Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
1. Il G.i.p. presso il Tribunale di Pescara, con sentenza in data 2.12.2009, resa all’esito di giudizio abbreviato, dichiarava V.G. colpevole del reato di furto di alcune parti del motopeschereccio "(OMISSIS)" di proprietà del Comune di (OMISSIS) (capo 2) e del tentativo di furto del motore dello stesso natante (capo 3) condannando l’imputato alla pena di mesi otto di reclusione ed Euro 300,00 multa. Il giudicante mandava assolto il V. dal reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (capo 1), con la formula perchè il fatto non sussiste.
2. La Corte di Appello di L’Aquila, con sentenza in data 23.01.2012, confermava la sentenza del G.i.p. di Pescara. Nel censire i motivi di doglianza dedotti dalla parte appellante, il Collegio evidenziava che, secondo la tesi difensiva, il V. avrebbe agito nel convincimento che la propria condotta fosse lecita, alla luce della autorizzazione allo smontaggio di alcune parti del natante di cui si tratta, concessagli verbalmente dall’ing. D., dirigente del Settore Provveditorato e Patrimonio del Comune di Pescara.
La Corte territoriale riferiva che la difesa nell’atto di gravame, aveva osservato: che V., prima di prelevare le attrezzature dal peschereccio, aveva avanzato richiesta al Comune di Pescara per lo smontaggio del verricello e di altre strutture; che V. era il custode del natante; che il Comune di Pescara aveva lasciato la nave in stato di sostanziale abbandono; che le parti rimosse erano state tutte reintegrate.
Tanto premesso, il Collegio rilevava che risultava irricevibile l’istanza di rinnovo dell’istruttoria dibattimentale, giacchè l’imputato aveva richiesto il rito abbreviato non condizionato; e che nel caso il giudice di appello non era obbligato a motivare il rigetto della richiesta istruttoria.
Nel merito, la Corte territoriale considerava del tutto irrilevante, ai fini della configurabilità del delitto di furto, l’intervenuta restituzione dei beni, trattandosi di comportamento successivo alla consumazione del reato. Osservava poi che era rimasta indimostrata la tesi difensiva, in forza della quale vi sarebbe stato il consenso verbale dell’ing. D. al prelievo delle parti del natante. Il Collegio evidenziava che si trattava di un assunto difensivo non dimostrato e non più dimostrabile; ribadiva che la Corte di Appello non aveva ritenuto di procedere d’ufficio alla integrazione probatoria, atteso che le circostanze sulla quali l’ing. D. avrebbe dovuto riferire erano state semplicemente dedotte dalla difesa e non emergevano dagli atti; osservava che il dato di fatto è rappresentato da una istanza di prelievo delle attrezzature presenti sul natante, presentata presso il Comune di Pescara, istanza rimasta senza risposta; e che l’imputato avrebbe perciò dovuto astenersi dal compiere le attività criminose di cui ai capi 2) e 3).
La Corte di Appello rilevava che nell’atto di donazione, intercorso tra il V. ed il Comune di Pescara, si specificava che il peschereccio veniva ceduto nelle condizioni nelle quali si trovava e quindi completo delle parti – specificamente destinate alla attività di pesca – di poi sottratte dal V. medesimo. E precisava che, al momento del fatto, il V. non era custode del natante, atteso la proprietà dell’imbarcazione era già stata ceduta al Comune di Pescara e che il medesimo ente era pure entrato in possesso del mezzo, senza conferire al V. alcun incarico.
3. Avverso la richiamata sentenza della Corte di Appello di L’Aquila ha proposto ricorso per cassazione V.G., a mezzo del difensore.
L’esponente, dopo essersi soffermato sulla vicenda processuale che aveva visto pure il coinvolgimento di C.A.A., moglie del V. e sui motivi proposti con l’atto di appello avverso la sentenza di primo grado, ha articolato i seguenti motivi di ricorso.
Con il primo motivo, la parte si duole della mancata assunzione di prova decisiva. Osserva che la Corte di Appello ha ritenuto di non motivare il rigetto della richiesta di rinnovo parziale della istruttoria dibattimentale; al riguardo, la parte ritiene che i giudici di appello abbiano violato l’obbligo di motivazione. Il ricorrente considera che non vi è alcuna incompatibilità tra il rito abbreviato prescelto e la richiesta di parziale rinnovazione dell’istruttoria in grado di appello; ed osserva che, a seguito delle modifiche apportate alla disciplina del rito abbreviato dalla L. 16 dicembre 1999, n. 479, la rinnovazione del dibattimento in appello, anche laddove si sia proceduto nelle forme del rito abbreviato, risulta disciplinata dal disposto di cui all’art. 603 c.p.p..
