Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-10-2010) 04-01-2011, n. 24

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con sentenza in data 27 febbraio 2008 il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di S. Maria Capua Vetere emetteva sentenza di non luogo a procedere, per insussistenza del fatto, nei confronti di A.N., C.M. e A.L. (i primi due marito e moglie, il primo e il terzo fratelli), imputati dei reati di tentata estorsione continuata, violenza privata continuata, lesioni personali e minaccia aggravata continuata ai danni di D.V.I. e A.M., rispettivamente madre e sorella di A.N. e L..

Il procedimento era sorto dalla denuncia di A.M. e riguardava le pressioni, culminate in una vera e propria aggressione fisica nell’ultimo episodio del (OMISSIS), subite dalla denunciante e dalla madre ad opera dei congiunti suindicati (poi imputati) per indurle a lasciare l’abitazione di (OMISSIS) in cui la D.V., a seguito della morte del marito, era rimasta in qualità di usufruttuaria, mentre proprietario ne era divenuto il figlio L..

Il giudice dell’udienza preliminare aveva ritenuto che le dichiarazioni accusatorie delle persone offese fossero insufficienti, perchè prive di riscontri ed anzi contraddette dal teste A.R. e dalla certificazione medica compatibile con l’aggressione reciproca riferita dal predetto teste.

Avverso la sentenza suindicata il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Napoli e, personalmente, le parti civili A.M. e D.V.I. hanno proposto ricorso per cassazione. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di S. Maria Capua Vetere ha proposto appello, dichiarato inammissibile dalla Corte di appello di Napoli che ha disposto la trasmissione degli atti a questa Corte, anche per la valutazione circa l’ammissibilità della conversione dell’impugnazione in ricorso per cassazione.

Con il ricorso del Procuratore Generale si deduce l’illogicità manifesta della motivazione e la violazione di legge per avere il giudice dell’udienza preliminare svalutato il riscontro oggettivo alle dichiarazioni accusatorie delle persone offese costituito dalle ecchimosi riscontrate alle due donne, ecchimosi idonee a rappresentare "segni di percosse", e per aver ritenuto la reciprocità delle violenze tra le parti, senza tener conto dei possibili sviluppi di una compiuta istruttoria dibattimentale.

Con l’impugnazione del Procuratore della Repubblica si deduce l’"erroneità" della sentenza nella quale non si sarebbe tenuto conto degli elementi indicati a sostegno della tesi accusatoria, tra cui i certificati medici e le fotografie da cui risulterebbero i segni di pugni, schiaffi e calci sul corpo di A.M..

Con il ricorso delle parti civili si deduce la violazione della legge processuale penale, con riferimento agli artt. 425 e 530 c.p.p., per avere il giudice dell’udienza preliminare ritenuto attendibili le dichiarazioni rese ai Carabinieri da A.R., il quale aveva dichiarato di aver assistito ad una reciproca aggressione, senza tener conto del rapporto di parentela del predetto con imputati e persone offese (si trattava di un altro figlio di D. V.I.) e, soprattutto, del fatto che egli aveva sostenuto di non aver assistito all’episodio sin dall’inizio; secondo le ricorrenti sia le dichiarazioni di A.R. che quelle delle altre due persone informate sui fatti indicate nella denuncia avrebbero potuto, in sede dibattimentale, essere oggetto di una valutazione più penetrante al fine dell’accertamento dei fatti, considerato anche che la reciprocità delle violenze era contraddetta dalla circostanza, non adeguatamente valutata nella sentenza impugnata, che solo le denunciami avevano riportato conseguenze lesive fisiche e psicologiche, documentate nei certificati medici e nelle fotografie allegati alla denuncia. 11 giudice dell’udienza preliminare, inoltre, non avrebbe considerato che la denuncia riguardava una situazione di violenze e minacce, oggetto di contestazione, verificatesi ad opera degli imputati anche nei giorni precedenti al 10 giugno 2006 e che successivamente erano state presentate denunzie e querele, allegate al fascicolo processuale, che, con istanza al giudice per le indagini preliminari del 12 giugno 2008, le ricorrenti avevano chiesto di sottoporre all’attenzione della Procura della Repubblica al fine dell’eventuale integrazione delle imputazioni.

