Cass. civ. Sez. III, Sent., 21-01-2011, n. 1420

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione, C.G., L.P. e B.R., hanno chiesto la condanna di G.C. al pagamento di L. 43.460.000 (equivalenti a 5,30% della sua quota di proprietà del costituendo Condominio (OMISSIS)) a titolo di concorso delle spese per le opere di urbanizzazione primaria, previste per un importo complessivo di L. 820.000.000.

La domanda attrice era accolta dal primo giudice sul rilievo che il G., che pur non risultava tra i firmatari della procura del Notaio Lanteri (rilasciata dai proprietari ai tre attori) aveva assunto la qualità di mandante per subentro al proprio venditore, N.P..

Il primo giudice rilevava che i tre procuratori ( C., L., B.) dovevano mantenere la veste e le facoltà, previste dalla procura, sino alla nomina dell’amministratore del supercondominio.

Sulla base di tale premessa, il Tribunale osservava che il G., quale mandante, aveva palesemente violato la norma dell’art. 1719 c.c. che gli faceva obbligo di somministrare al mandatario i mezzi necessari per l’esecuzione del mandato e per l’adempimento delle obbligazioni che a tale fino il mandatario aveva contratto.

Con sentenza 30 settembre- 28 ottobre 2005 la Corte di appello di Torino, in riforma della decisione del Tribunale di Verbania del 31 marzo – 7 maggio 2003, rigettava la domanda proposta dagli attori contro G.C., in quanto carenti di legittimazione attiva.

Osservavano i giudici di appello che gli attori avevano posto a base della loro domanda la procura notarile rilasciata con atto notaio Lanteri del (OMISSIS).

Con questo atto, cinque persone giuridiche e nove persone fisiche (fra i quali era ricompresso anche N.P., dante causa del G.) avevano loro conferito incarico – al dichiarato fine di realizzare un interlocutore unico rispetto al Comune di (OMISSIS) – di svolgere le pratiche richieste dal Comune, coordinando e gestendo le fasi attuative delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, provvedendo alla conclusione dei contratti di appalto ed alla gestione degli incarichi per la progettazione di tali opere, alla contabilizzazione delle opere stesse dell’attuazione del PECLI (Piano di Edilizia Convenzionata di Libera Iniziativa), giungendo fino alla operazione di apertura di un conto corrente intestato al Condominio (OMISSIS).

La Corte territoriale osservava che la procura in questione, in effetti, terminava con la apertura del conto corrente sopra menzionato e non comprendeva nè, in caso di morosità, il potere di esigere dai singoli proprietari le quote dovute secondo la ripartizione predisposta, nè, tanto meno, il diritto "di richiedere, anche giudizialmente, il pagamento delle somme dovute dai comproprietari del PECLI (OMISSIS) per la realizzazione delle opere di urbanizzazione".

Con la conseguenza di una duplice carenza, sia della "legitimatio ad causam" che, ancor più, della "legitimatio ad processum"in capo agli originari attori.

Tra l’altro ha precisato la Corte territoriale, sia in primo grado che in grado di appello, C., B. e L. elevano apposto le proprie firme in calce alla procura a margine della citazione e della comparsa di costituzione e risposta, senza spendere la qualità di mandatari del convenuto.

La procura li abilitava certamente a stare in giudizio in proprio, considerato che essi si erano costituiti a titolo personale anche nel giudizio di primo grado.

Ma la domanda proposta con atto di citazione non poggiava sulla titolarità di ipotetici diritti acquisiti in proprio verso il G..

Tra l’altro, questo ultimo non aveva affatto contestato che l’incarico conferito con la procura speciale del (OMISSIS) fosse riferibile anche a lui (tramite il proprio dante causa N.), negando solo che gli attori, nella loro qualità di procuratori speciali, avessero titolo ad ottenere il recupero della quota del 5,30% a suo carico, quota, questa, anticipata dagli altri comproprietari per poter proseguire nei lavori e dunque non anticipata in alcun modo dai tre mandatari.

Avverso tale decisione C.G., L.P. e B.R. hanno proposto ricorso per cassazione, sorretto da due motivi.

Resiste il G. con controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto con particolare riferimento alle norme che disciplinano il mandato (artt. 1719, 1720 e 1703 c.c.) e sulla rappresentanza (art. 1387 c.c. e segg.).

