Esso è stato elaborato dalla Corte Costituzonale come il principio di uguaglianza, prendendo spunto da un analogo principio della giurisprudenza anglosassone.
Il principio di ragionevolezza delle leggi prevede che le disposizioni normative presenti in atti aventi valore di legge siano adeguate o congruenti riguardo al fine perseguito dal legislatore.
Si parla di violazione della stessa, quando si riscontri una contraddizione all’interno di una disposizione legislativa, oppure tra questa ed il pubblico interesse perseguito.
Il principio in esame è un limite al potere discrezionale del legislatore, ed impedisce un esercizio arbitrario.
La verifica della ragionevolezza di una legge si fa attraverso un’indagine sui suoi presupposti di fatto, la valutazione della congruenza tra mezzi e fini, l’accertamento degli stessi fini.
Pertanto si ricorre spesso ai lavori preparatori della legge, alle circolari ministeriali esplicative, ai precedenti storici dell’istituto.
Se la legge è irragionevole, essa sarà affetta dal vizio dell’eccesso di potere legislativo, e, potrà essere ritenuta costituzionalmente illegittima dalla Corte costituzionale.