Corte Costituzionale, Sentenza n. 334 del 2011, In tema di insindacabilità parlamentare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 53 del 21-12-2011

Sentenza

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto a seguito della deliberazione della Camera dei deputati del 30
maggio 2007 (doc. IV-ter, n. 1-A), relativa all’insindacabilita’, ai
sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni
espresse da Vittorio Sgarbi – deputato all’epoca dei fatti – nei
confronti del dott. Gian Carlo Caselli, promosso dalla Corte
d’appello di Milano con ricorso notificato il 3 dicembre 2009,
depositato in cancelleria il 28 dicembre 2009 ed iscritto al n. 8 del
registro conflitti tra poteri dello Stato 2009, fase di merito.
Visto l’atto di costituzione della Camera dei deputati;
Udito nell’udienza pubblica del 22 novembre 2011 il Giudice
relatore Giuseppe Frigo;
Udito l’avvocato Massimo Luciani per la Camera dei deputati.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso (qualificato come «ordinanza») del 22 aprile
2009, la Corte d’appello di Milano ha sollevato conflitto di
attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei
deputati in relazione alla deliberazione adottata il 30 maggio 2007
(doc. IV-ter, n. 1-A), con la quale e’ stato dichiarato che i fatti
per i quali il deputato Vittorio Sgarbi e’ sottoposto a procedimento
penale per il reato di diffamazione aggravata nei confronti del dott.
Gian Carlo Caselli, concernono opinioni espresse da un membro del
Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni e sono, quindi,
insindacabili ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione.
La Corte ricorrente premette che Vittorio Sgarbi, deputato
all’epoca dei fatti, e’ imputato del reato di diffamazione (art. 595
del codice penale), aggravato ai sensi degli artt. 99 cod. pen. e 30,
commi 4 e 5, della legge 6 agosto 1990, n. 223 (Disciplina del
sistema radiotelevisivo pubblico e privato), per avere rilasciato,
nel corso del programma televisivo «Iceberg», trasmesso
dall’emittente «Telelombardia» il 17 dicembre 2001, dichiarazioni
offensive dell’onore e della reputazione del dottor Gian Carlo
Caselli, anche con l’attribuzione di un fatto determinato,
«addebitando allo stesso la mancanza di autonomia e professionalita’
nello svolgimento delle proprie funzioni di magistrato presso la
Procura della Repubblica di Palermo». In particolare, all’on. Sgarbi
e’ contestato di avere affermato, tra l’altro: «Caselli deve ridare
allo Stato i soldi, i duecento miliardi spesi per l’inchiesta
Andreotti, questa cosa e’ gravissima e loro si sono sconfitti da
soli, dimostrando che le loro inchieste erano senza fondamento»; «i
magistrati hanno fatto atti criminali contro cittadini innocenti
spendendo soldi nostri»; «il processo Andreotti e’ un processo
politico»; «sperperano i soldi dello Stato e i soldi nostri per fare
inchieste senza fondamento, inchieste sbagliate, politiche e
sbagliate»; «hanno agito per il Partito Comunista, Violante […],
Caselli, arrivato a Palermo su indicazione di Violante ha messo in
atto il progetto politico Violante»; «hanno eseguito un mandato
politico e hanno arrestato Calogero Mannino innocente, Contrada
innocente, Musotto innocente, Andreotti processato innocente,
spendendo cinquecento miliardi […] li restituiscano»; «hanno
liberato mafiosi e arrestato gli innocenti»; «partendo dalla sinistra
che gli ha dato il potere i vari Borrelli e Caselli hanno perseguito
la loro politica giudiziaria di assoluta autonomia rispetto al potere
