Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 31-01-2013) 23-05-2013, n. 22175

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con sentenza in data 1.6.2011 il Giudice Monocratico del Tribunale di Torino confermava la sentenza emessa dal Giudice di Pace di Torino,in data 5.10.2010,con la quale P.V. era stato condannato quale responsabile dei reati di cui agli artt. 582 e 594 c.p. (commessi per avere cagionato contusione allo zigomo ed escoriazioni a L.I., colpendolo con un pugno al viso, e per avere offeso l’onore e il decoro del predetto come indicato in rubrica)fatti per i quali era stata inflitta condanna alla pena di Euro 500,00 di multa,oltre al risarcimento del danno a favore della parte civile, liquidato in Euro 600,00.

Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore, deducendo:

1 – mancanza, illogicità della motivazione, censurando in particolare la mancata applicazione della esimente della legittima difesa, ex art. 52 c.p., rilevando che la motivazione risultava meramente apparente,essendo redatta per relationem e priva di valutazioni sulla attendibilità della persona offesa, le cui dichiarazioni si ritenevano contraddittorie e lacunose.

2 – il mancato riconoscimento della esimente prevista dall’art. 599 c.p. e dell’attenuante della provocazione, rilevando la carenza ed illogicità della motivazione al riguardo.

3 – carenza ed illogicità della motivazione in ordine alla definizione della pena, con aumento per la continuazione.

In base a tali rilievi chiedeva dunque l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

Il ricorso risulta privo di fondamento.

Invero deve evidenziarsi che la sentenza impugnata rende adeguata e logica motivazione in merito alle deduzioni della difesa appellante, evidenziando l’esistenza di risultanze probatorie emerse da deposizione della persona offesa, di contenuto coerente e dalla documentazione medica attestante le patite lesioni.

La motivazione peraltro deve ritenersi esente dai vizi di legittimità con riferimento alle condizioni di applicazione dell’art. 52 c.p., sottolineando che la difesa non aveva addotto elementi a sostegno della tesi di configurabilità della esimente, così come per l’applicazione dell’art. 599 c.p., comma 2.

Nella specie deve evidenziarsi che deve ritenersi correttamente esclusa la configurabilità della esimente della legittima difesa,che era stata dedotta in assenza di valide allegazioni da parte dell’appellante, che aveva rilevato come la causa delle lesioni potesse essere accidentale, ovvero che la condotta ascritta all’imputato fosse frutto della reazione del predetto alla condotta della parte lesa, che lo aveva preso per il bavero,secondo la versione riferita dallo stesso imputato, senza ulteriori specificazioni.

Orbene, in questa sede deve ritenersi incensurabile la valutazione resa al riguardo dal giudice di appello, atteso che, ai fini della applicazione dell’art. 52 c.p..

Ciò in considerazione della genericità delle richieste dell’appellante,e per la compiuta valutazione che il giudice di merito ha svolto in base ai canoni normativi, dovendo rilevarsi che compete all’imputato addurre elementi concreti idonei a configurare i presupposti della causa di giustificazione. (va altresì menzionata per i presupposti di applicazione dell’art. 52 c.p.. Sez. 1, 17.02.2000, e in senso conforme, Sez. 5 – 4.11.2009/27.1.2010, n. 3507 – CED245843.

Quanto alla esimente di cui all’art. 599 c.p., comma 2 analogamente deve ritenersi correttamente formulato il giudizio di esclusione della causa di non punibilità, non essendo dimostrato dalla difesa dell’imputato che sì sia verificato un fatto ingiusto altrui,dotato degli estremi dell’illecito penale o civile, ovvero di carattere lesivo delle regole di civile convivenza (Cass., Sez. 5, 22/5/2009, n. 21455 – Cantatore – RV 243506).

Peraltro il giudizio di esclusione della esimente – invocata dalla difesa sottolineando il clima di tensione dovuto a contrasti condominiali, tra le parti, e l’insulto che aveva subito lo stesso imputato ad opera della persona offesa, dal quale sarebbe scaturita la reazione del ricorrente – risulta esaustivo avendo il giudice di merito escluso anche la reciprocità delle accuse (che l’appellante aveva prospettato al pari della provocazione), in assenza di specifiche allegazioni della difesa al riguardo. In conclusione deve ritenersi priva di fondamento la censura riguardante i vizi della motivazione,essendo le due sentenze di merito conformi e avendo il giudice di appello reso chiaro l’iter logico seguito nel disattendere le richieste dell’imputato.

Parimenti prive di fondamento devono ritenersi le deduzioni della difesa che censurano la motivazione inerente alla determinazione di pena per illogicità, avendo il giudice di appello ritenuto congrua la pena inflitta in primo grado, emergendo dal testo della sentenza del Giudice di Pace che detto giudice aveva valutato la unicità del disegno criminoso, determinando la pena secondo i criteri enunciati dall’art. 133 c.p., e specificando il computo secondo legge, con la concessione delle attenuanti generiche. Al cospetto di tali rilievi deve ritenersi priva di fondamento la censura difensiva peraltro genericamente articolata.

Va pertanto pronunziato il rigetto del ricorso, a cui consegue,per legge,la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 23 maggio 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *