Cassazione, sez. VI, 16 novembre 2011, n. 24031 Automobile rubata ma vigilanza satellitare inattiva. Danni a carico anche della ditta installatrice

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Fatto e diritto

E’ stata depositata la seguente relazione:

Il fatto che ha originato la controversia è il seguente: la X S.r.l. ha chiesto la condanna della Y S.r.l. a risarcirle il danno subito a seguito del furto di un’autovettura dotata del sistema satellitare di vigilanza installato dalla società convenuta.

Con sentenza depositata in data 25 marzo :2010 la Corte d’Appello di Milano, in riforma della sentenza dei Tribunale, ha ritenuto l’inadempimento colposo della Y e. attribuito alla X il concorso di colpa ex art. 1227, comma l c.c. nella misura del 70%.. ha condannato la suddetta Y al proporzionale risarcimento del danno, quantificato in E. 15.298.99

2 – Il relatore propone la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375. 376. 380 bis cp.c.

3. – Il primo motivo denuncia vizio di motivazione e:d erronea applicazione del!’art. 1227 C.c. In particolare si assume che la violazione della regola posta dal primo comma della norma citata e la mancata applicazione del secondo comma sono comprovati dalla erronea valutazione e dalla assoluta preponderanza del fattore direttamente riconducibile alla grave negligenza del proprietario dell’autovettura.. Si imputa alla sentenza impugnata di non avere considerato che il creditore avrebbe dovuto compiere un’attività non gravosa.

Premesso che, contrariamente alla tesi dell’appellante, non vi è contraddizione nell’evidenziare l’attitudine causale del comportamento del proprietario dell’autovettura e poi ritenere concorrente la responsabilità per il malfunzionamento del sistema satellitare, è agevole rilevare che le argomentazioni del ricorrente non dimostrano vizi argomentativi della sentenza. ma ne censurano le valutazioni, non sindacabili in questa sede poiché implicano non consentiti accertamenti di fatto.

Sotto il diverso profilo del n. 3 dell’art. 360 c.p.c.. va rilevato che il ricorrente menziona sentenze della Corte Suprema. ma non dimostra che la sentenza impugnata sia discostata dalla giurisprudenza della medesima (vedi art. 360 bis n. 1 c p.c.).

Il secondo motivo lamenta violazione o falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. in relazione al difetto di legittimazione passiva della Y e dell’art. 116 c.p.c. in relazione alla valutazione delle dichiarazioni testimoniali rese nel giudizio di primo grado.

La seconda parte della censura è manifestamente inammissibile sia perché riguarda un tema che non dimostra avere specificamente trattato in sede di merito (con violazione del principio di autosuffìcienza del ricorso per cassazione). sia perché implica valutazioni non consentite in sede di legittimità.

La prima parte (assume che non è stato provato che alla Y fosse stata comunicata l’avvenuta vendita del veicolo e l’’identità del nuovo acquirente). a prescindere del riferimento atecnico al concetto di legittimazione passiva. ripropone una questione sollevata avanti alla Corte territoriale e da questa risolta in termini fattuali. la cui correttezza non è verificabile in sede di legittimità.

Il terzo motivo lamenta violazione o falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. e vizio di motivazione con riférimento alla non corretta analisi ed evidenziazione di elementi indiziari qualificanti in tema di avvenuta cessione del contratto di tele vigilanza e di accettazione tacita da parte della Y, il quarto adduce violazione o falsa applicazione degli artt. 1406 e 1407 c.c. in rapporto alla peculiarità del contratto di tele vigilanza, il quinto assume che sulla questione la motivazione della sentenza è insufficiente o contraddittoria..

Le tre censure sono formulate in modo da non consentire di individuare le rispettive argomentazioni a sostegno, in palese violazione del’art. 366. n. 4 c.p.c. e rivestono profili esclusivamente di merito. In violazione dell’art. 360 bis n. l c.p.c. non viene: mai dimostrato che la sentenza impugnata abbia interpretato o applicato norme di diritto in difformità alla giurisprudenza della Corte di Cassazione.

Anche il sesto e il settimo motivo sono trattati congiuntamente e adducono violazione o falsa applicazione dell"art. 210 c.p.c. e vizio di motivazione circa il mancato accoglimento dell’istanza ex art. 210 c.p.c.

La censura riguarda un’attività istruttoria che. a norma dell’art 345 c.. p.c., può essere sollecitata in appello solo in presenza di particolari e specifiche condizioni. La Corte d’Appello ha motivato la propria statuizione di rigetto. Il ricorrente riserva trattazione congiunta anche all’ottavo — violazione o falsa applicazione degli art t 1175 e/o 1375 c.c. – al nono motivo – vizio di motivazione sulla medesima questione.

Il tema è la mancata collaborazione della X per non averla contattata per comunicare l’acquisto dell’auto e consentire la verifica del funzionamento del dispositivo.

Anche le argomentazioni a sostegno delle censure in esame che, in viol1azione del principio di autosufficienza non sono supportate da riferimenti necessari per provare che il tema della buona fede sia stato sottoposto all’esame dei giudici di merito, contengono ampi riferimenti alla giurisprudenza della Corte di Cassazione. ma non la dimostrazione che la impugnata se ne sia discostata.

In ogni caso la sentenza impugnata ha stabilito (accertamento di fatto non sindacabile) che la Y era a conoscenza in epoca antecedente al furto dell’avvenuta cessione del contratto..

Il decimo motivo denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 40 e 41 c.p., 1123. 1225. 1127 c.c. e vizio di motivazione in relazione alle specifico aspetto ricostruttivo sui fatti emersi in relazione alla valutazione degli eventi con effìcacia causale e non rispetto all’evento finale.

Il tema è la ricostruzione degli eventi e il nesso di causalità. In relazione ad esso valgono le ripetute considerazioni concernenti il carattere di merito delle argomentazioni e la omessa dimostrazione che la sentenza impugnata abbia deciso le questioni di diritto in modo difforme alla giurisprudenza della Corte Suprema.

L ‘ultimo motivo attacca la liquidazione delle spese di lite. quindi un potere direzionale del giudice di merito, che ha applicato il principio della soccombenza.

4. La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti:

Le parti hanno presentato memorie; la ricorrente ha chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio;

5.- Ritenuto:

che. a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione; che le argomentazioni addotte con la memoria dalla Antifurti Satellitari S.r.L implicano valutazioni di carattere fattuale e non danno adeguata risposta ai rilievi contenuti nella redazione:

che il ricorso deve perciò essere rigettato essendo manifestamente infondato: le spese seguono la soccombenza:

visti gli artt. 380 bis e 385 cod. proc. civ.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione. liquidate in complessivi €. 2.500.00, di cui €. 2.300.00 per onorari. oltre spese generali t: accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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