STRATEGIE DI COMUNICAZIONE 2.0 IN SANITÀ. IL CASO DELL’USO DI FACEBOOK PER INCREMENTARE LE DONAZIONI DI ORGANI (e-sanità ; E-GOVERNANCE)

Master I Livello presso LUM
MAGPA “Management & E-governance per la Pubblica Amministrazione”
TESI IN STRATEGIE DI COMUNICAZIONE 2.0 IN SANITÀ. IL CASO DELL’USO DI FACEBOOK PER INCREMENTARE LE DONAZIONI DI ORGANI

dott. Cirasole Domenico ( DCIRASOLE@HOTMAIL.COM )
ANNO ACCADEMICO 2013-2014

INDICIE
CAPITOLO 1 – E-government, e-governance, e-democracy
CAPITOLO 2 – La comunicazione nelle aziende
CAPITOLO 3 – La comunicazione nelle aziende pubbliche
3.1 IL PIANO DI COMUNICAZIONE ANNUALE DELL’AZIENDA PUBBLICA
CAPITOLO 4 – La Comunicazione dell’Azienda Ospedaliera
4.1 IL PIANO DI COMUINICAZIONE DELL’AZIENDA OSPEDALIERA.
CAPITOLO 5 – I Social media (WEB 2.0) nelle aziende ospedaliere.
CAPITOLO 6 – Facebook e il WEB 2.0 per incentivare la donazione degli organi.
CONCLUSIONI
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI E NORMATIVI

Capitolo 1
E-government, e-governance, e-democracy
Questo mio lavoro prende le mosse da una riflessione sulla forma che le aziende sanitarie
stanno assumendo in un contesto in cui le dinamiche di gestione non possono più essere
interpretate come un tempo, ma necessariamente alla luce di un processo molto
complesso conosciuto come governance.
Semplificando, la governance indica la progressiva cessione di potere abbinata ad una
significativa dilatazione degli attori coinvolti nei processi decisionali (istituzioni, parti sociali,
società civile organizzata profit e no-profit).
Si fa strada una forma di partecipazione più interattiva che sintetizza i bisogni collettivi.
Allo sviluppo di questo scenario ha senz’altro contribuito con una notevole forza d’urto
l’esplosione delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT), in
particolare di Internet.
Proprio in questo contesto, si inserisce la democrazia elettronica (e-democracy) che si
propone ambiziosamente come un sistema per governare e per rivitalizzare, la relazione
fra pubblica amministrazione e cittadini, facendo sì che questi ultimi siano inclusi nella vita
politica della PA e partecipino con continuità ad essa, condividendo.
I nuovi media detengono in sé un potenziale democratico, consentono di migliorare la
qualità e disponibilità di informazioni per tutti, permettono una divulgazione
economicamente conveniente, favoriscono la produzione d’informazione da parte di un
numero sempre maggiore di utenti/persone e determinano processi comunicativi interattivi.
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Detti utenti sono una minoranza, costituita generalmente da individui fortemente
scolarizzati di estrazione sociale medio-alta, già avvezzi alla partecipazione politica
tradizionale.
L’accesso all’informazione, consente quella trasparenza necessaria a un controllo
democratico sull’operato delle aziende sanitarie, consente l’iniziativa diretta da parte di
chiunque di presentare appelli, proposte inerenti a questioni che interessano e
coinvolgono la comunità e di sottoporle al dibattito della comunità stessa; consentono la
partecipazione diffusa dei cittadini ai processi decisionali, quindi il coinvolgimento dei
cittadini e delle loro forme associative in specifici processi decisionali.
I nuovi media consentono informazione, consultazione e partecipazione attiva.
Il rilascio d’ informazione permette ai cittadini di usarle, di consultarle e di fornire un
feedback alle aziende sanitarie, e di partecipare attivamente al processo decisionale.
I nuovi media riconoscono il ruolo dei cittadini nel dibattito aziendale, e nella responsabilit
delle scelte, coinvolgendoli nell’e-democracy consultiva, che si presenta come un
feedback pilotato e autoreferenziale delle stesse aziende.
Ben diverso è il feedback dal cittadino all’istituzione, dal basso verso l’alto.
Le Tecnologie per la consultazione catalogate come e-vote (voto elettronico) consentono i
processi elettorali istituzionali quali elezioni, referendum (voto-online) .
La tecnologia utile alla condivisione è il Web 2.0, che ogni giorno contribuisce a diffondere
informazioni di massa.
Il Web di seconda generazione ha dato voce a milioni di persone in tutto il mondo dando
libero sfogo ai propri sogni e ideologie. Ad ingrossare le fila dei social network si trova
sicuramente al primo posto il gigante Facebook, nato nel 2004.
Il Web 2.0 promuove la partecipazione dei cittadini alle attività delle pubbliche
amministrazioni locali e ai loro processi decisionali migliorandone l’efficacia, l’efficienza e
la condivisione da parte degli attori coinvolti. La partecipazione permette l’emersione e la
definizione del problema, la definizione degli attori, l’individuazione delle possibili soluzioni,
la scelta della soluzione sostenibile, la sua attuazione, implementazione, gestione,
monitoraggio e valutazione.
Aprire la partecipazione dei cittadini ad ognuna di queste fasi ha una forte ragion d’essere
in quanto porta con se l’obiettivo di semplificare i processi decisionali democratizzandoli
dall’inizio alla fine.
Al contrario oggi le istituzioni concedono dall’alto ai cittadini di partecipare nominandosi
allo stesso tempo promotori, regolatori e attuatori delle istanze provenienti dal basso.
L’e-government conduce alla costruzione di una governance territoriale, in cui
l’amministrazione elettronica si sposta verso l’attuazione di processi di governo e di
gestione attraverso il progressivo coinvolgimento e ascolto dei cittadini e degli
stakeholders.
L’e-democracy amministrativa invece, è il primo gradino che si solleva dal diverso concetto
di e-government.
In senso stretto per e-government si intende null’altro che il processo di informatizzazione
della pubblica amministrazione che rivoluzionando l’impianto organizzativo di base
consente di razionalizzare e di ottimizzare il lavoro degli enti e quindi di offrire ai cittadini
servizi più veloci ed efficienti.
L’e-democracy amministrativa è un cambiamento molto lungo e complesso che in qualche
modo rappresenta il presupposto culturale dei più complessi processi di e-democracy.
Al livello dell’e-democracy amministrativa si assiste ad una certa democratizzazione degli
enti che attenua il tradizionale impianto gerarchico delle pubbliche amministrazioni e che
stimola pratiche collaborative, flessibili e trasparenti in grado di creare una mentalità più
aperta al confronto e al dialogo con i cittadini.
Si tratta di creare le condizioni per affiancare all’accessibilità delle informazioni, alla
limpidezza e alla verificabilità delle procedure amministrative anche meccanismi di
feedback necessari alla ricostruzione del legame fiduciario tra aziende sanitarie e cittadini.
L’e-democracy amministrativa dovrebbe realizzare azioni mirate di inclusione sociale;
maggiore comunicazione e trasparenza dell’azione dell’amministrazione; realizzazione di
infrastrutture informatiche per la gestione operativa dell’amministrazione.
Negli ultimi anni sono cresciute le occasioni di confronto diretto fra cittadini e istituzioni in
molti ambiti delle politiche pubbliche locali, come i patti territoriali, l’urbanistica partecipata,
la programmazione strategica dello sviluppo, le Agende e i bilanci partecipativi.
Bisogna far convergere la comunità online e dei social networks, con gli ambienti di eparticipation
online forniti dalle Aziende sanitarie.
Quali spazi e quali tecnologie devono utilizzare dunque le aziende sanitarie per creare
un’architettura partecipativa vincente come quella del Web 2.0 ?
La vera sfida è quella dunque di trovare il modo di veicolare le migliaia di persone che
sono attive, ma estremamente disorganizzate e disperse nel web, verso nuovi spazi
legittimati dal potere e fondati su un reale spirito di volontà e fiducia.
I portali delle pubbliche amministrazioni devono essere ampiamente visitati, facilmente
rintracciabili in rete, devono innescare dinamiche partecipative.
Appurato che la partecipazione alla definizione delle politiche aziendali attraverso le nuove
tecnologie, in termini di ciclo di vita, non è stata pienamente raggiunta, la ricerca continua.
L’e-democracy amministrativa partecipativa è finalizzata al raggiungimento della
partecipazione attiva, quella in cui i cittadini divengono parte di un processo diffuso di
policy making e che si pongono in una condizione teorica di parità con le istituzioni
relativamente alle istanze da porre al centro del dibattito politico, sottraendo dalle mani
delle aziende sanitarie la responsabilità delle scelte finali.
Tale partecipazione attiva non si esaurisce tuttavia in processi di trasparenza istituzionale
e di “ascolto soft”, attuati attraverso i siti web dei principali istituti rappresentativi e nel
ricorso a pratiche interattive come l’esercizio di voto elettronico a scopo consultivo e
referendario ad integrazione delle forme tradizionali di voto.
L’e-democracy amministrativa partecipativa è l’ultimo modello evoluto di democrazia
elettronica, detto deliberativo in quanto tende non solo al coinvolgimento dei cittadini ai
processi di policy making, ma individua soprattutto nelle dinamiche discorsive e di
confronto la modalità imprescindibile secondo cui la partecipazione si attua. Questo
modello assume come suo fondamento l’esistenza di un insieme di sfere pubbliche, di una
molteplicità di livelli e spazi in cui i cittadini discutono e condividono esperienze,
interagendo con le istituzioni, muovendosi al di fuori di esse o parallelamente ad esse. É
un modello incardinato su due elementi: la centralità dell’individuazione e della
proliferazione di soluzioni tecniche in grado di favorire processi di comunicazione interattivi
e trasparenti e l’attivazione di meccanismi di partecipazione e deliberazione inclusivi che,
pur riconoscendo un ruolo centrale alle istituzioni rappresentative, favoriscono anche altri
attori istituzionali .

