Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con sentenza del 15.7.2011, il GIP presso il Tribunale di Torino dichiarò B.F., C.F., F.G., F.L., R.V. (ed altri) responsabili dei reati di cui ai capi di imputazione come agli stessi rispettivamente ascritti, e unificati i reati sotto il vincolo della continuazione, condannò: B.F. alla pena di anni sei mesi sei e giorni 20 di reclusione ed Euro 2600,00 di multa per i reati di associazione a delinquere, rapina, furto ricettazione e riciclaggio; C. F. alla pena di anni di reclusione per i reati di cui agli artt. 378 e 379 c.p.; F.G. alla pena di anni dieci di reclusione ed Euro 3000,00 di multa per i reati di associazione a delinquere, rapina, furto, ricettazione e riciclaggio; F. L. alla pena di anni nove di reclusione ed Euro 2920,00 di multa per i reati di associazione a delinquere, rapina, furto, ricettazione e riciclaggio; R.V. alla pena di mesi dieci e giorni dieci di reclusione ed Euro 200,00 di multa in relazione ai reati di cui all’art. 624 bis c.p. di cui ai capi 70 e 71.
Avverso tale pronunzia proposero gravame gli attuali ricorrenti ed altri imputati, e la Corte d’Appello di Torino, con sentenza del 9.3.2012, in parziale riforma della decisione di primo grado concesse a B.F. le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti ed alla recidiva e riduceva la pena ad anni cinque di reclusione ed Euro 2000,00 di multa. Riduceva altresì la pena inflitta a F.L. ad anni sei e mesi otto di reclusione ed Euro 1800,00 di multa. Confermava la sentenza nei confronti di C.F., F.G., e R.V..
Ricorre per cassazione il difensore di B.F., deducendo con due distinti motivi la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e), per mancanza e manifesta illogicità della motivazione, in relazione alla invocata prevalenza delle attenuanti generiche sulla recidiva in considerazione dell’esplicita ammissione di responsabilità rispetto ai capi di imputazione pur oggetto di impugnazione, e alla quantificazione della pena in considerazione della attenuata pericolosità e della drammatica situazione familiare.
Ricorre per cassazione C.F., deducendo la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e), per mancanza e manifesta illogicità della motivazione, in relazione alla determinazione della pena.
Ricorre per cassazione il difensore di F.G., deducendo la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) errata interpretazione della legge penale, non potendo trovare applicazione la fattispecie di cui all’art. 416 c.p., per insussistenza dell’elemento dell’ "affectio societatis";
Ricorre per cassazione il difensore di F.L., deducendo.
1) la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) c) ed e) per inosservanza ed errata applicazione di norme della legge penale e processuale, e mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione al reato di associazione a delinquere;
2) la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) c) ed e) per inosservanza ed errata applicazione di norme della legge penale e mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla determinazione della pena e sulla mancata concessione delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza rispetto alle aggravanti, in considerazione della confessione non necessitata e rilevante. In data 24.0.2013, è pervenuta memoria del difensore del ricorrente con i seguenti motivi nuovi e aggiunti: 1) la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) c) ed e) per inosservanza ed errata applicazione di norme della legge penale e processuale, e mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla condanna per i reati di cui ai capi 61), 63) e 64) (ricettazione e/o furto delle targhe apposte ed utilizzate sulle autovetture Alfa Romeo ed Audi di provenienza anch’esse da reato, e per le quali erano già contestati i reati di riciclaggio), essendo i reati assorbiti nella fattispecie di reato prevista dall’art. 648 bis c.p.; 2) la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e) per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla mancata concessione della attenuante di cui all’art. 114 c.p., non emergendo neanche il ruolo ricoperto dal F. all’interno dell’associazione.
