Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 31-01-2013) 26-04-2013, n. 18637

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Termini Imerese mandava assolto M.A. dal reato di tentato furto aggravato avente ad oggetto un cavallo in proprietà di S. F., ritenendo che la individuazione fotografica e poi la ricognizione fotografica dell’imputato operata da C.G. non fosse attendibile, avendo questi potuto scorgere l’uomo che si stava allontanando dal luogo del furto con l’animale solo in scarse condizioni di visibilità (ora di notte e assenza di illuminazione) e perchè la deposizione resa da A.M., moglie dell’imputato, che sostanzialmente prospettava un alibi, risultava credibile.

2. La Corte di Appello di Palermo, con la sentenza indicata in epigrafe, riformava la descritta pronuncia giudicando il M. colpevole del reato di tentato furto aggravato con violenza sulle cose e, ritenuta la recidiva specifica, esclusa quella infraquinquennale, lo condannava alla pena di mesi dieci di reclusione ed Euro 100,00 di multa, nonchè al pagamento delle spese processuali.

Riteneva il giudice di secondo grado che a fronte delle dichiarazioni del C., il quale aveva riferito di aver avvicinato sino a circa un metro la persona che si allontanava con l’animale e che il volto di essa era illuminato dai fari del proprio autoveicolo, gli atti di identificazione compiuti dal medesimo dovevano ritenersi del tutto attendibili, laddove la deposizione della A. doveva ritenersi certamente inattendibile sia per il rapporto di coniugio sia perchè il C. aveva rilevato modello, colore e targa del veicolo a bordo del quale il ladro si era allontanato ed essi corrispondevano al modello, al colore e alla targa dell’autovettura risultata in proprietà della donna. La quale, concludeva la Corte territoriale, anche a voler ipotizzare che il M. si fosse fatto accompagnare sul luogo del furto da altro soggetto che non fosse la moglie, aveva tutto l’interesse ad allontanare da sè ogni sospetto.

3. Ricorre per cassazione M.A. con atto sottoscritto personalmente.

3.1. Con un primo motivo si duole che il giudice di secondo grado abbia sopravvalutato la deposizione del C. e per converso svalutato quella di A.M., operando così un travisamento dei fatti, nel contesto di una motivazione che non tiene conto delle argomentazioni svolte dal primo giudice.

3.2. Con un secondo motivo si deduce l’erroneità del giudizio di esclusione delle attenuanti generiche, che avrebbe valorizzato "elementi discrezionali previsti dall’art. 133 cod. pen., e che non riguardano la posizione del ricorrente, che risponde di un unico episodio delittuoso, il cui disvalore sociale è assolutamente minimo", sicchè la pena è eccessiva e poteva essere ulteriormente ridotta.

3.3. Con un terzo motivo si ravvisa contraddittorietà della motivazione laddove esclude la recidiva infraquinquennale e poi dispone correggersi l’intestazione della sentenza con l’aggiunta del riferimento alla recidiva specifica ed infraquinquennale.

Motivi della decisione

4. Il ricorso è inammissibile, siccome aspecifici i motivi.

4.1. Tal’è il primo motivo, posto che esso asserisce una presunta sopravvalutazione della deposizione del C., senza che sia enunciata alcuna puntuale critica, in diritto o in fatto, della motivazione resa al riguardo dal giudice di secondo grado. Nè è sufficiente evocare un travisamento dei fatti, ovvero l’errore sul significato attribuibile all’enunciato attraverso il quale si è manifestata la prova. Invero, una simile censura si traduce nella prospettazione di una ricostruzione dei fatti alternativa a quella fatta propria dal giudice del merito, ricostruzione che si vorrebbe veder convalidata dal giudice di legittimità.

Al quale, all’inverso, tale intervento è precluso, dovendo egli limitare il proprio sindacato unicamente alla compiutezza e congruenza logica della motivazione. Altro è il travisamento della prova, ovvero l’errore sull’enunciato in cui consiste la prova dichiarativa, che "cadendo sul significante e non sul significato della prova si traduce nell’utilizzo di una prova inesistente per effetto di una errata percezione di quanto riportato dall’atto istruttorio" (tra le molte, Sez. 5, n. 18542 del 21/01/2011 – dep. 11/05/2011, Carone, Rv. 250168).

Nella specie, il ricorso non evidenza gli elementi di diritto e di fatto che dovrebbero sostenere le censure, come sopra qualificate.

4.2. Alla medesima stregua risulta aspecifico il secondo motivo del ricorso, posto che neppure si indicano in cosa sarebbe consistita la radice del vizio affettante il giudizio di esclusione delle attenuanti generiche.

4.3. Manifestamente infondato, dal canto suo, è il terzo motivo. La disposizione data dalla Corte territoriale avente ad oggetto la correzione dell’intestazione della sentenza, in modo che questa fosse coerente all’imputazione, come definita dal p.m., rappresenta non già elemento fondante della contraddittorietà della motivazione laddove esclude la recidiva infraquinquennale ma, all’inverso, il presupposto perchè possa avere un senso logico e giuridico tal ultima statuizione, diversamente nemmeno comprensibile.

5. Segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di Euro 1000,00 (mille/00) a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 31 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2013

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