Cass. civ. Sez. II, Sent., 27-01-2011, n. 1916 Giudizio avanti i Tribunali delle Acque Pubbliche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 27-12-1993 K.A. e K.K., anche in qualità di eredi del padre K. S., già proprietario delle p.f. 2983/3 e 2983/4, nonchè comproprietario della p.f. 2997/3 C.C. Nova Levante, convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Bolzano la Provincia Autonoma di Bolzano chiedendo l’accertamento dell’acquisto in proprio favore della proprietà in base all’art. 941 c.c. in collegamento con l’art. 942 c.c., in via sussidiaria ai sensi dell’art. 946 c.c., nonchè, in via ulteriore, tramite usucapione, della p.f. 4438/11 C.C. Nova Levante, di proprietà tavolare della convenuta e dal 1989 non più classificata come bene demaniale, bensì come bene patrimoniale.

Gli attori esponevano che la fascia di terreno corrispondente alla detta particella fondiaria (ovvero l’area maggiore o minore da stabilire da parte del Tribunale) giacente sulla sponda orografica destra del rio Nova si trovava racchiusa a semicerchio dalle particelle fondiarie sopra menzionate di proprietà degli istanti, che era stata creata in seguito ad eventi naturali ed accessione, ovvero in seguito ad alluvione e spostamento naturale dell’alveo, che da oltre settanta anni non faceva più parte dell’alveo e che da oltre venti anni era stata coltivata dai K., o dai loro predecessori, a bosco e prato, cosicchè ricorrevano tutti i requisiti per l’acquisto della proprietà a titolo originario.

La convenuta si costituiva in giudizio contestando preliminarmente la competenza del Tribunale adito, posto che la controversia aveva per oggetto l’accertamento della classificazione del fondo in questione come appartenente alle acque pubbliche, con la conseguente competenza del Tribunale Regionale delle acque pubbliche; nel merito contestava la fondatezza della domanda attrice, facendo in particolare presente che il termine per l’usucapione non era mai maturato, atteso che il terreno oggetto della controversia era stato sdemanializzato soltanto nel 1989, e che in ogni caso al dante causa degli attori era stato già versato un indennizzo per l’occupazione delle sue particelle fondiarie tramite impianti di sistemazione del corso del rio nel tratto in questione con conseguente esclusione della necessità di tutela giuridica.

Il Tribunale adito con sentenza del 30-5-2002, respinta l’eccezione di incompetenza, accoglieva la domanda attrice ritenendo provata l’acquisto della proprietà a titolo originario in favore degli attori della p.f. 4438/11 C.C. Nova Levante ai sensi degli artt. 941 e 946 c.c. (nel testo antecedente a quello introdotto con L. 5 gennaio 1994, n. 37), e rigettava invece la domanda di intavolazione, in quanto nel frattempo la particella era stata espropriata dal Comune di Nova Levante e le pretese degli attori potevano riferirsi solo alla indennità di esproprio.

Proposta impugnazione da parte dalla Provincia Autonoma di Bolzano cui resistevano A. e K.K. che introducevano altresì un appello incidentale la Corte di Appello di Trento con sentenza dell’8-4-2004 ha rigettato le domande formulate nel primo grado di giudizio dai K. ed ha dichiarato inammissibili in quanto tardive le domande proposte dalla Provincia di Bolzano.

Per la cassazione di tale sentenza K.A. e K. K. hanno proposto un ricorso articolato in cinque motivi cui la Provincia Autonoma di Bolzano ha resistito con controricorso proponendo anche un ricorso incidentale basato su di un unico motivo cui i ricorrenti principali hanno resistito con controricorso; i ricorrenti principali hanno successivamente depositato una memoria.

Motivi della decisione

Preliminarmente deve procedersi alla riunione dei ricorsi in quanto proposti contro la medesima sentenza.

Venendo quindi all’esame del ricorso principale, si rileva che con il primo motivo A. e K.K., deducendo violazione e falsa applicazione del D.P.R. 15 luglio 1988, n. 574, censurano la sentenza impugnata per aver affermato che la procura rilasciata dal Presidente della Giunta della Provincia Autonoma di Bolzano a margine dell’atto di appello, ancorchè conferita in lingua italiana, non aveva determinato la nullità e/o l’inammissibilità dell’appello nel processo monolingue (tedesco) in quanto si trattava solo di un atto preliminare all’appello medesimo; essi rilevano che la procura a margine forma un atto necessario ed unico con l’atto di appello, e che nel processo monolingue la procura deve essere necessariamente conferita nella lingua del processo e/o nella stessa lingua in cui è redatto l’atto, pena la nullità degli atti redatti in lingua diversa ai sensi del combinato disposto degli artt. 21 e 23 bis del citato D.P.R..

I ricorrenti principali aggiungono che gli obblighi sull’uso della lingua incombono in modo particolarmente incisivo sull’Amministrazione Provinciale che ai sensi dell’art. 21, comma 4 del menzionato D.P.R. è tenuta ad uniformarsi alla lingua usata dall’attore e non può usare atti bilingui nel processo monolingue.

La censura è infondata.

Correttamente invero la Corte territoriale ha ritenuto che l’appello redatto in lingua tedesca era valido e ammissibile nonostante la procura a margine dell’atto di appello fosse stata redatta in lingua italiana, posto che eventuali violazioni delle disposizioni sull’uso della lingua del menzionato D.P.R. hanno per oggetto la nullità rilevabile d’ufficio degli atti processuali redatti nell’altra lingua, e che la regola ivi contenuta della lingua del processo nel processo civile si riferisce agli atti processuali in senso stretto e non agli atti che sono preparatori del processo stesso come appunto la procura rilasciata al rappresentante processuale, alla quale può applicarsi, come ad ogni altro documento esibito dalle parti, l’art. 123 c.p.c. (Cass. 2-10-1996 n. 8620; Cass. 19-9-2003 n. 13898).

Per ragioni di priorità logica viene ora esaminato il quinto motivo del ricorso principale con il quale K.A. e K., denunciando violazione del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 140, lett. a) e b), rilevano che la Corte territoriale, affermando la propria competenza anche in ordine alla domanda di accertamento dell’inalveamento, si è posta in contrasto non solo con la sentenza appellata (che aveva ritenuto la sussistenza della competenza del giudice ordinario sui presupposto indiscusso che il terreno in oggetto non faceva parte dell’alveo torrentizio), ma anche con l’art. 140, lett. a) e b) del menzionato Testo Unico delle Acque Pubbliche;

infatti, una volta accertato dal giudice di primo grado l’acquisto a titolo originario del terreno per cui è causa da parte degli esponenti nel periodo antecedente al 1965 ed al 1966, il Tribunale Regionale delle acque pubbliche era competente a conoscere della sola domanda residuale di inalveamento a partire dai suddetti anni.

La censura è infondata.

La sentenza impugnata, premesso come dato pacifico che la particella per cui è causa non era più bene demaniale al momento della proposizione delle domande attrici essendo classificata bene patrimoniale della Provincia di Bolzano, ha escluso la competenza del Tribunale Regionale delle acque pubbliche ai sensi del R.D. 11 dicembre 1973, n. 1775, art. 140, lett. b).

Tale convincimento è pienamente condivisibile, posto che la controversia avente ad oggetto la titolarità di un terreno che pacificamente faceva un tempo parte dell’alveo di un fiume, ma che risulta abbandonato da molti anni, non ponendo alcuna questione, ai fini del decidere, in ordine alla determinazione dei limiti dell’alveo e delle sponde, ovvero alla qualificazione dello stesso come alveo, sia con riferimento al passato che al presente, appartiene alla competenza per materia del Tribunale ordinario e non a quella del Tribunale delle acque pubbliche (Cass. 10-11-1994 n. 9376; Cass. Ord. 23-8-2006 n. 18333).

