Corte Costituzionale, Sentenza n. 277 del 2011, Annulla gli artt. 1,2,3,4, l. n. 50/63 nella parte in cui non prevedono l’incompatibilità tra la carica di parlamentare e quella di Sindaco di comune con popolazione superiore a 20 mila abitanti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 45 del 26-10-2011

Sentenza

nel giudizio di legittimita’ costituzionale degli articoli 1, 2, 3 e
4 della legge 15 febbraio 1953, n. 60 (Incompatibilita’
parlamentari); della legge della Regione siciliana 24 giugno 1986, n.
31 (Norme per l’applicazione nella Regione siciliana della legge 27
dicembre 1985, n. 816, concernente aspettative, permessi e indennita’
degli amministratori locali. Determinazione delle misure dei compensi
per i componenti delle commissioni provinciali di controllo. Norme in
materia di ineleggibilita’ e incompatibilita’ per i consiglieri
comunali, provinciali e di quartiere); della legge della Regione
siciliana 26 agosto 1992, n. 7 (Norme per l’elezione con suffragio
popolare del Sindaco. Nuove norme per l’elezione dei consigli
comunali, per la composizione degli organi collegiali dei comuni, per
il funzionamento degli organi provinciali e comunali e per
l’introduzione della preferenza unica) e della legge della Regione
siciliana 15 settembre 1997, n. 35 (Nuove norme per la elezione
diretta del Sindaco, del Presidente della Provincia, del Consiglio
comunale e del Consiglio provinciale), promosso dal Tribunale civile
di Catania nel procedimento vertente tra Salvatore Battaglia e
Raffaele Stancanelli ed altri, con ordinanza del 10 dicembre 2010,
iscritta al n. 46 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale,
dell’anno 2011.
Visti l’atto di costituzione di Salvatore Battaglia nonche’ gli
atti di intervento della Regione siciliana e del Presidente del
Consiglio dei ministri;
Udito nell’udienza pubblica del 20 settembre 2011 il Giudice
relatore Paolo Grossi;
Uditi gli avvocati Antonio Catalioto per Salvatore Battaglia,
Paolo Chiapparrone per la Regione siciliana e l’avvocato dello Stato
Maurizio Borgo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – Nel corso di un giudizio – promosso da un cittadino elettore
nei confronti (tra l’altro) del sindaco del Comune di Catania, per
accertare in capo al convenuto la sussistenza della causa di
incompatibilita’ tra tale carica e quella di senatore della
Repubblica Italiana, e conseguentemente dichiararne la decadenza
dalla prima in mancanza di esercizio del diritto di opzione – il
Tribunale civile di Catania, con ordinanza emessa il 10 dicembre
2010, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 51, 67 e 97 della
Costituzione, questione di legittimita’ costituzionale: a) degli
articoli 1, 2, 3 e 4 della legge 15 febbraio 1953, n. 60
(Incompatibilita’ parlamentari), nella parte in cui non prevedono
l’incompatibilita’ tra la carica di parlamentare e quella di sindaco
di Comune con popolazione superiore ai 20.000 abitanti, in presenza
delle condizioni di cui all’art. 7, primo comma, lettera c), del
decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361
(Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la
elezione della Camera dei deputati), in combinato disposto con l’art.
5 del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533 (Testo unico delle
leggi recanti norme per l’elezione del Senato della Repubblica), che
estende la disciplina delle ineleggibilita’ per la Camera dei
deputati alle elezioni per il Senato della Repubblica; b) della legge
Regione siciliana 24 giugno 1986, n. 31 (Norme per l’applicazione
nella Regione siciliana della legge 27 dicembre 1985, n. 816,
concernente aspettative, permessi e indennita’ degli amministratori
locali. Determinazione delle misure dei compensi per i componenti
delle commissioni provinciali di controllo. Norme in materia di
ineleggibilita’ e incompatibilita’ per i consiglieri comunali,
provinciali e di quartiere), della legge Regione siciliana 26 agosto
1992, n. 7 (Norme per l’elezione con suffragio popolare del Sindaco.
Nuove norme per l’elezione dei consigli comunali, per la composizione
degli organi collegiali dei comuni, per il funzionamento degli organi
provinciali e comunali e per l’introduzione della preferenza unica),
e della legge Regione siciliana 15 settembre 1997, n. 35 (Nuove norme
per la elezione diretta del Sindaco, del Presidente della Provincia,
del Consiglio comunale e del Consiglio provinciale), nella parte in
cui non prevedono l’incompatibilita’ tra la carica di parlamentare
nazionale e di sindaco di Comune con popolazione superiore ai
ventimila abitanti e viceversa.