politico, l’autonomia politica per fare politica loro per essere loro
gli uomini di Governo […] questo volevano, questo era il progetto»;
«Andreotti era innocente e Caselli non era innocente, perche’ Caselli
in quel momento stava facendo un grave errore»; «tutti gli innocenti
in galera e i colpevoli liberi e i mafiosi e gli assassini liberi,
liberi, liberi, liberi di uccidere, questa e’ stata la magistratura».
All’on. Sgarbi e’, inoltre, contestato di avere paragonato «i
processi promossi da Caselli, in particolare quello contro Andreotti,
a quelli delle Brigate Rosse, con specifico riferimento al caso Moro,
con la sola differenza che il magistrato Caselli non disponeva della
pena di morte».
Il Collegio ricorrente riferisce di essere investito dell’appello
proposto dal pubblico ministero e dalla parte civile avverso la
sentenza del 16 novembre 2007, con la quale il Tribunale di Milano, a
seguito della delibera di insindacabilita’ impugnata, aveva
dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato, in
applicazione dell’art. 3 della legge 20 giugno 2003, n. 140
(Disposizioni per l’attuazione dell’art. 68 della Costituzione
nonche’ in materia di processi penali nei confronti delle alte
cariche dello Stato).
Cio’ premesso, la Corte d’appello osserva come – non risultando
provata, «allo stato degli atti», la verita’ oggettiva delle
circostanze riferite dall’on. Sgarbi nel corso della trasmissione
televisiva – la predetta delibera risulti «sicuramente rilevante e
decisiva per la prosecuzione del giudizio».
La ricorrente rileva, per altro verso, come, in ordine
all’applicabilita’ della guarentigia offerta dall’art. 68, primo
comma, Cost. alle opinioni espresse dal membro del Parlamento extra
moenia, la giurisprudenza costituzionale abbia da tempo adottato il
criterio del nesso funzionale con l’attivita’ parlamentare: criterio
che postula, in particolare, un requisito di ordine contenutistico,
rappresentato dalla sostanziale corrispondenza di significato tra le
opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni parlamentari e le
dichiarazioni esterne.
La censurata delibera della Camera dei deputati si porrebbe in
contrasto con detto criterio, non contenendo alcuna indicazione
riguardo alla corrispondenza sostanziale tra i contenuti delle
dichiarazioni oggetto di giudizio e specifici atti parlamentari
dell’on. Sgarbi. Non sarebbe, infatti, sufficiente, affinche’ le
dichiarazioni contestate possano ritenersi collegate alle funzioni
parlamentari, ne’ una mera comunanza di tematiche rispetto ad atti
tipici della funzione – peraltro, nella specie, neppure individuati –
ne’ l’interesse manifestato dall’on. Sgarbi, nello svolgimento della
sua attivita’ politica, per le tematiche relative alla politica
giudiziaria in materia di lotta alla mafia.
La ricorrente chiede, pertanto, alla Corte di dichiarare che non
spettava alla Camera dei deputati adottare la delibera in questione
e, per l’effetto, di annullarla.
2. – Il conflitto e’ stato dichiarato ammissibile con ordinanza
n. 303 del 2009.
3. – Si e’ costituita la Camera dei deputati, chiedendo che il
ricorso sia dichiarato «improcedibile, inammissibile, irricevibile e
improponibile», o, in subordine, infondato.
In via preliminare, la difesa della Camera eccepisce
l’inammissibilita’ del ricorso, perche’ non risulterebbe
«puntualmente identificata la parte ricorrente». Dall’atto
introduttivo del giudizio non si evincerebbe, infatti, se il
provvedimento sia stato adottato della Corte d’appello penale o