Con il secondo motivo i ricorrenti principali, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 e 184 c.p.c. (nel testo previgente a quello attuale) artt. 345 e 346 c.p.c. e art. 2697 c.c., premesso che la Corte territoriale ha dichiarato il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado in ordine all’accertamento dell’acquisto originario del terreno in oggetto da parte degli esponenti fino agli anni 1965 e 1966, assumono che erroneamente non è stata dichiarata nuova e quindi inammissibile la domanda formulata all’udienza fissata per la precisazione delle conclusioni dalla controparte diretta a far accertare la demanializzazione posteriore agli anni 1965 e 1966 per effetto del presunto inalveamento naturale del terreno oggetto di lite, già acquisito dagli attuali ricorrenti principali, rispetto alla generica richiesta di rigetto della domanda attrice formulata nella comparsa di risposta.

I ricorrenti principali osservano poi che del resto la sopra enunciata domanda non poteva essere configurata come mera eccezione una volta accertato l’acquisto del terreno per cui è causa da parte dei K. prima degli anni 1965 e 1966, ed avrebbe dovuto essere provata dalla controparte.

A. e K.K. asseriscono che la suddetta domanda era altresì inammissibile avendo la Provincia Autonoma di Bolzano già provveduto, nel rispetto dell’alveo naturale ed effettivo, a delimitare il confine tra il demanio idrico e le proprietà private con D.P. Giunta Provinciale 7 maggio 1987, n. 320, emesso ai sensi della L.P. 12 luglio 1975, n. 35, artt. 14 e 14 bis; la p. f. 4438/11 non faceva mai parte dell’alveo secondo il piano di frazionamento del 13-12-1979 n. 1028 ed il decreto di sdemanializzazione del 12-9-1989 n. 391.

La censura è infondata.

In realtà, in presenza di una domanda attrice di accertamento della proprietà in favore di A. e K.K. della particella per cui è causa, l’asserita demanializzazione di essa per essere divenuta parte del demanio idrico da parte dalla Provincia di Bolzano si configurava non già come una domanda bensì come una semplice eccezione volta ad evidenziare le vicende relative a tale terreno dopo che esso era divenuto verso la fine degli anni venti di proprietà dei danti causa degli attori ed a contrastare le pretese attoree; infatti, una volta accertata tale demanializzazione, era onere degli attori provare l’invocato diritto di proprietà su tale particella per accessione fluviale.

Con il terzo motivo i ricorrenti, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 941, 942, 946 e 947 c.c., della L.P. 12 luglio 1975, n. 35, artt. 14 e 14 bis, in relazione all’art. 2697 c.c., ed agli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., e vizio di motivazione, censurano la sentenza impugnata per aver ritenuto che il terreno per cui è causa, a seguito delle inondazioni negli anni 1965 e 1966, era strato strappato via dalle acque ed in modo naturale era entrato stabilmente e definitivamente a far parte dell’alveo torrentizio, con la conseguenza che esso apparteneva al demanio idrico pubblico.

Essi rilevano che tale convincimento non trovava alcun riscontro nelle risultanze istruttorie, non avendo la controparte offerto di provare e tantomeno provato nè l’inalveamento del terreno nel periodo che precedeva le opere di sistemazione, nè il fatto che nel letto torrentizio, e precisamente nel punto che qui interessa, fossero stati effettuati lavori di escavazione, e che la formazione della particella fondiaria 4438/11 fosse dovuta ai lavori di approfondimento del letto torrentizio ed al materiale di escavazione ivi depositato; per contro era stato provato che dopo la seconda inondazione del 1966, che aveva sommerso tutto il fondo valle portando via anche la strada, le acque avevano trovato un nuovo corso occupando un alveo rettilineo, il quale aveva lasciato intatta la p.f. 4438/11 nella odierna conformazione e superficie catastalmente individuata.

