Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con ricorso del 9 gennaio 2007 P.A. propose innanzi al Tribunale di Napoli, sez. dist. di Marano, opposizione ex art. 617 cod. proc. civ. nei confronti di Pe.Gi., avverso il provvedimento in data 30 ottobre 2006 con il quale il giudice dell’esecuzione, risolvendo un incidente sollevato dal predetto Pe., nella sua qualità di ufficiale giudiziario dell’UNEP di Marano, aveva stabilito che nella procedura di espropriazione presso terzi l’agenzia bancaria presso la quale era possibile procedere per ottenere il pagamento era solo quella il cui direttore aveva reso la dichiarazione di quantità e che, ai fini della validità della dichiarazione di surroga del creditore, ex art. 1201 cod. civ., era necessaria l’autenticazione della sottoscrizione. Sostenne l’opponente la nullità del provvedimento, in quanto emesso in violazione del diritto di difesa, nonchè la sua erroneità.
Si costituì in giudizio il Pe., eccependo preliminarmente la tardività dell’opposizione.
Con sentenza del 30 giugno 2008 il giudice adito l’ha dichiarata inammissibile, in quanto proposta oltre il termine di venti giorni previsto dalla legge.
Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione P. A., formulando un unico motivo. Resiste con controricorso Pe.Gi..
Motivi della decisione
1. Con l’unico motivo l’impugnante denuncia violazione degli artt. 617, 134, 325 e 326 cod. proc. civ. oggetto delle critiche è l’affermazione del giudice di merito secondo cui il principio della decorrenza del termine per la proposizione dell’opposizione agli atti esecutivi dalla conoscenza legale dell’atto andava interpretato alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la proposizione o la notificazione di un’impugnazione, ancorchè inammissibile o improcedibile, equivaleva, sul piano della conoscenza legale, alla notificazione del provvedimento nei confronti dell’impugnante. Di talchè, considerato che nella fattispecie l’avvocato P., in data 24 novembre 2006, aveva proposto ricorso ex art. 700, lamentando l’inerzia dell’ufficiale giudiziario; che il Pe., costituitosi in giudizio, aveva, tra l’altro, depositato il provvedimento reso a seguito dell’incidente da lui sollevato; che in data 15 dicembre 2006 il giudice della cautela aveva dichiarato inammissibile il ricorso ex art. 700, segnatamente richiamando la sussistenza di un rimedio tipico, quale l’opposizione ex art. 617 cod. proc. civ., il termine di venti giorni di cui all’art. 617 cod. proc. civ., sia che lo si facesse decorrere dalla data dell’udienza di comparizione nel procedimento cautelare, sia che lo si facesse decorrere dal 19 dicembre 2006, giorno in cui era stata comunicata l’ordinanza di inammissibilità del ricorso, era ormai ampiamente spirato.
Sostiene invece il ricorrente che, per consolidata giurisprudenza di legittimità, ai fini della decorrenza del termine, la conoscenza dell’atto non può desumersi da quella di altri atti o fatti, eventuali o estranei al processo esecutivo.
2. Il ricorso deve essere rigettato, anche se la motivazione della sentenza impugnata va corretta, ex art. 384 cod. proc. civ..
A ben vedere, infatti, preliminare allo stesso rilievo della inammissibilità dell’opposizione per tardività, è quello dell’assoluta carenza di legittimazione passiva del convenuto. Si ricorda, in proposito, che la legitimatio ad causam, attiva e passiva, consiste nella titolarità di una situazione giuridica idonea ad abilitare un soggetto a promuovere o a subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale versato in causa, mediante la deduzione di fatti in astratto idonei a fondare il diritto azionato, secondo la prospettazione dell’attore, con conseguente dovere del giudice di verificarne l’esistenza in ogni stato e grado del procedimento: da essa va tenuta distinta la titolarità della situazione giuridica sostanziale, attiva e passiva, per la quale non è consentito l’esame d’ufficio, poichè la contestazione della titolarità del rapporto controverso si configura come una questione che attiene al merito della lite e rientra nel potere dispositivo e nell’onere deduttivo e probatorio della parte interessata (confr.
Cass. civ. sez. un. 9 giugno 2011, n. 12538; Cass. civ. sez. un., 15 novembre 2005, n. 23022; Cass. civ. 10 gennaio 2008, n. 355).
3. Nella fattispecie l’opposizione è stata, in maniera del tutto anomala, indirizzata nei confronti dell’ufficiale giudiziario in proprio, che non è certamente parte del processo esecutivo, e che non è quindi neppure astrattamente legittimato ad assumere la veste di opposto nelle iniziative processuali dell’esecutato volte a contestare il quomodo dell’azione esecutiva, e cioè la regolarità formale del titolo esecutivo, del precetto o, come, in questo caso, di singoli atti dell’esecuzione.
Ne deriva che l’opposizione andava dichiarata sì inammissibile, ma per assoluta improponibilità della domanda (confr. Cass. civ. 20 giugno 2006, n. 14266; Cass. civ. 17 dicembre 2001, n. 15893).
Al rigetto dell’opposizione segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 2.200,00 (di cui Euro 2.000,00 per onorari), oltre IVA e CPA, come per legge.
Così deciso in Roma, il 4 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2012
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