civile.
Inoltre, la ricorrente non avrebbe descritto compiutamente il
contenuto della deliberazione della Camera dei deputati, limitandosi
a riprodurre «stralci» della relazione della Giunta per le
autorizzazioni. Essa avrebbe omesso, altresi’, di identificare,
«nella loro "sostanza" […] sia fattuale che giuridica», le
espressioni lesive, riconoscendo che, allo stato, non risulta provata
la «verita’ oggettiva delle circostanze riferite dallo Sgarbi»: cio’
non consentirebbe di affermare o negare la sussistenza del nesso
funzionale tra le opinioni espresse extra moenia e atti tipici della
funzione.
Il conflitto sarebbe inammissibile anche per «difetto assoluto»
di motivazione in ordine alla violazione costituzionale prospettata,
in quanto la Corte d’appello si sarebbe limitata ad affermare, in
modo apodittico, che le opinioni manifestate dall’allora deputato non
possono, per mancanza di nesso funzionale, ritenersi rese
nell’esercizio delle funzioni parlamentari.
Un ulteriore e conclusivo profilo di inammissibilita’
risiederebbe nel fatto che il ricorrente non avrebbe descritto
puntualmente il contenuto delle dichiarazioni extra moenia del
parlamentare ne’ raffrontato le stesse con gli atti e le
dichiarazioni funzionali del medesimo o di altri parlamentari ne’
precisato in quale contesto le opinioni esterne si inseriscano.
Nel merito, il ricorso sarebbe comunque infondato, essendo
ravvisabile, in realta’, un saldo nesso funzionale tra le
dichiarazioni esterne dell’on. Sgarbi e atti tipici compiuti nella
sua qualita’ di parlamentare. Tali opinioni si collocherebbero,
infatti, nel quadro della critica politica piu’ volte manifestata
dallo stesso on. Sgarbi nei confronti dell’instaurazione e del modo
di conduzione del cosiddetto «processo Andreotti» e, piu’ in
particolare, nell’ambito del complesso di interventi volti a mettere
in dubbio la correttezza dell’operato dei magistrati inquirenti e
segnatamente del dott. Caselli (vertice della Procura della
Repubblica di Palermo). Al riguardo, la difesa della Camera richiama
quattordici atti tipici, rappresentati da interventi in aula e da
atti di sindacato ispettivo, pronunciati o sottoscritti dall’on.
Sgarbi tra il 13 maggio 1993 e il 19 gennaio 1999, tutti duramente
critici nei confronti del dott. Caselli e degli uffici della Procura
palermitana, da lui diretta.
La rilevanza dei suddetti atti funzionali non potrebbe essere,
d’altra parte, negata in ragione della semplice distanza temporale
che li separa dalle dichiarazioni oggetto di giudizio, stante la
primaria importanza nella storia politica e giudiziaria del Paese
delle vicende cui essi si riferiscono, le quali non perderebbero,
percio’, il loro rilievo con il decorso del tempo.
4. – La Camera dei deputati ha depositato una memoria
illustrativa, nella quale – oltre a ribadire e sviluppare le
precedenti eccezioni e difese – ha ulteriormente evidenziato come le
dichiarazioni extra moenia dell’on. Sgarbi trovino riscontro anche
nelle opinioni, di analogo contenuto, espresse in sede parlamentare
da numerosi altri deputati e senatori.
A tale riguardo, la difesa della Camera – richiamando, in specie,
nove atti di sindacato ispettivo posti in essere da altri
parlamentari tra il 16 novembre 1994 e il 5 febbraio 2004 – sollecita
un ripensamento della giurisprudenza di questa Corte, secondo la
quale gli atti di parlamentari diversi da quello le cui dichiarazioni
sono contestate in giudizio non rileverebbero ai fini della
configurabilita’ del nesso funzionale.