Capitolo 2
La comunicazione nelle aziende
Saper produrre, offrire servizi oggi non è più il fattore di successo di un’impresa pubblica.
Quello che fa la differenza è il valore immateriale dell’identità che l’impresa possiede e che
riesce a trasmettere ai target.
L’identificazione dei membri interni con l’organizzazione è una risorsa talvolta sottovalutata
ma vitale per l’azienda.
L’identificazione dipende strettamente dalla comunicazione interna che racchiude, quindi,
tutti quei processi attivati per relazionarsi con l’ambiente esterno ma anche interno.
Comunicare significa costruire credibilità e trasmettere spessore manageriale. Ciò significa
avere a disposizione persone motivate a svolgere il proprio lavoro ed attrarre nuove leve
dall’alto profilo tecnico e personale, ma anche consentire al territorio che ospita un’azienda
pubblica di essere improntato alla massima collaborazione e soddisfazione reciproca.
Costruire una buona comunicazione significa partire da solide basi fatte di valori, missione
e visione aziendale. Tali basi sono una diretta emanazione della personalità e dell’identit
aziendale (Corporate Identity), che è complementare con la Corporate Image e Corporate
Reputation.
Una buona comunicazione, infatti, fonda necessariamente, i propri linguaggi ed i contenuti
dei messaggi trasmessi sulle caratteristiche e sui valori della Corporate Identity; tali valori,
proprio attraverso i processi di comunicazione, vengono tradotti in significati utili alla
creazione della Corporate Image che include la Corporate Personality, ovvero l’insieme di
fattori quali le competenze, lo staff, la cultura, le attrezzature, i prodotti offerti; Corporate
Identity, che è invece il modo organizzato in cui l’azienda si mostra all’esterno; Corporate
Image, che invece è il modo in cui la Corporate Identity è percepita ed elaborata dagli
stakeholders.
Lo strategic management puo modificare (attraverso management communication,
marketing communication, organization communication) tanto la Corporate Personality
quanto la Corporate Identity attraverso soluzioni che risolvono i bug riscontrati nella
Corporate Image, ovvero quelle difformità che restituiscono un’immagine dell’azienda
differente da quella posseduta, e quindi veicolata.
Gli obiettivi della comunicazione, infatti sono strettamente funzionali alla copertura delle
difformità riscontrate tra la Corporate Identity (immagine che si vuole trasmettere) e la
Corporate Image (immagine recepita).
Va detto come premessa che, come il piano strategico di marketing, anche il piano di
comunicazione comprende obiettivi di comunicazione e tattiche di comunicazione.
Le tattiche di comunicazione sono, relative alle modalità scelte, utili a raggiungere gli
obiettivi; si tratta molto spesso, non solo della scelta dei contenuti da esprimere, ma anche
della scelta dei mezzi e dei veicoli più adeguati all’uso, visto che una buona
comunicazione è fatta anche dalla qualità ed opportunità dei supporti sfruttati per veicolare
le proprie argomentazioni.
Le imprese pubblche continuano ad investire poco e male nella comunicazione sia interna
che esterna.
Ad esempio nelle imprese pubbliche è quasi assente la comunicazione istituzionale
(espressione della mission aziendale) eliminando così i costanti rapporti con l’ambiente nel
quale è inserita, perdendo credibilità, fiducia e legittimazione presso gli stakeholder.
L’azienda è ritenuta portavoce di una best practice produttiva, sviluppata nel corso degli
anni se è mantenuta costante e viva, se risulta capace di gestire il proprio business in
maniera trasparente e corretta.
La comunicazione deve quindi condividere valori e reputazione.
È importante che anche all’esterno si abbia una visione positiva dell’impresa e che anche
il territorio faccia propria la missione dell’azienda pubblica.
Tra le tecniche e i mezzi di comunicazione esterna delle aziende pubbliche ritroviamo
l’organizzazione di eventi, meeting, convegni, le pubblicazioni aziendali, i report annuali, i
report ambientali e quelli di sostenibilità, le community events (meeting, tavole rotonde,
etc) ed internet.
Quest’ultimo mezzo ha dunque, l’opportunità di un buona gestione della reputazione e
dell’identità aziendale, oltre che semplice e veloce, capace di raggiungere gli obiettivi nel
più breve tempo possibile e con il minor investimento.
Sembra, che l’efficacia di questo tipo di comunicazione dipenda semplicemente dalla
trasparenza. La comunicazione delle aziende pubbliche al sociale, alla comunit
territoriale, ai cittadini, avviene quasi sempre con un sito web mentre i social network
sono ancora poco utilizzate.
Oggi giorno, grazie alle diverse peculiarità dei Social, le aziende pubbliche possono
comunicare con il proprio ambiente di riferimento ( fra utenti, clienti, cittadini) permettendo
scambio d’idee in modo istantaneo. L’abbattimento dei limiti comunicativi permette
l’ampliamento dell’e-wom (passaparola elettronico) che si presta ad essere uno
“strumento” a doppio taglio, il cui impatto sui comportamenti degli altri utenti può essere
devastante (positivamente o negativamente) per le aziende pubbliche in particolare quelle
sanitarie.
Alla luce di quanto detto finora, si può affermare che il marketing virale, ovvero il marketing
basato sul passaparola elettronico (e-wom), rappresenta una strategia totalmente nuova,
per le aziende sanitarie pubbliche.

Capitolo 3
La comunicazione nelle aziende pubbliche
La possibilità di governare e gestire in modo efficace la comunicazione di una
amministrazione pubblica dipende da un buon piano di comunicazione annuale.
Il Piano è una leva verso l’innovazione delle amministrazioni, per migliorare le relazioni e il
dialogo dentro e fuori dall’organizzazione. La funzione di comunicazione ha assunto un
ruolo fondamentale nel panorama delle leve a disposizione delle amministrazioni
pubbliche per il miglioramento dei servizi. Le ragioni di questa centralità sono molteplici e
partono da una più diffusa consapevolezza dei diritti di cittadinanza che modificano la
relazione tra cittadini e amministrazioni. La comunicazione assume dunque un ruolo
centrale per l’agire amministrativo, come strumento di governo della complessità sociale e
della complessità organizzativa e non più solo attività per assicurare la trasparenza dei
procedimenti amministrativi.
La comunicazione assume valore come strumento di governo per elaborare e attuare
politiche pubbliche capaci di meglio soddisfare i bisogni dei cittadini e delle imprese.
Diviene così indispensabile per le amministrazioni pubbliche individuare strategie unitarie
di comunicazione così come previsto dalla Legge n. 150 del 2000.
Nel dialogo con il contesto sociale le amministrazioni offrono ai propri cittadini la possibilit
di essere parte attiva nella definizione delle politiche pubbliche.
Per questo le attività di comunicazione accompagnano le strategie dell’organizzazione e si
configurano come uno strumento del policy making in tutte le sue fasi, dalla individuazione
dei problemi fino alla valutazione degli impatti prodotti dalle azioni amministrative.
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Quindi la comunicazione cambia l’organizzazione; i valori e l’identità costitutiva si
rifondano intorno a nuovi principi guida, le procedure vengono semplificate, i servizi
rispondono meglio ai bisogni dell’utenza, i linguaggi diventano più comprensibili, le
competenze e le conoscenze dentro l’organizzazione si affinano e si specializzano, le
relazioni migliorano e aumentano.
Fino agli inizi del Novecento, i pubblici poteri non dialogavano con gli amministrati , il
messaggio implicito era che lo Stato sorvegliava, agli inizi del XX secolo gli enti locali
svilupparono forti iniziative nel settore dei servizi urbani in favore della collettività e la
comunicazione diventa latente, non c’è mentre dovrebbe esserci. Nel periodo fascista la
comunicazione delle istituzioni è, insieme, distorta e negata, prevale l’aspetto
propagandistico, nel cinquantennio repubblicano i principi democratici dell’ordinamento
spingono verso la scomparsa della supremazia dei poteri pubblici nei riguardi dei cittadini.
Con la nascita delle regioni a statuto ordinario sono avvenute nel sistema amministrativo
modifiche tali da imporre il problema della comunicazione tra poteri pubblici e cittadini
come uno degli elementi cruciali della modernizzazione. Il passaggio dallo Stato alle
regioni di funzioni importanti (servizi sociali, istruzione, sviluppo economico, trasporti) ha
avvicinato ai cittadini i poteri titolari di tali servizi, costringendo regioni ed enti locali a
fronteggiare il problema della comunicazione ai cittadini in termini radicalmente nuovi.
Il nuovo volto dei poteri pubblici, insomma, deve colmare la distanza tra poteri pubblici e
collettività, deve spiegare tanto se stessi quanto i propri comportamenti, quindi chi sono e
perché adottano determinate decisioni, ciò ha più valenza se si guarda l’ultimo decennio.
L’obiettivo di far arretrare le amministrazioni pubbliche dalla gestione dei servizi, per
valorizzarne, in cambio, il ruolo di regolatori di attività svolte da soggetti terzi (in
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prevalenza privati anche se con presenza pubblica più o meno marcata), ha
contrassegnato dalla sintesi imporre/vietare.
Un’informazione più chiara ed esauriente determina, di per sé, una maggiore
democraticità dell’azione dei pubblici poteri. Nel contempo, la stessa pressione sociale
induce comportamenti più trasparenti dei poteri pubblici. Migliorare il rapporto con i
cittadini attraverso adeguate azioni di comunicazione è un’esigenza specifica dell’attuale
evoluzione del sistema pubblico.
La comunicazione è funzionale ai processi di riforma delle amministrazioni pubbliche:
senza di essa, infatti, non si promuove effettivo accesso alle istituzioni e non si assicura
l’efficacia dei provvedimenti di modernizzazione.
L’esigenza della comunicazione tra istituzioni e cittadini emerge sia in relazione alle
informazioni possedute e/o utilizzate dai poteri pubblici, sia in rapporto all’obbligo di
favorire la partecipazione dei cittadini (consentendo un reale accesso ai documenti
amministrativi e fornendo loro informazioni sui servizi di pubblica utilità).
Tuttavia occorre tenere presente che la comunicazione, o meglio le relazionalità tra
l’amministrazione e i propri pubblici di riferimento, dovrebbe riguardare tutte le fasi che
contraddistinguono il ciclo di vita di una politica pubblica.
La relazionalità è un valore per le amministrazioni pubbliche anche nella fase in cui si
costruiscono i processi decisionali che potrebbero essere, data la loro natura pubblica,
inclusivi e partecipativi.
Per questo la comunicazione si configura, potenzialmente, come una leva strategica
anche quando l’organizzazione sta definendo, valutando, scegliendo le proprie politiche.
Avere consenso intorno alle scelte pubbliche riduce le conflittualità, potenzia la fattibilità e
incorpora la comunicazione delle scelte stesse.
Anche a valle delle scelte decisionali e gestionali la comunicazione è dunque uno degli
strumenti di cui l’organizzazione si serve per concludere il ciclo di vita di una politica
pubblica.
La comunicazione non è solo il dare la notizia di quel processo decisionale, ma è una
parte integrante del processo decisionale. Gli atti del governo, a tutti i livelli, sono infatti
direttamente connessi alla risposta dei cittadini e molte decisioni, per diventare fatti e
azioni concrete, richiedono la modifica dei comportamenti dei cittadini.
La capacità di informare, coinvolgere e convincere i cittadini è un passaggio indispensabile
per raggiungere gli obiettivi dell’attività di una pubblica amministrazione.
Quando la pubblica amministrazione, attraverso azioni di ascolto strutturato e permanente,
è chiamata a scegliere, fra diverse opzioni, quella che può risolvere un determinato
problema collettivo, attraverso la relazionalità individua sicuramente le migliori decisioni
possibili e con il maggiore consenso percorribile.
Le amministrazioni pubbliche infatti non erogano solo servizi, ma sono, in primo luogo, le
sedi dove si assumono decisioni in nome dell’interesse generale.
L’ascolto non episodico, strutturato e consapevole, e in questo senso assunto quale scelta
strategica da parte del vertice dell’organizzazione, concretizza la bidirezionalità e consente
di completare il circolo virtuoso della comunicazione, al fine di valorizzare le relazioni in
termini di impatti sui processi di innovazione, cambiamento, sviluppo.
Più la comunicazione avvicina il cittadino all’amministrazione più questa diventa altamente
sensibile ai bisogni collettivi e capace di rispondervi efficacemente.
A segnare esplicitamente e formalmente questi principi ha contribuito il percorso di riforma
della pubblica amministrazione e la ridefinizione dei rapporti tra pubblica amministrazione
e cittadini nell’ambito della dottrina sui nuovi diritti soggettivi e di cittadinanza.
A partire dagli anni ’90 infatti la trasparenza è diventata una modalità di essere dell’azione
amministrativa da declinare in procedure, servizi, strutture: per rendere effettivi i diritti di
informazione e accesso e per corrispondere ai criteri di imparzialità e buona
amministrazione, gli enti sono tenuti ad attrezzarsi e a implementare la comunicazione
istituzionale come funzione amministrativa.
Da un modello basato sulla informazione unidirezionale (di tipo obbligatorio) si è passati
ad un processo bidirezionale.
La comunicazione da parte delle istituzioni pubbliche si qualifica, di conseguenza, in
comunicazione di servizio (come parte del servizio stesso) o di cittadinanza (se diretta al
coinvolgimento dei cittadini nella soluzione di un problema di interesse generale). La
comunicazione si presenta come un potente strumento di cambiamento
dell’amministrazione e, nel contempo, come un fattore centrale per rendere operanti i diritti
di cittadinanza. In sintesi, si può ritenere legittimo concludere che le riforme del decennio
1990-2000 abbiano segnato il passaggio dal segreto alla trasparenza e dall’unilateralit
alla partecipazione.
Non a caso il punto di partenza è un principio sancito per gli enti locali dall’art. 7 della
Legge 142/1990, che demandava a norme regolamentari l’emanazione di disposizioni atte
ad assicurare il diritto dei cittadini ad accedere alle informazioni in possesso
dell’amministrazione locale.
Analogo principio fu stabilito, in via generale per tutte le pubbliche amministrazioni, dall’art.
22, della Legge 241/1990.
Tra le due normative non vi è soltanto un legame strumentale (l’una che semplifica la
possibilità per il cittadino di ottenere informazioni sull’operato dell’amministrazione, l’altra
che crea un punto di contatto e di ascolto delle esigenze dei cittadini), ma vi è soprattutto
una coerenza di indirizzo. Punto ideale di arrivo di tale processo è la legge-quadro sulla
comunicazione pubblica (150/2000), che fornisce strumenti più incisivi ad un settore
chiave per i processi di modernizzazione del sistema pubblico.
Tale punto di arrivo sancisce che i pubblici poteri ovvero i gestori di public utilities – a
prescindere dal tipo di attività svolta – sono chiamati a:
• garantire la trasparenza dei processi decisionali, rendendo effettivo il diritto di
accesso dei cittadini agli atti delle amministrazioni pubbliche;
• informare con completezza e correttezza i cittadini sulle decisioni adottate;
• individuare gli standard qualitativi dei servizi erogati e garantirne a chiarire ai
cittadini le modalità di fruizione dei servizi;
• fare della customer satisfaction il presupposto e l’obiettivo della propria attività;
• garantire la partecipazione democratica dei cittadini ;
• l’efficacia organizzativa, cioè la capacità di perseguire consapevolmente gli obiettivi
amministrativi.
Il miglioramento della qualità dei servizi resi, o la semplificazione procedurale di un
adempimento, o ancora la maggiore velocità di risposta a una devono essere, ovviamente,
gli elementi di partenza.
Per quanto innanzi detto appare implicito che le amministrazione pubbliche in quanto
organizzazioni che perseguono uno scopo possono, anzi debbono, utilmente fare i conti
con la cultura maturata nel campo delle esperienze commerciali (marketing,
comunicazione istituzionale, corporate identity, brand equity, fidelizzazione, customer
satisfaction, eccetera).
Infatti la cultura della comunicazione maturata nel campo delle organizzazioni commerciali
non può essere riportata né meramente traslata al settore pubblico ma va adattata e resa
rispondente alle esigenze specifiche delle organizzazioni della pubblica amministrazione.
La domanda diventa quindi di quale comunicazione ha bisogno la pubblica
amministrazione per raggiungere i propri obiettivi? Quale è la cultura della comunicazione
adatta, appropriata?