I ricorrenti principali evidenziano ancora che non è stato tenuto conto della dichiarazione del 7-5-1987 del direttore dei lavori di arginatura intrapresi dall’Ufficio Provinciale per i bacini montani in base alla quale era stata decretata prima la demanializzazione dei fondi interessati dal nuovo corso d’acqua e successivamente la sdemanializzazione del terreno in oggetto, che era rimasto separato dall’alveo del corso d’acqua; era stato quindi omesso l’esame di atti amministrativi provenienti dalla stessa Provincia che costituivano prova certa dell’estensione del demanio idrico provinciale e della delimitazione del confine tra di esso e le proprietà private.

I ricorrenti principali aggiungono che il giudice di appello ha attribuito una rilevanza eccessiva ad altri elementi in realtà equivoci ed ininfluenti; al riguardo l’ulteriore innalzamento del terreno a partire dal 1979 per effetto del deposito di materiale di scavo era circostanza inidonea a influire sul regime giuridico delle acque giacchè in quell’epoca il terreno risultava comunque separato dal nuovo alveo fluviale e non interessato allo scorrimento delle acque; del pari il fatto che dal 1966 al 1979 il terreno fosse incolto e non utilizzato era ininfluente ai fini della sussistenza dei connotato di naturale demanialità, posto che altrimenti non si comprenderebbe come mai altri fondi, seppure incolti, non erano stati dichiarati appartenenti al demanio idrico per l’intero, ma soltanto per la parte occupata dall’alveo effettivo ed interessata al deflusso delle acque.

Con il quarto motivo A. e K.K., deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 941, 942, 946 e 947 c.c., nonchè della L.P. 12 luglio 1975, n. 35, artt. 14 e 14 bis, in relazione agli artt. 113, 115 e 184 c.p.c., assumono che erroneamente la sentenza impugnata ha qualificato il fondo rivierasco per cui è causa, non interessato al deflusso delle acque e privo della funzione di supporto o contenimento del fiume, come alveo sul solo presupposto che esso, come tutto il fondo valle, avesse subito, per effetto delle inondazioni, una alterazione esterna da terreno coltivato in terreno incolto ed inutilizzato e fosse rimasto in tali condizioni per parecchi anni; del pari erroneamente il giudice di appello ha attribuito al fenomeno della inondazione che si era verificato con caratteri di temporaneità e transitorietà, la conseguenza giuridica dell’inalveamento.

I ricorrenti principali infine rilevano l’erroneità del richiamo alla L.P. 12 luglio 1975, n. 35, art. 14, secondo il quale il limite demaniale per i corsi d’acqua aventi carattere torrentizio sarebbe dato dal livello di piena, trattandosi di norma sopravvenuta rispetto al fenomeno dell’inondazione del 1966; comunque il fatto che il terreno in questione non facesse mai parte dell’alveo naturale era stato definitivamente stabilito dal D.P. Giunta Provinciale 7 maggio 1987, n. 320, e dal successivo decreto presidenziale di sdemanializzazione della p.f. 4438/11.

Le enunciate censure, da esaminare contestualmente per ragioni di connessione, sono infondate.

Il giudice di appello ha affermato che sulla base delle prove per testi e dei risultati peritali in coordinamento con la documentazione fotografica prodotta era emerso che il terreno per cui è causa, dopo essere stato inghiottito dai flutti in seguito alle inondazioni degli anni 1965 e 1966, solo dopo l’esecuzione dei lavori di regolazione dei corso d’acqua da parte dell’Amministrazione Provinciale degli anni settanta era stato utilizzato dai contadini di Nova Levante come zona di raccolta materiale e terra e quindi era stato progressivamente riempito finchè, a partire dagli anni 1984-1985 i predecessori degli appellati l’avevano trasformato in prato e coltivato come tale; ha aggiunto che anche il perito di parte dei K. nella sua relazione del 20-2-1997 aveva rilevato che prima dei lavori di sistemazione del bacino eseguiti nel periodo 1975-1977 l’area in questione si trovava alla stessa altezza dell’alveo senza barriera naturale, cosicchè anche in caso di acqua alta normale era esposta ad esondazione e diventava parte del bacino del fiume.

