Cons. Stato Sez. IV, Sent., 05-01-2011, n. 21 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1 – Con sentenza n. 1171 del 9 ottobre 2006 il TAR della Liguria ha respinto il ricorso proposto dalla sig.ra G.F. per l’annullamento dell’atto del Comune di Borghetto Santo Spirito n. 33694 del 25 novembre 2002 di accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione di opere edilizie e di cessazione dell’attività estrattiva di materiale lapideo n. 47 del 18 aprile 1992.

In particolare, la motivazione allegata alla propria decisione dal Giudice territoriale può essere così riassunta:

– è infondato il primo motivo di doglianza, con il quale la ricorrente ha dedotto di essere stata impossibilitata ad adempiere all’ordine a causa di provvedimenti del Giudice penale e dell’Autorità amministrativa che hanno determinato l’indisponibilità delle aree, in quanto la redazione del progetto specifico di sistemazione delle aree richiesto dall’Amministrazione comunale, ai sensi dell’art. 68 del P.T.C.P, prescindeva del tutto dalla disponibilità delle aree ed i provvedimenti inibitori penali ed amministrativi emanati non costituivano impedimento assoluto, ben potendo la parte chiedere alle relative Autorità di riottenere la disponibilità momentanea delle are stesse all’esclusivo fine di ripristinare lo stato dei luoghi; solo in caso di rigetto di una tale istanza si sarebbe potuto correttamente ritenere l’esistenza di un factum principis ostativo all’ottemperanza

– è inammissibile il secondo motivo, con il quale è stato lamentato che l’atto di accertamento impugnato e l’ingiunzione a demolire n. 47 del 1992 non contenessero la precisa indicazione delle aree da rimettere in pristino, tenuto conto che esso, a ben vedere, prende di mira esclusivamente, quanto tardivamente, il provvedimento ingiuntivo anzidetto, rimasto inoppugnato nei termini decadenziali di legge, pur essendo stato notificato all’interessata;

– è infondato il terzo motivo, con il quale è stata eccepita l’incompetenza dell’Autorità che ha emanato l’atto impugnato, considerato che sin dal 1997, e comunque dall’entrata in vigore del TU n. 267 del 2000, la competenza in materia spetta al funzionario responsabile del servizio che, nella specie, è da individuare nel Segretario Comunale che ha sostituito il titolare dell’Ufficio anzidetto, come indicato nelle premesse dell’atto, in quanto assente ex art. 11, comma 7, del regolamento comunale.

2. – Con l’appello in epigrafe la sig.ra G.F. ha chiesto la riforma di detta sentenza articolando i seguenti motivi di impugnazione:

1)- illegittimità del provvedimento impugnato per eccesso di potere in quanto la ricorrente non era inadempiente all’ingiunzione di demolizione n. 47 del 18 aprile 1992 ed inapplicabilità al caso di specie dell’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001;

2)- illegittimità del provvedimento del 25 novembre 2002 per omessa indicazione delle aree di proprietà della ricorrente;

3. – Si è costituito in giudizio il Comune di Borghetto Santo Spirito che con memoria ha diffusamente controdedotto alle tesi di parte appellante affermando, preliminarmente, che detto appellante non avrebbe più interesse alla decisione, in quanto mai impugnati gli atti di irreversibile trasformazione giuridica e fattuale delle aree di loro proprietà, e che, comunque, nel merito, tutti i motivi di impugnazione dedotti sarebbero infondati, per cui la contestata sentenza del primo Giudice meriterebbe di essere confermata.

4. – All’udienza del 9 novembre 2010 l’appello è stato rimesso in decisione.

Motivi della decisione

1. Il Comune appellato ha eccepito che l’appello sarebbe improcedibile perché la sig.ra G.F. non avrebbe impugnato atti successivi al provvedimento impugnato che avrebbero negativa e determinante incidenza sull’interesse alla decisione di detto appello ed, in particolare, le delibere comunali del 26 ottobre 2005 e del 11 novembre 2005 e le determinazioni della Conferenza di servizi, ex art. art. 59 della L.R. Liguria n. 36 del 1997, inerenti l’approvazione del progetto esecutivo, con connesso vincolo espropriativo, dell’impianto di depurazione progettato e poi realizzato sulle aree di proprietà dell’appellante.

Dall’esame di tale eccezione il Collegio, però, può prescindere essendo comunque infondata nel merito l’impugnazione proposta con il ricorso in epigrafe.