3.1 Il piano di comunicazione annuale dell’azienda pubblica
La corporate identity ovvero l’immagine percepita, è il frutto di lente stratificazioni di chi
riceve il messaggio. La lenta stratificazione rappresenta il nodo fondamentale di un piano
di comunicazione. L’immagine dunque, è una negoziazione tra emittente e ricevente ed è
il ricevente a determinare in ultima analisi il significato poiché lo negozia. Di qui la
centralità dell’ascolto. Solo un ascolto strutturato, ovvero un monitoraggio della propria
immagine, conseguenza delle proprie azioni comunicative consapevoli o inconsapevoli,
può permettere una comunicazione efficace.
L’ascolto è un’attività costante nel piano di comunicazione, perchè si ascolta quando si
costruisce il piano, si ascolta nella fase di gestione, e si ascolta anche nella fase di
valutazione per verificare effetti ed impatti del piano.
Il piano di comunicazione di una azienda pubblica ha come obiettivo centrale la
trasparenza e l’imparzialità. Tutte le funzioni realizzate dall’amministrazione pubblica
presuppongono una qualche forma di interazione con l’esterno o all’interno stesso
dell’ente, per cui non è sufficiente limitarsi a creare dei servizi specializzati come l’Urp o
l’ufficio stampa, ma è necessario che le attività di comunicazione siano trasversali a tutte
le funzioni. Il piano dovrebbe trasmettere sia al pubblico interno che a quello esterno la
sua identità, i suoi valori costitutivi, il senso di appartenervi e l’apporto di ogni specifico
ruolo rispetto a tale identità. Non può esserci comunicazione esterna efficace se non c’è
un’altrettanta efficace comunicazione interna. Esso è pertanto, prima di tutto, piano di
comunicazione interna.
Il piano di comunicazione individua il perché comunichiamo, gli attori, i prodotti gli
strumenti e le risorse.
Iniziamo dalle tecniche di ascolto e valutazione della voce dei molteplici utenti.
Il più appropriato mezzo di ascolto è senza dubbio il questionario, ma questo non esclude
l’intervista, e l’osservazione.
Il metodo di redazione del piano di comunicazione consiste in sette passaggi:
• l’analisi dello scenario;
• l’individuazione degli obiettivi di comunicazione;
• l’individuazione dei pubblici di riferimento;
• la scelte strategiche;
• le scelte di contenuto;
• l’individuazione delle azioni e degli strumenti di comunicazione;
• la misurazione dei risultati.
La prima fase è l’identificazione degli obiettivi. Che cosa si prefigge l’ente pubblico? Senza
ombra di dubbio deve comunicare la trasparenza e l’imparzialità dell’azione
amministrativa. A chi deve comunicare che l’agire è trasparente e imparziale ?
Questo è il primo step del piano di comunicazione, ciò consiste nell’analisi dello scenario.
Con il termine scenario possiamo intendere sia il contesto di riferimento (geografico,
territoriale, socio-economico), il contesto di settore (ovvero le caratteristiche del mercato),
il contesto organizzativo (cioè le caratteristiche dell’amministrazione).
Dall’analisi dello scenario si passa alla segmentazione, ovvero alla suddivisione del
pubblico di riferimento in gruppi omogenei e significativi di soggetti da raggiungere con
una precisa azione di comunicazione.
La segmentazione, come step ulteriore del piano di comunicazione, è necessaria per
passare dal livello astratto degli obiettivi strategici e comunicativi, al livello pratico.
La segmentazione deve rispondere ad una serie di caratteristiche:
• differenzialità di ogni segmento;
• misurabilità di eventuali segmenti;
• significatività del pubblico per dimensione e importanza;
• accessibilità di ogni singolo segmento, per essere raggiunto in modo sufficientemente
chiaro e distinto rispetto alla massa generica del pubblico.
Ci sono diversi modi per segmentare il target. I modi più tradizionalmente utilizzati e che
possono essere usati anche in maniera integrata sono:
• segmentazione geografica
• segmentazione socio-demografica
• segmentazione psicografica ovvero interessi, stile di vita e status dell’utente;
• segmentazione in base al comportamento di fruizione
• segmentazione in base ai benefici ricercati.
Individuato il segmento si analizza come veicolare il messaggio, se per tutto il pubblico di
riferimento senza operare distinzioni, se differente rispetto ad ogni tipo di pubblico rilevato
dalla segmentazione, oppure una volta individuati i vari tipi di pubblico, se ne sceglie uno
di riferimento sul quale concentrare il messaggio.
Rispetto alle modalità di trattamento del messaggio a seconda dello scopo che si intende
perseguire in termini di feed back sui pubblici destinatari, sono possibili le seguenti scelte
di strategia comunicativa:
• la propaganda
• la persuasione
• l’agevolazione.
A questo punto del piano occorrerà operare una scelta dei contenuti di comunicazione
sulle attività e sugli strumenti di comunicazione.
Si evince la necessità di superare un’impostazione focalizzata sulla pubblicità, poiché la
pubblica amministrazione si è evoluta sulla trasparenza e la semplificazione dei propri
procedimenti amministrativi, e sceglie sempre il percorso privilegiato del dialogo col
cittadino.
Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione nei piani di comunicazione delle
pubbliche amministrazioni (ICT) prevedono la costruzione di siti internet, la realizzazione
di call center e lo sviluppo di varie soluzioni tecnologiche per scambiare informazioni e
attivare relazioni, sia all’interno delle Amministrazioni, sia con i cittadini.
Ma ci costa appurare che ancora sporadico è il fatto che le amministrazioni abbiano
compreso appieno, a livello sistemico, il ruolo e le funzioni che l’ICT può svolgere nella
comunicazione interna ed esterna.
Nell’integrare l’ICT in un piano di comunicazione occorre tener presente il fatto che le
nuove tecnologie non si sostituiscono a quelle già adottate, ma le affiancano.
A questo riguardo, internet senza dubbio rappresenta attualmente il medium più interattivo
ed economico di cui una amministrazione pubblica possa disporre; attraverso la
promozione di siti statici, forum, chat, mailing-list, blog, e social, si può avere un quadro
sempre vivo di ascolto e di interattività, da poter utilizzare nelle occasioni più opportune.
In particolare il passaparola dei social, rappresenta una forma di comunicazione diffusa e
neanche sempre conoscibile per una organizzazione.
Sui social, dunque, è possibile tentare di incidere, esercitando quel controllo che è proprio
delle attività di comunicazione assunte e gestite direttamente da un’organizzazione.
La forza persuasiva e l’influenza dei social sono considerevoli perché l’emittente, ad
esempio l’utente di un servizio, riscontra molta credibilità presso il suo pubblico, ossia
l’insieme di tutti gli utenti di quel servizio, che una qualunque altra forma di pubblicit
autorefenziaria realizzata dall’amministrazione.
L’aspetto quantitativo dei social è sorprendente: esso si diffonde ad una velocità inusuale,
raggiungendo in maniera capillare un elevatissimo numero di persone. Il passaparola
esiste anche all’interno dell’organizzazione, quale fonte alternativa ai flussi d’informazione
ufficiali.
Del resto la fiducia attribuita dai cittadini al passaparola si basa sulla consapevolezza che
esso è la risultante della somma delle singole esperienze.
In un piano di comunicazione non si può non considerare il passaparola, specie quello
presente nei social.
Il rumore di fondo, la comunicazione indiretta che a volte distorce la comunicazione diretta,
si scontra e si confonde con l’insieme della comunicazione diretta.
Un ottimo piano di comunicazione deve integrare un giusto mix di media interattivi e di
media unidirezionali per garantire un buon risultato nell’instaurarsi e mantenersi delle
relazioni con i principali interlocutori dell’amministrazione i cittadini, poiché, infatti, il
“colore” della comunicazione pubblica è essenzialmente di servizio e di utilità.
Quindi sarebbe meglio concentrare l’azione mediatica in primo luogo attraverso strumenti
“interattivi” che internet offre, come appunto i social, capaci di promuovere uno spazio
partecipativo bi-direzionale, e solo secondariamente affidarsi a mezzi one-to-many (da
uno-a-molti), tipici della comunicazione di massa.
Infine vi è la valutazione del piano di comunicazione che non può limitarsi all’analisi
dell’adeguatezza e della corretta impostazione del piano, per come esso è costruito, ma
deve estendersi all’esame dell’efficacia e dell’efficienza dei processi di comunicazione che
il piano stesso stabilisce.