Il rimettente premette, in fatto, che il resistente (eletto
sindaco del Comune di Catania, che ha una popolazione superiore ai
20.000 abitanti, nelle elezioni amministrative del 15 e 16 giugno
2008, successivamente quindi alla elezione del medesimo alla carica
di senatore della Repubblica Italiana, all’esito delle elezioni
politiche tenutesi in data 13 e 14 aprile 2008) ricopre entrambe le
cariche senza avere esercitato l’opzione, in quanto la Giunta
elettorale per il Senato nella seduta del 3 novembre 2009 ha
dichiarato valida l’elezione di tutti i senatori eletti in Sicilia ed
il Comitato per l’esame delle cariche rivestite dai senatori ha
proposto all’assemblea di dichiarare compatibile con il mandato
parlamentare la carica di sindaco del Comune di Catania. Dopodiche’
egli da’ atto della infondatezza delle eccezioni di difetto di
giurisdizione del giudice ordinario a conoscere dell’azione popolare
proposta dal ricorrente (che non verte in materia coperta dalla
riserva di autodichia di cui all’art. 66 Cost., giacche’ la qualita’
di deputato o senatore del soggetto che cumula le due cariche resta
del tutto intangibile ed estranea alla specifica pronunzia invocata e
viene in rilievo unicamente alla stregua di un presupposto esterno di
applicazione della normativa in materia di incompatibilita’
dell’amministratore dell’ente locale, ferme ed impregiudicate
restando tutte le prerogative costituzionali e sovrane del Parlamento
garantite dalla Costituzione) e di improcedibilita’ del ricorso per
tardivita’ rispetto al termine previsto dall’art. 82 del decreto del
Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle
leggi per la composizione e la elezione degli organi delle
Amministrazioni comunali), in quanto l’azione elettorale si colloca
su un piano di assoluta autonomia rispetto alla delibera consiliare
di convalida dell’elezione.
Il giudice a quo deduce, quindi, la rilevanza della questione
sull’assunto che – sebbene la competenza normativa della Regione
siciliana, in materia di cause di ineleggibilita’ e incompatibilita’,
costituisca espressione di una potesta’ normativa primaria, ai sensi
degli artt. 14 e 15 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n.
455 (Approvazione dello statuto delle Regione siciliana), convertito
in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, non potendo trovare
applicazione la normativa statale relativa alle Regioni a statuto
ordinario di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo
unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), ne’ quella
dettata con riferimento sempre alle Regioni a statuto ordinario dalla
legge 2 luglio 2004, n. 165 (Disposizioni di attuazione dell’articolo
122, primo comma, della Costituzione) – tuttavia, nel caso di
incompatibilita’ tra le predette cariche degli enti locali e la
carica di parlamentare nazionale, la legislazione regionale siciliana
non puo’ operare, perche’ sussiste una riserva di legge statale, che
l’art. 65 Cost. contempla espressamente al fine di assicurare una
disciplina omogenea che rispetti e tuteli sia il principio di
eguaglianza dei cittadini in tema di diritti politici che quello di
unita’ dello Stato. Ne deriva quindi, secondo il rimettente, che le
norme applicabili per la definizione della controversia in esame
sono, anche nella Regione siciliana, in primo luogo quelle contenute
nella legge statale censurata (che, come detto, prevede espressamente
che non sono eleggibili alla carica di parlamentare nazionale i
presidenti delle Province ed i sindaci dei Comuni con popolazione
superiore ai ventimila abitanti, senza disciplinare l’ipotesi inversa
di sopravvenienza della carica di sindaco rispetto a quella di membro
del Parlamento) e poi quelle regionali, stante la doverosa e
necessitata uniformita’ della previsione tassativa della cause di
ineleggibilita’ ed incompatibilita’ in materia elettorale su tutto il
territorio nazionale, che non consente alcuna discrezionalita’ in
capo al legislatore regionale.
Preso atto, poi, del «diritto vivente» consolidatosi, a partire
dal 2002, sulla base della prassi (peraltro ritenuta insindacabile ex
art. 66 Cost.) seguita dalle Giunte per le elezioni di Camera e
Senato – le quali (pur nella consapevolezza dell’esistenza di una
lacuna legislativa dovuta alla mancata disciplina, nelle norme
statali, della ipotesi di incompatibilita’ in esame) ritengono di non
poterla colmare in via interpretativa, attraverso l’applicazione
analogica delle disposizioni concernenti l’ineleggibilita’, ostandovi
il principio di tassativita’ delle cause d’ineleggibilita’ e
incompatibilita’ e la considerazione che l’elettorato passivo rientra
tra i diritti politici fondamentali del cittadino -, il rimettente
rileva tuttavia che, dalla giurisprudenza anche risalente della Corte
costituzionale, emerge la costante valorizzazione del principio
cosiddetto di conversione delle cause di ineleggibilita’ sopravvenute
in cause d’incompatibilita’, onde colmare le eventuali lacune
legislative (come da ultimo affermato nella sentenza n. 143 del 2010
proprio in tema di incompatibilita’ tra cariche elettive nella
Regione Sicilia).
