Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 08-10-2010) 04-01-2011, n. 144; Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

1 – R.R. ricorre avverso l’ordinanza del 4 dicembre 2008 con la quale la Corte d’Appello di Potenza ha respinto l’istanza, dallo stesso proposta, di riparazione per ingiusta detenzione, subita a seguito di provvedimento restrittivo adottato dal Gip del tribunale di Trani, in quanto indagato per i delitti di cui agli artt. 110, 612, 339 e 416 bis c.p., e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 ed altro;

reati per i quali è stato, in seguito, ampiamente assolto dal Tribunale di Matera.

La Corte territoriale ha ritenuto di ravvisare una condotta dolosa del R., gravemente lesiva delle norme della civile convivenza, tale da suscitare allarme sociale e da giustificare l’intervento della pubblica autorità.

Deduce il ricorrente violazione ed errata applicazione degli artt. 314 e 643 e vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, per avere la Corte territoriale proceduto ad una indebita ed errata rivalutazione delle emergenze processuali, così travalicando i limiti del procedimento riparatorio.

Ritualmente costituitasi per il Ministero dell’Economia e delle Finanze, l’Avvocatura Generale dello Stato chiede dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi il ricorso, i cui contenuti il ricorrente ribadisce con memoria depositata presso la cancelleria di questa Corte.

2 – Il ricorso è fondato e deve essere, quindi, accolto.

Secondo l’insegnamento di questa Corte Suprema, in tema di riparazione per ingiusta detenzione, la condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo, rappresentata dall’avere il richiedente dato, o concorso a darvi, causa, per dolo o colpa grave, deve estrinsecarsi in comportamenti concreti, precisamente individuati, che il giudice di merito è tenuto ad apprezzare, in modo autonomo e completo, al fine di stabilire, con valutazione "ex ante", non se essi abbiano rilevanza penale, bensì solo se si siano posti come fattore condizionante rispetto all’emissione del provvedimento di custodia cautelare. Condotte rilevanti in tal senso possono essere di tipo extra processuale (grave leggerezza o trascuratezza tale da avere determinato l’adozione del provvedimento restrittivo) o di tipo processuale (autoincolpazione, silenzio consapevole sull’esistenza di un alibi) che non siano state escluse dal giudice della cognizione. Se è vero, d’altra parte, che il giudice della riparazione, che ha il compito di accertare la fondatezza dell’istanza di indennizzo, ha facoltà di dare ai fatti emersi in sede di giudizio penale una valutazione autonoma rispetto a quella proveniente dal giudice penale, il quale ha il compito, ben diverso, di verificare la fondatezza della ipotesi d’accusa, è altresì vero che i fatti esaminati, nella loro essenza ontologica, devono restare, in ambedue i giudizi, del tutto identici e che il giudice della riparazione non può procedere ad una rivalutazione delle emergenze processuali in senso opposto rispetto a quanto accertato dal giudice penale.

Orbene, nel caso di specie la Corte territoriale ha fondato la propria decisione su circostanze rimaste estranee al giudizio di cognizione in quanto riportate in atti colà dichiarati inutilizzabili, come ricorda lo stesso giudice della riparazione con riguardo alle dichiarazioni rese da G.C. e B. A.M.. Declaratoria di inutilizzabilità che esplica i suoi effetti su qualsiasi tipo di giudizio (in materia di inutilizzabilità di intercettazioni: Cass. SU n. 13426/10, relativamente al procedimento di prevenzione, e Rv 241667 del 30.10.08 per il procedimento riparatorio). La stessa Corte è giunta anche a contestare, con riguardo alle dichiarazioni rese dalla B. ai Carabinieri, il giudizio di inutilizzabilità espresso dal giudice della cognizione, esprimendo valutazioni circa le decisioni, adottate da quel giudice, che non spetta alla Corte della riparazione di sindacare.

Stesse considerazioni valgono per le dichiarazioni rese da C.A. e da O.M., che la stessa Corte ha ricordato essere state censurate di inutilizzabilità, tuttavia richiamando, subito dopo, le dichiarazioni rese ai Carabinieri da T.S.G., dalle quali la medesima Corte ha ritenuto di rilevare, in contrasto con la decisione del giudice della cognizione, elementi addirittura di responsabilità penale nella condotta del R.; senza, peraltro, meglio chiarire e giustificare il proprio giudizio.

Generico, poi, si presenta il riferimento, nell’ordinanza impugnata, in relazione alla imputazione ex art. 416 bis c.p., ai fatti occorsi nel (OMISSIS), che avrebbero visto quale autore il R., ed alle dichiarazioni ed agli accertamenti dei Carabinieri, i cui contenuti e risultati non sono stati in alcun modo specificati.

Da quanto sopra considerato, emerge la fondatezza delle proposte censure, di guisa che il provvedimento impugnato deve essere annullato con rinvio, per nuovo esame, alla Corte d’Appello di Potenza.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Potenza.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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