Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 17-12-2010) 05-01-2011, n. 228 Impugnazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 22 giugno 2010 il Tribunale di Catanzaro, investito ex art. 310 c.p.p., dell’appello proposto da C. V.L., ha confermato l’ordinanza del Tribunale di Cosenza, in data 26 aprile 2010, che ha disposto la sospensione dei termini di custodia cautelare in carcere nei confronti dello stesso C., a norma dell’art. 304 c.p.p., comma 2.

A sostegno della decisione il Tribunale ha addotto la ricorrenza, nel caso in esame, delle due condizioni legittimanti la sospensione dei termini ai sensi della citata norma, e, cioè, la pendenza di processo per reati indicati nell’art. 407 c.p.p., comma 2, lett. a), e la complessità del dibattimento.

Con riferimento, in particolare, alla seconda delle predette condizioni, il giudice di appello ha confermato il giudizio già espresso dal primo giudice circa la probabile impossibilità di concludere il dibattimento entro i termini di custodia cautelare di fase per le seguenti ragioni:

– numero degli imputati (quattordici, gran parte dei quali detenuti);

– numero e qualità delle imputazioni loro contestate (associazione per delinquere di stampo mafioso; delitti contro il patrimonio avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416 bis c.p., ovvero al fine di agevolare le attività delle associazioni previste da detto articolo; usura, esercizio abusivo dell’attività finanziaria, estorsione, truffa ed altri reati, oggetto di due procedimenti riuniti);

– necessario approfondimento delle posizioni di ciascun imputato;

molteplicità e varietà delle questioni di fatto e diritto poste all’attenzione del Tribunale; numero dei testimoni dell’accusa e della difesa; complessità dell’istruttoria dibattimentale, tenuto conto che, nonostante il rilevante numero di udienze già svolte, era stato completato l’esame di un solo testimone e iniziato quello di un secondo testimone;

– numero dei difensori impegnati, necessità di assicurare loro un congruo tempo di discussione e di tenere conto di eventuali e concorrenti impegni defensionali;

– esigenze organizzative dell’ufficio procedente, considerati i concorrenti impegni dei membri del collegio giudicante e, in particolare, di uno dei componenti, appartenente alla sezione GIP-GUP e designato per la sola trattazione del processo in esame, stante l’incompatibilità degli altri magistrati della sezione penale.

Il Tribunale distrettuale ha sottolineato, in particolare, la complessità delle contestazioni mosse ai quattordici imputati nel processo, relative all’esistenza di un’articolata compagine delinquenziale di stampo mafioso operante nella città di (OMISSIS) e dintorni per un arco di tempo superiore a cinque anni, e a ben quarantadue reati-fine, tra cui numerose contestazioni di usura ed abusivo esercizio dell’attività finanziaria, involgenti complessi accertamenti anche di natura tecnica; ha richiamato la solerzia con cui era stato trattato il processo fino alla decisione di sospensione dei termini con la completata escussione, tuttavia, dopo la soluzione delle questioni preliminari, di un solo testimone al 26 aprile 2010 e l’esame in corso del secondo testimone della lista del P.M.; ha dato atto dell’adesione dei difensori all’astensione dalle udienze proclamata dal locale Consiglio dell’ordine, mentre non risultava prodotto, nonostante ne fosse stata fatta espressamente riserva nell’atto di appello, il documento con cui i membri del collegio difensivo avrebbero ufficialmente manifestato la propria disponibilità ad intensificare il calendario delle udienze; ha aggiunto la necessità di trascrivere -in italiano e in dialetto locale- l’imponente compendio intercettivo, per cui l’incaricato perito, all’udienza del 19 aprile 2010, aveva richiesto il termine di un anno, salvo proroghe; ha rimarcato, infine, i problemi organizzativi interni all’ufficio giudicante per l’applicazione come componente del collegio dibattimentale di magistrato tabellarmente assegnato alla funzione di giudice per le indagini preliminari.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per Cassazione il C., personalmente, deducendo un unico motivo col quale lamenta la manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e), richiamando una sentenza di questa Corte, sez. 1, in data 18 dicembre 2009 n. 628 (depositata l’il gennaio 2010), secondo la quale "la particolare complessità del dibattimento non poteva essere collegata soltanto alla natura delle imputazioni o a circostanze generiche e comuni a tutti i processi di criminalità organizzata, quali l’elevato numero di faldoni da studiare, ma occorreva che fosse rapportata alle caratteristiche specifiche del singolo dibattimento", concludendo il precedente giurisprudenziale citato nel senso che l’ordinanza di sospensione non poteva essere pronunciata o avrebbe dovuto essere revocata, "una volta intervenuta la rinunzia ai motivi principali del ricorso ad opera della maggior parte degli imputati".