Capitolo 4
Piano di Comunicazione dell’Azienda Ospedaliera
– Introduzione –
La comunicazione è una risorsa d’innegabile valore per la sanità, fa parte a pieno titolo
dell’attività quotidiana di un’Azienda Ospedaliera, con favorevoli ripercussioni sulla qualit
dei processi organizzativi e dei servizi offerti ma, e se non opportunamente gestita, può
rappresentare un pericoloso boomerang e arrecare un grave danno d’immagine all’ente.
La comunicazione in ambito sanitario non è soltanto "informare" ma anche "ascoltare" le
esigenze degli utenti, per rendere le Aziende più vicine ai cittadini e capaci di rispondere
ai loro bisogni.
Per praticare una buona comunicazione è sempre più importante ascoltare le esigenze
degli utenti, predisporre canali adeguati per raccogliere i loro suggerimenti o i reclami,
valutare la qualità percepita riguardo ai servizi che hanno ricevuto, avere tecniche,
strumenti, informazioni più approfondite per stabilire condizioni di fiducia e trasparenza.
Poiché la vita dell’organizzazione si basa inevitabilmente su un intreccio di relazioni
all’interno e all’esterno (tra i vari professionisti, tra cittadini e operatori) e di relazioni
trasversali (tra l’Azienda e le altre realtà della pubblica amministrazione ma anche verso il
terzo settore e le aziende private), non è sufficiente creare servizi specializzati (URP,
ufficio stampa) e delegare ad essi il compito di comunicare ma è necessario che le attivit
di comunicazione siano trasversali a tutte le funzioni e a tutti i livelli e vengano percepite
come fattori determinanti.
29
È importante ricordare sempre che ogni operatore sanitario rappresenta l’Azienda ogni
volta che si rapporta con un utente.
La comunicazione assume grande importanza anche nella sua funzione interna di
informazione e coinvolgimento del personale agli obiettivi dell’Istituzione. I sistemi di
rilevazione della qualità percepita nell’ambito delle attività clinico assistenziali
costituiscono il segno di un cambiamento, che si vuole definitivo, verso una cultura del
risultato, in questo processo sono divenuti centrali il tema della qualità dei servizi ed il
ruolo del cittadino inteso quale “risorsa strategica” per valutare la rispondenza dei servizi
erogati ai bisogni reali, così come percepiti dai soggetti fruitori.
È da rilevare che col passare del tempo è emersa una nuova coscienza della società nel
rapporto con tutto ciò che è pubblico, infatti da una parte i cittadini nel loro rapporto con le
pubbliche amministrazioni hanno acquisito la percezione di essere titolari di diritti e,
dall’altra, hanno circoscritto la loro consapevolezza nell’indicare le risposte più adeguate
alle esigenze reali. In questo mutato scenario, alle Aziende Sanitarie è stato chiesto di
soddisfare le istanze dei cittadini attraverso il miglioramento della qualità dei servizi,
mediante l’attivazione di forme di comunicazione diretta con i cittadini, le loro associazioni,
gli stakeholders e gli operatori sanitari, considerati veri e propri clienti interni. In una sanit
partecipata la comunicazione accompagna le azioni e le decisioni, delle aziende sanitarie.
Da ciò scaturisce la necessità di pianificare e programmare concrete iniziative di
Comunicazione. Nell’affrontare la pianificazione dell’attività comunicativa, il “Piano di
comunicazione”, nel determinare gli obiettivi da raggiungere, deve considerare obiettivo
privilegiato comunicare ad un numero più ampio possibile di cittadini e operatori
soprattutto il cambiamento del modello assistenziale, ovvero la necessita per gli utenti di
comunicare la qualità delle prestazioni percepita, decisive per migliorare i rapporti di
fiducia tra cittadini e la struttura sanitaria.
In tal modo i cittadini, i loro familiari, le Associazioni e gli operatori sanitari,
nell’instaurazione e nel mantenimento di relazioni cooperative, stabiliscono con l’Azienda
una vera e propria partnership all’interno di reti e sistemi estesi del valore. Di converso,
l’Azienda acquisisce contributi valoriali per procedere costantemente alla creazione di
ulteriore valore, sia per sé che per la popolazione di riferimento.
Un sistema di Comunicazione efficiente deve essere anche orientato a promuovere
cambiamenti negli stili di lavoro dei dipendenti e negli stili di vita dei cittadini quale
elemento di prevenzione e quindi di salute della Comunità amministrata.
La facilitazione all’accesso, elemento fondamentale per garantire la salute e il benessere
dei cittadini, rientra negli impegni di comunicazione dell’Azienda verso la collettività.
All’interno della comunicazione sanitaria ha particolare rilievo la comunicazione di crisi ed
emergenza come strumento che permette di controllare le situazioni di allarme improvviso
per la salute al fine di dare una risposta corretta ed equilibrata alle richieste dei media e
dei cittadini.
La comunicazione per la salute è l’elemento costitutivo e leva strategica delle politiche di
promozione della salute.
La centralità della persona, nell’ambito delle riforme delle politiche di welfare, si estrinseca
in una serie di principi fondamentali esercitabili da parte dei singoli cittadini: libertà di
scelta del cittadino; libertà d’iniziativa; competizione tra erogatori, condivisione e
responsabilizzazione di tutti gli attori del sistema; attenzione all’appropriatezza e alla
qualità delle prestazioni; responsabilità; innovazione; centralità della persona;
uguaglianza; imparzialità; continuità; diritto di scelta; partecipazione; efficienza ed
efficacia; trasparenza; equità.
Questi principi guida caratterizzano l’evoluzione del sistema socio-sanitario e l’orientano
nel passaggio dall’offerta alla domanda. Si tratta di uno spostamento dell’asse valoriale:
porre al centro delle politiche sociosanitarie il cittadino significa integrare il termine welfare
con il termine well-being, ossia “stare bene”, in una dimensione anche soggettiva; significa
mettersi sempre di più dalla parte del cittadino, privilegiando il punto di vista del
destinatario con un approccio trasversale; implica la diversificazione della gamma dei
servizi per fornire ai soggetti, in particolare a quelli fragili, risposte sempre più
personalizzate; implica una razionalizzazione dell’uso delle risorse disponibili, il
superamento delle logiche settoriali, la frammentazione e duplicazione di interventi, verso
prese in carico unitarie e procedure d’accesso ai servizi semplificate e, da ultimo, ma non
meno importante, la verifica dei risultati conseguiti.
Questa “centralità” è strategica, perché consente alle Aziende Sanitarie di mettersi in rete
con gli altri attori sociali, per costruire percorsi integrati ed efficaci nel migliorare la salute
della popolazione, andando ad agire su tutti i suoi determinanti.
L’obiettivo è il miglioramento dello stato di salute e della qualità della vita grazie al
contributo dei diversi settori della società.
Il cittadino consapevole e responsabilizzato è un soggetto che comprende e sceglie,è un
costruttore dei propri stili di vita e un protagonista del proprio benessere ed è pertanto un
soggetto in grado di interagire razionalmente e responsabilmente con il proprio ambiente
di riferimento.
Una comunicazione efficace mira a coinvolgere e a rendere partecipe il cittadino delle
scelte di carattere sanitario messe in atto anche attraverso l’utilizzo di un linguaggio
semplice e comprensibile.
I comportamenti e gli stili di vita sono uno dei principali determinanti delle condizioni di
salute della popolazione e del singolo. Le patologie prevalenti in termini di morbilità e
mortalità (tumori, patologie cardiovascolari, patologie croniche dell’apparato respiratorio)
hanno, infatti, tra i loro determinanti il fumo di tabacco, le abitudini alimentari scorrette, una
vita sedentaria; a ciò si aggiunge l’importante impatto sulla salute che producono i
comportamenti a rischio che coinvolgono vari ambiti (guida pericolosa, uso/abuso di alcol,
droghe, rapporti sessuali a rischio). La comunicazione efficiente deve intervenire in questi
e in altri fattori sociali quale la sensibilizzazione della popolazione alla donazione di
organi.
Le Aziende Sanitarie negli ultimi anni, hanno iniziato a lavorare, in alcuni ambiti, in
un’ottica sistemica, attraverso una strategia d’intervento culturale, educativo, sociale e
socio-sanitario con una molteplicità d’interventi in ambiti differenti quali famiglia, territorio,
aggregazioni informali, scuola.
Possiamo concludere che un’efficace comunicazione aziendale, sia interna sia esterna,
consente infatti ricadute positive non solo sulla percezione della qualità del servizio reso al
cittadino, ma anche sul miglioramento reale della qualità di vita di una determinata
popolazione.