Pertanto, il giudice a quo deduce in primo luogo il contrasto
delle disposizioni statali e regionali censurate con gli artt. 3 e 51
Cost. – espressivi della fondamentale esigenza, che non degrada la
potesta’ legislativa regionale esclusiva a competenza concorrente, ma
la limita e la impegna al rispetto del principio costituzionale che
esige l’uniforme garanzia per tutti i cittadini, in ogni parte del
territorio nazionale, del diritto fondamentale di elettorato attivo e
passivo – giacche’ la mancata previsione del divieto di cumulo puo’
comportare una disparita’ di trattamento tra la posizione di coloro
che sono gia’ parlamentari ed intendono candidarsi alla carica
locale, sui quali non grava alcun obbligo, e coloro che, invece, sono
titolari di un ufficio pubblico locale e intendono partecipare alla
competizione elettorale per uno dei rami del Parlamento, sui quali
grava l’obbligo di dimettersi preventivamente. Cio’, con lesione
anche del principio di ragionevolezza, in quanto un soggetto non puo’
assumere durante il proprio mandato uffici o cariche che gli
avrebbero precluso l’eleggibilita’ rispetto a quello ricoperto per
primo.
Inoltre, il rimettente denuncia la lesione dell’art. 67 Cost., in
ragione della possibile contrapposizione d’interessi tra enti locali
(e segnatamente tra Comuni aventi una rilevante popolazione) ed
organizzazione statuale nazionale, con conseguente vulnus del
principio di liberta’ di mandato, per possibile conflitto di
interessi tra l’impegno del deputato e quello di sindaco; nonche’
dell’art. 97 Cost., atteso che il cumulo degli uffici di sindaco di
un Comune con rilevante popolazione e di parlamentare nazionale puo’
ripercuotersi negativamente sull’efficienza e imparzialita’ delle
funzioni cumulativamente esercitate.
2. – Si e’ costituito il cittadino elettore, ricorrente nel
giudizio a quo, che – alla stregua di argomentazioni analoghe a
quelle svolte nell’ordinanza di rimessione – ha concluso per la
dichiarazione di illegittimita’ costituzionale delle norme censurate,
eventualmente da estendersi in via consequenziale alle medesime leggi
nella parte in cui non prevedono l’incompatibilita’ anche tra la
carica di parlamentare e quella di presidente della Giunta
provinciale.
3. – E’ intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
chiedendo, in primo luogo, una declaratoria di inammissibilita’ della
sollevata questione, in ragione del fatto che il rimettente richiede
alla Corte una pronuncia additiva in materia coperta da riserva di
legge, indicando una soluzione per nulla obbligata e comunque non
scevra da implicazioni discrezionali (come dimostrato dai numerosi e
differenti disegni di legge presentati in Parlamento).
Nel merito, l’Avvocatura deduce la non fondatezza della questione
medesima, in quanto – esclusa la sussistenza di un principio
costituzionale di «necessario parallelismo» tra cause originarie di
ineleggibilita’ e cause sopravvenute di incompatibilita’ – nella
specie neppure si riscontrerebbe la lamentata lesione delle esigenze
di uniformita’ di disciplina in materia, in quanto la censurata
normativa vige su tutto il territorio dello Stato. Peraltro, la
difesa erariale rileva che il rimettente non ha tenuto conto della
diversita’ del fondamento della previsione della ineleggibilita’ in
Parlamento dei sindaci dei Comuni con piu’ di ventimila abitanti (che
si basa sulla tutela della liberta’ di voto e del corretto
svolgimento della competizione elettorale nella «parita’ delle armi»
dei contendenti, con esclusione di indebiti vantaggi, in termini di
metus publicae potestatis ovvero di captatio benevolentiae, che
possono derivare dalla carica rivestita nell’ente locale) rispetto al
caso inverso del parlamentare che concorra all’elezione a sindaco, in
cui indubbiamente si attenuano i pericoli di violazione del principio
di imparzialita’, per insorgenza di conflitti di interessi ed
inefficienze tali da imporre, a livello costituzionale, la necessita’
di una previsione legislativa di incompatibilita’.
4. – E’ intervenuta, altresi’, la Regione siciliana, in persona
del Presidente pro-tempore, deducendo, con specifico riguardo alle
sole norme regionali impugnate, l’inammissibilita’ della questione:
a) per difetto di pregiudizialita’ in punto di rilevanza, poiche’ i
dubbi sollevati dal rimettente si riferiscono alla normativa statale
che egli deve applicare; b) perche’ posta in modo perplesso, in
quanto lo stesso rimettente dubita dell’applicabilita’ delle norme
regionali, affermando la necessita’ di disciplinare la materia in
maniera uniforme a livello nazionale; c) per omessa indicazione dei
parametri statutari che sarebbero stati violati; d) per difetto di
motivazione, in quanto le censure si riferiscono alla normativa
statale e solo apoditticamente e senza specifica motivazione anche a
quella regionale.
