Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 17-12-2010) 05-01-2011, n. 219 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Bolzano, costituito ai sensi dell’art. 309 c.p.p., con ordinanza del 20 settembre 2010, ha revocato, per mancanza di indizi di colpevolezza, il provvedimento emesso il 28 agosto 2010 dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, col quale era stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di B.B., cittadino (OMISSIS), sottoposto ad indagini per il delitto di omicidio volontario di M.M., commesso in (OMISSIS).

Il Tribunale ha ricostruito il fatto nei seguenti termini.

Alle ore una del (OMISSIS), un TIR Scania, condotto dal B., accompagnato dal secondo autista, P.V., transitando nel parcheggio, denominato (OMISSIS), ubicato a 5 km a sud del casello autostradale di (OMISSIS), urta, con la parte posteriore destra, un furgone, fermo, sul quale riposavano il M. e la sua compagna, C.I..

Nessuno degli occupanti dei due veicoli coinvolti nell’incidente si accorge della collisione.

Una persona a piedi da l’allarme, il TIR si ferma, e da esso scende uno degli occupanti, da individuare nel P., secondo le dichiarazioni rese dallo stesso e ritenute attendibili dal Tribunale, mentre la C. lo indica nell’autista del camion. Nel frattempo, il M. e la compagna, richiamati dall’allarme lanciato dallo sconosciuto, escono dal furgone ed iniziano a parlare con la persona discesa dal TIR, alla quale chiedono i dati dell’assicurazione del veicolo.

Il P. risale sul mezzo per "prendere carta e penna", come si legge nell’ordinanza di riesame, ma non ritorna presso i suoi interlocutori perchè il TIR inopinatamente riparte in direzione della vicina barriera autostradale.

Il M., allora, risalito con la C. sul furgone danneggiato, insegue il veicolo antagonista.

Giunti entrambi i mezzi al casello, mentre il B., che è rimasto alla guida del TIR, dopo aver abbassato il finestrino, si accinge a pagare il pedaggio, il M., arrampicatosi sul muretto (new jersey) che delimita la cabina del casellante dalla corsia di transito, si inserisce nell’esiguo spazio tra la medesima cabina e l’imponente veicolo fermo, e, aggrappato con la mano sinistra ad un supporto della carrozzeria del TIR, si sporge all’interno dell’abitacolo e, con la mano destra, colpisce al viso il B. con pugni, mentre grida e inveisce contro di lui.

L’autista del TIR, spaventato, chiude il finestrino.

Il M. salta a terra e si pone davanti allo spigolo anteriore sinistro del TIR, gridando che non si sarebbe spostato fino all’arrivo della polizia.

Il casellante della porta limitrofa a quella imboccata dal B., vede, in quel frangente, che il M. si sdraia a terra, ponendosi di traverso davanti al TIR, ad una distanza indicata tra m.

1,40 e m. 1,80.

Nel frattempo il B. ha riaperto il finestrino e, aiutato dal P., paga il pedaggio dovuto.

La sbarra del casello si alza e, nel momento in cui il TIR sta per ripartire, i casellanti notano che il M., a terra, si mette perpendicolarmente al TIR come per precederlo a carponi o tentare di rialzarsi.

Il pesante veicolo avanza molto lentamente, aggancia il M., lo trascina per qualche metro e gli schiaccia la testa con la parte interna di una delle ruote della motrice.

Dopo circa cinquanta metri il TIR si ferma sulla destra: il B. scende dal mezzo, torna a piedi verso il casello e, verificato l’accaduto, manifesta sconforto e abbattimento.