Con il secondo motivo, il ricorrente deduce il vizio motivazionale e la violazione di legge; osserva che l’atto di appello, diversamente da quanto affermato dalla Corte territoriale, era incentrato su quattro motivi e non già unicamente sulla carenza dell’elemento psicologico del reato; e sottolinea che le conclusioni rassegnate in sede di gravame – assoluzione dell’imputato per non aver commesso il fatto o quanto meno perchè il fatto non sussiste – non risultano neppure difformi dai motivi dedotti, diversamente da quanto affermato dalla Corte territoriale nella sentenza impugnata; ciò in quanto l’elemento soggettivo del reato risulta integrativo della fattispecie incriminatrice. L’esponente ritiene che la Corte distrettuale abbia omesso di argomentare, rispetto alle singole censure che erano state dedotte, essendosi limitata a richiamare le motivazioni espresse dal primo giudice.
La parte ritiene che la decisione sia pure in contrasto con gli atti del processo. Al riguardo, si sofferma sulla vicenda che ha condotto l’imputato a donare al Comune di Pescara il motopeschereccio " (OMISSIS)" ed alla successiva richiesta di smontaggio delle attrezzature destinate alla pesca che ancora si trovavano sulla motonave. Il deducente ribadisce che V. era custode della nave; che vennero prelevate solo attrezzature serventi alla attività di pesca, attività alla quale il natante non poteva altrimenti essere destinato, a seguito della intervenuta donazione; che prima del prelievo, V. aveva presentato specifica istanza all’ente comunale, avente ad oggetto l’asportazione dei beni sopra indicati;
che nell’istanza era stata indicato il regolamento CEE che consentiva il diverso utilizzo dei predetti beni; che unitamente alla istanza era stato presentato un progetto per la trasformazione della motonave in laboratorio galleggiante. La parte osserva che, stante la perdurante inerzia della amministrazione, il V., previa autorizzazione verbale espressa dal dott. D., procedette al prelievo dei beni analiticamente indicati nella richiamata istanza.
Il ricorrente ritiene che, alla luce delle richiamate circostanze, sia impossibile ipotizzare la sussistenza del dolo di furto, in capo al V.. Osserva che le attrezzature sono state restituite, di talchè manca anche l’elemento del danno, come pure l’ulteriore elemento del profitto.
Con il terzo motivo, il ricorrente deduce l’erronea interpretazione del regolamento comunitario n. 1198/2006 istitutivo del fondo europeo per la pesca e del regolamento di attuazione n. 498/2007. Il deducente ribadisce che le attrezzature oggetto del furto sono strettamente connesse all’esercizio della pesca e non sono mai state oggetto della donazione del natante in favore del Comune di Pescara.
Osserva che dette attrezzature non risultano indicate neppure nel verbale di consegna del bene, che pure richiamava analiticamente le dotazioni del motoscafo. L’esponente ritiene che il Comune di Pescara non abbia acquisito nè la proprietà nè il possesso dei predetti beni.
Motivi della decisione
4. Il ricorso che occupa muove alle considerazioni che seguono.
4.1 Con il primo motivo di ricorso l’esponente denuncia il vizio motivazionale, in riferimento all’intervenuto rigetto della richiesta di rinnovo parziale dell’istruttoria dibattimentale.
Invero, la Corte di Appello ha chiarito di non ritenere sussistente alcun obbligo di motivazione, sul punto, a carico del giudice procedente in sede di gravame, in considerazione del rito abbreviato prescelto dall’imputato.
Non sfugge che questa Suprema Corte, soffermandosi specificamente sul rito abbreviato in grado di appello, ha escluso che esista un diritto dell’imputato, giudicato con rito abbreviato, alla richiesta di rinnovazione del dibattimento ed un corrispondente obbligo per il giudice di appello di motivare la reiezione della richiesta di rinnovare il dibattimento (Cass. Sez, 2, Sentenza n. 3609 del 18/01/2011, dep. 01/02/2011, Rv. 249161).
Preme, peraltro, evidenziare che nella materia di interesse si registra una successiva elaborazione giurisprudenziale, che involge una riflessione sull’ambito funzionale del giudizio di secondo grado e sui principi che regolano l’acquisizione della prova, che vengono in rilievo nel giudizio di appello anche nel caso in cui il giudizio di primo grado sia stato celebrato con rito abbreviato.
Muovendo dalla intervenuta eliminazione della condizione relativa alla definibilità allo stato degli atti per l’ammissione del giudizio abbreviato, la Corte regolatrice ha osservato che non sussistono serie ragioni che impongano per il giudizio di appello una disciplina dell’acquisizione di prove sopravvenute diversa a seconda che il giudizio di primo grado sia stato celebrato con rito ordinario o con rito abbreviato. Si è, in particolare, evidenziato che la rinnovazione del dibattimento in appello non è assolutamente incompatibile con il rito abbreviato, condizionato o non, specialmente quando si tratti di prove nuove (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9267 del 03/02/2012, dep. 09/03/2012, Rv. 252108).