La sentenza impugnata ha pertanto concluso che era stato provato che la fascia di terreno oggetto della controversia in occasione delle alluvioni degli anni 1965 e 1966 era stata inghiottita dai flutti ed inglobata in modo naturale permanentemente e stabilmente nell’alveo del ruscello di Nova, e che non era stata quindi colpita soltanto da una inondazione occasionale, con la conseguenza che il suddetto terreno era diventato parte del demanio del rio Nova allora ancora di proprietà dello Stato e passato poi alla Provincia con D.P.R. 20 novembre 1973, n. 115; poichè poi il successivo rilascio del terreno non era avvenuto in modo naturale in seguito allo spostamento dell’alveo, bensì in conseguenza dei lavori eseguiti dall’Azienda speciale per la sistemazione dei bacini montani, ovvero per effetto di un intervento artificiale, cui si erano aggiunti i lavori di riempimento e sistemazione eseguiti da terzi, la fascia di terreno creata in seguito ad innalzamento artificiale del suolo ai sensi dell’art. 947 c.c. (nella formulazione antecedente al testo introdotto dalla L. 5 gennaio 1994, n. 37) non poteva mai essere entrata a far parte della proprietà del proprietario confinante, mentre il passaggio da bene demaniale a bene del patrimonio indisponibile della Provincia era avvenuto soltanto in un momento successivo, ovvero nel 1989, coincidente con il momento in cui era arrivato a maturazione il termine per l’usucapione.

Sulla base di tali argomentazioni deve ritenersi che la Corte territoriale, avendo esaustivamente – indicato le fonti del proprio convincimento, ha posto in essere un accertamento di fatto sorretto da adeguata e logica motivazione, come tale immune dalle censure sollevate dai ricorrenti, che sostanzialmente si limitano a prospettare una diversa ricostruzione delle vicende che hanno dato luogo alla presente controversia.

Deve poi evidenziarsi che il giudice di appello dalle circostanze di fatto acquisite ha tratto sui piano giuridico delle conseguenze del tutto corrette.

Sotto un primo profilo, invero, il rilievo che prima dei lavori di sistemazione del bacino del fiume eseguiti nel periodo 1975-1977 l’area in questione, trovandosi alla stessa altezza dell’alveo senza barriera naturale, ed essendo quindi esposta ad esondazione anche nel caso di acqua alta normale, faceva parte del bacino del fiume, è conforme all’orientamento di questa Corte secondo cui fanno parte dei demanio idrico, perchè rientrano nel concetto di alveo, le sponde e le rive interne dei fiumi, ovvero le zone soggette ad essere sommerse dalle piene ordinarie (Cass. S.U. 18-12-1998 n. 12701).

Inoltre l’assunto del giudice di appello secondo cui, poichè la sottrazione della particella in questione al bacino del fiume era avvenuta solo in seguito ai lavori di sistemazione dell’alveo del fiume stesso, doveva escludersi l’acquisto della sua proprietà da parte dei K., è del pari conforme all’orientamento di questa Corte per il quale ai sensi dell’art. 947 c.c., nel testo anteriore alle modifiche di cui alla L. 5 gennaio 1994, n. 37, le accessioni fluviali comportano l’acquisto della proprietà da parte del proprietario rivierasco solo se si verificano per cause naturali (Cass. S.U. 26-7-2002 n. 11101; Cass. 31-1-2008 n. 2314).

Il ricorso principale deve quindi essere rigettato.

Venendo ora all’esame del ricorso incidentale, si osserva che con l’unico motivo proposto la Provincia Autonoma di Bolzano, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., ed omessa ed insufficiente motivazione, censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che si era formato il giudicato in ordine al fatto che il terreno per cui è causa tra la fine degli anni venti e le alluvioni degli anni 1965 e 1966 era di proprietà dei danti causa degli appellati.

Tale motivo resta assorbito all’esito del rigetto del ricorso principale.

I ricorrenti principali quali soccombenti devono essere condannati in solido al pagamento delle spese di giudizio in favore della controparte liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale e condanna i ricorrenti principali in solido al pagamento di Euro 200,00 per spese e di Euro 3500,00 per onorari di avvocato.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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