Cass. civ. Sez. III, Sent., 25-01-2011, n. 1731 Prelazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto 5 giugno 1996 FR.Ge.Le. ha convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Verona, F.G. chiedendo fosse pronunciata la risoluzione del contratto preliminare inter partes 30 ottobre 1995 – avente a oggetto l’acquisto, da parte di essa concludente, di un fondo rustico di proprietà del F. – con condanna del convenuto sia alla restituzione della somma di L. 100 milioni, versata da essa FR. a titolo di caparra confirmatoria al momento della conclusione del preliminare, sia al risarcimento dei danni da liquidare in L. 100 milioni.

Ha riferito l’attrice, a fondamento delle esposte domande che il convenuto era rimasto inadempiente all’obbligo di inviare ai proprietari di terreni confinanti con quelli oggetto della promessa vendita, copia del preliminare perchè potessero esercitare il diritto di prelazione loro spettante ai sensi della L. n. 817 del 1971, art. 7, n. 2.

Costituitosi in giudizio il F. ha resistito alla avversa domanda assumendo di avere invitato tutti i confinanti presso il notaio che avrebbe dovuto stipulare la compravendita, per la contestuale rinuncia al diritto di prelazione ma nonostante costoro fossero pronti a formalizzare tale rinuncia l’attrice non aveva voluto concludere il contratto.

Atteso che la condotta dell’attrice era pretestuosa il convenuto ha chiesto, in via principale, il rigetto della domanda attrice, in via riconvenzionale, fosse dichiarato il suo diritto a trattenere la somma ricevuta a titolo di caparra confirmatoria.

Svoltasi l’istruttoria del caso l’adito tribunale con sentenza 10 dicembre 1999 ha rigettato la domanda principale e accolto quella riconvenzionale, dichiarando il diritto del F. a recedere al contratto preliminare 30 ottobre 1995 e a ritenere la somma consegnatagli a titolo di caparra confirmatoria, compensate, tra le parti, le spese di lite.

Gravata tale pronunzia in via principale dalla FR. e in via incidentale dal F. la Corte di appello di Venezia, con sentenza 31 maggio – 14 settembre 2004 in totale riforma della decisione del primo giudice da dichiarato risolto il contratto preliminare 30 ottobre 1995 per inadempimento del promittente venditore e condannato quest’ultimo a restituire alla FR. la caparra versatagli pari a Euro 51.645,69 oltre interessi dalla data del versamento al saldo, nonchè al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.

Per la cassazione di tale ultima sentenza non notificata ai fini del decorso del termine per la impugnazione ha proposto ricorso, con atto 12 maggio 2005 F.G., affidato a sette motivi e illustrato da memoria.

Resiste, con controricorso, FR.Ge.Le..

Motivi della decisione

1. Ha eccepito il P.G., nel corso dell’udienza di discussione, in limine, la improcedibilità del ricorso, per inosservanza del precetto di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, atteso che il ricorrente – pur dando atto della avvenuta notifica della sentenza oggetto di ricorso – ha prodotto una copia autentica della sentenza impugnata senza la relata di notificazione (cfr. Cass., sez. un., 16 aprile 2009, n. 9006; Cass., sez. un., 16 aprile 2009, n. 9005; Cass. 9 giugno 2008, n. 15233).

2. L’assunto non coglie nel segno.

Come noto, a norma dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, insieme col ricorso per cassazione debbono essere depositati, sempre a pena di improcedibilità .. copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta…

Pacifico quanto precede, non controverso che l’osservanza di tale precetto – come insegna la giurisprudenza sopra ricordata (ma sempre nello stesso senso, altresì, Cass. 18 maggio 2007, n. 11619; Cass. 18 gennaio 2007, n. 1089; Cass. 26 gennaio 2006, n. 1590; Cass. 1 ottobre 2004, n. 19654 e, da ultimo, Cass. 11 maggio 2010, n. 11376) – è funzionale al riscontro, da parte della Corte di cassazione – a tutela dell’esigenza pubblicistica (e, quindi, non disponibile dalle parti) del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale – della tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione, il quale, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, è esercitabile soltanto con la osservanza del cosiddetto termine breve, è palese che in tanto può, anche ex officio, pronunciarsi la improcedibilità del ricorso, per l’omesso deposito della copia autentica della sentenza notificata, in quanto detta sentenza sia stata notificata ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 326 c.p.c..

Certo, per contro, che nella specie parte ricorrente da espressamente atto, nella parte introduttiva del proprio ricorso (pag. 1), che la sentenza impugnata depositata in cancelleria il 14 settembre 2004, è stata notificata unitamente ad atto di precetto il 23 marzo 2005 e che, cioè la notificazione della sentenza è avvenuta a istanza della controparte, a mani del soccombente, esclusivamente ai fini esecutivi e non per la decorrenza dei termini di impugnazione, è palese che la invocata improcedibilità del ricorso non sussiste.