Sulla base della predetta ricostruzione del fatto, il Tribunale ha escluso la ravvisabilità del dolo nella condotta dell’indagato, il quale non ebbe, secondo il decidente, alcun contatto con la vittima prima di essere lui stesso aggredito da parte del M. al casello autostradale; reagì pacatamente alla violenza dell’antagonista; tenne immediatamente dopo il fatto una condotta incompatibile con la volontà di uccidere, arrestando la marcia del mezzo; soprattutto, secondo il Tribunale, non vi sarebbero elementi per affermare che il B., al momento di ripartire dal casello, avesse percepito la giacenza a terra del M. davanti alla motrice, pur avendo in astratto la possibilità di vederlo attraverso lo specchietto panoramico dalla cabina di guida.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per Cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bolzano, il quale lamenta che l’ordinanza impugnata avrebbe ignorato i dati obiettivi della vicenda, bene evidenziati invece nel provvedimento del Giudice per le indagini preliminari di applicazione della misura cautelare, e avrebbe valutato il fatto frazionandone i vari segmenti, senza considerare la continuità esistente tra la lite nel parcheggio, dove si verificò l’incidente con arbitrario allontanamento del TIR investitore, e il violento scontro tra il B. e il M. al casello autostradale, come pure la stretta connessione tra le ultime azioni del M., il quale, dopo aver contestato agli occupanti del TIR che non si sarebbe mosso fino all’arrivo della polizia, si stese per terra davanti al pesante mezzo per impedirne la marcia, posizione nella quale fu ben notato dai casellanti e certamente fu visto anche dal B.. Quest’ultimo, pagato il pedaggio, deliberatamente avanzò molto piano per indurre il M. a scansarsi, accettando quindi il rischio di investirlo, come purtroppo si verificò.

Il Tribunale, pur di sostenere la sua illogica, apodittica e frazionata ricostruzione del fatto, avrebbe ignorato alcuni elementi rilevanti dell’indagine, come i dati dell’acquisito cronotachigrafo, da cui risultano i tempi di sosta del TIR presso il (OMISSIS) nella fase prodromica, compatibili con la discussione svoltasi in quella sede; il tempo di arresto del B. presso il casello dove fu aggredito dal M.; la lenta partenza del mezzo oltre la barriera autostradale. Il decidente avrebbe, inoltre, travisato le dichiarazioni dei tre casellanti sull’alterco tra le parti e la stretta correlazione esistente tra l’affacciarsi del M. nell’abitacolo del TIR con aggressione verbale e fisica contro i suoi occupanti; la sua protesta urlata che non si sarebbe mosso fino all’arrivo della polizia; e l’immediato sdraiarsi a terra della vittima davanti alla motrice del mezzo, con la coerente manifestazione, mediante le parole pronunciate e l’inequivocabile posizione assunta, della ferma intenzione di non consentire all’autista del TIR di allontanarsi, come già accaduto nell’area di parcheggio, senza avere prima formalizzato l’Incidente occorso.

Del tutto obliterati dal Tribunale sarebbero stati anche gli accertamenti tecnici compiuti dalla polizia giudiziaria e dai consulenti tecnici del pubblico ministero, che evidenziano come il B. potesse vedere il M. disteso davanti al TIR direttamente e per mezzo dello specchietto anteriore e laterale superiore del camion, e fosse altresì in grado di accorgersi di essere passato sul corpo della vittima.

In sintesi, la scelta di non operare una lettura coordinata e organica di tutti i dati probatori avrebbe impedito al Tribunale di cogliere la reale "causale" dei fatti contro ogni logica valutazione di essi, evidentemente consistiti, secondo il ricorrente, in una lite degenerata tra un automobilista e un camionista, il quale, rappresentandosi la circostanza che di fronte alla partenza del proprio TIR l’antagonista si sarebbe dovuto spostare, accettava comunque il rischio di investirlo, pur di riuscire a liberarsi dalla presenza della persona con cui aveva litigato e che gli impediva la marcia, donde la sicura ricorrenza del dolo eventuale del delitto di omicidio nella condotta del B..

Insufficiente, infine, sarebbe la motivazione dell’ordinanza impugnata anche con riguardo alla negata esistenza delle esigenze cautelari, ravvisate dal GIP soltanto nel concreto pericolo di fuga del B., il quale, essendo straniero, potrebbe allontanarsi dall’Italia e rendersi irreperibile, mentre il Tribunale ha ritenuto che l’indagato, quale cittadino comunitario facilmente reperibile, rimasto a disposizione della giustizia, è estradatale senza difficoltà e, comunque, passibile di esecuzione della pena nel proprio paese, sottovalutando, secondo il ricorrente, il concreto pericolo che il B., dedito a trasporti anche fuori dell’ambito comunitario, possa invece rendersi irreperibile soprattutto in previsione di una pena detentiva di lunga durata.

Il Pubblico Ministero ha chiesto, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), con rinvio degli atti al Tribunale di Bolzano per un nuovo esame.