Ad ulteriore conforto della ritenuta illogicità dell’ordinanza impugnata e della genericità delle sue motivazioni, il ricorrente adduce l’avvenuto deposito, nella cancelleria del giudice del dibattimento, di un documento a firma di tutti i difensori impegnati nel processo, nel quale dichiarano la loro disponibilità ad un calendario più fitto di udienze per accelerare i tempi del dibattimento.

Insiste, infine, il ricorrente nel sottolineare la mancanza di specifiche ragioni idonee a giustificare la disposta sospensione, già ravvisate dalla giurisprudenza nell’espletamento di una rogatoria internazionale, nella necessità di una perizia particolarmente laboriosa, nell’esigenza di garantire l’incolumità dei testimoni e dei collaboratori di giustizia o di assicurare la traduzione degli imputati detenuti in luoghi lontani, nella sospensione del processo imposta dalla pendenza di una questione di legittimità costituzionale, ipotesi tutte non ricorrenti nel caso in esame, non assumendo rilievo i problemi organizzativi strutturali e interni all’ufficio giudicante e considerato che gli imputati, già detenuti in Spagna, erano rientrati in Italia cosicchè non si impone più la presenza di un’interprete per mantenere i contatti con il carcere spagnolo e, in ogni caso, la partecipazione degli imputati lontani può essere assicurata dal sistema della video-conferenza con sicuro risparmio di tempo.

Motivi della decisione

3. Il ricorso è inammissibile.

L’ordinanza impugnata è, infatti, diffusamente motivata in modo coerente e adeguato, pur prescindendo dai problemi organizzativi interni all’ufficio giudicante che non possono penalizzare l’interesse degli imputati, in vincoli, ad un processo di durata ragionevole col minore sacrificio possibile della loro libertà personale in pendenza del giudizio (c.f.r., in senso conforme, la giurisprudenza di questa Corte, coerente coi principi costituzionali e internazionali in materia di diritti umani, e, in particolare, la sentenza della sez. 4 n. 17576 del 14/01/2004 (dep. il 16/04/2004) Rv. 228174, nella motivazione della quale la Corte ha escluso che possa giustificare la sospensione, ex art. 304 c.p.p., comma 2, il contemporaneo impegno dei giudici in altri processi, rilevando che i problemi di organizzazione interna degli uffici non possono incidere negativamente sulla libertà dell’imputato).

I plurimi motivi, sopra illustrati, che sostengono la confermata sospensione dei termini (particolare complessità del dibattimento in relazione all’approfondimento delle posizioni di ciascuno dei numerosi imputati e all’assunzione di laboriosi mezzi di prova, tra cui impegnative perizie, con riguardo ai molteplici reati fine contestati), resistono, dunque, anche all’espunzione dall’apparato motivazionale del predetto riferimento alle difficoltà organizzative interne al Tribunale del dibattimento, composto da giudice tabellarmente assegnato alla sezione dei GIP-GUP, onerato da altri concomitanti ed urgenti impegni; mentre la dichiarata disponibilità dei difensori ad intensificare il numero delle udienze dibattimentali non elide le plurime ragioni, esaurientemente rappresentate nell’impugnata ordinanza e non specificamente contestate dal ricorrente, che inducono a ritenere probabile che il complesso dibattimento non possa esaurirsi nei termini di durata massima della custodia cautelare di fase.

Palesemente inconferente, infine, è il richiamo del ricorrente a precedente giurisprudenziale di questa stessa Corte, più sopra trascritto, attinente a tutt’altra situazione, in cui non è stata ritenuta adeguatamente giustificata la disposta sospensione dei termini, trattandosi di giudizio d’appello in processo per fatti di criminalità organizzata nei riguardi di undici imputati, dei quali ben nove avevano rinunciato ai motivi in tema di responsabilità, senza la prospettiva di una riapertura dell’istruzione o la possibilità di rinnovazione di atti.

4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di Euro 1.000,00 a favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 a favore della cassa delle ammende.

Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al Direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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