Nel merito la Regione conclude per la non fondatezza della
questione non avendo essa competenza legislativa in materia di
incompatibilita’ fra la carica di parlamentare nazionale e quella di
sindaco di Comune con popolazione superiore ai ventimila abitanti.

Considerato in diritto

1. – Il Tribunale civile di Catania censura – in riferimento agli
articoli 3, 51, 67 e 97 della Costituzione – gli articoli 1, 2, 3 e 4
della legge 15 febbraio 1953, n. 60 (Incompatibilita’ parlamentari),
nella parte in cui non prevedono l’incompatibilita’ tra la carica di
parlamentare e quella di sindaco di Comune con popolazione superiore
ai 20.000 abitanti, in presenza delle condizioni di cui all’art. 7,
primo comma, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica
30 marzo 1957, n. 361 (Approvazione del testo unico delle leggi
recanti norme per la elezione della Camera dei deputati), in
combinato disposto con l’art. 5 del decreto legislativo 20 dicembre
1993, n. 533 (Testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione
del Senato della Repubblica), che estende la disciplina delle
ineleggibilita’ per la Camera dei deputati alle elezioni per il
Senato della Repubblica.
Il medesimo Tribunale – stante la «doverosa e necessitata
uniformita’ della previsione tassativa delle cause di ineleggibilita’
ed incompatibilita’ in materia elettorale su tutto il territorio
nazionale» – censura altresi’ la legge della Regione siciliana 24
giugno 1986, n. 31 (Norme per l’applicazione nella Regione siciliana
della legge 27 dicembre 1985, n. 816, concernente aspettative,
permessi e indennita’ degli amministratori locali. Determinazione
delle misure dei compensi per i componenti delle commissioni
provinciali di controllo. Norme in materia di ineleggibilita’ e
incompatibilita’ per i consiglieri comunali, provinciali e di
quartiere), la legge della Regione siciliana 26 agosto 1992, n. 7
(Norme per l’elezione con suffragio popolare del Sindaco. Nuove norme
per l’elezione dei consigli comunali, per la composizione degli
organi collegiali dei comuni, per il funzionamento degli organi
provinciali e comunali e per l’introduzione della preferenza unica),
e la legge della Regione siciliana 15 settembre 1997, n. 35 (Nuove
norme per la elezione diretta del Sindaco, del Presidente della
Provincia, del Consiglio comunale e del Consiglio provinciale),
sempre nella parte in cui non prevedono l’incompatibilita’ tra la
carica di parlamentare nazionale e quella di sindaco di Comune con
popolazione superiore ai 20.000 abitanti e viceversa.
2. – Con riferimento ai medesimi parametri, il rimettente impugna
quindi contestualmente (nella parte in cui non prevedono
l’incompatibilita’ tra la carica di parlamentare e quella di sindaco
di un Comune con popolazione superiore ai 20.000 abitanti) norme
della legge statale sulle incompatibilita’ dei parlamentari e norme
di leggi regionali in materia di elezioni amministrative.
In particolare, onde giustificare l’estensione delle censure
anche a queste ultime leggi, il giudice a quo muove dall’assunto che
– sebbene la competenza normativa della Regione siciliana, in materia
di cause di ineleggibilita’ e incompatibilita’, costituisca
espressione di una potesta’ normativa primaria, ai sensi degli artt.
14 e 15 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455
(Approvazione dello statuto delle Regione siciliana), convertito in
legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, non potendo trovare
applicazione la normativa statale relativa alle Regioni a statuto
ordinario di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo
unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), ne’ quella
dettata con riferimento sempre alle Regioni a statuto ordinario dalla
legge 2 luglio 2004, n. 165 (Disposizioni di attuazione dell’articolo
122, primo comma, della Costituzione) – tuttavia, nel caso di
incompatibilita’ tra le predette cariche degli enti locali e la
carica di parlamentare nazionale, la legislazione regionale siciliana
non puo’ operare, perche’ sussiste una riserva di legge statale, che
l’art. 65 Cost. contempla espressamente al fine di assicurare una
disciplina omogenea che rispetti e tuteli sia il principio di
eguaglianza dei cittadini in tema di diritti politici che quello di
unita’ dello Stato. Cio’ premesso, il rimettente ritiene che la
questione di costituzionalita’ debba investire «innanzitutto» le
norme della legge statale (che, come detto, prevede espressamente che
non sono eleggibili alla carica di parlamentare nazionale i
presidenti delle Province ed i sindaci dei Comuni con popolazione
superiore ai ventimila abitanti, senza disciplinare l’ipotesi inversa
di sopravvenienza della carica di sindaco rispetto a quella di membro
del Parlamento) e poi anche quelle delle tre leggi regionali (in
quanto affette dalla medesima lacuna): e queste ultime «sia laddove
volesse ritenersi sussistente la competenza normativa regionale
primaria, anche nella materia delle cause di ineleggibilita’ ed
incompatibilita’ degli amministratori degli enti locali che siano
anche parlamentari nazionali», «sia in ragione della doverosa e
necessitata uniformita’ della previsione tassativa della cause di
ineleggibilita’ ed incompatibilita’ in materia elettorale su tutto il
territorio nazionale».