3. Il difensore del B. ha depositato memoria in data 11 dicembre 2010, nella quale contesta i motivi del ricorso, rilevandone innanzitutto l’inammissibilità perchè diretti ad una rivalutazione del fatto inammissibile nel giudizio di legittimità, che deve essere, invece, mirato solo all’accertamento di eventuali vizi del provvedimento impugnato, nella fattispecie inesistenti, essendo l’ordinanza di annullamento della misura cautelare motivata in modo coerente ed adeguato.

Aggiunge che la consulenza dell’esperto, incaricato dall’indagato, esclude la possibilità di avvistamento del corpo di un uomo disteso ad una distanza inferiore a quattro metri davanti al conducente del TIR in normale assetto di guida, precisando che non tutti i casellanti in servizio, al momento del fatto, furono in grado di vedere il M. stendersi davanti alla motrice e, in particolare, in tale posizione non fu visto dal R., il quale era addetto proprio alla porta dove si fermò il B. per pagare il pedaggio.

Rileva, inoltre, il difensore l’inesistenza delle esigenze cautelari e, in particolare, del concreto pericolo di fuga affermato dal GIP, facendo propria la valutazione del Tribunale del riesame al riguardo.

Motivi della decisione

4. Il ricorso è infondato.

Quando sia proposto ricorso per Cassazione avverso ordinanze che dispongono misure coercitive, le doglianze attinenti al difetto o, come nel caso in esame, alla presenza dei gravi indizi di colpevolezza, rilevano soltanto se si traducano in un motivo di annullamento per violazione dell’obbligo della motivazione secondo le previsioni dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), esulando dalle funzioni della Corte di legittimità la valutazione della sussistenza, in concreto, degli indizi e delle esigenze cautelari (c.f.r., tra le molte conformi, sez. 3, sentenza n. 1416 del 30/03/2000 Cc. (dep. 04/05/2000) Rv. 216074).

Pertanto, allorchè l’ordinanza, come quella qui impugnata, contenga la precisa e circostanziata enunciazione del fatto addebitato con la specificazione di elementi di estremo dettaglio, in riferimento a tempo, luoghi e modalità di esso, l’obbligo della motivazione è sicuramente assolto, e non può chiedersi alla Corte di legittimità una rivalutazione alternativa del medesimo fatto.

E’ vero che la disposizione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), come novellata dalla L. n. 46 del 2006 con la previsione che per la deduzione dei vizi della motivazione può farsi riferimento, quale termine di comparazione, non solo al testo del provvedimento impugnato ma anche ad altri atti del processo specificamente indicati, trova applicazione altresì nel giudizio incidentale cautelare, nel quale è dunque rilevante un nuovo vizio definibile come "travisamento della prova", per l’utilizzazione di un’informazione inesistente o per l’omissione della valutazione di una prova, e, tuttavia, entrambe le suddette forme patologiche sono accomunate dalla necessità che il dato probatorio, travisato o omesso, abbia il carattere della decisività nell’ambito dell’apparato motivazionale sottoposto a critica (sez. 2, sentenza n. 22565 del 09/06/2006 Cc. (dep. 27/06/2006) Rv. 234344).

Nella fattispecie, gli elementi probatori addotti dal Pubblico Ministero, a sostegno della ricostruzione dei fatti alternativa a quella dettagliatamente esposta dal Tribunale del riesame, non assumono il detto carattere della decisività con riguardo, in particolare, all’elemento psicologico del reato, essendo sostenibile, sulla base delle consulenze dei tecnici investiti e dalla parte pubblica e dall’indagato, sia la tesi accusatoria che vuole il B. consapevole della presenza a terra, davanti alla motrice, del M. e accettante il rischio di investirlo, provocandone la morte; sia la tesi della difesa secondo cui, invece, dalla posizione di guida dell’indagato, considerato che il M. si trovava a terra a meno di due metri della motrice, lo stesso non era visibile dal B., del quale, quindi, andrebbe escluso il dolo o, tutt’al più, riconosciuta la colpa cosciente.

6. Va aggiunto che il ricorso non svolge alcuna puntuale censura delle ragioni che hanno indotto il Tribunale a ritenere insussistente l’unica esigenza cautelare addotta, nel provvedimento genetico, a sostegno della misura custodiale, consistente nel pericolo di fuga, donde la mancanza di un presupposto indefettibile, insieme ai gravi indizi di colpevolezza, per la limitazione della libertà personale.

6. Alla stregua di quanto precede, va dunque escluso il denunciato vizio di mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, come pure la violazione delle norme in materia di misure cautelari personali, col conseguente rigetto del ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bolzano.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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