4.1 Il Piano di Comunicazione dell’Azienda ospedaliera.
Il Piano di Comunicazione dell’Azienda ospedaliera (programma annuale) è lo strumento
principale di pianificazione dell’attività di comunicazione per l’anno a cui si riferisce.
Esso si propone di offrire innanzitutto un quadro sintetico di presentazione dell’Azienda,
ponendo enfasi soprattutto sulla sua specifica mission.
Il Piano prosegue con un’analisi dettagliata dei soggetti della comunicazione che
coinvolge la totalità dell’Azienda ospedaliera e dei suoi stakeholder.
La parte principale del piano considera l’esistente e quanto già realizzato per poi
descrivere singolarmente i vari progetti operativi che si intendono attuare per il futuro.
Nel dettaglio, saranno individuate tre aree strategiche della comunicazione: la centralit
del cittadino, la valorizzazione del personale, la mission e l’identità aziendale.
Per ognuna di queste aree strategiche saranno individuati degli obiettivi, a ciascuno dei
quali corrispondono uno o più progetti operativi.
Schematicamente il PdC:
• Analizza lo scenario;
• Individua gli obiettivi (identità condivisa, efficienza dei processi esplicitazione della
mission, costruzione dell’immagine, condivisione dei valori);
• Stabilisce le priorità degli obiettivi, stabilisce un tema prevalente;
• Segmenta il pubblico ovvero, individua e quantifica la popolazione di riferimento;
• Calendarizza le azioni;
34
• Specifica i soggetti responsabili dell’attività di comunicazione;
• Pianifica i mezzi di comunicazione;
• Alloca risorse – umane, finanziarie, organizzative, informative, relazionali etc.;
• Determina modalità e indicatori per la valutazione delle singole azioni e del Piano.
La parte secondaria del PdC si concreta nell’identificazione degli attori del Sistema e gli
strumenti di comunicazione che sommariamente sono:
• I vertici decisionali ovvero la Direzione strategica considerata il principale attore,
l’Alta Direzione , chiamato a governare la comunicazione ;
• l’Ufficio Relazioni con il Pubblico (front-office, back office) che deve attuare,
mediante l’ascolto dei cittadini e la comunicazione interna, i processi di verifica della
qualità dei servizi e del gradimento degli stessi da parte degli utenti;
• L’Ufficio Pubblica Tutela, ufficio autonomo e indipendente a tutela delle istanze
sociali e civili;
• L’Ufficio stampa che svolge la propria attività di relazione con i mezzi di
comunicazione di massa, attraverso comunicati stampa, conferenze stampa, fornitura di
contenuti;
• Il Centro unificato di prenotazione (CUP) servizio disegnato per rendere
protagonista del sistema il paziente che, attraverso internet, può verificare on line i tempi
di attesa e prenotare direttamente le visite e/o gli esami che il medico di famiglia prescrive.
• Il Centralino telefonico, attraverso il quale l’utente si rivolge alle Azienda e che
determina una prima percezione dell’immagine aziendale;
• Punto di Accoglienza e di Orientamento, Punti Informativi , gli sportelli, le portinerie,
i desk informazioni ubicate in corrispondenza degli ingressi principali alle sedi ospedaliere,
offrono un importante servizio di assistenza e indirizzamento per gli utenti;
• Agenda quotidiana, strumento on line di rapida ed immediata consultazione
sull’attività della Direzione;
• Newsletter, strumento di comunicazione interna che utilizza la Mail aziendale di
ogni dipendente, per comunicazioni interne;
• Il portale del dipendente o rete Intranet, sportello virtuale on line per i dipendenti
dell’azienda attraverso il quale vengono forniti una serie di servizi e documentazione ,
contribuendo a ridurre l’utilizzo della carta stampata.;
• I Canale You Tube, Twitter e Facebook , piattaforme web che consentono la
condivisione e visualizzazione in rete di video, messaggi, informazioni, avvisi, ma anche
raccogliere opinioni, disservizi, lamentele, criticità del sistema;
• Le bacheche aziendali, presenti nei punti più frequentati delle Aziende sanitari che
ospitano spesso avvisi e comunicazioni sulle novità organizzative interne all’Azienda e
sulle iniziative aperte al pubblico;
• Il periodico di informazione aziendale , con finalità di informazione, di veicolare le
politiche aziendali nei confronti dei cittadini, delle istituzioni locali, associazioni e operatori
delle Aziende Sanitarie su atti di programmazione, attività dei servizi, informazione sui
servizi e sulle modalità di accesso, informazione sanitaria, rapporti con gli Enti istituzionali,
politiche sindacali per il personale, attività di studio-formazione e convegnistica, rapporti
con le Associazioni di volontariato e di cittadinanza organizzata, ecc. ;
• L’angolo del dipendente, piattaforma Internet riservata, in cui sono inserite tutte le
informazioni relative alla sua posizione lavorativa e gli avvisi di suo interesse;
• La carta dei servizi dell’Azienda Ospedaliera, importante strumento di analisi
dinamico che segue l’evolversi dell’organizzazione aziendale, dei servizi offerti e delle
esigenze del cittadino;
• La carta etica, ovvero percorso etico che coinvolge Dirigenti e i Dipendenti
costituisce un documento contenente i principi ed i valori a cui tutti devono ispirare le
proprie azioni di servizio ed attività quotidiane a qualunque profilo appartengano;
• Il Bilancio sociale dell’Azienda Sanitaria Locale strumento di comunicazione
attraverso il quale rendicontare l’attività di ogni anno;
• Il sistema di qualità aziendale;
• Gli operatori sanitari ed amministrativi che erogano i servizi;
• Gli utenti in quanto destinatari dei servizi;
• Conference call audio automatica , sistema di comunicazione innovativo, che
consente a Dirigenti e Dipendenti ovunque collocati come sede, di riunirsi in una
conferenza telefonica senza dover logisticamente spostarsi ;
• Il sito web istituzionale che metterà in risalto in un’apposita sezione di ricerca
dedicata alla consultazione dei tempi di attesa, fruibile anche da dispositivi mobili, uno
schema d’informazione degli standard di qualità, accessibilità, fruibilità e semplicità di
utilizzo, modalità, tempi, luoghi di accesso, eventuali costi delle prestazioni sociosanitarie
erogate dall’Azienda (Guida ai Servizi) nonché azioni di customer, citizen satisfaction e
meccanismi di tutela e di partecipazione dei cittadini.
Il sistema della comunicazione deve anche essere improntato ad una gestione digitale dei
processi di comunicazione e della documentazione, in genere attraverso l’attuazione di un
quadro di riferimento innovativo e previsto nelle regole di ogni pubblica amministrazione.
In particolare l’azienda sanitaria, nel pieno rispetto del Codice dell’Amministrazione digitale
(D.leg.vo n. 235/2010) deve prevedere l’attivazione di strumenti e sistemi quali ad esempio
la posta elettronica certificata, la gestione documentale informatizzata, la firma digitale, la
conservazione sostitutiva, il reperimento della modulistica on line, la trasmissione digitale
di immagini, la trasparenza dei siti, l’accesso e fruizione dei servizi on line, i pagamenti
elettronici, la sicurezza digitale, il protocollo informatico ovvero strumenti utili alla
dematerializzazione dei processi documentali, per il raggiungimento di benefici di
efficienza e miglioramento della produttività del personale, economicità, condivisione delle
informazioni, miglioramento rapidità e snellimento dei servizi ai cittadini ecc.
Concludendo possiamo affermare che il PdC si integra con il Piano Qualità e Rischio
Clinico,il Piano della Formazione, condividendone i medesimi fondamenti che sono mirati
allo sviluppo di una cultura orientata all’utente attraverso il sostegno al governo clinico, allo
sviluppo del sistema qualità, allo sviluppo della cultura gestionale, alla promozione
dell’approccio per processi e allo sviluppo delle competenze relazionali, comunicative e
del lavoro d’equipe realizzando appieno la comunicazione organizzativa.
In un’Azienda a rete, attraversata da relazioni e reciproche influenze con l’ambiente in cui
è immersa e di cui è parte integrante, la comunicazione progettata e realizzata in due filoni
rigidamente distinti come tradizione (interno ed esterno), non ha più senso. La
comunicazione funzionale nelle aziende sanitarie risulta essere quella organizzativa
ovvero un insieme di processi di creazione e scambio di informazioni dall’interno
all’esterno delle reti di relazioni coinvolgendo i soggetti interni, i collaboratori e tutti i
soggetti esterni in qualche modo interessati o in contatto con l’ASL.
Le Aziende sanitarie, dovrebbero costituire i Comitati Consultivi Aziendali (CCA), composti
dagli stakeholder dell’Azienda, ovvero organizzazioni e associazioni di volontariato e di
tutela dei diritti degli utenti, degli operatori del settore sanitario e socio-sanitario, con
l’obiettivo principale del CCA di favorire la partecipazione dei cittadini ai processi
decisionali aziendali, relativamente al miglioramento della qualità dei servizi, della
comunicazione tra la struttura sanitaria e gli utenti, promuovendo un reale scambio
reciproco di opinioni, che favorisca la crescita, indirizzi al miglioramento del rapporto
cittadino-struttura sanitaria e verifichi la qualità dei servizi, non dal punto di vista tecnico
professionale ma dal punto di vista della loro aderenza ai bisogni dei cittadini. Gli ambiti
d’intervento riguarderanno tutti i fattori che influiscono sulla salute, i cosiddetti
“determinanti di salute” e che possono schematicamente essere distinti in: ambientali,
sociali, economici, relativi agli stili di vita (alimentazione, attività fisica, fumo, alcool ed
all’accesso ai servizi, non solo sanitari ma anche sociali, scolastici, ricreativi e di
trasporto).

Capitolo 5
I Social media nelle aziende ospedaliere
I social media cominciano ad essere utilizzati da organi istituzionali e aziende ospedaliere
per lanciare campagne di comunicazione e sensibilizzazione su specifici temi sanitari o
per promuovere stili di vita salutari, consentono alle organizzazioni sanitarie di migliorare
le proprie strategie comunicative, offrendo alle istituzioni sanitarie una nuova piattaforma e
interfaccia comunicativa, possono aiutare le aziende sanitarie a comunicare con utenti
tradizionalmente difficili da raggiungere, come gli adolescenti o gli immigrati.
I social media possono essere utilizzate dalle organizzazioni sanitarie per raccogliere i
feedback individuali, monitorare le conversazioni dei pazienti e raccogliere i reclami e i
possibili disservizi, per apportare un profondo cambiamento nella prospettiva
dell’organizzazione, passando da una comunicazione top-down e un approccio broadcast
a una comunicazione orizzontale, dando la possibilità ai cittadini di parlare direttamente
alle aziende sanitarie.
I social media sono utilizzati come una finestra per promuovere servizi dell’informazione,
per attivare nuove forme di comunicazione pubblica conversazionale e relazionale, ma
soprattutto diventano piattaforme ideali per abilitare la voice e la partecipazione dei
cittadini consentendo alle PA di stabilire un flusso comunicativo bidirezionale con i
cittadini, abilitare la partecipazione e la concertazione su decisioni e policy pubbliche,
informare i cittadini di nuovi servizi e gestire strategicamente la comunicazione in
occasione di eventi critici ed emergenze climatiche.
Oggi le Aziende sanitarie si stanno attrezzando per offrire al pubblico la possibilità di
seguire le proprie attività su più canali, anche social, dando attuazione alla governance
della trasparenza, della partecipazione, e dell’accountability.
Facebook, Twitter e You tube, sembrano i canali dove è più facile intercettare il cittadino, e
quindi modificano le strategia di comunicazione organizzativa, diventando elementi
essenziale per una strategia vincente.
Essere follower di un’Azienda sanitaria, significa seguire gli aggiornamenti rilasciati e
avere la possibilità di interagire con l’azienda sanitaria.
I post presenti sui social descrivono: “notizie e novità” sulle attività aziendali; “info e news”
nel bacino d’utenza; “comunicazioni di pubblica utilità”; “news dall’Ufficio Stampa”;
“approfondimenti e le indicazioni dell’Asl”; “contenuti su eventi e campagne”; “avvisi”;
“bandi di gara”; “interviste”; “racconti di eventi”. Tutte queste informazioni sono fortemente
orientate all’utenza esterna, ma senza perdere di vista la “cornice” aziendale.
Gli strumenti del web 2.0 hanno innumerevoli facilities rispetto alla gestione tradizionale
dei siti, non richiedono particolari competenze tecniche, serve a rendere più sinergica la
comunicazione, e a creare nuove interazioni.
Ogni messaggio esterno sarà più efficace se conterrà valori e orientamenti largamente
condivisi con l’interno, così come ogni messaggio interno dovrà assicurare una quota di
considerazioni e suggerimenti di cosa cittadini e imprese si aspettano dalle organizzazioni
pubbliche.
L’informazione attraverso i social cambia dimensione, diventa un reale processo
conoscitivo e non l’elenco di decisioni già prese, consente l’attivazione di rapporti basati
sulla trasparenza e sul senso dell’ascolto per veicolare soluzioni e cambiamenti.
Le narrazioni, nel caso delle aziende sanitarie, nei social, sono anche catalizzate con
#hashtag, che richiamano l’attenzione su specifici temi e sempre più spesso, consentono
ai pazienti che si rivolgono ai social media come piazza, di ottenere e condividere
informazioni e contenuti pertinenti e accurati che possono essere facilmente consultati e
utilizzati.
Il Ministero della Salute suggerisce alle strutture sanitarie italiane, all’interno delle linee
guida per la comunicazione on line pubblicate nel 2010, l’impiego di piattaforme
partecipative per pianificare attività di comunicazione più efficaci in tema di promozione
della salute e per stabilire con i cittadini relazioni più coinvolgenti e dialogiche.
Il web sociale sta perciò emergendo sempre più come grande repository di informazioni
sulla salute e come spazio di dialogo, condivisione e partecipazione dei cittadini/pazienti.
Nei social gli utenti non cercano solo informazioni sulle malattie, sui trattamenti sanitari,
ma anche sugli ospedali e su altre strutture mediche, sulle modalità di prenotazione delle
prestazioni ed infine sul personale medico e/o specialistico.
Nei cittadini vi è un’ accresciuta consapevolezza del ruolo e delle funzioni richieste alle
amministrazioni e, di conseguenza, un’aumentata esigenza di informazioni.
Quindi i social stanno rivoluzionando il modo di fare comunicazione pubblica da parte delle
amministrazioni, spesso ancora troppo conservatrici nella definizione di strategie di
comunicazione verso la cittadinanza e il sistema dei media.
Gli operatori sanitari devono superare la loro reticenze e riconoscere il ruolo fondamentale
che possono e devono giocare i social.
Purtroppo poca connessione e ancora troppa distanza esiste tra pazienti, cittadini, Asl e
ospedali.
I social sono ancora poco usati per comunicare con i pazienti e gli ospedali italiani sono
ancora “internetsauri”, soprattutto quelli del Sud, che utilizzano poco o per nulla canali
ormai preferenziali in altri Paesi, come Facebook o Twitter o Youtube.
Negli Stati Uniti e in Canada è stimato che un cittadino su cinque utilizzi i social media per
accedere alle informazioni fornite da ospedali ed altri centri di ricovero influenzando, in
definitiva, la decisione su dove cercare risposta al proprio bisogno di salute. Il dato
USA/Canada evidenzia come l’utilizzo del web 2.0 risulti strategico nel garantire
un’informazione efficiente e una comunicazione bidirezionale efficace nei confronti del
cittadino/paziente.
Il futuro è l’integrazione di molteplici strumenti volti a permettere agli utenti di condividere i
contenuti di loro gradimento, partecipando in modo attivo alla valutazione e alla diffusione
delle informazioni. Social Network, You Tube, Google Maps e servizi di pagamento on line
saranno il futuro delle aziende ospedaliere.
L’ospedale sarà a portata di App, nuova, intuitiva e da portare sempre con sé, con
l’obiettivo di raforzare e migliorare la relazione fra l’utente e l’ospedale, fornendo
informazioni aggiornate in tempo reale e a portata di mano su tablet e cellulari. L’utente
avrà la possibilità di ricercare e accedere velocemente alle informazioni sui vari reparti e
sulle modalità per prenotare visite ed esami. Saranno presenti sezioni “Come
raggiungerci”, “Mappe” e “News” nel quale proporre un’accurata raccolta di notizie su
eventi, convegni, lavori scienti e nuovi servizi ospedalieri.
Gli utenti avranno sempre a portata di mano informazioni importanti per accedere ai servizi
ospedalieri ovunque si trovino e in qualsiasi momento, anche in situazioni di urgenza ”.
Purtroppo non si cerca (o non si riesce) ancora ad attivare le voci dei cittadini.
I responsabili della comunicazione evidenziano chiaramente le difficoltà nella gestione del
feedback con i cittadini. Mancano policy esterne ed interne, e il monitoraggio è un’attivit
raramente svolta dalle Aziende Sanitarie.
La valutazione delle attività sui social media è in gran parte quantitativa (Facebook
Insights).
La mancanza di risorse umane qualificate e specializzate per gestire queste piattaforme è
la prima causa di ostacolo all’uso di social network, ma esiste anche una resistenza legata
alla paura di ricevere commenti negativi e critiche da parte dei cittadini.
Essere sui social media significa essere in un libro aperto dove tutti possono dire quello
che vogliono senza alcun controllo.
Purtroppo Twitter e YouTube sono utilizzati come media tradizionali, per diffondere
informazioni sulla salute, piuttosto che per coinvolgere gli utenti.
Le Asl, gli ospedali, e gli assessorati alla salute, non sembrano ancora pronti a cogliere
l’opportunità di attivare flussi bidirezionali con i cittadini preoccupati per le possibili
conseguenze di questi spazi di conversazioni con gli stessi cittadini.