Considerato in diritto

1. – La Corte d’appello di Milano ha sollevato conflitto di
attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei
deputati, contestando che spettasse ad essa deliberare, nella seduta
del 30 maggio 2007, che i fatti per i quali l’on. Vittorio Sgarbi e’
sottoposto a procedimento penale per il reato di diffamazione
aggravata nei confronti del dott. Gian Carlo Caselli, concernono
opinioni espresse nell’esercizio delle sue funzioni parlamentari e
sono, quindi, insindacabili ai sensi dell’art. 68, primo comma, della
Costituzione.
2. – Deve essere preliminarmente ribadita l’ammissibilita’ del
conflitto, sussistendone i presupposti soggettivi e oggettivi, come
gia’ ritenuto da questa Corte con l’ordinanza n. 303 del 2009.
3. – Al riguardo, vanno, altresi’, disattese le plurime eccezioni
di inammissibilita’ formulate dalla difesa della Camera dei deputati.
Quanto all’asserito difetto di puntuale identificazione
dell’Autorita’ ricorrente, va infatti osservato che dalla lettura
complessiva dell’atto introduttivo si desume, in realta’, agevolmente
che il conflitto e’ stato promosso dalla Corte d’appello penale di
Milano.
Infondata e’, altresi’, l’ulteriore eccezione di inammissibilita’
per avere la ricorrente omesso di descrivere compiutamente il
contenuto della delibera della Camera dei deputati. La Corte
d’appello ha dato conto del tenore della delibera impugnata, facendo
riferimento alle indicazioni della relazione della Giunta per le
autorizzazioni, da essa approvata e ponendo in luce l’aspetto
saliente ai fini del presente giudizio, rappresentato dal fatto che
la delibera non evochi alcuno specifico atto, posto in essere
dall’onorevole Sgarbi in sede parlamentare, i cui contenuti possano
considerarsi riprodotti all’esterno tramite le dichiarazioni per le
quali si procede.
Di non chiaro significato e’ l’altra eccezione di
inammissibilita’, basata sul rilievo che la ricorrente avrebbe omesso
di identificare «nella loro "sostanza" […] sia fattuale che
giuridica» le espressioni lesive per le quali e’ in corso il processo
penale nei confronti dell’on. Sgarbi. Ove la difesa della Camera dei
deputati avesse inteso postulare un onere di preventiva verifica, da
parte del giudice ricorrente, circa la corretta riconducibilita’
delle dichiarazioni al contestato paradigma punitivo della
diffamazione aggravata, l’eccezione sarebbe comunque anch’essa
infondata. Nel conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, ai
sensi dell’art. 68, primo comma, Cost., e’ onere del ricorrente
riportare in modo esaustivo il contenuto delle dichiarazioni in
assunto lesive, al fine di consentire alla Corte di verificare la
sussistenza del cosiddetto nesso funzionale tra le dichiarazioni
stesse e gli atti tipici del parlamentare. L’accertamento concreto
dei fatti e della loro illiceita’ potra’ essere, per converso,
effettuato soltanto nell’ambito del giudizio da cui il conflitto trae
origine, l’esito del quale il giudice ricorrente non e’ tenuto ad
anticipare, tanto piu’ a fronte dell’effetto inibente che, alla luce
della disciplina recata dall’art. 3 della legge 20 giugno 2003, n.
140 (Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 68 della
Costituzione nonche’ in materia di processi penali nei confronti
delle alte cariche dello Stato), la delibera di insindacabilita’
produce sulle attivita’ giurisdizionali. Impugnando detta delibera,
il giudice mira a "riappropriarsi" del potere (pieno) di giudicare –
in un senso o nell’altro – sul merito della domanda, al quale attiene
la valutazione della reale lesivita’ delle esternazioni, qualora non
venga in rilievo il diritto di critica o di cronaca.
Egualmente infondata e’ l’eccezione di «difetto assoluto» di
motivazione del ricorso, in quanto la ricorrente ha sufficientemente
indicato le ragioni del conflitto, precisando – come gia’ rimarcato –
che nella delibera di insindacabilita’ non sarebbe stato individuato
alcun atto parlamentare tipico dell’on. Sgarbi, rilevante ai fini
dell’accertamento del nesso funzionale, e facendo, inoltre, specifico
riferimento alla relazione della Giunta per le autorizzazioni.
Infondata, da ultimo, e’ anche l’eccezione relativa all’omessa
descrizione del contenuto delle dichiarazioni da cui deriva il
conflitto, avendo la ricorrente riprodotto, nel ricorso, il capo di
imputazione, che contiene il testo delle dichiarazioni stesse.
4. – Nel merito, il ricorso e’ fondato.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, per la
configurabilita’ di un nesso funzionale tra le dichiarazioni rese
extra moenia da un parlamentare e l’espletamento delle sue funzioni
di membro del Parlamento – al quale e’ subordinata la prerogativa
dell’insindacabilita’, ai sensi dell’art. 68, primo comma, Cost. – e’
necessario che tali dichiarazioni possano rappresentare espressione
dell’esercizio di tipiche attivita’ parlamentari (tra le molte,
sentenze n. 98 del 2011, n. 301 del 2010, n. 420 e n. 410 del 2008).
Nella specie, ne’ la relazione della Giunta per le
