Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 21-01-2011, n. 1471 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 29.6 – 12.10.2006 la Corte d’Appello di Perugia:

– dichiarò inammissibile l’appello principale proposto da C. E., Tr.Gr., T.A.M., Tr.

A., T.M., T.I., T.G. e T.L. (quali eredi di t.g.) nei confronti del Comune di Umbertide, non avendo quest’ultimo partecipato al giudizio di primo grado;

– in accoglimento della svolta impugnazione incidentale, dichiarò il difetto di legittimazione passiva del Ministero dell’Economia e delle Finanze, revocando la condanna alle spese pronunciata in prime cure nei suoi confronti;

– confermò nel resto la sentenza di primo grado, respingendo l’impugnazione principale volta alla retrodatazione al 17.11.1998 del beneficio dell’indennità di accompagnamento riconosciuta, a decorrere dal dicembre 2000, a favore del dante causa degli appellanti.

Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, C. E., Tr.Gr., T.A.M., Tr.

A., T.M., T.I., T.G. e T.L. (quali eredi di t.g.) hanno proposto ricorso per cassazione fondato su tre motivi.

L’intimato Inps ha resistito con controricorso.

Gli intimati Ministero dell’Economia e delle Finanze e Comune di Umbertide non hanno svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione di legge e vizio di motivazione, lamentando che:

– nel dichiarare il difetto di legittimazione passiva del Ministero dell’Economia e delle Finanze la Corte territoriale non ha tenuto conto del disposto della L. n. 326 del 2003, art. 42, secondo cui il ridetto Ministero è litisconsorte necessario nei giudizi relativi all’invalidità civile;

– la Corte territoriale ha insufficientemente motivato in ordine all’esclusione della condanna dell’Inps al pagamento in favore di essi ricorrenti delle spese di lite afferenti al primo grado di giudizio, non comprendendosi perchè gli stessi avrebbero dovuto proporre appello avverso un capo della sentenza (la condanna alle spese nei confronti del Ministero) a loro favorevole.

Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano vizio di motivazione in ordine alla pronuncia di inammissibilità dell’appello nei confronti del Comune di Umbertide, non avendo la Corte territoriale considerato che, dopo la morte del dante causa, il ricorso per riassunzione era stato notificato dagli eredi anche al ridetto Comune, tanto che, nella delibera di Giunta di conferimento dell’incarico al legale, era stato indicato che il Comune stesso si era costituito in primo grado "a mezzo del Comune di Città di Castello in forza di delega conferita al predetto ente in virtù del protocollo d’intesa relativo al trasferimento delle competenze in materia di invalidità".

Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano vizio di motivazione in relazione alla decorrenza del beneficio, lamentando l’omessa presa in considerazione di risultanze documentali da cui avrebbe dovuto evincersi la sussistenza del requisito sanitario già al momento della richiesta amministrativa.

2. Osserva preliminarmente la Corte che l’art. 366 bis c.p.c., è applicabile ai ricorsi per cassazione proposti avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore (2.3.2006) del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, (cfr, D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2) e quindi anche al presente ricorso, non trovando invece applicazione, ratione temporis, la novella di cui alla L. n. 69 del 2009, art. 47, che, fra l’altro, ha abrogato il predetto art. 366 bis c.p.c..

In base all’art. 366 bis c.p.c., nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, numeri 1), 2), 3) e 4), l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, sempre a pena di inammissibifità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza detta motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione. Secondo l’orientamento di questa Corte il principio di diritto previsto dall’art. 366 bis c.p.c., deve consistere in una chiara sintesi logico-giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità, formulata in termini tali per cui dalla risposta – negativa od affermativa – che ad esso si dia, discenda in modo univoco l’accoglimento od il rigetto del gravame (cfr, ex pluhmis, Cass., SU, n. 20360/2007), mentre la censura concernente l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 20603/2007). Nel caso che ne occupa il primo motivo, limitatamente alla doglianza inerente aita dedotta violazione della L. n. 326 del 2003, art. 42, non ottempera a quanto richiesto, poichè il quesito non è stato formulato con l’indicazione del principio di diritto (ritenuto) applicabile alla fattispecie, bensì attraverso la mera richiesta di una pronuncia "in ordine all’applicabilità o meno della L n. 326 del 2003, art. 42, ai procedimenti in corso al momento della sua entrata in vigore tenuto conto del fatto che trattasi di norma di natura processuale".

Quanto al profilo di doglianza inerente alla pronuncia sulla regolamentazione delle spese di lite di primo grado, lo stesso è totalmente mancante sia del quesito di diritto che, in relazione al dedotto vizio motivazionale, del necessario momento di sintesi.

Il secondo e il terzo motivo, entrambi svolti denunciando vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sono del pari carenti del rispettivo momento di sintesi; nè, quanto al secondo motivo, la denuncia del preteso error in procedendo, riconducibile all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, è accompagnata dalla formulazione del quesito di diritto.

Ne discende l’inammissibilità di tutti i motivi e, con ciò stesso, del ricorso.

3. Non è luogo a pronunciare sulle spese, attesa l’applicabilità, ratione temporis (il ricorso introduttivo risalendo al 2000), dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo vigente anteriormente alla novella di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito in L. 24 novembre 2003, n. 326.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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