Capitolo 6
Facebook e i social media per incentivare la donazione degli
organi.
A livello nazionale, seppur con differenze tra aree del sud e del nord Italia, dovute alle
diverse organizzazioni sanitarie regionali, il sistema nel suo complesso mostra una
considerevole stabilità in termini di donatori.
Sebbene i numeri del sistema trapianti Italiano siano positivi e incoraggianti è importante
continuare impegno e sforzi per aumentare il numero dei donatori.
Solo così si potrà garantire il trapianto a tutti coloro che sono in lista d’attesa.
Il trapianto è un mezzo decisivo. Dopo la morte dovrebbe essere un dovere morale e
sociale. Ma è una decisione che andrebbe presa subito, perché tale disponibilità sia
espressa in modo inequivoco.
Il 40% dei familiari dice ‘no’ alla donazione degli organi dei loro cari deceduti.
E’ a loro, ma soprattutto alla coscienza dei singoli individui, che si rivolgono le varie nuove
campagne di sensibilizzazione delle Regioni, Asl, Ministero e Associazioni.
Gli scopi e gli obiettivi delle iniziative, mirano a:
– informare e sensibilizzare la popolazione sulle tematiche della donazione e trapianto di
organi;
– promuovere una costante presa di responsabilità delle Istituzioni per rispondere ai
bisogni dei cittadini in attesa di trapianto;
– sviluppare una corretta informazione in tema di prelievo e trapianto di organi da parte dei
mezzi di comunicazione;
– infondere una migliore e più diffusa consapevolezza del ruolo di ogni cittadino e del diritto
di manifestare la propria volontà;
– incrementare le registrazioni di dichiarazioni di volontà positive;
– ridurre le opposizioni al prelievo;
– aumentare il numero di trapianti.
Per diffondere la cultura della donazione, il Ministero della Salute ha indetto, per il giorno
31 maggio 2014 la Giornata per la donazione degli organi, arricchita da manifestazioni ed
eventi, distribuzione di depliant e materiale informativo, affissioni, spot televisivi, radio
comunicati, integrati da una campagna web attraverso un sito informativo a scorrimento e
di facile consultazione, canali social, canali video (Facebook e Youtube), e un’applicazione
per coinvolgere anche i più giovani con iniziative virali e giochi consultabili direttamente
dallo smartphone.
I risultati della campagna di Pubblicità Progresso presentati al presidente della Repubblica
il 3 giugno 2014 sono stati soddisfacenti, in 18 mesi quasi 50 mila nuovi donatori di
organi, +70% di donazioni di organi, nel 2014 (2345 casi di accertamento di morte con
criteri neurologici, 135 in più rispetto al 2013 ) , mai così tanti nel nostro paese i sì
all’espianto di organi dopo la dichiarazione di morte neurologica. Solo in un caso su tre ci
si oppone al prelievo.
Cresce quindi complessivamente l’intera attività Trapiantologica.
Questo è quanto illustrato nel Report attività 2014 a cura del Centro Nazionale Trapianti,
presentato presso l’Auditorium ministeriale.
I dati confortanti arrivano grazie all’uso dei social, tra cui Facebook e Youtube, i quali sono
stati al fianco della campagna per la donazione degli organi, supportando la causa.
Dal primo maggio del 2012 gli utenti americani e inglesi di Facebook hanno potuto inserire
nel proprio profilo informazioni circa la volontà di donare i propri organi in caso di decesso.
Per inserire lo stato relativo alla donazione degli organi era necessario andare sulla
sezione riservata agli avvenimenti importanti e selezionare la voce “salute”. A questo
punto, selezionando la voce “Donatore di organi” si compilava una scheda informativa.
L’avvenimento appariva sul profilo, e a tutti gli amici.
L’idea di Zuckerberg, management di Facebook è stata quella di consentire agli utenti del
noto social network di comunicare ai loro “amici” la decisione presa, stimolandoli in questo
modo a fare altrettanto.
D’altra parte Facebook oggi è già utilizzato efficacemente per promuovere cause
umanitarie e per raccogliere fondi. Perché quindi non usare la piattaforma di social
networking più usata al mondo (sono oltre un miliardo gli utenti registrati) per incentivare la
donazione di organi? L’iniziativa, al momento del lancio, è stata accolta in modo scettico
dalla comunità scientifica internazionale che ha messo in dubbio il fatto che gli utenti che
si fossero espressi a favore della donazione si sarebbero poi effettivamente iscritti nel
registro donatori.
Chi nutriva dei dubbi forse avrebbe fatto bene a ricredersi.
Uno studio recentemente pubblicato sull’American Journal of Transplantation da ricercatori
della Johns Hopkins University di Baltimora ha dimostrato che Facebook ha effettivamente
sensibilizzato i cittadini su questo delicato tema al punto che la donazione degli organi è
cresciuta più di quanto non sia accaduto, in passato in seguito a campagne di
sensibilizzazione condotte con i tradizionali mezzi .
Confrontando i profili di Facebook degli utenti di 43 stati americani (e del distretto di
Columbia) rispetto ai registri nazionali dei donatori, i ricercatori hanno infatti scoperto che
già il giorno del lancio dell’iniziativa il numero effettivo di nuovi donatori era cresciuto di
21.1 volte passando da 616 nuovi donatori giornalieri (il valore medio giornaliero di
donazioni registrato nei mesi immediatamente precedenti al lancio della iniziativa) a
13.054. Nei 12 giorni successivi (lo studio è durato 13 giorni) il numero di nuove
registrazioni è calato, mantenendosi però superiore alla media giornaliera nazionale.
Complessivamente nel periodo di osservazione ci sono state 39818 registrazioni, delle
quali 32958 attribuibili all’”effetto Facebook” (che corrisponde a un aumento di 5.8 volte del
valore medio di registrazioni precedenti al lancio della nuova funzione).
Merito certamente di Facebook e del fatto chi si dichiarava favorevole alla donazione sul
proprio profilo poteva automaticamente accedere ai link dei registri dei donatori per
iscriversi immediatamente online e ad altri link per la consultazione di materiali informativi
e di approfondimento.
Nei 13 giorni di osservazione, i ricercatori hanno anche stimato in circa 100.000 gli utenti
di Facebook che negli USA hanno espresso la volontà di donare i propri organi. Se la
percentuale di coloro che hanno trasformato questo desiderio in una scelta reale è di circa
il 33% la percentuale di partecipazione tra gli utenti di Facebook è stata piuttosto limitata,
meno dell’0,1% degli utenti americani del noto social network si sono espressi sulla
questione.
Per aumentare il loro numero i ricercatori suggeriscono di usare in maniera più intensiva e
organica strumenti di social media come Facebook, Twitter, YouTube e Instagram e di
integrare tali strumenti nelle campagne di promozione tradizionali.
D’altra parte è proprio su questo versante che sembrano arrivare i primi risultati come
dimostrano varie iniziative di sanità pubblica lanciate sui social media per la prevenzione
dei suicidi, la lotta all’obesità infantile e l’adesione a campagne vaccinali.
Ed è proprio alla promozione della salute e alla modifica degli stili di vita che molti
ricercatori stanno puntando la propria attenzione nella sperimentazione di social media,
online communities (le piattaforme di social networking dedicate a specifiche patologie e
ad accesso controllato) e applicazioni per smartphone e tablet.
Se Facebook, Twitter, smartphone e tablet riusciranno a combattere la sedentarietà,
l’obesità, il fumo, l’eccesso di alcol, il diabete e altre malattie sociali e non trasmissibili lo
scopriremo nei prossimi anni.
Il dato certo dimostrato, anche in Italia è che campagne informative tradizionali integrate ai
social hanno garantito ottimi risultati, rendendo 2.0 anche la solidarietà.