Ricorre per cassazione il difensore di R.V., deducendo la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e), per mancanza e manifesta illogicità della motivazione, in relazione alla determinazione della pena. La sentenza impugnata ha condiviso l’entità di pena inflitta all’imputato con la pronuncia di primo grado che – dopo aver quantificato la pena base per il reato ritenuto più grave al capo 70 dell’imputazione (e di cui agli artt. 110, 624 bis in relazione all’art. 625 c.p., nn. 2 e 5 furto aggravato in una tabaccheria – valore della merce sottratta Euro 10.550,00) in una misura solo leggermente superiore ai minimi edittali (anni uno mesi due di reclusione ed Euro 250,00 di multa) aveva disposto un aumento a titolo di continuazione con la fattispecie di cui al capo 71 (e di cui agli artt. 110 e 624 bis in relazione all’art. 625 c.p., nn. 2 e 5 furto aggravato all’interno della stazione di servizio Agip – valore della merce sottratta Euro 5000,00) di ben mesi 1 giorni 15 di reclusione ed Euro 50,00 con motivazione illogica essendo la pena per il reato più grave contenuta in misura prossima ai minimi edittali, e marginale l’apporto causale della condotta dell’imputato, che durante la consumazione del reato in questione si è limitato ad attendere i coimputati, seduto sui sedili posteriori dell’autovettura. In modo del tutto apodittico, la Corte ha poi ritenuto giustificata l’applicazione della recidiva per il grave precedente e l’obiettiva gravità delle condotte poste in essere, e congrua la pena rigettando la richiesta di concessione delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza.
Tutti i ricorrenti chiedono pertanto l’annullamento della sentenza.
All’udienza odierna è stato disposto lo stralcio degli atti con riferimento a F.G..
Motivi della decisione
1. I ricorsi sono tutti inammissibili.
2. Le censure formulate dai ricorrenti B., C. e R., concernenti unicamente la determinazione della pena (e per B. anche le attenuanti generiche pur concesse dalla Corte territoriale ma con giudizio di equivalenza rispetto alla recidiva), oltre che manifestamente infondate, sono prive della specificità, prescritta dall’art. 581, lett. c), in relazione all’art. 591 c.p.p., lett. c), non tenendo conto delle argomentazioni esposte dalla sentenza impugnata, e consistendo in una mera reiterazione dei motivi dell’atto d’appello, ai quali – contrariamente a quanto sostenuto nei ricorsi – la Corte ha risposto, con motivazione congrua ed esente a vizi logici, in modo coerente e rispondente agli elementi presi in considerazione.
In particolare, e premesso che ai fini del giudizio di comparazione, il giudice di merito non è tenuto a prendere in considerazione tutte le circostanze prospettate dalle parti, essendo, invece, sufficiente che egli dia rilievo a quegli elementi ritenuti di valore decisivo con la conseguenza che debbono considerarsi disattese, e non già pretermesse, tutte le argomentazioni e le risultanze non espressamente esaminate, nell’implicito raffronto con gli elementi giudicati fondamentali (v. Cass. Sez. 2, Sent. n. 14463/2003 Rv.
228774), rileva il Collegio che la Corte territoriale ha ampiamente illustrato le ragioni per le quali, sulla scorta delle risultanze processuali, ha ritenuto congrue le pene irrogate dal primo giudice a C.F. e R.V., e ridotto quella inflitta al B., rilevando, per quanto riguarda il C., che sia la condotta integrante il reato di favoreggiamento reale protrattasi per lungo tempo che quella tenuta dall’imputato in occasione della rapina del (OMISSIS) (allorchè con prontezza aveva risposto alla richiesta di aiuto del F., adoperandosi in vario modo in favore suo e dei suoi sodali, affinchè sfuggissero alle ricerche degli organi investigativi) sono di indubbia gravità mentre la pena – tenuto conto anche della capacità a delinquere del prevenuto desumibile dal suo percorso criminale – è finanche mite (anni uno e mesi sei, ben inferiore al massimo edittale di anni cinque), e l’aumento per la continuazione (mesi tre) estremamente contenuto. Per R.V., condannato per i due furti di cui ai capi 70 e 71, la Corte ha evidenziato come il grave precedente penale per reati di analoga natura a quelli per cui si procede, l’obiettiva gravità delle condotte poste in essere, le modalità e la tempistica delle condotte criminose siano indici di una non modesta capacità a delinquere, e giustifichino quindi la ritenuta sussistenza della recidiva contestata come in concreto significativa della più accentuata colpevolezza e della maggiore pericolosità dell’imputato.
