Cass. civ. Sez. II, Sent., 03-09-2012, n. 14767

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Svolgimento del processo
Con citazione del 3/6/1991 S.C. conveniva in giudizio P.P. davanti al Pretore di xxx chiedendo che fosse accertato l’acquisto per usucapione di una porzione di terreno di circa 50 mq. adiacente all’abitazione di sua proprietà;
l’attrice sosteneva che il terreno era stato posseduto dai suoi nonni e danti causa sin dal 1914 i quali lo avevano recintato e utilizzato come deposito e pollaio. Il P. costituendosi, eccepiva che l’area era stata concessa in comodato gratuito da C. M. (sua dante causa) a I.O., madre dell’attrice con obbligo di riconsegna a semplice richiesta e che, siccome la I. si era rifiutata di onorare l’obbligo assunto, la C. aveva promosso azione giudiziaria per la riconsegna del bene. Con sentenza del 16/10/2001 la sezione stralcio del Tribunale di Reggio Calabria accoglieva la domanda di usucapione e all’esito dell’appello del P., al quale resisteva la S., la Corte di Appello di Reggio Calabria con sentenza in data 1/3/2010 riformava la sentenza, rigettava la domanda della S. e in accoglimento della riconvenzionale del P. accertava che l’area in contestazione era di proprietà di quest’ultimo.
La Corte di appello rilevava:
– che il primo giudice aveva completamente omesso di pronunciarsi sull’eccezione di interruzione dell’usucapione per effetto della citazione in giudizio di I.O., madre della S. che illegittimamente lo deteneva dopo la cessazione del comodato essendo invece obbligata a riconsegnarlo alla dante causa del P., che ne aveva richiesto la restituzione;
che l’effetto interruttivo, realizzatosi con la citazione del 1960, restava fermo nonostante l’estinzione del processo;
– che pertanto il periodo anteriore al 1960 non poteva essere utilizzato per il computo del termine ventennale di usucapione;
che il giudice di primo grado non aveva neppure motivato in ordine alla prova del possesso successivo al 1960, nonostante che il convenuto avesse dedotto che sin dal 1957 la S. aveva perso ogni relazione con il bene essendosi trasferita a (OMISSIS);
– che in ogni caso doveva escludersi un possesso della S. anteriore al 1960 perchè la circostanza era contraddetta dalla pattuizione del comodato precario che non sarebbe stata necessaria se i danti causa della S. avessero posseduto il bene;
– che il possesso successivo al 1960 (data del fatto interruttivo dell’eventuale anteriore possesso) non era provato in quanto le prove testimoniali sul possesso da parte della S. nel periodo successivo alla fine degli anni 50 erano generiche o addirittura inesistenti, mentre alcuni testi avevano riferito che l’attrice si era trasferita in (OMISSIS), tornando in loco solo saltuariamente, con ciò escludendo il possesso continuativo utile all’usucapione.
S.C. propone ricorso affidato a due motivi e deposita memoria.
Resiste con controricorso P.P. e deposita memoria.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce il vizio di carenza e contraddittorietà della motivazione perchè il giudice di appello aveva trascurato di considerare che il comodato di uso concesso alla madre di essa ricorrente dalla C. e la successiva azione di rilascio non potevano spiegare alcun effetto nei propri confronti in quanto aveva ricevuto il terreno non dalla propria madre, ma dai nonni.
1.1. Il motivo è manifestamente infondato in quanto l’immissione, da parte del proprietario, nella detenzione del terreno della madre della attrice e l’esercizio del diritto, nella duplice veste di comodante e proprietario, di ottenerne la restituzione sono ragioni sufficienti a sostenere, come ritenuto dalla Corte territoriale, l’incompatibilità con un possesso da parte dei danti causa dell’attrice (il plurale utilizzato dalla Corte territoriale deve intendersi come riferito non al solo possesso ma anche al rapporto contrattuale instauratosi tra il comodante proprietario e la madre dell’attrice costituisce elemento che esclude che la detenzione materiale del bene da parte della figlia possa essere considerata significativa di un suo possesso ed è del tutto condivisibile la conclusione per la quale la madre non avrebbe stipulato un comodato per ottenere un possesso che in tesi già aveva la figlia.
Il contratto di donazione, comunque contestato quanto alla riferibilità all’immobile per cui è causa, sarebbe in ogni caso inidoneo a provare l’elemento del possesso dei nonni); di conseguenza il particolare materiale possesso da parte dell’attrice, nè è stato denunciato un vizio di omessa pronuncia con riferimento all’accertamento di un titolo di proprietà fondato su tale atto.
2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione dell’art. 1142 c.c. e art. 310 c.p.c. sostenendo:
– che se il giudice di appello avesse inteso attribuire al giudizio di rilascio iniziato nel 1960 e terminato nel 1969 un effetto interruttivo fino alla sua estinzione e non limitato alla data dell’atto introduttivo avrebbe violato l’art. 310 c.p.c.;
– che, ammesso il possesso iniziale al 19/12/1960, il possesso intermedio, secondo il disposto dell’art. 1142 c.c., non necessitava di alcuna ulteriore prova ed era irrilevante la non continuità del possesso per il trasferimento in (OMISSIS) in quanto il possesso, una volta acquistato, si esercita anche solo animo.
2.1 Il motivo è inammissibile in quanto non attinge la ratio decidendi e muove da un presupposto(il possesso animo domini antecedente al 1960) solo ipotizzato dalla Corte di Appello; infatti nella sentenza si afferma: "anche ad ammettere provato un possesso uti dominus anteriormente, non c’è dubbio che l’atto interruttivo del giudizio abbia azzerato l’eventuale termine già accumulato ai fini dell’usucapione"; l’espressione "anche a volere ammettere" e il riferimento ad un termine maturato per l’usucapione solo eventuale rivelano che la Corte ha formulato solo una ipotesi che non costituisce il fondamento della decisione di appello che, invece, trova il suo autonomo fondamento nella rilevata circostanza che il fondo fu detenuto dalla madre della S. (la relazione di fatto che l’attrice poteva avere con il bene dipendeva dalla detenzione da parte della madre) prima del 1960 solo a titolo di comodato precario (v. pag. 7 della sentenza: "risulta certo che il terreno in questione risulta detenuto in data anteriore al 1960 dalla dante causa della S., ma risulta altrettanto certo che il fondo fu detenuto a titolo di comodato precario"), mentre con riferimento ad un possesso successivo al 1960 da parte dell’attrice, la prova, secondo la Corte territoriale, è insufficiente se non addirittura inesistente, nè risulta che essa avesse neppure mai iniziato a possedere il bene.
3. In conclusione il ricorso deve essere rigettato con la condanna della ricorrente, in quanto soccombente, al pagamento delle spese liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente S. C. a pagare a P.P. le spese di questo giudizio di Cassazione che liquida in Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 20 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2012

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