Conclusioni
Il ripensamento dell’impresa tradizionale in un ambiente digitale, nasce dalle
considerazioni che il mondo delle comunicazioni personali è totalmente cambiato, poiché
chiunque può seguire le proprie motivazioni ed “articolarsi” online, e/o creare una propria
rete di contatti sociali, superando le barriere fisiche del mondo reale. Il marketing virale
non solo cattura la comunicazione e la distribuzione ma diventa anche una scelta
finanziaria alla luce dei nuovi modelli pubblicitari.
Vista la penetrazione di dispositivi mobili nella vita quotidiana, non si poteva non tener
conto delle possibilità d’attivazione di fenomeni “controllati” di passaparola nel settore
mobile, al fine di incentrate una comunicazione tra Aziende sanitarie e utenti, clienti,
pazienti, cittadini, aziende, al fine d’incentivare cerchie di amici a partecipare numerosi alla
discussione su tematiche inerenti il diritto alla salute e l’efficienza dell’azienda nel
soddisfare i bisogni della popolazione.
Progettare e realizzare una campagna 2.0 in tema di tutela e promozione della salute
come uno strumento di comunicazione al cittadino con elevati livelli di qualità significa
ragionare intorno ai seguenti concetti-chiave.
Innanzitutto va assunta come fondamentale la centralità del cittadino-paziente.
L’empowerment del cittadino infatti è funzione non solo della disponibilità di informazioni e
di interventi a carattere sanitario, ma anche del loro grado di personalizzazione.
Solo così il cittadino-paziente può essere messo nelle condizioni di rispondere
positivamente alle campagne di promozione della salute e prevenzione delle malattie,
nonché alle politiche per un utilizzo responsabile delle strutture sanitarie.
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Va rafforzata, poi, la funzione di indirizzo e coordinamento che dovrebbe svolgere il
Ministero della Salute nei confronti degli altri enti del SSN, anche nell’ambito della
specifica attività di informazione e comunicazione al cittadino.
Va quindi prestata attenzione alle potenzialità delle tecnologie del web 2.0 come
strumento per rispondere alla domanda di maggior ascolto e partecipazione da parte del
cittadino. Non va sottovalutata l’alta sensibilità delle informazioni in campo sanitario, che
limita l’applicazione indiscriminata di detti strumenti cosiddetti ‘aperti’.
Trascurare l’ascolto del cittadino rischia di aumentare, anziché ridurre, il senso di sfiducia
nelle istituzioni pubbliche.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI E NORMATIVI
Vengono indicati di seguito i principali riferimenti normativi riferiti al settore della
comunicazione:
 L. 241/90 Diritto di accesso agli atti e trasparenza nella P.A.
 Decreti riforma SSN 502/92 e 517/93
Si introducono i concetti di qualità, personalizzazione e
umanizzazione dei servizi, l’obbligo della informazione, raccolta
segnali di disservizio.
 D. L.vo 29/93 Revisiona la disciplina del pubblico impiego e introduce gli Uffici per
le Relazioni con il Pubblico.
 Direttiva PCM 27/1/94 Introduce la Carta dei Servizi Pubblici.
 Direttiva 11.10.94 Principi e modalità per il funzionamento degli URP.
 DPCM 19.5.95 Schema generale di riferimento per la Carta dei Servizi Pubblici.
 L. 150/2000 Disciplina delle attività di informazione e comunicazione delle P.A.
 DPR 422/ 2001 Regolamento per la individuazione dei titoli professionali del
personale delle P.A. impegnato nell’attività di comunicazione.
 Direttiva PCM 7.2.02 Attività di comunicazione nelle P.A. prevede una funzione di
marketing istituzionale.
 Direttiva MFP 24.3.04 Rilevazione della qualità percepita dai cittadini.
 Direttiva Dipartimento Funzione Pubblica 31.1.07 Direttiva del Ministro per le
Riforme e le Innovazioni nella P.A. per una pubblica amministrazione di qualità.
1. Legge n. 241 del 7 agosto 1990 – “Nuove norme in materia di procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi"
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2. Decreto del Presidente della Repubblica n. 352 del 27 giugno 1992 –
"Regolamento per la disciplina delle modalità di esercizio e dei casi di esclusione
del diritto di accesso a documenti amministrativi in attuazione dell’arI. 24, comma 2,
della legge 7 agosto 1990, n 241"
3. Decreto legislativo n. 29 del 3 febbraio 1993 -"Razionalizzazione
dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in
materia di pubblico impiego a norma dell’arI. 2 della legge 23 ottobre 1992, n 421"
 Circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica n. 4 del 18 febbraio 1993 –
"Iniziative volte ad agevolare il rapporto tra pubblica amministrazione e cittadini"
 Circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica n. 17 del 27 aprile 1993 –
“Istituzione dell’ufficio per le relazioni con il pubblico e disciplina delle attività di
comunicazione di pubblica utilità"
 Circolare n. 5006 del9 giugno 1993 – "Misure organizzative per l’esercizio del
diritto di accesso"
 Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 gennaio 1994 –
"Principi sull’erogazione dei servizi pubblici"
 Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 11 ottobre 1994 – "Principi
per /’istituzione e il funzionamento degli uffici per le relazioni con il pubblico"
 Circolare del Ministero della Funzione Pubblica n. 14 del 24 aprile 1995 –
“Direttiva alle amministrazioni pubbliche in materia di formazione del Personale"
 Decreto del Presidente dei Ministri 19 maggio 1995 – "Schema generale di
riferimento della Carta dei servizi pubblici sanitari"
 Legge n 273 del 11 luglio 1995 – “Misure urgenti per la semplificazione dei
procedimenti amministrativi per il miglioramento dell’efficienza della pubblica
amministrazione"
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 Decreto Presidente della Repubblica n. 513 del 10 novembre 1997 –
"Regolamento recante criteri e modalità per la formazione, l’archiviazione e la
trasmissione di documenti con strumenti informatici e telematici, a norma
dell’articolo 15, comma 2, legge 15 marzo 1997, n. 59"
 Legge n. 281 del30 luglio 1998 – "Disciplina dei diritti dei consumatori e degli
utenti"
 Decreto del Presidente della Repubblica n. 403 del 20 ottobre 1998 –
"Regolamento di attuazione degli articoli l, 2 e 3 della legge 15 maggio 1997, n 127,
in materia di semplificazione delle certificazioni amministrative"
 Legge n. 50 del 8 marzo 1999 – "Delegificazione e testi unici di norme concernenti
procedimenti amministrativi -legge di semplificazione 1998"
 Legge n. 150 del 7 giugno 2000 – "Disciplina delle attività di informazione e di
comunicazione delle Pubbliche Amministrazioni"
 Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 settembre 2000 –
"Direttiva sul programma delle iniziative di informazione e comunicazione
istituzionale delle amministrazioni di Stato"
 Legge n. 62 del 7 marzo 2001 – "Nuove norme sull’editoria e sui prodotti editoriali e
modifiche alla legge 5 agosto 1981 n. 416"
 Circolare n. 3 del13 marzo 2001 – "Linee guida per l’organizzazione, l’usabilità e
l’accessibilità dei siti web delle pubbliche amministrazioni”
 Decreto del Presidente della Repubblica n. 403 del 21 settembre 2001 –
"Regolamento sui criteri per l’individuazione dei soggetti professionali esterni da
invitare alle procedure di selezione per realizzare comunicazioni istituzionali a
carattere pubblicitario"
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 Decreto del Presidente della Repubblica n. 422 del 21 settembre 2001 –
“Regolamento recante norme per /’individuazione dei titoli professionali del
personale da utilizzare presso le pubbliche amministrazioni per le attività di
informazione e di comunicazione e disciplina degli interventi formativi"
 Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 31 ottobre 2001 –
"Istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della
funzione pubblica, di una struttura di missione, ai sensi dell’articolo 7, comma 4, del
decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303"
 Direttiva del Ministro della Funzione Pubblica del 13 dicembre 2001 –
"Formazione e valorizzazione del personale delle pubbliche amministrazioni"
 Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 7 febbraio 2002 – "Attivit
di comunicazione delle pubbliche amministrazioni"
 Decreto del Ministro della Funzione Pubblica del 8 maggio 2002 – "Istituzione
della Commissione per la valutazione delle attività di formazione, prevista dalla
Direttiva del Ministro della Funzione Pubblica 7 febbraio 2002"
 Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30 maggio 2002 –
Conoscenza e l’uso del domino internet ".govit" e l’efficace interazione del portale
nazionale "italia.govit" con le pubbliche amministrazioni e le loro diramazioni
territoriali"
 Decreto del Presidente della Repubblica n. 137 del 7 aprile 2003 –
"Regolamento recante disposizioni di coordinamento in materia di firme elettroniche
a norma dell’articolo 13 del D.Lgs. 23 gennaio 2002, n 10"
 Decreto del Presidente della Repubblica n. 196 del 30 giugno 2003 – "Codice in
materia di protezione dei dati personali"
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 Decreto del Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie del14 ottobre 2003 –
"Approvazione delle linee guida per l’adozione del protocollo informatico e per il
trattamento informatico dei procedimenti amministrativi"
 Direttiva dei Ministri dell’Innovazione e della Funzione Pubblica del 27
novembre 2003 – "Direttiva per l’impiego della posta elettronica nelle pubbliche
amministrazioni"
 Decreto del Presidente della Repubblica n. 390 del19 dicembre 2003 – "Proroga
del termine previsto dall’articolo 6, comma 3, del decreto del Presidente della
Repubblica 21 settembre 2001, n 422, concernente il regolamento recante norme
per l’individuazione dei titoli professionali del personale da utilizzare presso le
pubbliche amministrazioni per le attività di informazione e di comunicazione e
disciplina degli interventi formativi"
 Legge n. 4 del 9 gennaio 2004 – "Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti
disabili agli strumenti informatici"
 Direttiva del Ministero della Funzione Pubblica del 24 marzo 2004 – "Direttiva
sulla rilevazione della qualità percepita dai cittadini"
 Direttiva del Ministero della Funzione Pubblica del 24 marzo 2004 – "Misure
finalizzate al miglioramento del benessere organizzativo nelle pubbliche
amministrazioni"
 Legge n. 112 del 3 maggio 2004 – Norme di principio in materia di assetto del
sistema radiotelevisivo e della RAI- Radiotelevisione Italiana Spa, nonché delega al
governo per l’emanazione del testo unico della radiotelevisione"
 Legge n. 15 del 2005 – "Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n 241,
concernenti norme generali sull’azione amministrativa" (G.U. n. 42 del21 febbraio
2005)
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 Deliberazione del 7 marzo 2005 dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni –
"Informativa economica di sistema. Obbligo di comunicazione delle spese
pubblicitarie degli enti pubblici" (Deliberazione n 139/05/CONS) (G.U. n. 67 del 22
marzo 2005)
 Decreto legislativo n. 82 del 7 marzo 2005 – "Codice dell’amministrazione digitale"
(S.O. alla G.U. n. 112 del16 maggio 2005)
 Legge n. 80 del14 maggio 2005 – "Conversione in legge, con modificazioni, del
decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell’ambito del
Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al
Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di
cassazione e di arbitrato nonché per la riforma organica della disciplina delle
procedure concorsuali" (S.O. alla G.U. n. 111 del14 maggio 2005)
 Decreto legislativo n. 177 del 31 luglio 2005 – "Testo unico della radiotelevisione"
(G.U. n. 208 del? settembre 2005)
 Direttiva del Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie di concerto con il
Ministro per la Funzione Pubblica del 27 luglio 2005 – "Direttiva per la qualità dei
servizi on line e la misurazione della soddisfazione degli utenti" (G.U. n. 243 del18
ottobre 2005)
 Decreto legislativo n. 159 del 4 aprile 2006 – "Disposizioni integrative e correttive
al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante codice dell’amministrazione
digitale" (S.O. alla G.U. n. 99 del 29 aprile 2006)
 Direttiva del Ministro della Funzione Pubblica del 17 febbraio 2006 –
“Rendicontazione sociale nelle amministrazioni pubbliche” (G. U. n. 63 del16 marzo
2006)
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 Decreto Presidente della Repubblica, n. 184 del12 aprile 2006 – Regolamento
recante disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi” (G. U. n. 114
del 18 maggio 2006)
 Direttiva Ministro per le Riforme e l’Innovazione nelle Pubbliche
Amministrazioni del 9 dicembre 2006 – “Per una Pubblica Amministrazione di
Qualità”
 Direttiva del Ministro per le Riforme e l’Innovazione nelle Pubbliche
Amministrazioni del 20 febbraio 2007 – “Direttiva sull’interscambio di dati tra le
pubbliche amministrazioni e la pubblicità dell’attività negoziale”;
 Legge n. 69 del18 giugno 2009 – “Disposizioni per lo sviluppo economico, la
semplificazione, la competitività nonchè in materia di processo civile” (SO alla G.U.
n. 140 del19 giugno 2009)
 Direttiva n. 8 del 28 novembre 2009 – “Direttiva del ministro per la pubblica
amministrazione e l’innovazione per la riduzione dei siti web delle pubbliche
amministrazioni e per il miglioramento della qualità dei servizi e delle informazioni
on line al cittadino”
 Legge n. 122 del 30 luglio 2010 – “Conversione in legge, con modificazioni, del
decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di
stabilizzazione finanziaria e di competitività economica” (S.O. alla G.U. n. 176 del
30 luglio 2011)
 Decreto Legislativo n. 235 del 30 dicembre 2010 – “Modifiche ed integrazioni al
decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante Codice dell’amministrazione
digitale, a norma dell’articolo 33 della legge 18 giugno 2009, n. 69” (S.O. alla G.U.
n. 6 del10 gennaio 2011)