2.1. – La difesa della Regione siciliana ha eccepito
l’inammissibilita’ della questione riferita alle leggi regionali, sia
per difetto di pregiudizialita’ in punto di rilevanza, in quanto i
dubbi sollevati dal rimettente si riferiscono esclusivamente alla
normativa statale; sia perche’ posta in modo perplesso, giacche’ e’
lo stesso giudice a quo a dubitare dell’applicabilita’ delle norme
regionali, affermando tuttavia la necessita’ di disciplinare la
materia in maniera uniforme a livello nazionale.
2.2. – Tali eccezioni sono fondate.
2.3. – Come sottolineato dal rimettente, questa Corte ha
ripetutamente affermato che, in materia elettorale, la potesta’
legislativa della Regione siciliana differisce da quella delle
Regioni ordinarie, dal momento che essa, ai sensi dell’art. 3, primo
comma, e dell’art. 9, terzo comma, dello statuto speciale (sostituiti
ad opera dell’art. 1 della legge costituzionale 31 gennaio 2001, n.
2), e’ titolare di potesta’ legislativa di tipo primario, la quale
deve peraltro svolgersi in armonia con la Costituzione e i principi
dell’ordinamento giuridico della Repubblica, nonche’ delle altre
disposizioni dello statuto (da ultimo, sentenza n. 143 del 2010). Di
modo che l’esercizio del potere legislativo anche da parte delle
Regioni a statuto speciale in ambiti, pur ad esse affidati in via
primaria, che concernano la ineleggibilita’ e la incompatibilita’
alle cariche elettive, incontra necessariamente il limite del
rispetto del principio di eguaglianza specificamente sancito in
materia dall’art. 51 Cost. E che, di conseguenza (con specifico
riferimento alla potesta’ legislativa esclusiva della Regione
siciliana in tema di ineleggibilita’ ed incompatibilita’ dei
consiglieri degli enti locali, di cui agli artt. 14, lettera o, e 15,
terzo comma, dello statuto speciale), la disciplina regionale
d’accesso alle cariche elettive deve essere conforme ai principi
della legislazione statale, a causa della esigenza di uniformita’ in
tutto il territorio nazionale, quale che sia la Regione di
appartenenza (sentenza n. 288 del 2007), giacche’ proprio il
principio di cui all’art. 51 Cost. svolge il ruolo di garanzia
generale di un diritto politico fondamentale, riconosciuto ad ogni
cittadino con i caratteri dell’inviolabilita’ (ex art. 2 Cost.:
sentenze n. 25 del 2008, n. 288 del 2007 e n. 539 del 1990).
Questa Corte ha altresi’ affermato che – poiche’ l’art. 65 Cost.,
stabilendo che «la legge determina i casi di ineleggibilita’ e di
incompatibilita’ con l’ufficio di deputato o di senatore», pone una
precisa riserva di legge statale, essendo quindi precluso al
legislatore regionale, anche se fornito come nel caso di specie di
potesta’ legislativa primaria, di determinare le cause di
incompatibilita’ (oltre che di ineleggibilita’) con l’ufficio di
deputato o di senatore – spetta solo allo Stato la competenza di
stabilire i casi di incompatibilita’ con siffatte cariche (sentenze
n. 456 del 2005, n. 127 del 1987 e n. 60 del 1966); cio’ in quanto la
statuizione di una incompatibilita’ presuppone logicamente la
posizione di un divieto di cumulo di due uffici ed implica, di
conseguenza, una incidenza anche se indiretta, sulla disciplina
dell’uno e dell’altro, finendo inevitabilmente con il produrre un
effetto che determina la violazione della competenza esclusiva dello
Stato.
Orbene, nei termini in cui viene argomentata, la conclusione cui
perviene il rimettente in ordine alla estensione del dubbio di
costituzionalita’ anche alle leggi regionali risulta viziata sotto il
duplice profilo della formulazione perplessa dell’assunto (svolto
oltretutto in termini contraddittori rispetto alla riconosciuta
sussistenza della riserva di legge statale) relativo alla possibile
configurabilita’ di una competenza normativa regionale primaria in
materia anche quando vengano coinvolte le cariche parlamentari
nazionali; e della carente motivazione in ordine alla concreta
necessita’ di applicare anche la normativa regionale per la
definizione del giudizio a quo (laddove, evidentemente, il mero
rilievo dato alla esigenza di uniformare sul territorio nazionale,
incidendo anche sulla fonte regionale, la previsione delle cause di
ineleggibilita’ ed incompatibilita’ – oltre che nuovamente
contraddire la premessa circa l’applicabilita’, nella fattispecie,
della sola norma statale – non e’ comunque argomento di per se’
idoneo a sottrarre il giudice dal dovere di argomentare in ordine
alla effettiva rilevanza di tale specifica questione nel giudizio a
quo: sentenze n. 360, n. 294 e n. 281 del 2010).