2. – Prima di esaminare i singoli motivi di impugnazione, è necessario precisare che l’omessa contestazione, in sede giurisdizionale e nei termini decadenziali di rito, dell’ingiunzione a demolire debitamente notificata a suo tempo (1992) all’interessata (che è circostanza, peraltro, non controversa come deducibile sin dal ricorso di primo grado) consente di esaminare nel merito, in questa sede, soltanto quei motivi di ricorso di primo grado e di appello che concernono strettamente l’atto (vincolato) di accertamento dell’inottemperanza a tale ingiunzione e di immissione ex lege nel possesso delle aree sulle quali l’abuso è stato realizzato. Infatti, non possono non ritenersi tardive tutte le deduzioni che, comunque, concernano detta ingiunzione a demolire avendo la parte interessata fatto sostanziale acquiescenza alle determinazioni in essa contenute.

Inoltre, va dato atto che l’appellante ha fatto acquiescenza alla decisione in esame del Giudice di primo grado nella parte in cui ha respinto il terzo motivo di ricorso (di primo grado) di difetto di legittimazione del Segretario Comunale ad emanare l’atto impugnato, non avendo proposto impugnazione in parte qua.

3. – Con il primo motivo di appello l’appellante critica la sentenza impugnata poiché non sarebbe stata inadempiente rispetto all’ordine, ricevuto già con l’ingiunzione a demolire, di ripristinare lo stato dei luoghi, presentando apposito progetto di recupero delle aree, e deduce, altresì, che sarebbe inapplicabile alla fattispecie la norma dell’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001, tenuto conto che l’ingiunzione anzidetta sarebbe stata espressamente emanata ai sensi dell’art. 15 della legge n. 1497 del 1939 e, quindi, consentirebbe all’Amministrazione soltanto di procedere di ufficio alla rimessa in pristino, a spese del responsabile dell’abuso, ma non anche ad acquisire il bene al patrimonio comunale.

3.1 – Il primo dei citati profili di impugnazione è infondato in quanto nessuno degli atti cautelari e sanzionatori emessi dall’Autorità amministrativa e dall’Autorità giudiziaria per frenare l’intervento abusivo realizzato nell’area di proprietà della ricorrente può giustificare l’omessa ottemperanza spontanea all’ordine di rimessa in pristino dell’area stessa, tenuto conto che, allo stato degli atti, non risulta provato che la ricorrente (che pure era stata sollecitata già con l’ingiunzione a demolire a presentare "…specifico progetto di sistemazione, corredato da un programma di intervento che ne definisca le condizioni di fattibilità ed i tempi di realizzazione, a norma dell’art. 68 del Piano Territoriale di Coordinamento Paesaggistico…", quale atto necessario per il necessario ripristino dello stato originario dei luoghi) abbia mai adempiuto a tanto, e che queste ultime, per quanto di rispettiva competenza, abbiano opposto un espresso diniego.

Costituiva, invero, obbligo dell’appellata porsi concretamente a disposizione delle predette Autorità per eliminare gli abusi perpetrati mediante dette concrete iniziative e poteva ritenersi giustificato l’inadempimento soltanto se, pur in presenza di effettiva disponibilità e solerzia riparatrice nei modi sopra indicati, fosse stato opposto, come già detto, un diniego dalla Autorità stesse.

Tanto, però, non è mai avvenuto -fino al momento in cui le aree in questione sono state sottratte all’appellante mediante l’adozione degli atti deliberativi comunali del 26 ottobre 2005 e del 11 novembre 2005, delle determinazioni della Conferenza di Servizi convocata ex art. 59 della L.R. Liguria n. 36 del 1997 e della reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio, di cui al decreto dell’Amministrazione Provinciale di Savona n. 126 del 11 novembre 2005 per la realizzazione del TRZ- poiché, diversamente da quanto affermato dall’appellante anche attraverso la citazione di propri documenti (cfr. quelli citati a pag. 7 dell’appello), non risulta che quest’ultima abbia mai proceduto a presentare idonea e concreta proposta operativa di bonifica dell’area dai rifiuti inquinanti ivi ritrovati e di risistemazione delle zone illegittimamente escavate.

Né può ritenersi che in qualche modo abbia potuto avere incidenza determinante sul comportamento inadempiente dell’appellante la realizzazione del citato TRZ, che è opera posta in essere mediante l’approvazione di apposito piano particolareggiato, poiché esso, pur necessitato dall’inadempimento dell’ appellante medesima, costituisce esecuzione della sentenza penale della Corte di Cassazione del 17 febbraio 1994 che imponeva in via definitiva, in riforma della sentenza pretorile n. 124 del 1993, la rimessione in pristino dello stato dei luoghi.