La decisione di secondo grado, oltre a non riconoscere il titolo di mandatari in base al quale avevano sempre agito gli odierni concorrenti, aveva sostanzialmente omesso di applicare le norme sul mandato, nella parte in cui esse disciplinano il rapporto interno tra mandante e mandatario e segnatamente le obbligazioni del mandante.

I giudici di appello avevano dato una lettura del tutto distorta, dell’art. 1719 c.c. omettendo di prendere in considerazione l’articolo successivo, che sancisce l’obbligo di rimborsare a carico del mandante nei confronti del mandatario, ciò a prescindere dalla non onerosità del mandato.

Con motivazione contraddittoria, la Corte territoriale aveva escluso – in capo ai tre attori – sulla base della procura conferita, tra gli altri, dal dante causa del G., il potere di esigere dai singoli comproprietari mandanti le quote dovute secondo la ripartizione e il diritto di richiedere, anche giudizialmente, il pagamento delle somme dovute.

Questi obblighi, in base alle disposizioni di legge richiamate, devono operare "ipso iure" nel caso di mandato con rappresentanza, senza alcuna necessaria espressa previsione, peraltro rinvenibile dal testo della procura notarile, con il riferimento alla normativa sul mandato.

Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano la contraddittoria e/o insufficiente motivazione circa la carenza di legittimazione attiva in capo ai ricorrenti mandatari.

Nonostante un esplicito richiamo alle norme sul mandato, contenuto nella procura notarile, e la indicazione – tra le varie incombenze loro affidate – del controllo della corretta esecuzione, della contabilità e della ripartizione dei costi tra i vari proprietari, i giudici di appello avevano escluso la esistenza – tra i vari poteri conferiti con la procura – di quello di esigere da parte degli attori le quote dovute secondo la ripartizione predisposta, in caso di morosità.

Tale conclusione si poneva in contrasto con quanto contenuto nella procura notarile, ma ancor prima con la normativa sul mandato ed, in particolare, con l’art. 1720 c.c. Osserva il Collegio:

1. i due motivi, da esaminare congiuntamente in quanto connessi tra di loro, sono infondati.

Appare opportuno premettere che la Corte territoriale ha, innanzi tutto, rilevato che gli attori avevano agito, sia in primo che in secondo grado, facendo valere un proprio diritto e non in forza del mandato loro conferito.

Gli stessi giudici hanno sottolineato come il G. non avesse contestato la riferibilità a lui dell’incarico contenuto nella citata procura notarile, limitandosi, piuttosto, a negare che gli originari attori avessero agito nella qualità di procuratori speciali per il recupero della quota del 5,3% a carico del G..

Sotto altro profilo, i giudici di appello hanno precisato che la procura "ad litem", apposta nell’atto di citazione in primo grado ed a margine della comparsa di risposta dagli appellati in grado di appello, non conteneva alcuna indicazione della loro qualità di mandatari e del potere loro conferito di rappresentare gli altri comproprietari del condominio nel giudizio proposto contro il G..

E’ appena il caso di ricordare che la interpretazione del contratto è riservata al giudice del merito, e che le valutazioni di questo sono censurabili in sede di legittimità solo per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale o per vizi di motivazione.

Pertanto, al fine di far valere i suddetti vizi, il ricorrente per cassazione, per il principio di specificità’ ed autosufficienza del ricorso, deve precisare quali norme ermeneutiche siano state in concreto violate e specificare in qual modo e con quali considerazioni il giudice di merito se ne sia discostato.

I principi sopraesposti -come ha riconosciuto la giurisprudenza di questa Corte – sono applicabili anche con riferimento alla procura "ad litem" (Cass. 31 gennaio 2006 n. 2128).

Una volta escluso che gli attori avessero agito, sin dal giudizio di primo grado, nella loro qualità di mandatari e ritenuto, invece, che l’azione proposta poggiasse in concreto sulla titolarità di ipotetici diritti acquisiti in proprio verso l’appellante (la cui esistenza doveva essere esclusa) la domanda proposta da L., C. e B. – hanno coerentemente concluso i giudici di appello – non poteva che essere rigettata.

Si tratta, come appare evidente, di una autonoma "ratio decidendi" non contrastata specificamente con i motivi di ricorso.

A fronte di tale accertamento di merito, i ricorrenti si limitano a ribadire che i mandatari avevano agito in giudizio nella loro qualità di procuratori dei proprietari, senza proporre tuttavia specifiche censure in ordine alle argomentazioni svolte dalla Corte territoriale.