3. Ha errato il primo giudice – ha osservato in limine la sentenza ora oggetto di ricorso per cassazione – nel ritenere inadempiente parte promittente acquirente FR. la quale, dopo avere versato la cospicua caparra di L. 100 milioni aveva dovuto diffidare il venditore a stipulare l’atto notarile con lettera 4 maggio 1996, una volta scaduto il prefissato termine del febbraio 1996 e si era poi rifiutata di stipulare nel giorno previsto (24 maggio 1996) nonostante si fosse procurata la liquidità necessaria – attestata dagli assegni circolari prodotti – nonchè confermata dalla deposizione B. -, in quanto fondatamente dubbiosa circa la validità della rinuncia dei possibili retraenti non previamente raggiunti da formale notifica del preliminare e, pertanto, senza porre in essere un comportamento che potesse essere qualificato come inadempiente.

Al contrario – ha ancora evidenziato la sentenza impugnata – va rilevata la grave inadempienza del venditore F. il quale dopo solo due mesi e senza avere più interpellato la controparte, siccome era suo onere di buona fede negoziale, ha venduto il fondo a terzi, nemmeno allegando – sempre secondo quanto era suo onere – di avere in ipotesi percepito un prezzo inferiore, quindi di avere subito una perdita e trattenendo l’intera caparra ricevuta: la ritenzione della quale, a quel punto, non si giustifica in alcun modo in mancanza vuoi dell’inadempimento dell’acquirente, vuoi del prodursi di alcun danno in concreto a suo carico, che solo avrebbe potuto giustificare il lucro dell’arra ricevuta, secondo la natura e la funzione risarcitoria di essa.

Quanto all’inadempimento del F. hanno osservato i giudici di appello:

– lo stesso non ha provveduto alla prescritta denuntiatio del preliminare ai confinanti aventi diritto alla prelazione, onde per ciò solo, il suo comportamento andava qualificato come contrario a buona fede perchè lesivo della legittima aspettative dell’acquirente;

– anche se le riferite circostanze sono di per sè solo sufficienti a integrare l’ipotesi di inadempienza a carico del F., giova ricordare come sia mancata anche la possibilità in concreto che al momento del mancato rogito 24 maggio 1996 tutti i soggetti aventi diritto addivenissero a una valida rinuncia;

– ciò in primo luogo perchè – come riferito dallo stesso notaio rogante – non era certo che fossero presenti tutti i confinanti, pur se evocati dal venditore;

– secondariamente mentre erano comparsi anche soggetti estranei alla distinta dei nominativi dei titolari possibili retraenti la FR. aveva ragione di credere incompleto il numero di quelli presentati ex adverso come totalità degli aventi diritto e questo in quanto il venditore, da un lato, non conosceva i confinanti, dall’altro, certamente tra quelli da costui indicati non compariva FO.Da. comproprietaria, per 11/12 di un fondo confinante;

– non ha alcun rilievo la dichiarazione del F. di volere recedere dal contratto, al fine della ritenzione della caparra, avendo lo stesso manifestato tale volontà solo dopo avere venduto il bene a terzi, cioè dopo avere posto in essere un atto che presupponeva che lo stesso fosse già sciolto dal vincolo negoziale che lo legava alla FR..

4. Con il primo motivo il ricorrente censura la riassunta sentenza denunziando violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione alla L. n. 590 del 1965, art. 8, L. n. 817 del 1971, art. 8, e artt. 1218 e 1460 c.c. – art. 360 c.p.c., n. 3, atteso che la giurisprudenza del S.C. è costante nell’affermare:

– da un lato, che non è necessaria, perchè possa dirsi rispettato il precetto di cui alla L. 24 maggio 1965, n. 590, art. 8, la trasmissione del preliminare di compravendita ai coltivatori diretti proprietari di terreni confinanti con quello in vendita;

– dall’altro, che la mancata trasmissione del preliminare agli aventi diritto non può essere invocata dal promittente acquirente a fondamento di una eccezione di inadempimento.

5. Il motivo infondato nella sua prima parte è fondato nella seconda.

Alla luce delle considerazioni che seguono.

5. 1. Superando una precedente giurisprudenza in senso diverso questa Corte regolatrice è – da oltre un lustro – costante nell’affermare che in materia di contratti agrari, per la comunicazione ("notifica") al coltivatore o al confinante della proposta di alienazione del fondo, ai fini della prelazione di cui alla L. n. 590 del 1965, art. 8 e alla L. n. 817 del 1971, art. 7, da parte del proprietario venditore, è richiesta la forma scritta ad substantiam, non essendo idonea allo scopo l’effettuazione della stessa verbalmente.

Infatti, la denuntiatio non va considerata solo come atto negoziale ma anche come uno dei due elementi (l’altro è l’accettazione, che integra l’esercizio positivo del diritto di prelazione) di una fattispecie traslativa avente ad oggetto il fondo agrario e, pertanto, deve rivestire necessariamente la forma scritta ad substantiam, in applicazione dell’art. 1350 c.c., con inevitabili riflessi sul piano probatorio, non essendo, per questo, consentita la prova testimoniale ex art. 2725 c.c. (in termini, ad esempio, Cass. 20 gennaio 2009, n. 1348; Cass. 30 novembre 2005, n. 26079).