Infine, alcun rilievo può avere la revoca del sequestro conservativo citata dall’appellante in quanto le conclusioni raggiunte al riguardo dal Tribunale Civile di Savona con la propria sentenza n. 397 (cfr. pag. 7 dell’appello) possono avere eventualmente rilievo soltanto nell’appropriata sede civile, ma non anche in questa sede, avendo a presupposto non fatti storici esimenti, bensì considerazioni giuridiche proprie di quella sede giurisdizionale. Tutto ciò, in disparte il rilievo, peraltro già effettuato più innanzi, che il sequestro anzidetto non impediva l’adempimento spontaneo dell’ordine demolitorio, così come la presentazione di un’idonea progettazione esecutiva concernente la bonifica dell’area, con contestuale richiesta di dissequestro dell’area stessa allo specifico fine di realizzare tale bonifica.

3.2 – Quanto alla questione dell’asserita inapplicabilità dell’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001, una lettura attenta del motivo in esame mostra che il contenuto effettivo della stessa presuppone necessariamente la valutazione del provvedimento ingiuntivo di demolizione del 1992, visto che nel motivo anzidetto si afferma che l’asserita impossibilità di acquisire l’immobile al patrimonio comunale, così come invece disposto, discenderebbe dal fatto che l’ordinanza di demolizione "…di cui si contesta l’inottemperanza, è stata espressamente emanata dal Sindaco del Comune di Borghetto Santo Spirito ai sensi dell’art.15 della legge 21/6/1939, n. 1497…".

Un altrettanto attento esame del provvedimento demolitorio (n. 47 del 1992) dà conto, altresì, del fatto che le determinazioni con esso provvedimento adottate sono sostanzialmente imputate al parametro normativo dell’art. 7 della legge n. 47 del 1985 (laddove è dato leggere nel testo che "…non potendo operare l’art. 11 della legge regionale 10/04/1979, n. 12, l’esercizio della cava è tuttora effettuato in assenza di concessione edilizia di cui all’art. 3 della legge 28/01/1977, n. 10…") e, quindi giustifica la conseguenza legale dell’accertamento dell’inottemperanza realizzato con il provvedimento impugnato, preludio necessario all’altrettanto automatica acquisizione del bene al patrimonio dell’Ente, entrambi effetti legali tipici del mancato adempimento spontaneo all’ordine emanato dall’Autorità amministrativa.

In breve, nessun fondamento può essere riconosciuto alla pretesa dell’appellante che non sarebbero applicabili alla fattispecie l’accertamento dell’inottemperanza e la conseguente acquisizione al patrimonio comunale del bene abusivo e dell’area di sedime su cui insiste, atteso che le determinazioni del provvedimento impugnato hanno come loro presupposto essenziale il contenuto del citato provvedimento di demolizione emanato nel 1992 che, a sua volta, correttamente imputa all’interessato la violazione delle norme regolanti la preventiva acquisizione di idonea concessione edilizia ed intima di procedere, nel termine di legge, alla demolizione spontanea delle opere abusive realizzate per la coltivazione della cava.

4. – Infine, privo di ogni pregio è anche il secondo ed ultimo motivo di appello, con il quale l’appellante critica la motivazione resa dal primo Giudice per ritenere infondato la seconda delle censure articolate in primo grado, in quanto può consonarsi con detto Giudice sulla rilevata inammissibilità della stessa.

Infatti, la critica mossa dall’appellante non consente di superare il rilievo che la doglianza attinge fondamentalmente e sostanzialmente il provvedimento che ha ingiunto nel 1992 la demolizione delle opere edilizia abusivamente realizzate, in quanto l’individuazione delle aree di proprietà della ricorrente è profilo attinente a detto provvedimento ingiuntivo e non anche all’atto impugnato che ha preso atto esclusivamente dell’inottemperanza all’ordine di demolizione legittimamente emesso ed ha proceduto a constatare che si era verificato l’effetto previsto direttamente dalla legge di acquisizione (conseguente) del bene abusivo e dell’area di sedime al patrimonio comunale.

5. – In conclusione, la sentenza impugnata merita di essere confermata con conseguente rigetto dell’appello in epigrafe.

6. – Quanto alle spese del presente grado di giudizio, ritiene il Collegio che l’onere delle stesse debba seguire alla soccombenza in capo alla sig.ra G.F., nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 4964 del 2007, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la sig.ra G.F. al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida in euro 5.000,00 (euro cinquemila e centesimi zero) in favore del Comune di Borghetto Santo Spirito..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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