Il ricorso proposto dal Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Napoli è inammissibile per l’estrema genericità che non consente di cogliere – al di là dell’unico elemento costituito dalle ecchimosi riscontrate alle persone offese e ritenuto dal ricorrente elemento idoneo a rappresentare il segno delle percosse (reato quest’ultimo non contestato, essendo stato ascritto agli imputati, quale unico reato contro l’incolumità personale, quello di lesioni personale-quale possibile acquisizione di nuove prove o diversa e possibile rivalutazione degli elementi di prova già acquisiti potessero in concreto mutare il quadro probatorio e valutativo delineatosi all’udienza preliminare.

L’impugnazione proposta dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di S. Maria Capua Vetere, già dichiarata inammissibile come appello, può ex art. 568 c.p.p., comma 5 essere convertita in ricorso per cassazione, dovendosi ritenere prevalente esclusivamente la volontà tesa comunque a sottoporre a sindacato la decisione impugnata (Cass. Sez. Un. 31 ottobre 2001 n. 45371, Bonaventura; sez. 3^ 30 novembre 2007 n. 2469, Catrini; sez. 5^ 28 aprile 2009 n. 21581, Mare). Peraltro le osservazioni del pubblico ministero impugnante sono generiche e riguardano essenzialmente la valutazione delle emergenze investigative, per cui anche il suddetto ricorso deve essere dichiarata inammissibile. Il controllo del giudice di legittimità sulla motivazione della sentenza di non luogo a procedere non può tuttavia avere per oggetto gli elementi acquisiti dal pubblico ministero, ma solo la giustificazione adottata dal giudice nel valutarli e, quindi, la riconoscibilità del criterio prognostico adottato nella valutazione d’insieme degli elementi acquisiti dal pubblico ministero (Cass. sez. 5^ 13 febbraio 2008 n. 14253, Piras; sez. 6^ 27 novembre 2008 n. 2652, Sorbello; sez. 5^ 18 marzo 2010 n. 15364, Caradonna; sez. 2^ 14 maggio 2010 n. 28743, Orsini). Nel caso di specie peraltro il giudice di merito ha, con argomentazioni logicamente corrette, ritenuto l’insussistenza delle condizioni su cui fondare il giudizio prognostico favorevole all’accusa del materiale probatorio raccolto, richiamando le dichiarazioni di A.R., legato ad entrambe le parti contrapposte da vincoli di parentela e comunque estraneo alla controversia ereditaria, ed evidenziando l’incompatibilità delle gravi e violente aggressioni fisiche denunciate con i referti medici in atti che attestavano per il giorno (OMISSIS) solo uno stato ansioso giudicato guaribile in quarantotto ore, salvo complicazioni, riscontrato a D.V.I. e per il giorno (OMISSIS) successivo lesioni ritenute coerenti con la versione della colluttazione reciproca riferita da A.R. (un’escoriazione al ginocchio destro alla D.V. e un’ecchimosi periorbitale ad A.M.).

Il ricorso delle parti civili è inammissibile perchè presentato personalmente.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno infatti più volte affermato il principio che la disposizione di cui al primo periodo dell’art. 613 c.p.p., comma 1 (secondo la quale, in deroga alla regola generale della necessaria sottoscrizione di un difensore iscritto all’albo speciale, è consentito alla "parte" di sottoscrivere personalmente il ricorso per cassazione) è applicabile solo nei confronti dell’imputato, atteso che le altre parti diverse dall’imputato, a norma dell’art. 100 c.p.p., comma 1, non possono stare in giudizio se non "col ministero di un difensore munito di procura speciale" (Cass. Sez. Un. 16 dicembre 1998 n. 24, Messina; Sez. Un. 21 giugno 2000 n. 19, Adragna; cfr. anche Sez. Un. 30 gennaio 2007 n. 6816, Inzerillo).

Alla inammissibilità del ricorso delle parti civili consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuna al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

dichiara inammissibili i ricorsi di D.V.I. e A.M. che condanna al pagamento delle spese processuali e ciascuna al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende. Dichiara inammissibili i ricorsi del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di S. Maria Capua Vetere e del Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Napoli.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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