Quanto all’invocata prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti contestate, ha spiegato la Corte di non poter accogliere la richiesta e di condividere il giudizio di bilanciamento del primo giudice, in considerazione della natura dei reati ascritti e della vita anteatta del reo nonchè dell’atteggiamento dal medesimo tenuto dopo la commissione dei reati, già benevolmente valutato dal GUP ai fini della concessione delle attenuanti generiche, nonostante l’assenza di effettive ammissioni di responsabilità e risultanze probatorie inconfutabili. La determinazione in concreto della pena base da applicare per il reato più grave (anni 1 mesi 2 ed Euro 250,00 di multa) è poi solo leggermente superiore ai minimi edittali, e l’aumento per la continuazione contenuto in un mese e giorni 15.
In ordine alla posizione di B.F., al quale in primo grado erano state negate le attenuanti generiche per la tardiva e parziale ammissione di responsabilità, la Corte ha ben spiegato le ragioni della disposta riduzione di pena, ritenendo rivisitabile la valutazione operata dal primo giudice alla luce della condotta successivamente tenuta dall’imputato che pur avendo interposto appello in ordine al giudizio di responsabilità per i reati di furto e tentato furto di cui ai capi 37 e 76, nel corso dell’udienza d’appello, aveva ammesso la propria responsabilità anche rispetto a tali imputazioni. Tale comportamento unitamente all’intervenuta elargizione operata in favore di un ente benefico sono stati ritenuti segni di un auspicato mutamento di atteggiamento nei confronti delle regole della convivenza civile e quindi tali da giustificare la concessione delle attenuanti generiche, in rapporto però di sola equivalenza, e non prevalenza, con la recidiva e con le aggravanti contestate, in considerazione della indubbia gravità dei fatti contestati, del ruolo fondamentale svolto dall’imputato nella loro commissione, dalla considerazione della personalità del reo il quale nonostante l’arresto subito a fine giugno 2009 e la conseguente condanna, rimesso in libertà, aveva proceduto alla reiterazione nelle condotte criminose con significativa cadenza (ventuno sono i reati contestati e di cui al procedimento in questione), e con modalità efferate (v. pagg. 8, 9 e 36).
3. F.L., con il primo motivo di ricorso, contesta la sussistenza del reato di associazione a delinquere per mancanza degli elementi tipici del reato, e mancanza di motivazione circa il ruolo da lui rivestito nell’associazione medesima.
Il motivo è privo della specificità, prescritta dall’art. 581, lett. c), in relazione all’art. 591 c.p.p., lett. c), a fronte delle motivazioni svolte dal giudice d’appello, che non risultano viziate da illogicità manifeste.
La motivazione della Corte territoriale, che va necessariamente integrata con quella, conforme nella ricostruzione dei fatti, di primo grado, si appalesa completa, priva di vizi logici, del tutto aderente alle premesse fattuali acquisite in atti, compatibile con il senso comune, precisa e puntuale nell’illustrare gli elementi dimostrativi della concreta esistenza tra gli imputati di un accordo associativo, dedito principalmente alla commissione di un numero indeterminato di rapine e furti (oltre che al riciclaggio di vetture e alla ricettazione di beni di illecita provenienza) nonchè dell’esistenza di una struttura organizzativa per la realizzazione degli obiettivi criminosi. Tali elementi vengono quindi indicati dalla Corte, in particolare, nella predisposizione di mezzi adeguati per porre in essere l’attività criminosa (disponibilità di numerose armi custodite in luogo accessibile agli associati, comune utilizzabilità delle diverse vetture per la commissione dei delitti, frequente utilizzo e cambio di telefoni cellulari con schede intestate a terze persone), nei continui contatti tra gli imputati per motivi attinenti all’attività in questione, nell’assoluta frequenza con cui le condotte criminose erano poste in essere in un arco temporale limitato (inconciliabile con accordi conclusi in via estemporanea di cui non vi è peraltro traccia nelle numerose intercettazioni operate), nella circostanza che tutti si avvalevano della medesima struttura organizzativa (il box di (OMISSIS) posto a disposizione del F. da parte di C.F.) per nascondere la refurtiva ed operare indisturbati. All’associazione in questione appartenevano con ruoli paritari (quantomeno) i due F., B.F. e L.D., che "non solo risultano essere stati continuamente in contatto tra loro per porre in essere attività criminose (cfr. intercettazioni telefoniche ed ambientali), ma concretamente risultano aver posto in essere insieme molte delle condotte illecite ad essi ascritte avvalendosi della medesima struttura organizzativa (v. pagg. 27-29 della sentenza impugnata).