Il rapporto di lavoro subordinato ( The relationship of employment )

a cura del dott. Domenico CIRASOLE

Nel nostro ordinamento il rapporto di lavoro subordinato viene trattato separatamente dagli altri contratti perché in esso non è tanto rilevante la fase della formazione della volontà contrattuale quanto lo svolgimento del rapporto stesso. Vi è inoltre la necessità pubblicistica di tutelare il lavoratore, quale contraente più debole.
La principale caratteristica del rapporto di lavoro subordinato è infatti la subordinazione del lavoratore al datore di lavoro, che non implica solo inferiorità economica e sociale dello stesso ma anche la sua estraneità all’organizzazione produttiva in cui è inserito, nonché la soggezione al potere direttivo del datore di lavoro.
Dal punto di vista formale, il rapporto di lavoro è un rapporto di scambio, oneroso, a prestazioni corrispettive. Da una parte c’è l’obbligazione del lavoratore di eseguire la prestazione per il quale è stato assunto, dall’altra c’è quella del datore di lavoro di corrispondere la retribuzione, in proporzione alla qualità e la quantità del lavoro prestato. E’ inammissibile nel nostro ordinamento un contratto di lavoro a titolo gratuito.
Attorno a queste due obbligazioni fondamentali, si dispongono a carico di entrambe le parti una serie di obbligazioni accessorie, strumentali o integrative, quali, per il lavoratore, l’obbligo di non trattare affari in concorrenza con l’imprenditore (c.d. obbligo di fedeltà), gli obblighi di collaborazione, diligenza ed obbedienza, d’altra parte, per il datore di lavoro, l’obbligo di garantire condizioni di lavoro sicure ed i poteri disciplinare, gerarchico e di controllo.
L’obbligazione di lavoro al momento della stipula del contratto è determinata solo in maniera generica; sarà poi il datore di lavoro a riempirla di contenuto (mansioni), attraverso l’esercizio del proprio potere direttivo. Il luogo della prestazione di lavoro viene stabilito dall’imprenditore nell’esercizio del potere direttivo, mentre per quello che riguarda l’orario vi sono una serie di limitazioni stabilite dalla legge a tutela della salute e della sicurezza del lavoratore.
Il potere direttivo del datore di lavoro è tuttavia soggetto ad una serie di limiti legali, in quanto non è attribuito al datore di lavoro solo per il soddisfacimento dei propri interessi ma soprattutto nell’interesse dell’impresa. I lavoratori hanno quindi un interesse legittimo che venga esercitato con imparzialità e senza abusi, da qui la necessità per il datore di lavoro di motivare i provvedimenti presi, ogni volta che venga fatto un trattamento differenziato tra i lavoratori.
Accanto al potere direttivo, il datore di lavoro ha in via strumentale anche il potere di vigilanza sui lavoratori. Tale potere tuttavia deve essere esercitato nel rispetto della riservatezza, libertà e dignità del lavoratore. Sono vietati quindi i controlli a distanza mediante impianti audiovisivi, le indagini sulle opinioni politiche, sindacali o religiose, mentre gli accertamenti sulle infermità fisiche possono essere espletati solo tramite strutture pubbliche.
Qualora il lavoratore non osservi le disposizioni impartite, il datore di lavoro può fare uso del potere disciplinare e comminare sanzioni proporzionali alla gravità dell’infrazione. A tutela del lavoratore è però previsto il principio della predeterminazione delle infrazioni e delle sanzioni corrispondenti in modo che il lavoratore possa fondare la propria responsabilità su una ragionevole prevedibilità della sanzione e anche che il datore di lavoro non abbia troppa discrezionalità nell’applicazione delle stesse. La normativa disciplinare deve essere pubblica e conoscibile a tutti i lavoratori e contro le sanzioni illegittime è possibile fare ricorso.
Oltre al principale obbligo di retribuzione, si è detto che il datore ha il dovere di garantire le condizioni di sicurezza del lavoratore, pertanto il lavoratore ha un vero e proprio diritto soggettivo a condizioni di lavoro sicure. Le condizioni di sicurezza non sono dalla legge stabilite a priori, bensì il datore di lavoro è tenuto ad attuare tutte le precauzioni rese di volta in volta possibili dal progresso tecnico. Si tratta di un obbligo preventivo e si considera violato ogni volta che le misure non vengono approntate, anche se in concreto non sia capitato nessun danno al lavoratore.
Venendo ad analizzare le possibili modifiche apportabili al rapporto di lavoro vediamo che dal lato del lavoratore il contratto di lavoro non è cedibile ne per atto tra vivi , né per successione. Questo perché la persona del prestatore di lavoro non è fungibile. Dal lato del datore di lavoro è invece possibile la cessione, perché l’obbligazione retributiva è invece perfettamente fungibile. Il codice civile disciplina infatti espressamente la sorte dei contratti di lavoro in caso di trasferimento d’Azienda.
Per quello che riguarda invece le modificazioni dell’oggetto del contratto vediamo che le mansioni del lavoratore non possono essere modificate unilateralmente dal datore di lavoro e comunque, anche con l’accettazione del lavoratore non possono mai essere modificate in senso peggiorativo. Il trasferimento del lavoratore può essere invece disposto unilateralmente dal datore di lavoro ma solo per comprovate esigenze organizzative.
Il rapporto di lavoro è suscettibile di periodi di sospensione (dovuti ad esempio a malattia, gravidanza, puerperio, scioperi,ecc.). In tutti questi casi viene meno l’obbligo della prestazione lavorativa ma non necessariamente quello della retribuzione e tutte le obbligazioni accessorie. Le sospensioni per potersi considerare tali devono però essere espressamente previste dalla legge o dalla contrattazione collettiva, altrimenti costituiscono inadempimento degli obblighi contrattuali.
Il rapporto di lavoro si estingue per scadenza del termine in caso di contratto a tempo determinato, mentre nel caso di contratto di lavoro a tempo indeterminato si può estinguere per morte del lavoratore, licenziamento o dimissioni dello stesso. Mentre le dimissioni non sono sottoposte ad alcun obbligo formale tranne quello del preavviso, il licenziamento può avvenire solo per giusta causa (ragioni attinenti a gravi mancanze del lavoratore ) o giustificato motivo (ragioni attinenti all’organizzazione aziendale). In entrambi i casi va motivato per iscritto ed è impugnabile dal lavoratore davanti all’Autorità Giudiziaria Ordinaria.
In ogni caso di risoluzione, al lavoratore spetta il trattamento di fine rapporto, che è costituito da una somma di denaro commisurata alla durata del rapporto stesso. Oltre ad avere natura retributiva, il trattamento di fine rapporto ha anche natura previdenziale in quanto serve a far fronte ai bisogni immediati che possono presentarsi al lavoratore nel momento in cui si trovi senza lavoro. Questo diritto matura solo alla cessazione del rapporto, perché solo in quel momento diventa certo il suo ammontare. Le anticipazioni in corso di rapporto sono circoscritte ad esigenze eccezionali.
Le regole fin qui enunciate valevano fino a pochi anni fa solo per il rapporto di lavoro tra privati. In seguito al decreto legislativo n. 29 del 1993 invece anche il rapporto di pubblico impiego è stato assoggettato alla disciplina privatistica. Si è parlato di privatizzazione del pubblico impiego, è però più corretto parlare di contrattualizzazione dello stesso. Il rapporto alla dipendenza delle pubbliche amministrazioni resta infatti pubblico, ma ora trae la sua fonte da un contratto e non più da un atto unilaterale di nomina ed è regolato contrattualmente. Gli atti di gestione del rapporto non sono pertanto più da considerare atti amministrativi ma sono “degradati” ad atti autoritativi privati e le eventuali controversie sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario.

Parere legale. Sorge responsabilità per l’avvocato che sceglie una difesa più lunga, potendo preferire un procedimento più breve.

a cura del dott. Domenico CIRASOLE

La questione giuridica vede interessato l’ingegnere SEMPRONIO, che per ottenere il pagamento dei compensi professionali di architetto vantati nei confronti di terzi, da incarico all’avvocato MEVIO che ha promosso un giudizio ordinario, invece di ricorrere al procedimento monitorio che avrebbe garantito un sollecito soddisfacimento del credito.
A parere di chi scrive, la scelta processuale del legale, può costituire fonte di responsabilità professionale, dando luogo al risarcimento del conseguente danno.
Infatti, il legale difensore di SEMPRONIO, ha agito in contrasto con l’art. 1176, che prevede la diligenza del buon padre di famiglia nell’adempiere l’obbligazione, e ha violato del dovere di diligenza professionale (art. 2236 c.c.).
E’ evidente il danno arrecato al rappresentato nella circostanza che, fatto ricorso al procedimento monitorio, sarebbe stato agevole ottenere la provvisoria esecuzione ove le controparti avessero proposto opposizione, quindi il soddisfacimento del credito senza attendere i tempi lunghi del procedimento ordinario (Cass. civ., Sez. VI, Ord. 26 luglio 2010, n. 17506).
In altri termini il cliente avrebbe conseguito ove il professionista avesse scelto il procedimento monitorio, un diverso risultato, la diversa scelta dell’avvocato avrebbe comportato il soddisfacimento del credito senza attendere i tempi lungi del procedimento ordinario.

L’attività notarile

Il volume presenta i risultati della rilevazione annuale sull’attività notarile, eseguita presso tutti i notai in esercizio, circa cinquemila.

Oggetto di rilevazione sono gli atti stipulati dai notai nel corso dell’anno e le convenzioni in essi contenute, il numero dei protesti elevati attraverso i notai, le certificazioni e le vidimazioni.

Per gli anni dal 1997 al 2006 vengono esaminati i dati relativi agli atti e alle convenzioni, che rappresentano i fenomeni più significativi dal punto di vista socioeconomico, come per esempio le compravendite di abitazioni o le donazioni; l’analisi viene effettuata per ripartizione territoriale. Tavole statistiche di dettaglio sono presentate per gli anni 2005 e 2006.

fonte: istat

download: http://www.istat.it/dati/catalogo/20091006_00/att_notarile_1997-2006.pdf