Cass. civ. Sez. I, Sent., 26-01-2011, n. 1844

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Svolgimento del processo

Il 27.07.1994, la curatela fallimentare della società Agizza S.p.A. adiva il Tribunale di Napoli chiedendo che A.V., il quale non si costituiva in giudizio, fosse condannato al pagamento della somma di L. 651.863.859, comprensiva di interessi, dal convenuto in tesi dovuta quale rimborso del finanziamento concessogli il 7.11.1986, dalla società ancora in bonis e poi fallita il (OMISSIS). Nel corso del processo la curatela veniva autorizzata al sequestro conservativo in danno del convenuto, sino all’importo di L. 800.000.000. Con sentenza del 13.12.2000, la Corte di appello di Napoli, in accoglimento del gravame proposto dall’ A., ritenuta la nullità della notificazione della citazione introduttiva, dichiarava la nullità della sentenza del Tribunale e rimetteva le parti dinanzi al primo giudice.

In relazione alla medesima pretesa creditoria ed in pendenza del termine di riassunzione del suddetto processo, la curatela fallimentare chiedeva di nuovo, con ricorso del 20.02.2001, l’autorizzazione al sequestro conservativo, sequestro che veniva concesso, con provvedimento dell’11.05.2001 sino alla concorrenza di L. 800.000.000 e che veniva seguito dal giudizio di merito dinanzi al Tribunale di Napoli. A sua volta l’ A., in pendenza del nuovo giudizio di merito, depositava due distinte istanze, l’una volta ad ottenere la declaratoria di estinzione del primo processo, mai riassunto, e la conseguente dichiarazione di inefficacia ai sensi dell’art. 669 novies c.p.c., comma 3, del primo sequestro eseguito l’11.01.1995, istanza accolta con provvedimento del 30.05.2002;

l’altra, invece, volta alla declaratoria di inefficacia del secondo sequestro, concesso nel maggio 2001. La decisione su questa seconda istanza veniva rimessa al Tribunale, quale giudice del merito, il quale, con sentenza n. 4593 del 9.04.2003, riunite le due procedure, in accoglimento della domanda introduttiva della curatela, condannava l’ A. a pagarle la somma di Euro 336.659,59, mentre respingeva la domanda del medesimo convenuto volta alla declaratoria d’inefficacia del concesso sequestro conservativo.

Con sentenza del 13 – 21.01.2005, la Corte di appello di Napoli respingeva l’appello principale del A.V., articolato in cinque motivi, ed in accoglimento dell’appello incidentale della curatela, condannava il primo a pagare al già determinato saggio e sino al soddisfo, gli ulteriori interessi, maturati dal 1994 in poi, sulla somma liquidata nell’impugnata sentenza del Tribunale.

La Corte territoriale, premesso anche che l’ A. aveva essenzialmente sostenuto con il suo appello principale, che la sentenza di primo grado era nulla per vizio di costituzione del giudice, poichè il giudizio avrebbe dovuto essere proposto dinanzi alle sezioni stralcio, essendo stata la prima causa introdotta il 27.07.1994, che inoltre la citazione per la convalida era inammissibile in pendenza dei termini per la riassunzione del primo giudizio di merito dinanzi al giudice di primo grado, che il giudizio di primo grado era nullo, essendo stato introdotto con ricorso invece che nella forma prescritta dall’art. 125 disp. att. c.p.c. ed ancora che non era stata esaminata la questione del disconoscimento da lui attuato, della firma a suo nome apposta sulla scrittura di finanziamento del 7.11.1986, osservava e riteneva in relazione al disatteso appello principale e per quanto ancora rileva:

– che i primi tre motivi di gravame svolti dall’ A. e connessi oltre che tra loro, con l’ultimo motivo, basato sulla pretesa nullità dell’atto introduttivo ai sensi dell’art. 125 disp. att. c.p.c., fossero infondati che in particolare essi si fondavano sulla comune erronea premessa che al primo giudizio, introdotto il 27.07.1994, fosse funzionalmente collegato il presente giudizio, iniziato con il ricorso cautelare del 20.02.2001, quando ancora non era scaduto il termine fissato nella sentenza della Corte d’appello per la riassunzione del primo dinanzi al Tribunale;

che nel nostro ordinamento non esisteva alcuna norma che impedisse alle parti di non riassumere un giudizio, rinunciando alla translatio iudicii, e di optare per l’introduzione di un giudizio nuovo ed autonomo rispetto al precedente, unica sanzione prevista per la mancata riassunzione di un giudizio essendo la declaratoria di sua estinzione, nella specie puntualmente pronunciata dal Tribunale di Napoli, con provvedimento del 30.05.2002;

che, pertanto, non si poteva nemmeno ritenere che il nuovo giudizio fosse una sorta di prosecuzione forzosa del giudizio che avrebbe potuto essere riassunto, con conseguente applicabilità a questo della disciplina propria del giudizio riassunto – che anche l’ultima doglianza dell’ A. riferita al mancato esame da parte del primo giudice, della sua eccezione di disconoscimento della firma, era da disattendere, posto che dall’esame degli atti processuali risultava che tale disconoscimento non era stato da lui effettuato nel primo grado del giudizio ma tardivamente, nel grado d’appello, per cui la relativa eccezione era inammissibile.