3. – Il thema decidendum va dunque limitato al solo scrutinio
degli artt. 1, 2, 3 e 4 della legge n. 60 del 1953, censurati nella
parte in cui non prevedono «l’incompatibilita’ tra la carica di
Parlamentare e quella di Sindaco di Comune con popolazione superiore
ai 20.000 abitanti, in presenza delle condizioni di cui all’art. 7,
lettera c), del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, in combinato disposto
con l’art. 5 del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, che
estende la disciplina delle ineleggibilita’ per la Camera dei
Deputati alle elezioni per il Senato della Repubblica».
3.1. – Il rimettente prende atto del «diritto vivente»
consolidatosi, a partire dal 2002, sulla base della nuova prassi
seguita dalle Giunte per le elezioni di Camera e Senato, le quali –
pur nella consapevolezza dell’esistenza di una lacuna legislativa
dovuta alla mancata disciplina, nelle norme statali, della ipotesi di
incompatibilita’ in esame – affermano di non poterla colmare in via
interpretativa (come in precedenza ritenuto da entrambe le Giunte
parlamentari, con giurisprudenza costante risalente alla Prima
legislatura), attraverso l’applicazione analogica delle disposizioni
concernenti l’ineleggibilita’, ostandovi il principio di tassativita’
delle cause d’ineleggibilita’ e incompatibilita’ e la considerazione
che l’elettorato passivo rientra tra i diritti politici fondamentali
del cittadino. Nel contempo, pero’, egli rileva che, dalla
giurisprudenza anche risalente di questa Corte, emerge la costante
valorizzazione del principio di parallelismo tra le cause di
ineleggibilita’ sopravvenute e quelle d’incompatibilita’, il quale di
recente ha trovato affermazione, proprio in tema di incompatibilita’
tra cariche elettive nella Regione siciliana, nella sentenza n. 143
del 2010.
Secondo il rimettente, dunque, le disposizioni della censurata
legge statale contrasterebbero in parte qua: a) con gli artt. 3 e 51
Cost., per violazione del principio costituzionale che esige
l’uniforme garanzia per tutti i cittadini, in ogni parte del
territorio nazionale, del diritto fondamentale di elettorato attivo e
passivo, giacche’ la mancata previsione del divieto di cumulo puo’
comportare una disparita’ di trattamento tra la posizione di coloro
che sono gia’ parlamentari ed intendono candidarsi alla carica
locale, sui quali non grava alcun obbligo, e coloro che, invece, sono
titolari di un ufficio pubblico locale e intendono partecipare alla
competizione elettorale per uno dei rami del Parlamento, sui quali
grava l’obbligo di dimettersi preventivamente; nonche’ per violazione
del principio di ragionevolezza, in quanto un soggetto non puo’
assumere durante il proprio mandato uffici o cariche che gli
avrebbero precluso l’eleggibilita’ rispetto a quello ricoperto per
primo; b) con l’art. 67 Cost., in ragione della possibile
contrapposizione d’interessi tra enti locali (e segnatamente tra
Comuni aventi una rilevante popolazione) ed organizzazione statuale
nazionale, con conseguente vulnus del principio di liberta’ di
mandato, per possibile conflitto di interessi tra l’impegno del
deputato e quello di sindaco; c) con l’art. 97 Cost., atteso che il
cumulo degli uffici di sindaco di un Comune con rilevante popolazione
e di parlamentare nazionale puo’ ripercuotersi negativamente
sull’efficienza e imparzialita’ delle funzioni cumulativamente
esercitate.
3.2. – L’Avvocatura dello Stato eccepisce l’inammissibilita’
della sollevata questione in ragione del fatto che il rimettente
vorrebbe dalla Corte una pronuncia additiva in una materia coperta da
riserva di legge, indicando una soluzione non obbligata e comunque
non scevra da implicazioni discrezionali, come dimostrato dai
numerosi disegni di legge presentati in questa legislatura in
entrambi i rami del Parlamento.
L’eccezione non e’ fondata.
Invero, nel formulare la questione il rimettente si limita a
richiedere l’adozione di una pronuncia additiva capace di eliminare
il vulnus derivante dalla evidenziata lacuna normativa attraverso la
trasposizione speculare della causa in esame (direttamente ricavata
dal sistema delle ineleggibilita’ dei parlamentari) nell’ambito delle
altre cause di incompatibilita’ con tale carica elettiva indicate nei
censurati articoli della legge n. 60 del 1953. Pertanto, la pronuncia
richiesta a questa Corte non incide sul diverso profilo della
operativita’ della nuova causa di incompatibilita’, regolata come
tutte le altre secondo le norme vigenti.
