Cass. civ. Sez. V, Sent., 12-09-2012, n. 15236

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

Con sentenza n. 93/12/2005 depositata il 6 febbraio 2006 la CTR di Roma respingeva l’appello presentato da B&B s.r.l. avverso sentenza n. 268/ 43/ 2004 della CTP di Roma avente ad oggetto impugnazione di un avviso di accertamento relativo a IRPEG e ILOR per l’anno 1996.

Contro la sentenza di secondo grado il contribuente ha presentato ricorso per cassazione articolato su tre motivi; l’Agenzia delle Entrate non si è costituita. La causa è stata decisa in pubblica udienza.

Motivi della decisione

1.1. Quale primo motivo di ricorso il contribuente indica violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 3, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nullità del procedimento in relazione all’art. 112 c.p.c., con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, Così formulato il motivo – rispetto al quale il contribuente propone due quesiti oltre a richiesta di una duplice dichiarazione attinente al difetto di motivazione – è evidentemente cumulativo, e dovrà quindi essere sezionato nei submotivi che lo compongono.

1.2 11 primo quesito di diritto, evidentemente afferente a ipotesi di error in procedendo, chiede di dichiarare che costituisce violazione dell’art. 112 c.p.c., il ritenere che la parte abbia implicitamente riconosciuto la validità di una presunzione laddove ne ha espressamente contestato la legittimità.

Dalla stessa formulazione del quesito emerge che non vi è stata omissione di pronuncia bensì pronuncia non conforme alla prospettazione del ricorrente, pronuncia che ha negato l’esistenza dell’asserita contestazione della presunzione. Il motivo è pertanto inammissibile.

1.3 Il secondo quesito, evidentemente in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, quale violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 3, chiede di dichiarare che è onere probatorio dell’Ufficio, e non del contribuente, dimostrare che movimenti sul conto corrente bancario di società di capitali o personale di soci ovvero operazioni effettuate da soci sono riferibili a operazioni societarie. La sentenza impugnata, a tacer d’altro, non ha enunciato alcun principio di diritto in ordine alla ripartizione dell’onere probatorio, per cui il motivo difetta di interesse.

1.4 In rapporto alla omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il ricorrente chiede si dichiari incongrua dal punto di vista logico-giuridico la presunzione per cui i crediti della società verso i soci per prelievi eseguiti da questi sono indice di maggiore reddito della società non contabilizzato e patimenti incongrua l’ulteriore presunzione per cui il fatto che i soci abbiano pagato le rate di un mutuo a essi intestato è indice di maggiore reddito della società non contabilizzato. Anche questo motivo è da disattendere, non essendo stati indicati – in effetti non sussistono – passi in cui la motivazione sostiene il contenuto di tali presunzioni, limitandosi infatti la CTR a ritenerle non contestate dal contribuente, avendo egli a suo dire contestato solo la mancata motivazione dell’atto e la procedura induttiva adottata dall’Ufficio.

2. Il secondo motivo concerne violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè l’omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Anch’esso – che sfocia in tre quesiti e, quanto al difetto di motivazione, nella richiesta di due dichiarazioni – presenta le stesse caratteristiche di pluralità del primo motivo, con identica conseguenza di analisi e sceveramento in submotivi.

2.1 Quale primo quesito di diritto il ricorrente chiede di dichiarare che una contabilità formalmente corretta è sconfessabile solo con riscontri documentali o con presunzioni semplici, dotate di gravità precisione e concordanza. Questo va evidentemente riferito a quanto il ricorrente ha rubricato come violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e difetta di interesse al vaglio, non essendosi pronunciata su ciò la sentenza impugnata, per cui è inammissibile.

2.2 Il secondo quesito di diritto proposto chiede di dichiarare – evidentemente in base agli stessi rifermenti normativi – che le presunzioni idonee a superare una contabilità formalmente corretta occorre si fondino su fatto noto, e non solo presunto. Nulla ha detto la sentenza sulle presunzioni di secondo grado, per cui vale quanto rilevato per il precedente submotivo, con analoga conseguenza di disattendimento.

2.3 Ulteriore quesito di diritto chiede – evidentemente ancora in base agli stessi ri fermenti normativi – di dichiarare che la circostanza che i crediti vantati dalla società verso i soci per prelievi siano da considerarsi come ricavi non contabilizzati e la circostanza che le quote di ammortamento del mutuo, in assenza di altri redditi da parte dei soci, siano da considerare entrate non contabilizzate costituiscono meri indizi utilizzabili per un accertamento meramente induttivo, ma non sono considerabili presunzioni, nè tantomeno presunzioni gravi, precise e concordanti ex art. 2729 c.c.. Si tratta evidentemente di una valutazione di fatto, che rende il motivo inammissibile.

3.1 11 terzo motivo riguarda motivazione insufficiente e/o contraddittoria circa un fatto controverso e decisivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Invero, anch’esso contiene una duplicità di motivi.

3.2 Lamenta il ricorrente, anzitutto, che il giudice di merito non ha enunciato un principio di diritto nè in relazione all’art. 2697 c.c., nè in relazione al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, nè in relazione alla L. n. 472 del 1993, art. 62 sexies, avendo semplicemente ritenuto di dover attribuire valore di prova presuntiva ad alcune circostanze (registrazione di crediti verso i soci, ingiustificati prelievi sui conti correnti della società da parte dei soci, incongruenze dei depositi in conto corrente basati prevalentemente su assegni, sostenimento da parte dei soci del mutuo ipotecario per 245 milioni di lire), confermando per relationem il percorso argomentativo della sentenza di primo grado e nulla dicendo sulla eccepita violazione di legge in rapporto al citato D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, e L. n. 472 del 1993, art. 62 sexies; tale omissione determinerebbe un primo profilo di illegittimità della decisione per palese insufficienza della motivazione. Si tratta, chiaramente, di una questione di diritto (pretesa violazione delle suddette norme) che non può quindi farsi valere come vizio di motivazione; ne consegue l’inammissibilità di questo motivo.

3.3 In secondo luogo, il ricorrente rileva che nella motivazione si è dato risalto alle circostanze sopra riportate per ricavare l’operatività di presunzioni, ma che tali presunzioni non sono coerenti con le norme imperative e con i fatti noti. Premesso di avere, negli atti introduttivi rispettivamente dei due gradi di merito, evidenziato come tali circostanze di per sè non legittimassero l’azione di accertamento dell’Ufficio, il ricorrente affermava di avere più volte lamentato una illegittima inversione dell’onere della prova in quanto l’Ufficio nella motivazione dell’avviso di accertamento non dava contezza del reale fondamento delle presunzioni e della loro consistenza tale da rendere inattendibile la contabilità. Ciò sarebbe stato avallato dai giudici di merito; in particolare la CTR, appiattendosi sulla sentenza di primo grado, avrebbe fornito una motivazione apparente e contraddittoria, perchè da un lato sembrerebbe rendersi conto del concorso di varie metodologie d’accertamento e dall’altro non spiegherebbe le ragioni che rendono legittima la metodologia in definitiva utilizzata.

Così formulato, il submotivo è privo di autosufficienza, non indicando con specificità i fatti controversi decisivi che sarebbero oggetto di vizio motivazionale come prospettato e introducendo, in effetti, una richiesta di diretta valutazione del merito in luogo della valutazione del percorso logico motivazionale. Il motivo va pertanto respinto.

Il ricorso va dunque rigettato; non vi è luogo a provvedere sulle spese non essendosi costituita la parte non soccombente.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2012.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2012

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