4. Anche il secondo motivo di ricorso di F.L. è generico nonchè manifestamente infondato.
Ribadito quanto già affermato per il giudizio di comparazione al punto 2 in riferimento ai ricorsi di R. e di B., osserva il Collegio che, nel negare la prevalenza delle già concesse attenuanti generiche rispetto alle aggravanti contestate, la motivazione della Corte non è nè illogica nè contraddittoria; la Corte, condividendo e richiamando le argomentazioni del primo giudice, che nel concedere le attenuanti generiche con giudizio di equivalenza aveva tenuto conto anche del buon comportamento processuale dell’imputato e dell’ammissione degli addebiti, ha affermato, in piena coerenza con le risultanze processuali così come esposte in entrambe le sentenze, che "nell’operare il giudizio di bilanciamento non può non tenersi conto, da un lato che le ammissioni dell’imputato siano intervenute in modo pieno ed esaustivo allorchè gli investigatori avevano già acquisito consistenti elementi di prova rispetto alla maggioranza delle imputazioni formulate a suo carico (avendo proceduto alla più ampia confessione solo nel gennaio 2011, dopo la notifica dell’avviso ex art. 415 bis c.p.p.) e, dall’altro, della capacità a delinquere dimostrata dall’imputato quale è comprovata dalla obiettiva gravità dei fatti, posti in esse impugnata).
Per quanto riguarda infine la dosimetria della pena, la Corte, pur accogliendo parzialmente le doglianze in ordine al trattamento sanzionatorio apparendo eccessiva la pena in rapporto all’incensuratezza dell’imputato e al coinvolgimento nell’attività criminosa da parte del padre, ha – con logica e congrua motivazione – rilevato che la gravità dei fatti commessi anche con modalità violente e la gravità della condotta reiteratamente tenuta dall’imputato "ben giustifica la determinazione della pena in misura superiore al minimo edittale ed un apprezzabile aumento per la continuazione riconosciuta per i diversi reati ascrittigli" (ben 56).
5. I motivi di cui alla memoria in favore di F.L., pervenuta il 24.9.2013 sono entrambi inammissibili.
In tema di ricorso per cassazione, infatti, la presentazione di motivi nuovi è consentita solo entro i limiti in cui essi investano capi o punti della decisione già enunciati nell’atto originario di gravame, poichè la "novità" è riferita ai "motivi", e quindi alle ragioni che illustrano ed argomentano il gravame su singoli capi o punti della sentenza impugnata, già censurati con il ricorso (v.
Cass. Sez. 1, Sent. n. 40932/2011 Rv. 251482).
I motivi in questione non riguardano i capi o punti censurati della sentenza, ovvero la ritenuta responsabilità per il reato di associazione a delinquere, il bilanciamento delle circostanze e la dosimetria della pena, bensì la ritenuta responsabilità per i reati di cui ai capi 61), 63) e 64) relativi ai reati di ricettazione delle targhe automobilistiche e di riciclaggio delle vetture, e la mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p..
I motivi, peraltro, in quanto meramente reiterativi dei motivi d’appello, sono pure privi della specificità, prescritta dall’art. 581 c.p.p., lett. c), in relazione all’art. 591 c.p.p., lett. c), a fronte delle ampie motivazioni svolte dal giudice d’appello, sia sul concorso dei reati di riciclaggio delle vetture e di ricettazione delle targhe apposte sulle medesime autovetture (v. pagg. 30-32) che sulla non configurabilità dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p. (v. pag. 49).
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibili i ricorsi, gli imputati che li hanno proposti devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa (v. Corte Cost. sent. n. 186/2000), nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro ciascuno, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille ciascuno alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2013.
Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2014
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