprudenza di legittimità ammette soltanto quando il falso, per il suo modo di presentarsi e per la presenza di grossolane differenze, deformazioni o alterazioni, non sia in grado, in assoluto, di ingannare alcuno.
Ha segnalato, al contrario, la Corte d’appello, che, come già accertato dal primo giudice, la falsificazione del documento era stata realizzata in modo tale da poter ingannare l’uomo medio.
Ed infatti la falsificazione era stata individuata – e soltanto a seguito della traduzione in caserma dell’imputato nonchè di un esame attento della patente- in ragione dell’uso di un inchiostro privo di fluorescenza per l’indicazione del numero di permesso, ovvero della apposizione di un timbro scritto con inchiostro anzichè mediante impressione del foglio: particolari, com’è evidente, di non facile apprezzamento e comunque tali da potere destare il sospetto dei soli addetti ai lavori. Una simile motivazione, del resto, è stata criticata dalla difesa in maniera generica e sostanzialmente richiedendo e sollecitando una diversa valutazione delle stesse risultanze di prova.
Il secondo motivo di ricorso è invece fondato sotto il profilo, però, del vizio di motivazione che, comunque, non è rilevabile, attesa la maturata prescrizione: è, infatti, tale causa estintiva a dover essere dichiarata. Hanno, invero, affermato, le Sezioni unite di questa Corte, con sentenza numero 16453 del 24 febbraio 2011, che il reato di inottemperanza all’ordine di esibizione del passaporto o di altro documento di identificazione e del permesso di soggiorno o dell’attestazione della regolare presenza nel territorio dello Stato è configurabile soltanto nei confronti degli stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato, e non anche degli stranieri in posizione irregolare, a seguito della modifica del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 6, comma 3, recata dalla L. 15 luglio 2009, n. 94, art. 1, comma 22, lett. h), che ha comportato una "abolitio criminis", ai sensi dell’art. 2 cod. pen., comma 2, della preesistente fattispecie per la parte relativa agli stranieri in posizione irregolare (Rv. 249546).
Con tale pronuncia le Sezioni unite hanno posto in evidenza come l’art. 6 citato, dopo la riforma del 2009, non possa più essere interpretato nel senso, già enunciato dalle stesse Sezioni unite con la sentenza n. 45801 del 29/10/2003, evocata anche nel ricorso (una interpretazione che riconosceva l’obbligo di esibizione dei documenti identificativi, a differenza di quelli concernenti il soggiorno, anche a carico dei clandestini), posto che la nuova formulazione normativa, essendo finalizzata non solo alla immediata identificazione dello straniero ma anche all’immediato accertamento della regolarità della sua presenza sul territorio dello Stato, necessariamente concerne comportamenti esigibili soltanto dagli stranieri che si trovino regolarmente in Italia e che dunque non siano clandestini.
Ne consegue che l’addebito in contestazione potrebbe riguardare l’imputato soltanto se risultasse univocamente la sua regolare presenza in Italia al momento del fatto.
Nella sentenza impugnata, invero, è contenuta l’affermazione che l’imputato non era un extracomunitario clandestino.
Tuttavia, tale affermazione, non corretta quanto alla condizione di soggetto appartenente al paese comunitario (essendo l’Albania Paese non attualmente membro dell’Unione Europea), sembrerebbe meramente assertiva per la parte residua (non clandestinità), motivata con il riferimento- del tutto insufficiente con riferimento al soggetto extracomunitario- al possesso di un valido documento di identificazione (passaporto) e alla domiciliazione presso un datore di lavoro.
Si imporrebbe, dunque, un approfondimento della motivazione, da demandare al giudice del rinvio, a proposito dell’essere stato o meno, l’imputato, all’epoca, in regola con le norme di soggiorno.
Ma, come rilevato sopra, tale approfondimento è precluso dal dovere di immediata declaratoria della maturata causa di estinzione del reato.
Infatti la contravvenzione ex art. 6, accertata il 29 ottobre 2007, si è prescritta il 16 dicembre 2012, tenuto conto delle sospensioni del termine per mesi 1 e gg. 18.
La stessa causa di estinzione va conseguentemente rilevata con riferimento alla contravvenzione per guida senza patente accertata il precedente 27 settembre 2007 e, altresì, con riferimento al delitto di falsità in certificazione amministrativa (concernente la patente albanese), da ritenersi consumata, in base alla regola dell’in dubio pro reo, il 20 novembre 2004.
Tali statuizioni comportano che il giudicato parziale formatosi con riferimento alla responsabilità in ordine alle residue imputazioni (concernenti la contravvenzione per guida senza patente accertata il 14 dicembre 2007 e il delitto di falso della patente internazionale, accertato il 18 maggio 2007)- imputazioni in relazione alle quali il ricorso va rigettato sull’an della responsabilità- debba essere completato con la rideterminazione, per tali soli reati, del trattamento sanzionatorio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata con riferimento alla contravvenzione D.L. n. 286 del 1998, ex art. 6, comma 3, accertata il 29 ottobre 2007, a quella ex art. 116 C.d.S., comma 13, accertata il (OMISSIS) e al delitto di falsità ex artt. 477 e 482 c.p., relativo alla patente di guida rilasciata il 20 novembre 2004, perchè estinti per intervenuta prescrizione. Rigetta nel resto il ricorso e dispone trasmettersi gli atti ad altra sezione della Corte di appello di Firenze per la sola rideterminazione del trattamento sanzionatorio in ordine alle residue imputazioni ex artt. 477 e 482 (fatto accertato il 18 maggio 2007) ed ex art. 116, comma 13 C.d.a.
(fatto accertato il (OMISSIS)).
Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2013
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