Avverso questa sentenza l’ A. ha proposto ricorso per cassazione notificato il 27.02.2006, affidato a due motivi ed illustrato da memoria. Il Fallimento non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

A sostegno del ricorso l’ A. denunzia:

1. "Violazione e falsa applicazione della L. 22 luglio 1997, n. 276, del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 48, degli artt. 353, 354, 99, 156, 158, 669 ter, 669 quater, 669 octies, 669 novies c.p.c. e dell’art. 103 c.p.c. e segg.: omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione: omesso esame di punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn 3 e 5".

Il ricorrente sostiene:

– che stante le statuizioni adottate con la sentenza resa dalla Corte di appello di Napoli, sulla domanda introdotta dalla curatela il 27.07.1994, e segnatamente l’annullamento della sentenza di primo grado e la rimessione delle parti dinanzi al primo giudice da identificarsi nelle sezioni stralcio del Tribunale ex L. n. 276 del 1997, e non essendo ancora decorso il termine per la riassunzione del processo di primo grado, la domanda di sequestro conservativo non avrebbe potuto essere proposta al giudice adito dalla curatela, ex art. 669 quater c.p.c..

– che onde evitare giudicati contrastanti la curatela non avrebbe potuto introdurre un nuovo giudizio prima del passaggio in giudicato della sentenza resa dalla corte d’appello sulla prima domanda e comunque della scadenza del termine previsto per la riassunzione del processo dinanzi al giudice di primo grado.

– che il mancato ricorso alle sezioni stralcio non involgeva una questione di competenza ma determinava la nullità – illegittimità della sentenza di primo grado, ex art. 158 c.p.c. e la conseguente inammissibilità sotto ogni profilo di ogni assunta domanda cautelare e di merito formulata dal fallimento.

Il motivo non ha pregio in tutti i suoi profili.

Il ricorrente essenzialmente ripropone le censure oggetto del suo appello principale, disattese per ragioni che non appaiono investite dall’impugnazione.

In particolare, la Corte distrettuale ha ineccepibilmente ritenuto che la pendenza del termine di riassunzione del primo giudizio dinanzi al giudice di primo grado, disposta dalla medesima Corte con altra sentenza quand’anche non passata in giudicato, resa il 13.12.2000, sulla controversia introdotta dalla Curatela nel 1994, nonchè la concessione del sequestro conservativo, già avvenuta nel corso di detto precedente giudizio, non impedivano alla Curatela fallimentare di instare nuovamente, il 20.02.2001, per la concessione del sequestro conservativo e di introdurre un nuovo giudizio di merito, autonomo rispetto alla precedente controversia e non vincolato alle relative statuizioni ed alle conseguenti regole in punto di individuazione del giudice dinanzi al quale il primo giudizio avrebbe dovuto essere riassunto. Una questione di competenza per il giudice del merito avrebbe potuto semmai porsi solo ex art. 669 octies c.p.c., in rapporto al nuovo sequestro conservativo concesso ante causam (e non reclamato ex art. 669 terdecies) laddove principi generali e regole processuali codificate in effetti non ostavano alla reiterazione delle iniziative giudiziarie cautelari e di merito ma in linea generale e per quanto in questa sede rileva, imponevano al giudice del merito solo di considerare in fase decisoria, il rapporto del nuovo processo con il primo se ancora pendente e quiescente, alla luce degli istituti della litispendenza, della continenza e della riunione di giudizi o se il primo non fosse stato più quiescente perchè non riassunto tempestivamente, di accertarne anche incidentalmente, ove richiesto, l’assenza d’interferenza per sopravvenuta estinzione, ovvero, come nella specie è avvenuto, per la l’adozione in diversa sede della declaratoria di estinzione.

2. "Violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 112, 342 e 345 c.p.c., dell’art. 214 c.p.c. e segg e dell’art. 2702 c.c. e segg. e dell’art. 2697 c.c.: omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione: omesso esame di punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5".

Con riguardo alla rilevata inammissibilità per tardività del disconoscimento della sottoscrizione a suo nome apposta sulla scrittura del 7.11.1986, posta dalla curatela a fondamento dell’azionata pretesa creditoria, contesta di non avere assunto tale iniziativa in termini, richiamando sul punto il passo della comparsa di risposta depositata nel procedimento cautelare, che tale disconoscimento conteneva.

La censura non ha pregio posto che non si contesta che il disconoscimento della scrittura privata non fosse stato effettuato nel giudizio di merito, laddove stante l’autonomia del procedimento cautelare rispetto a tale giudizio l’eventuale disconoscimento attuato nel primo, pur prescindendo dalla esperibilità di esso in quella sede di natura sommaria, non avrebbe potuto essere considerato nel secondo, se non ivi riproposto in termini.

Conclusivamente il ricorso deve essere respinto.

Non deve statuirsi sulle spese del giudizio di cassazione in ragione del relativo esito e del mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato fallimento.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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