3.3. – Sotto altro profilo, va anche rilevato che l’art. 13,
comma 3, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure
urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo),
convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148
(Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 agosto
2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione
finanziaria e per lo sviluppo. Delega al Governo per la
riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici
giudiziari), prevede ora che: «fermo restando quanto previsto dalla
legge 20 luglio 2004, n. 215, e successive modificazioni, le cariche
di deputato e di senatore, nonche’ le cariche di governo di cui
all’articolo 1, comma 2, della citata legge n. 215 del 2004, sono
incompatibili con qualsiasi altra carica pubblica elettiva di natura
monocratica relativa ad organi di governo di enti pubblici
territoriali aventi, alla data di indizione delle elezioni o della
nomina, popolazione superiore a 5.000 abitanti, fermo restando quanto
previsto dall’articolo 62 del testo unico di cui al decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Le incompatibilita’ di cui al
primo periodo si applicano a decorrere dalla data di indizione delle
elezioni relative alla prima legislatura parlamentare successiva alla
data di entrata in vigore del presente decreto. […]».
La espressa posticipazione alla prossima legislatura della
operativita’ della nuova previsione di incompatibilita’ del
parlamentare successivamente eletto sindaco rende lo ius superveniens
privo di incidenza, ratione temporis, sulla sollevata questione. E’
tuttavia del pari evidente come la novellazione legislativa indichi
una palese opzione per la introduzione di una simmetrica e
corrispondente operativita’ fra condizioni di ineleggibilita’ e di
incompatibilita’, intesa a soddisfare proprio quella esigenza di
«riequilibrio» atta a colmare quelle lacune legislative (segnalate
anche dalle «prassi» adottate dalle Giunte per le elezioni di Camera
e Senato di cui s’e’ fatto cenno) che il giudice a quo ha posto a
fulcro delle proprie doglianze.
3.4. – Nel merito la questione e’ fondata.
L’art. 7, primo comma, lettera c), del d.P.R. n. 361 del 1957,
recante il testo unico per l’elezione della Camera dei deputati,
sancisce che: «Non sono eleggibili: […] c) i sindaci dei Comuni con
popolazione superiore ai 20.000 abitanti». A sua volta, l’art. 5 del
decreto legislativo n. 533 del 1991, recante il testo unico per
l’elezione del Senato della Repubblica, dispone che: «Sono eleggibili
a senatori gli elettori che, al giorno delle elezioni, hanno compiuto
il quarantesimo anno di eta’ e non si trovano in alcuna delle
condizioni d’ineleggibilita’ previste dagli articoli 7, 8, 9 e 10 del
testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione della Camera dei
deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30
marzo 1957, n. 361».
Gli articoli da 1 a 4 della legge n. 60 del 1953 sulle
incompatibilita’ parlamentari vengono censurati in quanto nulla
prevedono, in termini di incompatibilita’, per il caso in cui la
identica causa di ineleggibilita’ sia sopravvenuta rispetto alla
elezione a parlamentare. Ed a sostegno delle doglianze il rimettente
richiama la sentenza n. 143 del 2010, nella quale questa Corte ha
sottolineato (seppure in riferimento ad un differente contesto
normativo e fattuale) come dalla legislazione statale in materia
elettorale emerga la «previsione di un parallelismo tra le cause di
incompatibilita’ e le cause di ineleggibilita’ sopravvenute, con
riguardo all’esigenza, indicata dalla legge, di preservare la
liberta’ nell’esercizio della carica» attraverso una tendenziale
esclusione del co-esercizio con altra carica elettiva.
Si tratta dunque di verificare la coerenza di un sistema in cui,
alla non sindacabile scelta operata dal legislatore (che
evidentemente produce in se’ una indubbia incidenza sul libero
esercizio del diritto di elettorato passivo) di escludere
l’eleggibilita’ alla Camera o al Senato di chi contemporaneamente
rivesta la carica di sindaco di grande Comune, non si accompagni la
previsione di una causa di incompatibilita’ per il caso in cui la
stessa carica sopravvenga rispetto alla elezione a membro del
Parlamento nazionale.
La odierna valutazione della mancata previsione della causa di
incompatibilita’ in oggetto deve quindi muoversi non solo sul
versante ontologico riferito alla individuazione della diversita’ di
ratio e di elementi distintivi propri, per causa ed effetti, delle
cause di ineleggibilita’ (e della conseguente limitazione dello jus
ad officium, onde evitare lo strumentale insorgere di fenomeni di
captatio benevolentiae e di metus publicae potestatis) rispetto a
quelle di incompatibilita’ – incidenti sullo jus in officio, per
scongiurare l’insorgere di conflitti di interessi – (sentenze n. 288
del 2007 e n. 235 del 1988). L’analisi va viceversa condotta – in
ossequio alla esigenza di ricondurre il sistema ad una razionalita’
intrinseca altrimenti lesa – alla stregua di un criterio piu’
propriamente teleologico, nel cui contesto va evidenziato «il
naturale carattere bilaterale dell’ineleggibilita’», il quale
inevitabilmente «finisce con il tutelare, attraverso il divieto a
candidarsi in determinate condizioni, non solo la carica per la quale
l’elezione e’ disposta, ma anche la carica il cui esercizio e’
ritenuto incompatibile con la candidatura in questione» (sentenza n.