Nella specie, la forma scritta, in particolare, assolve ad esigenze di tutela e di certezza, rendendo, appunto, certa l’effettiva esistenza di un terzo acquirente, evitando che la prelazione possa essere utilizzata per fini speculativi in danno del titolare del diritto, e assicurando, a sua volta, al terzo acquirente, in caso di mancato esercizio della prelazione nello spatium deliberandi a disposizione del coltivatore (o del confinante), la certezza della compravendita stipulata con il proprietario, sottraendo l’acquirente al pericolo di essere assoggettato al retratto esercitato dal coltivatore (o confinante) pretermesso e garantisce, infine, il coltivatore (o confinante) in ordine alla sussistenza di condizioni della vendita più favorevoli stabilite dal proprietario promittente venditore e dal terzo promissario acquirente (Cass. 20 aprile 2007, n. 9519).

Pacifico quanto precede, certo che nella specie il F. non ha offerto alcuna prova di avere dato notizia, a mezzo di lettera raccomandata, a tutti gli aventi diritto alla prelazione della proposta di alienazione, trasmettendo loro il preliminare di compravendita intervenuto con la FR. (ai sensi e per gli effetti di cui alla L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8, comma 4) è – palesemente – irrilevante, al fine del decidere, che la maggioranza (o, anche, per ipotesi, la totalità) degli aventi diritti alla prelazione de qua fosse stata convocata dal F. innanzi al notaio il giorno fissato per la stipula del definitivo di compravendita con la FR. (e avesse, in qualche modo, manifestato la propria intenzione di rinunziare alla prelazione).

5.2. Fondato, per contro, come anticipato, appare il secondo profilo della censura sviluppata nel motivo.

Come assolutamente pacifico – presso una giurisprudenza più che consolidata di questa Corte regolatrice -si osserva che seppure la L. n. 590 del 1965, art. 8, comma 4, prevede che il proprietario deve notificare al coltivatore con lettera raccomandata la proposta di alienazione trasmettendo il preliminare di compravendita … la mancata trasmissione del preliminare agli aventi diritto alla prelazione non è causa di invalidità (nullità o annullabilità), o di inefficacia, del successivo contratto di vendita ma espone – unicamente – lo stesso a una eventuale azione di riscatto (tra le tantissime, in questo senso, Cass. 11 maggio 2010, n. 11375; Cass. 25 luglio 2008, n. 20428; Cass. 4 giugno 2007, n. 12934).

Azione di riscatto, nei confronti dell’acquirente, ma nell’ambito della quale è consentito a quest’ultimo agire invocando la garanzia di cui agli artt. 1483 e 1479 c.c., verso il proprio alienante (cfr.

Cass. 26 giugno 2007, n. 14754; Cass. 15 febbraio 2007, n. 3465;

Cass. 6 dicembre 2005, n. 26690).

Si ritiene, pertanto, che stipulato un preliminare di vendita avente a oggetto un fondo rustico, tra gli obblighi derivanti ex lege a carico del promittente alienante nei confronti del promissario acquirente non rientri anche quello di trasmettere copia del preliminare agli aventi diritto alla prelazione e ottenere, da costoro, la rinunzia al suo esercizio.

In particolare – come già affermato da questa Corte in una fattispecie non dissimile dalla presente – deve ribadirsi che in tema di prelazione agraria la trasmissione del contratto preliminare di compravendita insieme con la lettera raccomandata con la quale il proprietario del fondo offerto in vendita deve comunicare – al coltivatore del fondo e ai proprietari di fondi confinanti con lo stesso fondo che siano coltivatori diretti – la proposta d alienazione, è imposta nell’esclusivo interesse di costoro, per consentire agli stessi di meglio valutare la convenienza o meno di esercitare il diritto di prelazione.

La mancata trasmissione del preliminare agli aventi diritto alla prelazione – pertanto – non può essere invocata dal promittente acquirente a fondamento di una eccezione di inadempimento (Cass. 2 agosto 2004 n. 14763) e, quindi, ove la stessa sia mancata non giustifica, qualora al momento della conclusione del preliminare sia stata data una caparra – contrariamente a quanto invocato dalla sentenza impugnata – il recesso dal contratto ai sensi dell’art. 1385 c.c., comma 2.

A diversa conclusione, ovviamente, deve pervenirsi nella eventualità il promittente alienante si sia espressamente impegnato, nello stesso preliminare, di esibire – prima della stipulazione del definitivo – la rinunzia al diritto di prelazione spettante ai proprietari di fondi confinanti (in questo senso, ad esempio, Cass. 21 luglio 1995, n. 7962, in motivazione).

6. Non essendosi i giudici del merito – nel ritenere gravemente inadempiente il F. per non avere trasmesso la prescritta denuntiatio agli aventi diritto alla prelazione – attenuti ai principii di diritto di cui sopra, il primo motivo deve essere accolto con assorbimento dei restanti, cassazione della impugnata sentenza e rinvio della causa, per nuovo esame, alla stessa Corte di appello di Venezia che provvedere, altresì, anche sulle spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il primo motivo;

dichiara assorbiti gli altri;

cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, per nuovo esame, alla stessa Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese di questo giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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