Occorre considerare che la giurisprudenza di legittimità ha pure precisato che, nel giudizio di appello (nella specie relativo a rito abbreviato), il provvedimento del giudice di ammissione di prove nuove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado va adottato senza ritardo con ordinanza dibattimentale nel contraddittorio delle parti alla stregua di quanto previsto dall’art. 190 c.p.p. e art. 495 c.p.p., comma 1, (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 43473 del 14.10.2010, dep. 9.12.2010, Rv. 248979); che, diversamente, nell’ipotesi di cui all’art. 603 c.p.p., comma 1, la rinnovazione è subordinata alla condizione che il giudice ritenga, nell’ambito della propria discrezionalità, che i dati probatori già acquisiti siano incerti e che l’incombente processuale richiesto rivesta carattere di decisività; e che, in tema di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale nel giudizio di appello, nel caso di prove sopravvenute o scoperte dopo la sentenza di primo grado (art. 603 c.p.p., comma 2), la mancata assunzione può costituire violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), mentre, negli altri casi previsti (art. 603 c.p.p., commi 1 e 3), il vizio deducibile in sede di legittimità è quello attinente alla motivazione previsto dall’art. 606 c.p.p., lett. e), (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 4675 del 17.5.2006, dep. 6.2.2007, Rv. 235654).
4.1.2 Procedendo nell’analisi del tema che occupa, occorre altresì richiamare la recente sentenza della Seconda Sezione Penale di questa Suprema Corte, con la quale si è proceduto alla ricostruzione sistematica dell’istituto della rinnovazione del dibattimento in appello, al fine di verificare la compatibilità dell’istituto processuale di diritto interno con l’art. 6, 1, Convenzione EDU, secondo le linee interpretative espresse dalla Corte di Strasburgo (Cass. Sez. 2, sentenza n. 46055, in data 8.11.2012, dep. 27.11.2012, n.m.).
Nella sentenza ora citata, si analizzano partitamente le diverse ipotesi previste dall’art. 603 c.p.p., e si sottolinea che, in ogni caso, il giudice del gravame, qualora decida di respingere le richieste istruttorie presentate dalle parti, è tenuto a rendere specifica motivazione e che detta motivazione è soggetta al controllo di legittimità della Suprema Corte. La Corte regolatrice, nella sentenza in esame, ha poi sottolineato che non esiste nell’ordinamento processuale italiano alcuna norma che vieti di rinnovare il dibattimento di appello e che imponga al giudice del gravame di decidere sulla sola base degli atti assunti nel giudizio di primo grado. E preme evidenziare la Seconda Sezione Penale, nell’affermare i principi ora richiamati, si è riportata all’insegnamento già espresso dalle Sezioni Unite, in riferimento agli obblighi che gravano sul giudice di appello; le Sezioni Unite, infatti, nel censire i poteri decisori del giudice di appello in caso di impugnazione del pubblico ministero contro la sentenza di assoluzione, hanno precisato che il giudice di secondo grado non può "sottrarsi all’onere di esprimere le proprie determinazioni in ordine ai rilievi sollevati dall’imputato" (Cass. Sez. U, Sentenza n. 33748 del 12/07/2005, dep. 20/09/2005, Rv. 231675).
4.2 Orbene, i principi di diritto ora richiamati, che informano secondo diritto vivente l’istituto della rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in appello, devono trovare applicazione anche nel caso in cui in primo grado si sia proceduto con rito abbreviato, condizionato o meno, per le ragioni sopra chiarite. Conseguentemente, deve osservarsi che sussiste il denunciato vizio motivazionale, rilevante ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), atteso che la Corte territoriale ha erroneamente ritenuto di essere esonerata dal relativo obbligo motivazionale, a fronte di richiesta istruttoria presentata da una delle parti, in considerazione del rito prescelto.
Deve poi osservarsi che la richiesta difensiva di escussione del teste D., rientrante nell’ambito applicativo della disposizione di cui all’art. 603 c.p.p., comma 1, avrebbe imposto alla Corte di Appello di motivare, nel l’esercitare il potere discrezionale di cui dispone in ordine alla rinnovazione dell’istruttoria, rispetto alla decisività dell’incombente richiesto. Ebbene, deve evidenziarsi che la Corte territoriale, nel confermare l’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, ha affermato che era rimasta indimostrata la tesi difensiva, in forza della quale vi sarebbe stato il consenso verbale all’impossessamento dei beni, espresso dall’ing. D.. In tali termini, è la stessa Corte di Appello, dopo avere apoditticamente ritenuto irricevibili le richieste istruttorie difensive, a dare conto della decisività della prova che la parte privata aveva chiesto di assumere e quindi della sussistenza, nel caso concreto, dell’elemento richiesto dall’art. 603 c.p.p., comma 1, per la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale.
5. Il vizio motivazionale ora evidenziato impone l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Perugia, per nuovo esame della regiudicanda, alla luce dei principi di diritto sopra enunciati. Resta assorbito ogni ulteriore motivo di doglianza.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Perugia per nuovo esame.
Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2013
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