Tanto sarebbe sufficiente a far ritenere la inammissibilità del ricorso per cassazione.

I giudici di appello non si sono fermati – tuttavia -a questo primo ordine di considerazioni, che pure doveva considerarsi del tutto assorbente, e non si sono sottratti (come pure sarebbe stato logico in considerazione delle argomentazioni svolte) all’esame del merito delle questioni sottoposte al loro esame.

2. Con motivazione logica e coerente, che sfugge a tutte le censure di violazione di legge e di vizi della motivazione, la Corte torinese ha escluso – in capo ai tre attori – la legittimazione attiva dei tre appellati, in relazione alla domanda intesa ad ottenere dal G. il pagamento della quota delle spese necessarie per le opera di urbanizzazione primaria e secondaria a carico dei comproprietari del Condominio.

In sostanza, ha osservato la Corte territoriale, doveva escludersi che i mandatari avessero poteri coercitivi di esazione di crediti nei confronti dei mandanti per adempimenti da questi dovuti a terzi giudici di appello hanno esaminato la procura notarile, rilevando che la stessa non conferiva affatto ai tre attori la facoltà di richiedere il pagamento della quota relativa alle spese di urbanizzazione primaria e secondaria sostenute o da sostenere.

Del resto, se corrisponde al vero che, in base all’art. 1719 c.c. il mandante è tenuto a somministrare i mezzi necessari per la esecuzione del mandato è altrettanto vero che dette somministrazioni sono limitate alle obbligazioni che il mandatario abbia contratto in nome proprio.

Nel caso di specie, non risulta, secondo gli accertamenti compiuti dalla Corte territoriale, che i tre ricorrenti avessero assunto una qualche obbligazione in nome proprio, avendo invece provveduto alla gestione della convenzione e dell’appalto in nome e per conto dei mandanti.

Quanto alla disposizione contenuta nell’art. 1720 c.c. la stessa stabilisce il recupero delle spese e degli esborsi sopportati dal mandatario per la esecuzione dell’incarico, a condizione che sia fornita la prova delle concrete anticipazioni e degli esborsi sostenuti dal mandatario.

Il rimborso ivi previsto concerne soltanto le spese sostenute dal mandatario in stretta dipendenza dall’adempimento dei propri obblighi.

Più esattamente esso si riferisce alle sole spese effettuate per espletamento di attività che il mandante abbia il potere di esigere:

infatti, il legislatore del 1942 ha sostituito l’espressione "a causa" all’espressione "in occasione dell’incarico", contenuta nell’art. 1754 cod. civ. 1865.

Nel caso di specie, i tre ricorrenti non hanno dimostrato l’esborso di somme conseguente alla esecuzione delle attività indicate nella procura, indicando unicamente alcune somme dovute a soggetto terzo, titolare del credito per quota di corrispettivi maturati a seguito delle esecuzione delle opere di urbanizzazione.

In realtà, ha rilevato la Corte territoriale, le somme richieste dagli originari attori, erano state anticipate dagli altri comproprietari del condominio per potere proseguire nella esecuzione dei lavori (pag. 14 della sentenza impugnata) e in mancanza di apposito conferimento del potere di rappresentanza degli altri comproprietari, nel giudizio promosso contro l’inadempiente G., doveva escludersi che gli attori potessero agire in giudizio contro quest’ultimo per ottenere il rimborso delle somme anticipate dagli altri comproprietari.

I giudici di appello hanno sottolineato che la procura notarile non conferiva affatto ai tre mandatari il potere di richiedere ai vari comproprietari il pagamento delle quote risultanti dal piano di riparto: infatti, la procura "terminava con l’apertura del conto corrente menzionato da ultimo e non comprendeva nè, in caso di morosità, il potere di esigere dai singoli proprietari le quote dovute secondo la ripartizione predisposta, nè tanto meno il "diritto.. di richiedere, anche giudizialmente, il pagamento delle somme dovute dai comproprietari del PECLI (OMISSIS) per la realizzazione delle opere di urbanizzazione".

Le censure di violazione di norme di legge e di vizi di motivazione si infrangono contro questo motivato accertamento.

Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato.

Sussistono giusti motivi, in relazione alle alterne decisioni di merito, per disporre la integrale compensazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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