autorizzazioni, ne’ la delibera di insindacabilita’ dell’Assemblea
hanno indicato alcuno specifico atto parlamentare, compiuto dall’on.
Sgarbi, al quale, per il suo contenuto, possano essere riferite le
opinioni oggetto di conflitto.
Nell’ambito del presente giudizio, la difesa della Camera dei
deputati ha, invece, richiamato, come atti parlamentari cui le
dichiarazioni esterne si connetterebbero, quattordici atti, tra
interventi e atti di sindacato ispettivo, posti in essere dall’allora
deputato Sgarbi, nell’esercizio delle funzioni, negli anni tra il
1993 e il 1999.
A prescindere dallo iato temporale che separa detti interventi
dalle esternazioni di cui si discute (rese nel corso di un programma
televisivo trasmesso il 17 dicembre 2001), deve ritenersi carente il
requisito della sostanziale identita’ di contenuti, al di la’ delle
formule letterali usate, tra le opinioni espresse nell’esercizio
delle funzioni e tutte le dichiarazioni esterne: requisito che, per
consolidata giurisprudenza di questa Corte, condiziona la
riconoscibilita’ del nesso funzionale, non potendo ritenersi
sufficiente, a tal fine, ne’ una mera comunanza di argomenti ne’ un
mero «contesto politico» cui entrambe possano riferirsi (ex plurimis,
sentenze n. 81 del 2011, n. 420 e n. 410 del 2008, n. 152 del 2007 e
n. 258 del 2006).
Nelle dichiarazioni extra moenia in discussione si formulano,
infatti, censure all’operato di alcuni magistrati, che assumono i
caratteri della determinatezza nei confronti dell’attuale querelante
dott. Caselli, in rapporto alla conduzione, nella qualita’ di
Procuratore della Repubblica di Palermo, di alcune indagini di
rilievo. Gli si rimprovera, in specie, di avere sperperato «i soldi
dello Stato» per condurre inchieste – in particolare quella a carico
del sen. Andreotti – rivelatesi senza fondamento; di avere agito per
finalita’ politiche e su mandato politico; di avere perseguito
proprie ambizioni «di Governo»; di avere fatto arrestare degli
innocenti, lasciando «i mafiosi e gli assassini liberi […] di
uccidere».
Per converso, gli atti funzionali evocati dalla difesa della
Camera, in alcuni casi (interventi in Aula del 13 maggio 1993 e del
23 ottobre 1998 e interrogazioni n. 3/00937 del 28 aprile 1993, n.
3/02766 del 30 luglio 1998, n. 3/02843 del 15 settembre 1998 e n.
4/21639 del 19 gennaio 1999), rivelano solo un generico collegamento
tematico con il contenuto delle dichiarazioni in questione.
I restanti atti ispettivi, singolarmente considerati,
manifestano, invece, una corrispondenza contenutistica solo parziale
con le dichiarazioni oggetto del conflitto, sicche’ queste ultime non
possono essere considerate come divulgazione del contenuto di una
tipica attivita’ parlamentare. In nessuno di tali atti, si trovano,
infatti, riportati tutti gli addebiti determinati mossi al
querelante, cioe’ le specifiche affermazioni poste a base
dell’imputazione di diffamazione aggravata contestata al deputato,
potendosi da essi evincere – come rilevato dalla stessa difesa della
Camera – solo la generale posizione critica dell’on. Sgarbi, intesa a
«mettere in dubbio la correttezza dell’operato dei magistrati
inquirenti e in particolare del dott. Caselli (vertice della Procura
palermitana), sulla base di un giudizio specificamente politico della
loro azione».
Da ultimo, e con riferimento agli atti funzionali a firma di
altri parlamentari evocati dalla difesa della Camera nella memoria,
va ribadito – a prescindere da ogni valutazione sulla loro conferenza
– che tali atti sono irrilevanti ai fini della sussistenza della
prerogativa costituzionale prevista dall’art. 68, primo comma, Cost.
La verifica del nesso funzionale deve essere, infatti, effettuata con
riferimento alla stessa persona, non potendosi configurare una sorta
di insindacabilita’ di gruppo (ex plurimis, sentenze n. 98 del 2011,
n. 97 del 2008, n. 151 e n. 97 del 2007).
5. – Si deve, quindi, concludere che la delibera della Camera dei
deputati e’ stata adottata in violazione dell’art. 68, primo comma,
Cost., ledendo le attribuzioni dell’autorita’ giudiziaria ricorrente,
e deve essere, pertanto, annullata.

Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

1) Dichiara che non spettava alla Camera dei deputati affermare
che le dichiarazioni rese dall’onorevole Vittorio Sgarbi, per le
quali pende il procedimento penale davanti alla Corte d’appello di
Milano, di cui al ricorso indicato in epigrafe, costituiscono
opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle
sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione.
2) Annulla, per l’effetto, la delibera di insindacabilita’
adottata dalla Camera dei deputati nella seduta del 30 maggio 2007
(doc. IV-ter, n. 1-A).
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 2011.

Il Presidente: Quaranta

Il redattore: Frigo

Il cancelliere: Melatti

Depositata in cancelleria il 16 dicembre 2011.

Il direttore della cancelleria: Melatti

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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