Cass. civ. Sez. I, Sent., 28-01-2011, n. 2106 Revocatoria fallimentare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Fallimento della S.E.A.- Strumentazione Elettronica Avanzata – s.r.l., dichiarato il (OMISSIS) dal Tribunale di Roma dopo che la società era stata ammessa, con decreto del 23.7.97, alla procedura di amministrazione controllata, convenne in giudizio la CO.ME.CER. s.r.l. per sentir dichiarare l’inefficacia ai sensi della L. Fall., art. 67, commi 1 o 2, del negozio a rogito del notaio Marino del 23.1.97 con il quale la società poi fallita aveva ceduto alla convenuta il credito di L. 197.889.500, vantato nei confronti dell’E.N.E.A. Il Tribunale di Roma, con sentenza del 4.4.02, dichiarò inefficace la cessione ai sensi della L. Fall., art. 64 e condannò la COMECER a corrispondere alla curatela la somma predetta, maggiorata degli interessi legali, nonchè le spese di lite.

La sentenza fu impugnata in via principale dalla COMECER ed, in via d’appello incidentale dal Fallimento della S.E.A., che ripropose le domande non esaminate dal primo giudice.

La Corte d’Appello di Roma, in accoglimento dell’appello incidentale ed in parziale accoglimento di quello principale, ritenuto che la funzione solutoria assegnata al credito ceduto escludesse la gratuità della cessione, affermò che il negozio impugnato configurava un pagamento anomalo revocabile L. Fall., ex art. 67, comma 1, n. 1, rilevò che risultava provata la scientia decoctionis dell’appellante e, dichiarata l’inefficacia dell’atto ai sensi della diversa norma ritenuta applicabile alla fattispecie dedotta in giudizio, confermò la pronuncia di condanna della COMECER. COMECER s.r.l. ha chiesto la cassazione della sentenza, affidandola a tre motivi di ricorso.

Il Fallimento della S.E.A. s.r.l. ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

1) Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità del controricorso depositato dal Fallimento della S.E.A. s.r.l., che è stato notificato alla COMECER il 23.12.05 e dunque ben oltre il termine perentorio di venti giorni previsto a tal fine dall’art. 370 c.p.c., comma 1, nella specie decorrente (considerato il periodo di sospensione feriale) dal 18.9.05, data di scadenza del termine stabilito dall’art. 369 c.p.c., comma 1 per il deposito del ricorso principale, notificato il 14.7.05. 2) Con il primo motivo di ricorso, la COMECER, denunciando violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 67, commi 1 e 2 nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza in ordine ad un punto decisivo della controversia, deduce che la Corte di merito ha erroneamente ritenuto applicabile alla fattispecie sottoposta al suo esame il disposto della L. Fall., art. 67, comma 1, n. 1, ancorchè dalle clausole del contratto risultasse che la cessione era stata prevista come mezzo di estinzione del debito contestuale al sorgere del credito e dovesse pertanto considerarsi mezzo normale di pagamento, secondo quanto affermato proprio nella massima giurisprudenziale (Cass. 8525/96) contraddittoriamente citata dalla Corte di merito a conforto del proprio assunto. Il motivo è infondato.

E’ principio consolidato di questa Corte che la cessione di credito, ove utilizzata in funzione solutoria, cioè per estinguere un debito pecuniario scaduto ed esigibile, si caratterizza come anomala rispetto al pagamento effettuato in danaro o con titoli di credito considerati equivalenti ed è pertanto soggetta a revocatoria ai sensi della L. Fall., art. 67, comma 1, n. 2, azione alla quale si sottrae solo quando sia stata stipulata a garanzia di un debito sorto contestualmente e non ancora scaduto (da ultimo e fra molte, Cass. nn. 17683/09, 1617/09, 26154/06).

La Corte di merito, accertando in fatto, e conseguentemente affermando, la natura solutoria della cessione dedotta, in giudizio, ha dunque per ciò stesso escluso che essa potesse essere stata stipulata in funzione di garanzia, ed ha correttamente applicato il su enunciato principio.

D’altro canto, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, l’accertamento in fatto compiuto dal giudice dell’appello non risulta contraddetto dalle clausole 1 e 2 del contratto (riportate nella sentenza impugnata e richiamate nel motivo), dal cui rispettivo tenore testuale: – "la cedente e la cessionaria hanno convenuto … le condizioni che disciplinano il loro rapporto.."; "la cedente…. cede alla cessionaria, che accetta, il credito in calce descritto…" – non emerge nè la contestuale insorgenza del credito della COMECER nè la funzione di garanzia assegnata dalle parti alla cessione.

3) Va invece dichiarato inammissibile, per difetto di interesse a sollevare la censura, il secondo motivo di ricorso, con il quale la COMECER, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., comma 5 e L. Fall., art. 67, commi 1 e 2, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza in ordine ad un punto decisivo della controversia, lamenta l’errato apprezzamento da parte della Corte di merito degli elementi offerti dal Fallimento a prova del presupposto soggettivo dell’azione.

Infatti, nell’azione promossa ai sensi della L. Fall., art. 67, comma 1, spetta al terzo convenuto in revocatoria di vincere la presunzione di conoscenza dello stato di insolvenza che la norma contempla. Ne consegue che la Corte di merito ha inutilmente accertato la positiva ricorrenza di circostanze comprovanti la scientia decoctionis della COMECER, laddove avrebbe potuto limitarsi a rilevare che la società non aveva assolto all’onere probatorio posto a suo carico.

4) Con il terzo motivo, la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 5, L. Fall., art. 67, comma 2 e L. Fall., art. 187, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza in ordine ad un punto decisivo della controversia, lamenta che la Corte non abbia considerato che la cessione era stata conclusa il 27.3.97 (ovvero quattro mesi prima dell’ammissione della SEA alla procedura di amministrazione controllata e dopo appena 23 giorni dall’inizio del primo anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, intervenuta il 4.3.98) e che, pertanto, a tale epoca, la società poi fallita non versava in conclamato stato di insolvenza, ma solo in una situazione di temporanea difficoltà ad adempiere, sicchè la sua eventuale scientia non avrebbe potuto avere ad oggetto altro che tale condizione.

Il motivo è palesemente infondato, posto che, nel c.d. periodo sospetto, lo stato di insolvenza dell’imprenditore poi fallito è oggetto di presunzione iuris et de iure, derivante dal fatto stesso dell’apertura della procedura concorsuale. L’eventuale consecuzione fra amministrazione controllata e fallimento non fa venir meno tale presunzione, ma comporta unicamente la retrodatazione del periodo sospetto, che va in tal caso computato a ritroso dalla data di apertura della procedura minore.

Il convenuto in revocatoria, pertanto, non è ammesso a dedurre e provare che, nel periodo in questione, il debitore versava in una situazione di solo temporanea difficoltà ad adempiere nè, a maggior ragione, siffatto accertamento può essere compiuto d’ufficio dal giudice del merito.

La sussistenza o meno, nel medesimo periodo, di sintomi esteriori, rivelatori dell’insolvenza, assume invece rilievo ai soli fini della diversa questione attinente all’assolvimento dell’onere della prova della scientia o dell’inscientia decoctionis, rispettivamente gravante su attore e convenuto a seconda che si versi nell’ipotesi di cui al secondo od alla L. Fall., art. 67, comma 1.

Non v’è luogo alla liquidazione delle spese del presente giudizio, stante l’inammissibilità del controricorso del Fallimento.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il controricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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