Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 15-10-2013) 28-02-2014, n. 9886

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con il ministero del difensore R.C. impugna per cassazione la sentenza della Corte di Appello indicata in epigrafe che ha confermato la sentenza del Tribunale di Taranto, con cui è stato riconosciuto colpevole del reato contravvenzionale (L. n. 575 del 1965, art. 3 bis, comma 4) di omesso versamento, nel prefissato termine di sessanta giorni, della cauzione di Euro 1.000,00 impostagli con l’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di p.s. per tre anni (decreto del Tribunale di Taranto del 29.10.2008, notificato all’imputato il 10.11.2008, irrevocabile il 23.12.2009).

2. Con il ricorso si deducono vizi di violazione di legge (art. 3 bis c.p., comma 4, cit. e art. 133 c.p.) ed insufficienza e illogicità della motivazione con riferimento ai seguenti due profili.

2.1. I giudici di appello non hanno idoneamente valutato i motivi di gravame in punto di volontà colpevole del prevenuto. La sola avvenuta notifica all’imputato del decreto di prevenzione non equivale a prova del dolo del contestato reato di omesso versamento della cauzione. La Corte salentina avrebbe dovuto verificare l’impossibilità economica addotta dal R., a prescindere dalle notazioni contenute nel decreto di prevenzione (ove si afferma che l’imputato sarebbe dedito ad attività illecite costituenti le sue fonti di reddito). Notazioni che anzi, escludendo lo svolgimento di una regolare attività lavorativa del prevenuto, suffragano la sua addotta indisponibilità finanziaria.

2.2. Incongruamente, in subordine, la Corte di Appello – nel confermare l’entità della pena inflitta in primo grado – ha omesso di prendere in esame i parametri dettati dall’art. 133 c.p., comma 2, tenendo ferma una pena eccessiva rispetto alla modesta offensività del fatto antigiuridico. Immotivatamente la stessa Corte ha negato il beneficio della sospensione della pena, pur versando l’imputato in condizione di poterne fruire.

3. Il ricorso va rigettato, essendo il primo motivo di censura infondato e il secondo motivo indeducibile.

3.1. La sentenza impugnata ha, con ragionamento logico corretto e conforme agli orientamenti interpretativi di legittimità (v., ex plurimis: Sez. 5, 11.7.2008 n. 39025, Iaffaldano, rv. 242325; Sez. 5, 15.7.2011 n. 39359, Sardina, rv. 251532), evidenziato le ragioni escludenti valore esimente alla situazione di difficoltà economica, soltanto addotta dall’imputato (in assenza di tracce documentali o storiche di simile evenienza), ai fini del versamento della cauzione impostagli. I giudici di secondo grado hanno puntualmente rilevato come l’imputato non abbia offerto ex art. 54 c.p. alcun dato dimostrativo di una sua situazione reddituale ostativa al versamento della cauzione. Ora, se non v’è dubbio che l’accertamento della incapacità economica di soddisfare l’obbligo cauzionale ricade nella cognizione del giudice di merito, è del pari pacifico che grava sull’imputato l’onere di allegazione di concreti fatti impeditivi del pagamento. Onere affatto disatteso dall’imputato nel caso di specie.

Quanto alla verifica della coscienza e volontà dell’omissione (elemento soggettivo del reato), la Corte territoriale ha sottolineato che il R. ha ricevuto rituale notifica del decreto di prevenzione e dell’annesso obbligo di versare la cauzione.

Evenienza ben sufficiente a radicare in capo all’imputato la conoscenza dell’obbligo e la sua connessa consapevole elusione. Tanto più quando si osservi che, integrando il contestato reato L. n. 575 del 1965, ex art. 3 bis, comma 4 una fattispecie contravvenzionale punita anche a titolo di colpa, non residua alcuno spazio per apprezzare l’eventuale buona fede dell’imputato nella condotta inottemperante (Sez. 6, 26.9.2012 n. 39957, Zungri, rv. 253496).

3.2. Le censure afferenti al trattamento sanzionatorio (determinato in misura equivalente al minimo edittale) delineano una violazione di legge (artt. 133 e 163 c.p.) non prospettabile in questa sede, perchè non già in concreto dedotta con i motivi di appello avverso la decisione di primo grado, tale non potendo certo considerarsi la generica richiesta di stile conclusiva dell’atto d’impugnazione ("benefici di legge ove concedibili"). In ogni caso i rilievi del ricorrente sono infondati, perchè la sentenza impugnata ha comunque argomentato l’esistenza di situazioni ostative alla concessione delle attenuanti generiche e alla formulazione di favorevole prognosi comportamentale ex art. 163 c.p..

Al rigetto dell’impugnazione segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2013.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2014

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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