276 del 1997).
Tale profilo finalistico non puo’ trovare attuazione se non
attraverso l’affermazione della necessita’ che il menzionato
parallelismo sia assicurato, allorquando il cumulo tra gli uffici
elettivi sia, comunque, ritenuto suscettibile di compromettere il
libero ed efficiente espletamento della carica, ai sensi del
combinato disposto degli artt. 3 e 51 Cost. (sentenza n. 201 del
2003). Poiche’ in ultima analisi le cause di ineleggibilita’ e di
incompatibilita’ si pongono quali strumenti di protezione non
soltanto del mandato elettivo, ma anche del pubblico ufficio che
viene ritenuto causa di impedimento del corretto esercizio della
funzione rappresentativa, il potere discrezionale del legislatore di
introdurre (o mantenere) dei temperamenti alla esclusione di cumulo
tra le due cariche «trova un limite nella necessita’ di assicurare il
rispetto del principio di divieto del cumulo delle funzioni, con la
conseguente incostituzionalita’ di previsioni che ne rappresentino
una sostanziale elusione» (sentenza n. 143 del 2010).
In assenza di una causa normativa (enucleabile all’interno della
legge impugnata ovvero dal piu’ ampio sistema in cui la previsione
opera) idonea ad attribuirne ragionevole giustificazione, la
previsione della non compatibilita’ di un munus pubblico rispetto ad
un altro preesistente, cui non si accompagni, nell’uno e nell’altro,
una disciplina reciprocamente speculare, si pone in violazione della
naturale corrispondenza biunivoca della cause di ineleggibilita’, che
vengono ad incidere necessariamente su entrambe le cariche coinvolte
dalla relativa previsione, anche a prescindere dal dato temporale
dello svolgimento dell’elezione. Tanto piu’ che la regola della
esclusione «unidirezionale» viene in concreto fatta dipendere, quanto
alla sua effettiva operativita’, dalla circostanza – meramente
casuale – connessa alla cadenza temporale delle relative tornate
elettorali ed alla priorita’ o meno della assunzione della carica
elettiva «pregiudicante» a tutto vantaggio della posizione del
parlamentare; da cio’ la lesione non soltanto del canone di
uguaglianza e ragionevolezza ma anche della stessa liberta’ di
elettorato attivo e passivo.
3.5. – Pertanto, gli artt. 1, 2, 3 e 4 della legge n. 60 del 1953
devono essere dichiarati costituzionalmente illegittimi, nella parte
in cui non prevedono l’incompatibilita’ tra la carica di parlamentare
e quella di sindaco di Comune con popolazione superiore ai 20.000
abitanti.
3.6. – Restano assorbiti gli ulteriori profili di censura
formulati dal rimettente.

Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara l’illegittimita’ costituzionale degli articoli 1, 2, 3 e
4 della legge 15 febbraio 1953, n. 60 (Incompatibilita’
parlamentari), nella parte in cui non prevedono l’incompatibilita’
tra la carica di parlamentare e quella di sindaco di Comune con
popolazione superiore ai 20.000 abitanti.
Dichiara inammissibile la questione di legittimita’
costituzionale della legge della Regione siciliana 24 giugno 1986, n.
31 (Norme per l’applicazione nella Regione siciliana della legge 27
dicembre 1985, n. 816, concernente aspettative, permessi e indennita’
degli amministratori locali. Determinazione delle misure dei compensi
per i componenti delle commissioni provinciali di controllo. Norme in
materia di ineleggibilita’ e incompatibilita’ per i consiglieri
comunali, provinciali e di quartiere); della legge della Regione
siciliana 26 agosto 1992, n. 7 (Norme per l’elezione con suffragio
popolare del Sindaco. Nuove norme per l’elezione dei consigli
comunali, per la composizione degli organi collegiali dei comuni, per
il funzionamento degli organi provinciali e comunali e per
l’introduzione della preferenza unica) e della legge della Regione
siciliana 15 settembre 1997, n. 35 (Nuove norme per la elezione
diretta del Sindaco, del Presidente della Provincia, del Consiglio
comunale e del Consiglio provinciale), sollevata – in riferimento
agli articoli 3, 51, 67 e 97 della Costituzione – dal Tribunale
civile di Catania, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 ottobre 2011.

Il Presidente: Quaranta

Il redattore: Grossi

Il cancelliere: Melatti

Depositata in cancelleria il 21 ottobre 2011.

Il direttore della cancelleria: Melatti

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *